Infiltrazioni: Anca


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Per il loro “ruolo sulla scena” (“cronologia di insorgenza di efficacia”), potremmo paragonarli al comico e alla sua spalla, ma attenzione! Sono due sostanze che ridanno il sorriso a pazienti osteartrosici provati per tutt’altre ragioni: il loro potente effetto analgesico e la loro capacità di migliorare la mobilità nel tempo.

Parliamo dell’acido ialuronico e dei glucocorticoidi, da tempo impiegati con successo nella terapia infiltrativa di questa condizione, per quanto ognuna delle due opzioni terapeutiche abbia un’insorgenza d’effetto sfasata rispetto all’altro.

Da oggi, però, c’è una novità: è recentemente disponibile anche nel nostro Paese una formulazione di acido ialuronico cross-linkato e di un GC (triamcinolone esacetonide) ad azione ancillare, da somministrare mediante singola infiltrazione, che ottimizza i pregi associati ad entrambi i trattamenti presi per se, nel senso che una delle due molecole facilita la funzione dell’altra e migliora, nel complesso, la durata della copertura analgesica (e anti-infiammatoria).

Vediamo come funziona!

Perchè si ricorre alla terapia infiltrativa nell’osteoartrosi?
Le iniezioni intra-articolari rappresentano una strategia terapeutica molto diffusa nella gestione dell’osteoartrosi (OA).
Il razionale della metodologia consiste nello sfruttare la specifica azione dell’agente impiegato in modo locale e selettivo sull’area patologica e/o dolente. Il vantaggio che ne consegue è quello di potenziare l’effetto benefico, garantendo la massima concentrazione di prodotto solo dove serve.

Le principali opzioni di trattamento intra-articolare attualmente disponibili sono rappresentate dalla terapia infiltrativa a base di glucocorticoidi (GC) o di acido ialuronico (AI).

Perchè si usano i glucocorticoidi nella terapia infiltrativa dell’osteoartrosi?
I glucocorticoidi trovano impiego nella terapia infiltrativa dell’OA in quanto potenti agenti anti-infiammatori.
L’OA è stata a lungo considerata esclusivamente come una malattia degenerativa della cartilagine, ma numerose evidenze in letteratura indicano come l’infiammazione giochi un ruolo chiave nella sua patogenesi.

Quali sono i pregi e i limiti dell’impiego di glucocorticoidi nella terapia infiltrativa dell’osteoartrosi?
L’impiego sistemico dei GC (soprattutto come anti-infiammatori) può essere inficiato dall’insorgenza di effetti collaterali. La terapia infiltrativa riduce questi rischi in quanto veicola il principio attivo là dove serve.

Il loro limite è che l’effetto analgesico da loro indotto è di breve durata.

D’altro canto, per quanto l’impiego prolungato nel tempo e a dosi eccessive di cortisone possa indurre condrotossicità, tanto è vero che si raccomanda di limitarne l’uso per un totale di 3-4 infiltrazioni all’anno, diversi studi in vitro ed in vivo hanno mostrato che i cortisonici intra-articolari hanno un effetto sulla cartilagine che è tempo- e dose-dipendente, con effetti benefici visibili a basse dosi e effetti negativi a dosi alte e ripetute nel tempo (1)

Cosa è triamcinolone esacetonide?
Triamcinolone è un glucocorticoide sintetizzato a partire dal cortisolo, presente in 2 forme: acetonide ed esacetonide. Triamcinolone esacetonide si caratterizza per la ridottissima solubilità in acqua: ciò consente la riduzione della dispersione della molecola infiltrata nell’acqua circostante l’articolazione e un assorbimento articolare più lento, con conseguente aumento del tempo di permanenza nell’articolazione infiammata sottoposta ad infiltrazione.

Inoltre, triamcinolone esacetonide presenta condrotossicità ridotta, un buon profilo di safety eè risultato associato ad un miglioramento dell’ampiezza dei movimenti (ROM= range of motion) e del dolore a breve termine associato a questa condizione (2).

A cosa serve l’acido ialuronico nella terapia infiltrativa dell’osteoartrosi?
L’obiettivo della viscosupplementazione è quello di sopperire al deficit qualitativo-quantitativo di AI associato all’OA. AI è un polisaccaride ed è il principale costituente della cartilagine e del fluido sinoviale. E’ responsabile delle proprietà meccaniche articolari garantendo l’assorbimento degli shock meccanici, la lubrificazione e la protezione articolare.

Nei pazienti con OA, l’AI sinoviale è depolimerizzato ed elimitato a tassi superiori a quelli degli individui non affetti da OA a causa dell’instaurarsi di processi infiammatori
Gli AI si dividono in due grandi categorie: i lineari e i cross-linkati.

Dai dati di letteratura disponibili, sembra emergere che la somministrazione di AI cross-linkati si associ, principalmente, ad una funzione biomeccanica: quella di ripristinare la corretta lubrificazione e di assicurare la protezione delle articolazioni dagli stress meccanici (viscosupplementazione). Oltre all’azione “cuscinetto”, questo tipo di acidi ialuronici si caratterizza per un’azione antalgica importante e duratura nel tempo riconducibile alla riduzione dell’attività delle fibre afferenti nocicettive della capsula articolare (3).

Al contrario, gli AI lineari mostrano un’azione prevalente di ripristino del metabolismo delle cellule sinoviali con normalizzazione della sintesi di AI endogeno (viscoinduzione) (4).

Qual è stato il razionale dello studio di associazione?
Mentre l’analgesia assicurata dagli steroidi insorge tempestivamente ed è di breve durata, quella ottenuta con le infiltrazioni di AI è più tardiva ma anche più duratura.
L’attenzione della ricerca si è focalizzata, allora, alla verifica dell’ipotesi se il raggiungimento dell’analgesia in questi pazienti potesse essere conseguito in modo più efficace aggiungendo all’AI un GC ad azione ancillare.

La scelta formulativa ha portato all’ottenimento di un prodotto costituito da un acido ialuronico di origine batterica, cross-linkato con bis-carbodiimide e da triamcinolone esacetonide (TH), che si presenta come un gel viscoelastico stabile dall’aspetto leggermente opaco.

Perchè si parla di terapia ancillare con triamcinolone esacetonide?
Il triamcinolone esacetonide ha un’ azione ancillare rispetto a quella dell’acido ialuronico in quanto consente di ridurre la componente flogistica (presente a bassi livelli anche nelle fasi non acute dell’osteoartrosi) creando le condizioni più idonee all’azione di ripristino della corretta lubrificazione e di protezione delle articolazioni dagli stress meccanici (viscosupplementazione).

Quali sono stati i risultati di questo studio di associazione?
Lo studio clinico che ha indagato l’efficacia e la sicurezza di questa combinazione ha arruolato un ampio numero di pazienti (368) affetti da osteoartrosi del ginocchio che sono stati suddivisi in tre bracci di trattamento: combinazione di AI e TH (149 pazienti), AI da solo (150 pazienti), placebo (69 pazienti) (5).

L’outcome primario di efficacia era rappresentato dalla variazione del punteggio WOMAC (dominio “dolore”) alla 12esima settimana dall’esecuzione del trattamento.

Tra gli outcome secondari, invece, vi erano le valutazioni globali dello stato di salute da parte dei pazienti e dei medici ricercatori, l’OMERACT-OARSI Responder Index e le variazioni dei punteggi WOMAC (quello totale e quello riferito ai domini “rigidità” e “funzione fisica”) fino alla 26esima settimana dall’esecuzione del trattamento.

I partecipanti allo studio avevano un’età compresa tra i 40 e i 75 anni, un punteggio WOMAC (sottoscala “dolore”) all’inizio dello studio ≥40 mm e ≤ 90 mm nel ginocchio interessati da OA e ≤ 30 mm nel ginocchio controlaterale (dati riportati su scala VAS da 0 a 100 mm).

Considerando l’outcome primario, dai risultati del trial è emerso un miglioramento significativamente maggiore del punteggio WOMAC (sottoscala “dolore”) in tutti i time-point previsti nel gruppo sottoposto a terapia infiltrativa di combinazione rispetto al placebo. Il miglioramento percentuale dal basale alla 12esima settimana del punteggio WOMAC (sottoscala “dolore”) è stato pari al 70% nel gruppo sottoposto a terapia infiltrativa di combinazione, al 52% nel gruppo placebo e al 64% nel gruppo sottoposto solo a VS.

A 26 settimane, il trend di miglioramento percentuale di questo punteggio si è sostanzialmente mantenuto, risultando pari, rispettivamente, al 72%, al 56% e al 65%.

Quanto agli outcome secondari, la terapia infiltrativa di combinazione è risultata più efficace del placebo (per la maggior parte dei time point previsti dal protocollo dello studio) e rispetto alla sola VS (a 1 e 3 settimane) nel migliorare rispetto al basale i punteggi relativi alla valutazione globale dello stato di salute e i punteggi WOMAC (quello totale e quelli relativi ai domini “rigidità” e “funzione fisica”, confermando l’azione rapida sul dolore nelle rpime settimane e la permanenza dell’efficacia fino al completamento dello studio.

Questi dati confermano che l’efficacia del trattamento sia da attribuire al cortisone nelle prime settimane (differenza significativa a 1 e 3 settimane tra combinazione di AI e TH verso AI da solo) e che l’azione sul lungo periodo sia da attribuire all’acido ialuronico.

Degna di nota è stata l’osservazione che il 97% dei pazienti ha completato lo studio, a suggerire l’accettabilità del trattamento.
Infine, lo studio ha confermato la sicurezza del prodotto in quanto l’incidenza di eventi avversi è risultata paragonabile tra i tre bracci di trattamento.

Come si posiziona il trattamento di associazione a base di acido ialuronico cross-linkato e tramcinolone esacetonide nel trattamento dell’osteoartrosi?
In conclusione, il trattamento intra-articolare in questione amplia il ventaglio di opzioni terapeutiche nel trattamento dell’osteoartrosi.

Possono trarre vantaggio da questa opzione terapeutica sia i pazienti con infiammazione articolare importante, nel caso in cui si decida di continuare il trattamento di viscosupplementazione, al fine di contenere un’eccessiva degradazione dell’acido ialuronico infiltrato, indotta dall’infiammazione, che i soggetti che svolgono attività agonistica, caratterizzati da infiammazione cronica di basso grado, allo scopo di ottimizzare il successivo intervento di viscosupplementazione (ad esempio nelle tendinopatie).

Bibliografia
1) Wernecke C et al. Orthop J Sports Med. 2015 Apr 27;3(5):2325967115581163.
2) Scherer J et al. Inflammopharmacol 2014; 22:201-217
3) Migliore A et al. Clinical Medicine Insights: Arthritis and Musculoskeletal Disorders 2016:9 89–101
4) Bannuru RR et al. Osteoarthritis Cartilage. 2011 Jun;19(6):611-9.
5) Hangody L et al. Cartilage. 2017 May 1:1947603517703732. doi: 10.1177/1947603517703732. [Epub ahead of print]

I pazienti affetti da artrite reumatoide (AR) con tenosinovite, trattati con iniezioni intratenosinoviali ecoguidate rispondono meglio al trattamento, in termini di remissione, rispetto a quelli trattati con iniezioni intramuscolari.
Lo dimostrano i risultati di un piccolo trial randomizzato in doppio cieco, recentemente pubblicato su Annals of Rheumatic Diseases.
 
Razionale dello studio
“La tenosinovite (TS) è una frequente e importante presentazione di AR, che, al di là del dolore associato, presenta alcune potenziali conseguenze severe, come dimostrato in un recente studio nel quale è stato osservato come la TS dell’estensore ulnare del carpo sia un forte predittore di progressione erosiva di AR all’esordio – ricordano gli autori nell’introduzione allo studio”.
 
“Ciò nonostante – continuano i ricercatori – è spesso difficile distinguere dal punto di vista clinico la TS dalla sinovite, in quanto la TS potrebbe mimare il processo di coinvolgimento articolare/tumefazione. L’ecografia, in questo contesto, rappresenta uno strumento appropriato e spesso prontamente disponibile per diagnosticare la TS, in quanto in grado di permettere il discernimento tra TS e sinovite”.
 
La terapia infiltrativa con CS è comunemente utilizzata per un rapido controllo della malattia nell’AR all’esordio ed esistono dati che documentano l’efficacia di questo intervento nell’ambito di una strategia di contenimento delle recidive di AR.
 
“A nostra conoscenza – spiegano gli autori – il confronto di efficacia tra le iniezioni intramuscolari vs quelle ecoguidate è stato condotto in un solo studio, che ne ha saggiato l’efficacia a livello della cuffia dei rotatori, peraltro, documentando l’assenza di differenze tra le 2 modalità di trattamento in termini di riduzione del dolore alla spalla e all’indice di disabilità (outcome primario) a 6 settimane”.
 
Obiettivo del nuovo studio, pertanto, è stato quello di mettere a confronto l’efficacia delle iniezioni intramuscolari vs quelle intratenosinoviali ecoguidate di steroidi, ai fini del raggiungimento del controllo di malattia dopo 2, 4 e 12 settimane in pazienti con AR e TS.
 
Disegno dello studio e risultati principali
I pazienti reclutati nel trial, reclutati in una clinica reumatologica ospedaliera dal 2013 al 2015, avevano un’età media di 56 anni. Quasi i ¾ del campione dei pazienti reclutati nello studio era di sesso femminile.
 
I pazienti sono stati randomizzati al trattamento con iniezione intramuscolare di 14 mg di betametasone a livello dei glutei, più iniezione ecoguidata di 1 mL di soluzione fisiologica a livello di due guaine tendinee (21 pazienti), oppure al trattamento con 2 mL di soluzione fisiologica intramuscolo più iniezione ecoguidata di betametasone in due guaine tendinee (massimo 1 mL per guaina).
 
Entrambi i gruppi presentavano un punteggio DAS28 simile (3), ma il bracco intramuscolare (16 pazienti) si caratterizzava per una maggiore durata di malattia (67,5 vs 57,2 mesi).
 
L’outcome primario dello studio era definito da un punteggio ecografico di TS in scala di grigi ≤1 e da un punteggio color Doppler pari a zero a 4 settimane.
 
I risultati ad un mese dall’inizio del trattamento assegnato hanno documentato, su un totale di 49 pazienti, il raggiungimento della remissione ecografica di TS nel 25% dei pazienti trattati con betametasone intramuscolare a fronte di un 64% di pazienti trattati con betametasone intratenosinoviale, rendendo conto di una differenza, statisticamente significativa, di -39 punti percentuali.
 
Il vantaggio del trattamento intratenosinoviale si è mantenuto anche a 12 settimane di follow-up, con un 44% di pazienti trattati con steroidi per via intratenosinoviale a fronte di uno striminzito 8% di pazienti trattati con steroidi per via intramuscolare (differenza di 36 punti percentuali, anch’essa statisticamente significativa).
 
A livello clinico, gli outcome riferiti dai pazienti hanno mostrato rilevanti differenze intergruppo pressochè sovrapponibili. La proporzione di pazienti che ha riferito un miglioramento significativo delle proprie condizioni di salute a 2, 4 e 12 settimane è stata pari, rispettivamente, al 33%, 54% e 29%, a fronte, rispettivamente, di un 48%, 68% e 72% di pazienti trattati con iniezioni intratenosinoviali.
 
Entrambi i trattamenti sono risultati ben tollerati, e non sono stati documentati eventi avversi seri nel corso del follow-up.
 
Non solo: la dose complessiva utilizzata di betametasone è risultata inferiore nel gruppo sottoposto ad iniezione intratenosinoviale rispetto a quella documentata nel gruppo sottoposto ad iniezione intramuscolare (5,6 mg vs 14 mg).
 
Riassumendo
Nel commentare i risultati, gli autori dello studio hanno sottolineato il vantaggio derivante dal ricorso alle iniezioni intratenosinoviali, in quanto queste potrebbero portare ad un numero inferiore di eventi avversi nel corso del tempo, dal momento che la dose cumulativa di betametasone è inferiore se i pazienti sono trattati con iniezioni locali anziché sistemiche”.
 
“Pertanto – concludono gli autori – riteniamo che i risultati ottenuti da questo studio possano realmente migliorare il trattamento della tenosinovite nei pazienti con AR”.
 
Bibliografia
Ammitzboll-Danielsen M, et al “Intramuscular versus ultrasound-guided intratenosynovial glucocorticoid injection for tenosynovitis in patients with rheumatoidarthritis: a randomised, double-blind, controlled study,” Ann Rheum Dis 2016; DOI: 10.1136/annrheumdis-2016-209840.
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La somministrazione per via intrarticolare, in combinazione, di PRP e acido ialuronico (HA) dopo artrocentesi riduce il dolore e migliora la funzione in pazienti affetti da artrosi a carico dell’articolazione temporo-mandibolare (TMJ OA).

Lo dimostrano i risultati di uno studio recentemente pubblicato su The Journal of Stomatology, Oral and Maxillofacial Surgery.

Background e obiettivi dello studio
L’artrosi dell’articolazione temporo-mandibolare (TMJ OA) deriva dall’usura e dalle alterazioni degenerative a carico della sinovia, della cartilagine, delle capsule, dei tendini, dei condili e/o delle eminenze articolari nella regione di TMJ, accompagnate da rimodellamento dell’osso subcondrale sottostante.

I principali disturbi clinici a cui vanno incontro i pazienti affetti da questo processo artrosico comprendono la limitazione del range di movimento mandibolare, la compromissione della funzione masticatoria, l’artralgia di TMJ, i suoni di scatto o crepitio e la rigidità.

Tra gli approcci terapeutici minimamente invasivi per TMJ OA abbiamo l’artrocentesi e le iniezioni intra-articolari.

L’artrocentesi è una procedura altamente sicura e facilita la rapida rimozione del tessuto infiammatorio e dei prodotti di degradazione tissutali; è stata dimostrata la sua efficacia nel portare TMJ dallo “stato disfunzionale” allo “stato funzionale”.

Il razionale per l’impiego di HA nel trattamento di TMJ OA è che l’infiltrazione diretta di HA nello spazio articolare consente di raggiungere una concentrazione adeguata con dosi ridotte, favorendo una maggiore permeabilità nell’articolazione e, quindi, la risposta terapeutica. Le preparazioni di HA hanno un’emivita breve; pertanto, gli effetti a lungo termine non possono essere attribuiti esclusivamente alla sostituzione della molecola stessa. Il termine “viscosupplementazione” indica il ripristino di proprietà viscoelastiche quali ammortizzazione, lubrificazione ed elasticità. Il termine “biosupplementazione” è utilizzato per indicare il ripristino della reologia articolare, gli effetti antinfiammatori e antinocicettivi, la normalizzazione della sintesi endogena di HA e la condroprotezione. Queste proprietà sono responsabili dell’efficacia clinica che si osserva per diversi mesi.

Gli ortobiologici, invece, sono sostanze utilizzate per accelerare la guarigione delle ossa e dei tessuti molli attraverso l’applicazione di materiali naturali provenienti da fonti biologiche. Nel campo delle lesioni muscolo-scheletriche, il plasma ricco di piastrine (PRP) è stato recentemente considerato come un trattamento ortobiologico adiuvante. Il PRP è un nuovo agente terapeutico che presenta diversi vantaggi potenziali rispetto ai corticosteroidi nel trattamento delle caratteristiche patologiche degenerative di TMJ OA. È stato dimostrato che il PRP ha proprietà antinfiammatorie, analgesiche e antibatteriche. Inoltre, il PRP ripristina HA intra-articolare, aumenta la sintesi dei glicosaminoglicani da parte dei condrociti, bilancia l’angiogenesi articolare e fornisce un’impalcatura per la migrazione delle cellule staminali. Studi preclinici hanno indicato che il PRP stimola la proliferazione cellulare e la produzione di matrice cartilaginea da parte dei condrociti e delle cellule mesenchimali stromali derivate dal midollo osseo e aumenta la produzione di HA da parte dei sinoviociti. In studi preclinici su modelli animali, il PRP ha dimostrato di rallentare la progressione dell’OA; tuttavia, i risultati relativi all’uso del PRP per facilitare la riparazione di difetti condrali e osteocondrali sono contrastanti.
La maggior parte degli studi finora condotti si è focalizzata sugli effetti terapeutici di PRP o HA, presi singolarmente, nel trattamento di TMJ OA. Pochi studi, inoltre, si erano finora focalizzati sull’efficacia e i meccanismi di trattamento coinvolti nella combinazione PRP+HA.

Di qui il nuovo studio, che si è proposto di verificare l’esistenza di un effetto sinergico della terapia intrarticolare combinata HA+PRP nel migliorare la funzione, riducendo il dolore, in pazienti affetti da TMJ OA.

Disegno dello studio e risultati principali

Lo studio, un trial clinico randomizzato e prospettico, in singolo cieco, ha messo a confronto l’efficacia della terapia intrarticolare combinata HA-PRP rispetto agli effetti indipendenti della terapia intrarticolare a base di HA o di PRP, dopo artrocentesi, nella gestione di TMJ OA.

I pazienti sono stati selezionati in base alla classificazione di Hegab (NdR: primo autore dello studio; il più recente sistema di classificazione di TMJ OA che sfrutta l’imaging a risonanza magnetica, con una descrizione dettagliata di tutte le variazioni patologiche a cui va incontro l’articolazione colpita da processo artrosico).
Questi sono stati classificati, in base al trattamento, in 3 gruppi:
1) Gruppo I: pazienti trattati con artrocentesi seguita da una singola iniezione di PRP;
2) Gruppo II (Controllo): pazienti trattati con artrocentesi seguita da una singola iniezione di HA;
3) Gruppo III: pazienti trattati con artrocentesi seguita da una singola iniezione combinata PRP+HA.

Le variabili di outcome primario considerate nello studio sono state la massima apertura volontaria della bocca (MVMO) e i punteggi dell’indice di dolore percepito.
La variabile di outcome secondario era rappresentata dai suoni articolari.

I ricercatori hanno valutato e messo a confronto tra gruppi le variabili di outcome sopra indicate sia all’inizio dello studio che a intervalli di 1,3,6 e 12 mesi.

Inoltre sono state prese in considerazione anche altre variabili, tra cui l’età e il sesso dei pazienti, in relazione agli outcome.

Dei 131 pazienti inizialmente considerati eleggibili per lo studio, 90 hanno effettivamente portato a termine il trial, divisi in tre gruppi di pari numero di individui.

Passando ai risultati, dai dati è emerso che la terapia intrarticolare combinata PRP+HA era in grado di indurre miglioramenti statisticamente significati degli outcome di trattamento primari e secondari rispetto alla terapia infiltrativa con PRP o HA per tutta la durata dello studio.

Nello specifico, per quanto riguarda l’outcome MVMO (misurato in mm), i pazienti del gruppo III hanno ottenuto valori di MVMO significativamente più elevati rispetto ai gruppi I e II per tutto il periodo di studio a 1, 3, 6 e 12 mesi (P <0,0001) (MVMO mediana: 37, 40 40 e 41, rispettivamente). Per quanto riguarda il punteggio VAS dolore, anche in questo caso i pazienti del Gruppo III hanno mostrato punteggi VAS significativamente più bassi dei Gruppi I e II nel corso dello studio (P<0,0001). Da ultimo, per quanto riguarda i suoni articolari, i pazienti del Gruppo III si sono caratterizzati per una loro prevalenza significativamente ridotta in confronto agli altri due gruppi, mentre, alla fine dello studio, la prevalenza di suoni articolari è risultata più bassa nel Gruppo III rispetto al solo Gruppo I (P<0.0001). Considerazioni conclusive
Da questi risultati è possibile concludere che l’iniezione intrarticolare di una combinazione di PRP+HA è superiore, in termini di efficacia, all’iniezione intrarticolare di HA o di PRP presi singolarmente nel trattamento dell’artrosi dell’articolazione temporo-mandibolare.

La combinazione PRP+HA, nello specifico, è risultata superiore all’iniezione intrarticolare di HA o PRP sia in termini di aumento della MVMO, sia di riduzione del punteggio VAS dolore, sia di miglioramento del suono dell’articolazione.

Il PRP combinato con HA ha mostrato una significativa efficacia clinica a lungo termine e chiari vantaggi rispetto ad HA e PRP presi singolarmente.

Ciò suggerisce che potrebbe essere utile valutare l’efficacia del trattamento combinato in un follow-up di più lunga durata al fine di determinare l’esistenza di un plateau per quanto riguarda le azioni sinergiche di questa combinazione terapeutica.

I ricercatori hanno ammesso tra i limiti dello studio l’assenza di un gruppo di pazienti sottoposti a sola artrocentesi (secondo controllo) da mettere a confronto con gli altri tre gruppi in studio.

Nicola Casella

Bibliografia
Hegab AF et al. Synergistic effect of platelet rich plasma with hyaluronic acid injection following arthrocentesis to reduce pain and improve function in TMJ osteoarthritis. J Stomatol Oral Maxillofac Surg. 2022 Nov 19:S2468-7855(22)00355-X. doi: 10.1016/j.jormas.2022.11.016. Epub ahead of print. PMID: 36414172.
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Pur associandosi alla severità del dolore percepito in presenza di gonartrosi, il dolore neuropatico (NP) non influenza la risposta alla terapia intra-articolare con acido ialuronico (HA). Non solo: la viscosupplementazione (VS) si è dimostrata, altresì, in grado di ridurre alcune caratteristiche del dolore neuropatico (NP), quali il prurito, riduzione del bruciore e delle eruzioni cutanee.

Sono questi i risultati di uno studio pubblicato su Cartilage che suffragano il ricorso della VS nella gonartrosi anche sotto questo punto di vista.

Razionale e obiettivi dello studio
Per quanto il dolore rappresenti il sintomo principale dei pazienti affetti da artrosi, le sue origini sono ancora oggi oggetto di discussione e ricerca, ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio, coinvolgendo sia meccanismi nocicettivi che neuropatici.

Le incertezze al riguardo sono rinforzate dal riscontro di una blanda correlazione tra il danno strutturale e il dolore sperimentato dai pazienti. Infatti, il dolore nell’OA non legato soltanto alle variazioni strutturali ma potrebbe essere guidato sia da meccanismi di sensibilizzazione del dolore periferico, sia di sensibilizzazione del dolore centrale, portando all’instaurazione del cosiddetto dolore neuropatico (NP).

“NP – spiegano i ricercatori – si caratterizza per la presenza di alcuni sintomi come la presenza di eruzioni cutanee, formicolio, intorpidimento, sensibilità agli stimoli pressori, sensazione dolorosa da freddo, shock elettrici e sensazione di punture da spillo. Stando ad una review del 2017, NP ha una prevalenza del 23% nei pazienti con OA di femore o di ginocchio (…) e il fenotipo di dolore associato viene considerato un fattore di ingravescenza di OA”.

“La VS – continuano – è ampiamente utilizzata nel trattamento della gonartrosi, pur permanendo delle controversie in merito all’eterogeneità delle risposta a questa terapia. Stando ad una recente ipotesi, l’eterogeneità della risposta alla VS dipenderebbe dalla mancanza di fattori predittivi validati di risposta ad HA. E’ probabile, allora, che NP rappresenti uno di questi fattori ma, fino ad oggi, non esistevano studio sulla relazione tra la presenza di NP e l’efficacia della VS”.

Il trial HAV-2012, uno studio prospettico, multicentrico, randomizzato, avente un disegno di non-inferiorità e condotto dalla stessa equipe di ricerca, aveva messo a confronto due formulazioni di HA in pazienti con gonartrosi. L’analisi post-hoc di questo studio, appena pubblicata, si è proposta di studiare la possibile relazione tra NP e VS in questi pazienti, indipendentemente dalla formulazione di HA utilizzata (era assente il gruppo placebo in questo studio). L’obiettivo primario era quello di valutare l’impatto di NP, definito sulla base del punteggio DN4, sulla risposta alla VS in pazienti con gonartrosi di grado moderato-severo. Gli obiettivi secondari, invece, consistevano nel valutare le correlazioni esistenti tra NP e le caratteristiche cliniche e radiografiche iniziali dei pazienti con gonartrosi, nonché gli effetti della terapia intra-articolare su NP.

Disegno e risultati principali
Gli effetti sintomatici di HA valutati erano misurati su scala VAS “dolore”, in base al PGA (patient global assessment), al punteggio WOMAC, al DN4 e alla risposta OMERACT-OARSI.

Il trial aveva inizialmente randomizzato a trattamento 226 pazienti; successivamente, sono stati esclusi dallo studio 21 pazienti in quanto non soddisfacevano né i criteri di inclusione né quelli di esclusione dello studio. La popolazione ITT iniziale, pertanto, era costituita da 205 pazienti e, per 187 di questi, erano disponibili i dati relativi al punteggio DN4 al basale nonché quelli WOMAC “dolore” iniziale e a 6 mesi dal trattamento assegnato dalla randomizzazione.

Considerando i 187 pazienti dello studio, è stata documentata la presenza di NP in 20 casi (10,7%) al basale.

Gli item del punteggio DN4 indicativi di NP e più frequentemente riferiti dai pazienti erano rappresentati da formicolio (36,9%) ed eruzioni cutanee (36,4%). Non solo: NP è risultato associato con il punteggio WOMAC “dolore” (p=0,02).

Un’osservazione chiave dello studio è che la presenza iniziale di NP non ha influenzato il miglioramento sintomatico post-VS, come documentato dal punteggio VAS “dolore” (p=0,71), dalla valutazione globale del paziente (PGA; p=0,05), dai punteggi WOMAC “dolore” (p=0,89) e “funzione” (p=0,52) e dal tasso di pazienti OMERACT-OARSI “responder” (p= 0,21).
Non solo: la prevalenza di pazienti con NP si è ridotta del 50% (n=10) a 24 settimane dalla terapia intra-articolare con HA (indipendentemente dalla formulazione utilizzata).

Nello specifico, considerando il punteggio DN4, i “domini” che sono andati incontro a miglioramenti di entità maggiore sono stati il prurito (90%), la riduzione della senzazione di dolore da “punture di spillo” (88%) e le eruzioni cutanee (50%).

Limiti e implicazioni dello studio
Nel commentare i risultati, gli autori dello studio hanno ammesso alcuni limiti metodologici intrinseci del loro lavoro (disegno post-hoc, possibile bias di selezione da inclusione solo pazienti con punteggi DN4 e WOMAC disponibili all’inizio dello studio e a 6 mesi, assenza di gruppo placebo, scarsa rappresentatività pazienti con NP rispetto ad altre casistiche di letteratura).

Tra i pregi riconosciuti dagli autori, invece, vi sono il disegno randomizzato e in doppio cieco e la primogenitura tra gli studi che hanno affrontato il tema dell’impatto potenziale di NP sulla risposta alla VS e l’effetto di quest’ultima su NP in presenza di gonartrosi.

Ciò detto, e in conclusione, i risultati di quest’analisi post-hoc dello studio HAV-2012, un trial prospettico, randomizzato e controllato, hanno mostrato che la presenza di NP in presenza di gonartrosi non influenza in modo significativo la risposta alla viscosupplementazione. NP, invece, correla inizialmente con livelli più elevati di dolore allo screening, per andare incontro a miglioramento a seguito della VS.

Nicola Casella

Bibliografia
Tiendrebeogo E et al. Does the Presence of Neuropathic Pain Influence the Response to Hyaluronic Acid in Patients with Knee Osteoarthritis? Does the Presence of Neuropathic Pain Influence the Response to Hyaluronic Acid in Patients with Knee Osteoarthritis? CARTILAGE. September 2020. doi:10.1177/1947603520954509

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Stando ai risultati di una “network metanalysis” (NMA) statunitense di recente pubblicazione su BMC Musculoskeletal Disorders, l’efficacia delle terapia infiltrativa sul sintomo dolore, nella gonartrosi, dipende dal peso molecolare della formulazione utilizzata di acido ialuronico (HA), con un vantaggio netto evidente delle formulazioni a peso molecolare elevato rispetto a quelle a basso peso molecolare.

Questi risultati sono importanti perché comportano una rivisitazione delle raccomandazioni sul trattamento della gonartrosi del 2013 dell’American Academy of Orthoperdic Surgeons (AAOS) contro l’impiego, in generale, della terapia infiltrativa con HA in ragione del fatto che le evidenze a favore del suo impiego, in generale, non avevano soddisfatto la soglia del miglioramento minimo clinicamente rilevante (MCII) del sintomo”dolore”.

“E’ probabile, infatti – questo il commento degli autori della metanalisi – che la messa in pool dei dati provenienti da studi condotti con impiego di formulazioni di HA a diverso peso molecolare abbiano “indebolito” i benefici di questo intervento nel passato, portando gli estensori delle linee guida in questione ad emettere delle raccomandazioni a sfavore di questo trattamento, efficace, invece, se le formulazioni impiegate di HA sono a peso molecolare elevato.

Cenni sul disegno della network metanalysis
La metanalisi in questione, tecnicamente definita come “network metanalysis” (NMA), si differenzia dalle metanalisi tradizionali in quanto, mentre queste ultime riescono a confrontare due trattamenti uno contro l’altro (anche in presenza di un numero elevatissimo di trial) ma non sono in grado di analizzare i casi in cui i trattamenti da confrontare sono tre o più di tre, la metanalisi “ a rete” è in grado di fare confronti multipli indiretti. Il vantaggio è quello di ampliare la platea di dati disponibili sui quali effettuare le valutazioni statistiche tipiche della metanalisi.

I ricercatori hanno preliminarmente effettuato una ricerca sistematica della letteratura sui principali database bibliografici biomedici (PubMed, EmBase e Cochrane). Nella pratica, hanno utilizzato la strategia di ricerca utilizzata per la rassegna di letteratura propedeutica alla metanalisi utilizzata per l’implementazione delle linee guida AAOS del 2013, aggiornando i risultati e la “maglia temporale” di ricerca fino al 2018.

La ricerca di letteratura ha portato ad includere tutti i trial clinici relativi alle terapie non chirurgiche approvate dalla Fda statunitense per il trattamento della gonartrosi, distinguendo con attenzione, questa volta, tra i trial che avevano impiegato formulazioni di HA ad elevato peso molecolare (almeno pari a 6.000 KDa), più vicine alle condizioni reologiche di HA endogeno nel fluido sinoviale, dalle formulazioni di HA a basso peso molecolare

Sono state escluse, invece, le pubblicazioni che avevano messo a confronto tra loro due formulazioni di HA a peso molecolare elevato (HMW vs. HMW), oppure due formulazioni di HA a peso molecolare ridotto (LMW vs. LMW) o gli studio che avevano valutato solo formulazioni di HA comprese tra 750 e 6.000 KDa.

Le categorie di trattamento messe a confronto nella NMA Bayesiana sono state le seguenti:

HMW IAHA= terapia intra-articolare con HA a peso molecolare elevato
LMW IAHA = terapia intra-articolare con HA a peso molecolare ridotto
IA corticosteroids= terapia con steroidi intra-articolari
Terapia convenzionale
Placebo intra-articolare

I punteggi relativi al dolore rappresentavano gli outcome primari di interesse. Questi sono stati raccolti ad 1, 3, 6, 9 e 12 mesi di follow-up; quando vi erano studio con diversi timepoint, era preso in considerazioni il timepoint di maggiore durata del follow-up.

Poiché gli studio riportavano misurazioni del dolore fatte su scale diverse, i ricercatori hanno effettuato una loro conversione in differenze medie standardizzate (SMD) per rendere paragonabili gli effect size (ES) dei trattamenti messi a confronto.
Risultati principali
La ricerca sistematica di letteratura ha portato ad identificare 628 articoli di interesse. Dopo esclusione dei duplicati, ne sono rimasti 404. Dopo esclusione degli articoli considerati non pertinenti in base alla lettura dei titoli/abstract, ne sono rimasti 146. Di questi, solo 14, per un totale di 2.796, sono stati utilizzati per la network metanalysis.

Dall’analisi dei dati è emerso che la terapia con HMW IAHA era associata ad un miglioramento statisticamente significativo e probabilmente clinicamente significativo del sintomo “dolore” (SMD − 0,57 (95% credible interval [Crl]: − 1,04, − 0,11), eccedente il valore -0,50 considerato soglia di MCII.

Invece, il trattamento con LMW IAHA è risultato associato ad un miglioramento di entità minore e non significativo (− 0,23, 95% Crl: − 0,67, 0,20).

Il ripristino della misura relativa al dolore definita dalla scala WOMAC, rispetto agli SMD calcolati dai ricercatori, ha indicato, negli studi nei quali era possibile questo confronto con le formulazioni di HMW IAHA, un miglioramento pari a 14,65 (IC95%= 13,93-15,62) rispetto al placebo intra-articolare, posizionandosi si valori decisamente migliori della soglia MCII fissata da AAPS per questa misura.

Limiti e implicazioni dello studio
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno sottolineato come questa NMA fornisca ulteriori elementi a supporto della necessità di operare una distinzione delle formulazioni di HA a peso molecolare diverso quando si effettuano trattamento di confronto tra diversi HA.

Al contempo, i ricercatori hanno anche ammesso qualche punto di debolezza della loro NMA derivante dalla limitata disponibilità di letteratura relativa a tutte le 5 categorie di intervento messe a confronto: per esempio, le connessione tra gli steroidi IA e i placebo IA e tra gli HMW IAHA e la terapia convenzionale poggiavano su un singolo studio per ciascuno dei confronti succitati.

Per questo motivo la NMA si è basata su soli 14 articolo dei 146 eleggibili provenienti dalla rassegna sistematica di letteratura.

Ciò detto, i risultati della NMA mostrano come HMW IAHA offrano un vantaggio competitivo nel ridurre la sintomatologia dolorosa nei pazienti affetti da gonartrosi.

I benefici terapeutici di questa sottoclasse di HA hanno soddisfatto gli standard di significatività statistica e sono probabilmente clinicamente significativi.

A questo punto, sono necessari studi ulteriori che rafforzino i confronti diretti e indiretti trovati nella NMA, incorporando altre categorie di trattamento.

Non solo: sarà importante, nei prossimi trial clinici, studiare come le categorie di intervento studiate nella NMA si rapportino con le altre opzioni di trattamento per la gonartrosi (FANS; oppioidi orali, paracetamolo).

Nicola Casella

Bibliografia
Hummer CD et al. High molecular weight Intraarticular hyaluronic acid for the treatment of knee osteoarthritis: a network meta-analysis. BMC Musculoskelet Disord 21, 702 (2020)
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Le iniezioni intra-articolari di PRP (plasma ricco di piastrine) non si associano ad un’efficacia superiore alla terapia infiltrativa con acido ialuronico (HA) nella gonartrosi.
Queste le conclusioni di una metanalisi, di recente pubblicazione su Drug Design, Development and Therapy.

Razionale dello studio
Il ricorso alla terapia infiltrativa a base di PRP o HA per il trattamento della gonartrosi è aumentato in maniera progressiva nel corso degli ultimi anni. Permangono però, ancora oggi, controversie in termini di determinazione della superiorità di un’opzione terapeutica sull’altra.

Il permanere di questi dubbi, e il limitato numero di studi (e pazienti) attualmente disponibili al riguardo, ha sollecitato la messa a punto di una meta-analisi che ha incluso tutti i trial comparativi, randomizzati e prospettici sull’efficacia d’impiego di PRP o HA nel trattamento della gonartrosi

Disegno dello studio
In primo luogo, è stata effettuata una ricerca sistematica della letteratura, condotta sui principali database bibliografici biomedici (PubMed, Embase, ScienceDirect, and Cochrane library).
Sono stati inclusi nella meta-analisi i trial che soddisfacevano le caratteristiche seguenti: 1) i pazienti avevano diagnosi posta di gonartrosi; 2) i trial mettevano a confronto HA e PRP; 3) gli studi era randomizzati e prospettici; 4) di ciascuno di questi erano disponibili gli articoli in full text con informazioni dettagliate sulla loro esecuzione.

Nell’effettuare la rassegna sistematica della letteratura, i ricercatori hanno escluso dalla meta-analisi articoli retrospettivi, studi non randomizzati e articoli per i queli non era disponibile ottenere il full text, corredato di dati rilevanti per la successiva analisi in pool degli stessi.

Si è ricorsi ad un tool della Cochrane Collaboration, noto come “rischio di bias” per la valutazione qualitativa dei trial randomizzati identificati grazie alla ricerca sistematica della letteratura. Pergli studi solamente prospettici, invece, si è ricorso strumento analogo (questionario per gli studi non randomizzati).

Poichè gli studi identificati avevano periodi di follow-up diversi, i ricercatori hanno messo in pool e, successivamente, effettuato le loro analisi omologando i tempi di osservazione.

Risultati principali
La rassegna sistematica della letteratura ha portato all’identificazione di 3 studi prospettici e 10 trial clinici randomizzati, sui quali è stata effettuata la successiva meta-analisi dei dati.

In questo modo, è stato osservato che le iniezioni intra-articolari di PRP erano in grado di ridurre il dolore (punteggi WOMAC sottoscala dolore) più efficacemente di quelle con HA in pazienti con gonartrosi sia a 6 (differenza media [MD]=−14,18; IC95% [CI]: −26,12 to −2,23; P=0,02; I2=95%) che dopo 12 mesi di follow-up (MD=−15,25; IC95%: −22.17 −8,32; P<0.01; I2=81%). Al contrario non vi sono state differenze tra i 2 trattamenti (punteggio VAS) a 3 mesi (MD=−0,98; IC95%: −2,55 0,59; P=0,22; I2=90%) e a 6 mesi (MD=−0,82; IC95: −1,80 – 0,16; P=0,1; I2=83%). Non solo: risultati simili sono stati documentati anche per il recupero della funzione in base al punteggio WOMAC apposito e alle scale analogiche visuali EuroQol. Riassumendo
Le iniezioni intra-articolari di PRP riducono il dolore più efficacemente di quelle con HA nella gonartrosi a 6 e a 12 mesi di follow-up, se si valuta l’outcome medicante punteggio WOMAC (sottoscala dolore) mentre i risultati sono pressochè sovrapponibili a 3 e a 6 mesi se si considera il punteggio VAS.
Inoltre, anche i risultati relativi al recupero della funzione seguono lo stesso trend temporale nei 2 gruppi in studio.

Pertanto, gli estensori della metanalisi, alla luce delle evidenze limitate e della scarsa qualità dei dati attualmente disponibili, suggeriscono e auspicano la prossima messa a punto di trial clinici randomizzati e controllati di qualità metodologica più elevata.

Bibliografia
Zhang H-f et al. Intra-articular platelet-rich plasma versus hyaluronic acid in the treatment of knee

Il ricorso alla terapia intra-articolare a base di acido ialuronico (HA), già nota per ridurre l’impiego di oppioidi, potrebbe alleviare i rischio di dipendenza da oppioidi nei pazienti con gonartrosi che fanno ricorso a questa classe di farmaci in fase pre- e post-operatoria.

Queste le conclusioni di uno studio che è stato pubblicato sulla rivista Future Medicine.

Razionale e disegno dello studio
L’impiego degli oppioidi ha guadagnato, nel corso degli anni, l’interesse crescente delle cronaca Usa per il loro impiego senza regole e lo sviluppo di dipendenze, spesso fatali. E’ per questi motivi che i Centers for Disease Control statunitensi hanno pubblicato nel 2016 delle linee guida sulla loro appropriatazza prescrittiva nel dolore cronico.

Gli oppiodi, va ricordato, rappresentano anche una opzione in uso nella gestione del dolore associato a gonartrosi, per quanto le ultime Linee Guida pratiche dell’American Academy of Orthopaedic Surgeons (AAOS) abbiano fornito delle raccomandazioni non conclusive in merito al loro impiego. Gli oppioidi, stando ad alcune stime, sono utilizzati quasi da un 30% di pazienti con gonartrosi, pur con enormi variazioni percentuali.

L’impiego di oppioidi nella fase pre-operatoria è legato ad una varietà di outcome avversi dopo artroplastica del ginocchio, mentre una proporzione di pazienti con gonartrosi compresa tra il 33% e il 50% riceve oppioidi da 3 a 12 mesi dopo la chirurgia. Eppure, il loro impiego in questa fase è associato ad un maggior rischio di ri-ospedalizzazione, complicanza e chirurgia di revisione.

In alternativa al loro impiego, esistono altri metodi non chirurgici da poter utilizzare nella gestione del dolore associato a gonartrosi: tra questi abbiamo il ricorso alla terapia infiltrativa con steroidi o HA, la fisioterapia, la perdita di peso e il ricorso ai FANS.

L’impiego di HA riduce notoriamente il ricorso agli analgesici o ai farmaci di soccorso. Tuttavia, le LG AAOS non raccomandano HA, mentre quelle relative agli steroidi intra-articolari non sono conclusive.

In ragione dei problemi sopra indicati relativi all’uso e all’abuso degli oppioidi e alla disponibilità di opzioni di trattamento alternative, con questo studio si sono volute valutate le variazioni di prescrizione di oppioidi e di steroidi intra-articolari nei pazienti gonartrosici prima e dopo l’intervento di artroplastica al ginocchio.

A tal scopo, i ricercatori hanno attinto ai dati di 1.017.578 pazienti con gonartrosi per fare tutte le valutazioni previste sopra.

Risultati principali
Quasi un quinto dei pazienti con gonartrosi dello studio aveva assunto oppioidi, mentre un quarto era stato sottoposto, entro il primo anno dalla diagnosi, ad almeno un trattamento infiltrativo con steroidi,

Dai dati è emerso che quasi la metà degli utilizzatori di oppioidi aveva abbandonato il trattamento con oppioidi dopo un’infiltrazione con HA.

Non solo: dopo essere stati sottoposti a trattamento con HA, la percentuale di nuovi utilizzatori di oppioidi è rimasta bassa, con un 14% di pazienti naive agli oppioidi che ne ha iniziato l’impiego.
Nel complesso, l’82% dei pazienti sottoposti a trattamento infiltrativo con HA non ha fatto ricorso agli oppioidi entro 6 mesi dalla infiltrazione.

Quasi due pazienti su 3 sottoposti ad intervento di artroplastica del ginocchio sono stati sottoposti a trattamento con oppioidi 3-6 mesi dopo la chirurgia, con un’ampia maggioranza di nuovi utilizzatori di oppioidi.

La proporzione di nuovi utilizzatori di oppioidi è risultata maggiore per i pazienti sottoposti ad intervento di artroplastica al ginocchio rispetto ai pazienti sottoposti a trattamento infiltrativo con HA, mentre la proporzione di utilizzatori di oppioidi che ha abbandonato l’impiego di questa classe di farmaci è risultata maggiore nei pazienti sottoposti a terapia intra-articolare con HA rispetto ai pazienti sottoposti ad intervento di artroplastica al ginocchio.

Da ultimo, la maggiori parte dei pazienti sottoposti a terapia infiltrativa con HA non ha avuto bisogno di infiltrazioni aggiuntive di steroidi nei 6 mesi successivi alla prima iniezione intra-articolare di HA.

Riassumendo
L’uso eccessivo di oppioidi si accompagna a rischi sostanziali, tra cui la dipendenza e lo sviluppo di eventi avversi correlati. Nei pazienti che vanno incontro ad intervento chirurgico di artroplastica al ginocchio, l’impiego di oppioidi, sia nelle fase pre- che in quelle post-operatorie, si associa ad una ridotta soddisfazione dei pazienti e ad un incremento delle comorbilità.

Pertanto, è utile prendere in considerazione delle opzioni di trattamento non chirurgico alternative che siano in grado di ridurre in modo efficace il dolore e la dipendenza dagli oppioidi.

Questo studio dimostra chiaramente che i pazienti sottoposti a terapia intra-articolare con HA sperimentano una riduzione sostanziale della prescrizione di oppioidi e della somministrazione di steroidi intra-articolari.

Nicola Casella

Bibliografia
Niazi F et al. Decrease in opioid and intra-articular corticosteroid burden after intra-articular hyaluronic acid for knee osteoarthritis treatment. Pain Manag. 2020 Nov;10(6):387-397.
doi: 10.2217/pmt-2020-0057. Epub 2020 Sep 7.
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In pazienti con gonartrosi sintomatica, la dolenza peri-articolare è legata a migliori outcome a breve termine con steroidi somministrati per via intra-articolare.
Lo dimostrano i risultati di uno studio pubblicato su The Journal of Rheumatology. Al contempo, però, è stato anche dimostrato che alcuni fattori clinici non sono stati in grado di predire la risposta a lungo termine alla terapia infiltrativa con steroidi.
Da ultimo, lo studio ha anche dimostrato che i pazienti con dolore diffuso cronicizzato e sintomatologia depressiva presentano una probabilità ridotta di raggiungere benefici a lungo termine.
 
Disegno dello studio
Lo studio ha incluso 199 pazienti di età uguale o superiore ai 40 anni, con OA dolorosa, partecipanti ad un trial in aperto che prevedeva l’impiego di steroidi somministrati per via intra-articolare.
I partecipanti allo studio hanno completato dei questionari e sono stati sottoposti ad esame clinico. I ricercatori hanno utilizzato, inoltre, i criteri OMERACT-OARSI per valutare la risposta alla terapia nel breve termine (entro 2 settimane).
 
Tra i partecipanti allo studio inizialmente responders al trattamento, erano considerati responder a lungo termine quelli nei quali il dolore (misurato in base al punteggio KOOS – Knee Injury and Osteoarthritis Outcome Score) non era ritornato ai livelli iniziali a distanza di 6 mesi dall’infiltrazione.
 
Da ultimo, i ricercatori si sono serviti di modelli di regressione binomiale per determinare i fattori associati con l’outcome.
Su 199 partecipanti allo studio, il 73,4% (n=146) erano responder a breve termine, mentre il 20,1% (n=40) erano responder a lungo termine.
 
Risultati principali
Rispetto ai pazienti non-responder a breve termine, quelli con dolenza della linea articolare mediale (RR=1,42; IC95%=1,10-1,82), dolenza della linea articolare mediale e laterale (RR=1,38; IC95%=1,03-1,84), dolenza patellofemorale (RR=1,27; IC95%=1,04-1,55), dolenza anserina (RR= 1,27; IC95%=1,06-1,52), e convinti dell’efficacia del trattamento (RR per incremento unitario= 1.05; IC95%= 1,01-1,09) sono risultati più spesso responder alla terapia infiltrativa nel breve termine.
 
I risultati dello studio hanno anche mostrato che l’aspirazione del fluido articolare (RR=0,79; IC95%=0,66-0,95) e un danno pregresso di un legamento o del menisco (RR=0,63; IC95%= 0,44-0,91) erano associati ad una riduzione del rischio di essere respondee a breve termine.
 
Da ultimo, i partecipanti allo studio con un numero più elevato di siti dolenti (RR per incremento unitario: 0,83; IC95%=0,72-0,97), dolore cronico diffuso (RR=0,32; IC95%=0,10-0,98), cronicità di malattia percepita (RR per incremento unitario=0,86; IC95%=0,78-0,94) o con maggiore sintomatologia depressiva (RR per incremento unitario= 0,89; IC95%=0,81-0,99) sono risultati meno frequentemente responder a lungo termine rispetto ai non-responder iniziali e ai pazienti con recidivazione del dolore entro 6 mesi.
 
Riassumendo
Lo studio suggerisce un ruolo limitato della fenotipizzazione clinica nella individuazione dei pazienti con malattia articolare, candidabili a terapia intra-articolare con steroidi.
Sono necessari, però, nuovi studi che confermino queste osservazioni, anche in ragione della natura esplorativa iniziale di questo lavoro.
 
Bibliografia
Maricar N et al. Do clinical correlates of knee osteoarthritis predict outcome to intra-articular steroid injections? [published online April 1, 2019]. J Rheumatol. doi:10.3899/jrheum.180233
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Il trattamento intra-articolare con una combinazione a base di acido ialuronico (HA) e PRP (plasma ricco di piastrine) sembra migliorare in modo significativo l’artralgia, ridurre le risposte immunitarie umorali e cellulari e promuovere l’angiogenesi, rispetto alle singole opzioni terapeutiche,

Lo dimostrano i risultati di uno studio di recente pubblicazione sulla rivista Experimental and Therapeutic Medicine.

Razionale e disegno dello studio

Il PRP rappresenta un concentrato autologo e multifunzionale di piastrine, che stimola i processi di guarigione della cartilagine e migliora il danno indotto da malattia articolare. HA, invece, è un trattamento rivelatosi da tempo efficace e in uso nella pratica clinica per i pazienti affetti da gonartrosi.

L’obiettivo dello studio, pertanto, è stato quello di verificare l’esistenza di un vantaggio derivante dalla somministrazione di una combinazione di HA e PRS somministrata per via intra-articolare in pazienti con gonartrosi rispetto alle singole opzioni terapeutiche considerate.

A tal scopo, 360 pazienti con gonartrosi (aventi un’età compresa tra 22 e 68 anni e un indice di performance Karnofsky ≥80% – i pazienti hanno difficoltà a camminare e sperimentano dolore alle ginocchia) sono stati randomizzati in 4 gruppi di trattamento differenti: 1) trattamento in doppio cieco con PRP (2-14 ml); 2) trattamento in doppio cieco con HA (0,1-0,3 mg); 3) terapia di combinazione a base di PRP e HA; 4) placebo.

Lo studio in doppio cieco è stato condotto in tre fasi: stadio iniziale, stadio in trattamento in doppio cieco (trattamento di titolazione della dose della durata di 4 settimane – PRP= 2, 4, 8, 10, 12 e 14 ml; HA= 0,10, 0,15, 0,20, 0,25 e 0,30 mg) e stadio post-trattamento ad un anno (PRP=8 ml; HA=0,2 mg) nei pazienti con gonartrosi che, volontariamente, hanno aderito alla fase di estensione dello studio, tuttora in corso.

La durata mediana complessiva dei trattamenti assegnati è stata pari ad 8 settimane.

Per determinare l’efficacia del trattamento assegnato, sono stati utilizzati i punteggi WOMAC (sottoscale “dolore”, “rigidità articolare” e “limitazione funzionale” e quelli di performance di Karnofsky al basale, durante la 52esima settimana e nel periodo di trattamento in doppio cieco.

Risultati principali

Analisi cliniche preliminari hanno documentato un miglioramento significativo del dolore nei gruppi sottoposti a trattamento attivo vs. placebo, Più in dettaglio, il dolore si è ridotto in misura maggiore nei pazienti trattati con PRP rispetto a quelli trattati con HA all’osservazione ad un anno dal trattamento (p<0,01).

Il trattamento combinato con PRP e HA, però, ha migliorato sia il dolore, sia la funzione fisica, sia la rigidità articolare che il punteggio WOMAC totale rispetto ai singoli trattamenti al basale.

Tali esiti clinici indicano che la terapia di combinazione a base di PRP (8 mg) e HA (0,20 mg) è in grado di migliorare tutte le caratteristiche cliniche associate alla gonartrosi.

Quanto agli eventi avversi, quelli più frequentemente osservati (ed emersi a seguito del trattamento) sono stati l’ipertensione e la proteinuria.

Effetti antinfiammatori del trattamento

Dalle misurazioni dei livelli sierici di citochine infiammatorie in pazienti con gonatrosi, dopo trattamento con PRP e/o HA, è emersa una regolazione negativa dei livelli di IL-17A, TNF-alfa, IL-1beta e NFkB ligando nei pazienti trattati con PRP o HA, ulteriormente accentuata nel gruppo di pazienti sottoposti a terapia di combinazione (p<0,01 per tutti).

Al contrario, è stata osservata una regolazione positiva dei livelli di PDGF, IL-6, VEGF e IL-10 nei pazienti gonartrosici a seguito del trattamento con PRP o HA, ulteriormente accentuata nei pazienti sottoposti a terapia di combinazione.

Tali risultati, nel complesso, suggeriscono come la terapia di combinazione con PRP e HA inibisca l’infiammazione nei pazienti affetti da gonartrosi.

Riassumendo

I risultati di efficacia dello studio dimostrano che PRP e HA rappresentano delle opzioni terapeutiche ancora più efficaci se messe in combinazione nel trattamento della gonartrosi, aggiungendosi a studi precedenti arrivati a conclusioni simili. Degno di nota è il fatto che i risultati di questo studio suggeriscono che le interazioni farmacocinetiche di PRP e HA rappresentano dei determinanti molto importanti nell’ottimizzare le terapie di trattamento di questa condizione clinica.

Bibliografia

Yu W et al. Clinical therapy of hyaluronic acid combined with platelet-rich plasma for the treatment of knee osteoarthritis. Exp Ther Med. 2018 Sep; 16(3): 2119–2125.

Una network meta-analysis pubblicata su Knee Surg Sports Traumatol Arthroscopy ha fatto il punto sull’efficacia delle diverse tipologie di terapia infiltrativa nel trattamento della gonartrosi, dimostrando come le loro caratteristiche intra-classe (acidi ialuronici a PM basso o elevato, steroidi standard o a rilascio continuato) abbiano un diverso impatto sugli outcome.

Razionale e obiettivi della metanalisi
Un’ampia proporzione di pazienti con gonartrosi ricade negli stadi lieve-moderato di malattia, laddove il ricorso ad interventi non chirurgici è necessario per alleviare il dolore e limitare le alterazioni funzionali.

Questi pazienti sono spesso sottoposti a terapia intra-articolare, prevalentemente a base di steroidi o di acido ialuronico (HA), mentre le infiltrazioni di PRP si stanno recentemente affermando come un’ulteriore opzione di trattamento infiltrativo.

Molti trial clinici randomizzati e metanalisi pubblicate hanno messo a confronto diversi trattamenti per la gonartrosi allo scopo di determinare l’efficacia e la sicurezza di questi interventi.

Le evidenze ad oggi disponibili indicano un’insorgenza precoce del beneficio clinico con gli steroidi, anche se gli effetti più duraturi si osservano con le infiltrazioni di HA.

Quanto al PRP, vi sono evidenze di efficacia e sicurezza in un numero sparuto di studi, anche se le metanalisi fin qui condotte hanno sollevato problemi di imprecisione elevata dei dati sull’effetto netto del trattamento con PRP.

Alcune recenti evidenze provenienti da studi che hanno approfondito i fattori di differenziazione esistenti all’interno delle singole classi terapeutiche sopra indicate hanno dimostrato un miglioramento dell’efficacia in base al peso molecolare e all’impiego di determinati meccanismi di delivery delle sostanze attive, come la tecnologia delle microsfere.

L’obiettivo specifico di questa network meta-analysis è stato quello, pertanto, di valutare l’efficacia e la sicurezza dei diversi trattamenti disponibili per la terapia intra-articolare della gonartrosi, mettendo a confronto le infiltrazioni di HA (ad alto e a basso PM), quelle di steroidi (standard e a rilascio esteso), quelle di PRP e di placebo intra-articolare sugli outcome legati al dolore e alla funzione, come pure sugli eventi avversi legati al trattamento, ipotizzando l’esistenza di differenze di outcome in base alle caratteristiche specifiche del prodotto impiegato per la terapia infiltrativa.

Disegno e risultati principali
Per prima cosa, è stata effettuata una ricerca sistematica della letteratura sui principali database bibliografici biomedici, per individuare tutti i trial clinici randomizzati che hanno messo a confronto diverse tipologie di terapia intra-articolare.

Da questa ricerca sono venuti fuori 64 articoli (per un totale di 9.710 pazienti) che soddisfacevano i criteri di inclusione e che sono stati utilizzati per la metanalisi successiva “a rete”.

Dai risultati è emerso che la terapia intra-articolare con HA ad elevato PM (− 0,53; IC95% = − 0,81; – 0,25) e PRP (− 0,79; IC95%= − 1,32; − 0,26) erano le sole opzioni di trattamento con un intervallo di confidenza interamente al di sopra della soglia della differenza minima clinicamente importante (MCID); tuttavia, i risultati ottenuti per PRP era piuttosto ballerini all’interno delle analisi di sensitività, non risultando, perciò, particolarmente affidabili per trarre giudizi definitivi certi.

Quanto all’analisi sull’outcome “funzione”, HA a peso molecolare elevato (SMD= − 0,76, IC95%= − 1,30; − 0,22) è risultato essere il solo trattamento con un intervallo di confidenza interamente al di sopra della soglia di MCID. Gli steroidi a rilascio estenso hanno dimostrato un possibile beneficio in termini di miglioramento funzionale (SMD= − 0,98; IC95%= −1,79; −0,17) rispetto a quelli a rilascio standard (SMD= − 0,14; IC95% =− 0,72; 0.44).

Riassumendo
In conclusione, i risultati di questa metanalisi “a rete” hanno dimostrato che HA a PM elevato rappresenta la sola opzione di terapia infiltrativa ad aver sorpassato la MCID sia relativamente all’outcome “dolore” che all’outcome “funzione”. Gli steroidi a rilascio esteso potrebbero fornire un beneficio clinico aggiuntivo sugli steroidi a rilascio standard. Quanto al PRP, invece, nonostante gli indizi di un possibile beneficio clinico, non è possibile trarre conclusioni certe in ragione degli ampi intervalli di confidenza e dei risultati contrastanti alle analisi di sensitività.

Nicola Casella

Bibliografia
Philips M et al. Differentiating factors of intra-articular injectables have a meaningful impact on knee osteoarthritis outcomes: a network meta-analysis. Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc. 2020 Sep;28(9):3031-3039.
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Il ricorso ad un singolo trattamento intra-articolare con acido ialuronico (HA) cross-linked non è inferiore, in termini di riduzione del dolore sotto carico, rispetto ad un ciclo di 3 infiltrazioni settimanali di HA a peso molecolare elevato.
 
Queste le conclusioni di uno studio di non inferiorità multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, pubblicato sulla rivista BMC Musculoskeletal Disorders che sembrano suffragare l’impiego di HA cross-linked nei pazienti con gonartrosi di grado lieve moderato.
 
Razionale e disegno dello studio
Dalla fine degli anni Novanta, molti studi hanno valutato l’efficacia e la sicurezza di varie preparazioni di HA a differente peso molecolare per la somministrazione intra-articolare in pazienti affetti da gonartrosi, ricordano gli autori nell’introduzione al lavoro.
 
“L’evidenza attualmente disponibile – continuano i ricercatori – suggerisce un effetto positivo delle diverse preparazioni di HA intra-articolare bella riduzione del dolore e nel miglioramento della funzone. Di qui la raccomandazione condizionale, formulata in alcune LG relative al trattamento della gonartrosi, di utilizzare queste preparazioni nella pratica clinica”.
 
Ciò premesso, permangono ancora oggi incertezze in merito all’efficacia clinica di tutte le formulazioni di HA disponibili: ”l’incremento del peso molecolare, della stabilità e della viscosità degli HA mediante il cross-linking sono risultati associati ad un miglioramento della durata dell’efficacia del trattamento, con conseguente riduzione del numero di infiltrazioni richieste – spiegano i ricercatori”.
 
Di qui il nuovo studio, che si è proposto di valutare la non-inferiorità di una singola infiltrazione di HA cross-linked rispetto ad un ciclo di tre iniezioni settimanali di HA a peso molecolare elevato e di mettere a confronto l’efficacia e la sicurezza delle due modalità di trattamento in esame in pazienti con gonartrosi di grado lieve (asintomatica) moderato (sintomatica).
 
A tal scopo, 287 pazienti con osteoartrosi al ginocchio (di gradi K-L compreso tra I e III) sono stati randomizzati ad uno dei due trattamenti sopra indicati. Per mantenere la cecità del trattamento, in entrambi i gruppi sono state effettuate tre iniezioni settimanali: in un caso, però, sono state effettuate 3 inieizioni di HA a peso molecolare elevato, mentre nell’altro è stata effettuata una singola infiltrazione di principio attivo (HA cross-linked), seguita da due infiltrazioni settimanali di soluzione fisiologica (placebo).
 
L’endpoint primario di questo studio era rappresentanto dalla variazione del dolore sotto carico a 12 settimane dall’ultima infiltrazione; tra gli endpoint secondari, invecem vi erano i punteggi WOMAC, la valutazione globale dello stato di salute da parte del paziente e del medico sperimentatore, il dolore a riposo, quello notturno o quello associato al movimento; il tasso di pazienti responder secondo i criteri OMERACT-OARSI; la proporzione di pazienti che hanno raggiunto una riduzione di almeno 20 mm o del 40% del dolore sotto carico e, infine, il tasso di impiego e il consumo totale di farmaci di emergenza.
 
Risultati principali
Considerando l’endpoint primario, sono state osservate riduzioni significative del dolore sotto carico in entrambi i gruppi ad una settimana dall’ultima infiltrazione, riduzione che sono divenute maggiormente evidenti a 6 e a 12 settimane dall’ultima infiltrazione praticata. In particolare, a 12 settimane dall’ultima infiltrazione, la variazione media del dolore sotto carico è stata pari a -33,3 mm con HA cross-linked e a -29,2 mm con HA a peso molecolare elevato, documentano la non inferiorità di HA cross-linked alla formulazione di riferimento dal momento che il limite inferiore dell’intervallo di confidenza al 95% (-1,9 mm, 10,1 mm) era ben al di sopra del margine pre-definito (-10 mm).
 
Quanto agli endpoint secondari sopra menzionati, invece, non sono emerse differenze significative tra i gruppi in studio.
Sul fronte della safety, non sono emersi nuovi eventi avversi rispetto a quelli già noti, associati all’impiego di queste formulazioni di HA. Il dolore al sito di iniezione è risultato essere l’AE più frequentemente documentato in entrambi i gruppi
 
Limiti dello studio
Nel commentare i risultati, gli autori dello studio non hanno sottaciuto alcuni limiti intrinseci del lavoro pubblicato: “In primo luogo, sono state utilizzate due iniezioni di placebo in uno dei due bracci di trattamento dello studio, Dal momento che l’HA a peso molecolare elevato, utilizzato come controllo attivo di trattamento, va somministrato in cicli di 3 infiltrazioni settimanali mentre HA cross-linked necessita di una sola somministrazione, era inevitabile ricorrere a due iniezioni placebo in quest’ultimo braccio di trattamento per conservare la doppia cecità dello studio”.
 
“In secondo luogo – continuano i ricercatori – è probabile che un follow-up di durata non superiore a 3 mesi sia probabilmente troppo breve. A tal riguardo, ci sono stati alcuni studi che hanno valutato l’effetto di HA in pazienti con gonartrosi a 3 mesi, mentre è noto che occorrono dalle 5 alle 12 settimane perchè l’efficacia di HA si palesi. D’altto canto, l’estensione del periodo di follow-up potrebbe anche innalzare il tasso di abbandono degli studi, aumentando l’introduzione di bias in questi trial clinici”.
 
“E’ per le ragioni sopra elencate – argomentano i ricercatori – che il periodo di valutazione utilizzato in questo studio è stato determinato sulla base di un consenso con le autorità regolatorie e i comitati etici delle istituzioni coinvolte nello studio”.
 
Un’altra possibile critica allo studio è stata quella di aver coinvolto troppi centri. A tal riguardo, però, è possibile affermare che tutti i ricercatori coinvolti nella sperimentazione clinica hanno aderito al protocollo dello studio senza incorrere in violazioni gravi.
 
“Dal momento che questo studio ha valutato una nuova formulazione di HA cross-linked in monosomministrazione – concludono i ricercatori – era necessario coinvolgere più centri per reclutare più di 300 pazienti in un lasso di tempo ragionevole”.
 
Bibliografia
Ha C-W et al. Efficacy and safety of single injection of cross-linked sodium hyaluronate vs. three injections of high molecular weight sodium hyaluronate for osteoarthritis of the knee: a double-blind, randomized, multi-center, non-inferiority study. Ha et al. BMC Musculoskeletal Disorders (2017) 18:223 DOI 10.1186/s12891-017-1591-4
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Livelli elevati di dolore al ginocchio, giovane età, danno strutturale meno severo: sarebbero questi, stando ad uno studio di recente pubblicazione su Arthritis Research & Therapy, i tre fattori maggiormente predittivi in grado di individuare i pazienti con gonartrosi nei quali le probabilità  di successo della terapia infiltrativa con acido ialuronico (HA) sono maggiori. Se tali scoperte saranno confermate, sarà possibile ottimizzare il ricorso alla terapia infiltrativa in questi pazienti, selezionando quelli maggiormente suscettibili all’efficacia di quest’azione terapeutica.

Razionale e disegno dello studio
“Il peso delle raccomandazioni sull’impiego delle terapie intra-articolari a base di HA varia a seconda delle linee guida considerate – ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio – e ancora non è stata raggiunta l’unanimità sull’efficacia di quest’opzione terapeutica nel trattamento sintomatico della gonartrosi”.

La coorte OAI (The Osteoarthritis Initiative) fornisce l’opportunità unica di consentire  un follow-up prospettico di un gruppo di pazienti con gonartrosi per un periodo temporale esteso (fino a 9 anni).

Tale coorte è stata utilizzata per seguire la storia naturale della malattia e per valutare l’efficacia di alcuni trattamenti per l’OA sulla progressione e i sintomi di malattia.

La coorte OAI fornisce, dunque, uno scenario real-life utile per estendere la nostra comprensione sugli effetti dei possibili trattamenti disponibili sugli esiti clinici di malattia.

L’obiettivo dello studio appena pubblicato, pertanto, è stato quello di identificare i determinanti che correlano meglio con il livello di risposta alla terapia infiltrativa con HA in pazienti con gonartrosi sintomatica.

I 310 partecipanti allo studio erano affetti da gonartrosi radiografica ed erano stati sottoposti ad un trattamento infiltrativo con HA. Di questi, erano disponibili sia i dati demografici che i punteggi WOMAC in concomitanza con la visita pre- (T0) e post-trattamento (T1 entro 6 mesi).

E’ stata effettuata una valutazione del sintomo “dolore” in corrispondenza con le caratteristiche demografiche, cliniche e di imaging al basale (T0) e della sua variazione temporale (dalla visita pre- a quella post-trattamento: da T0 a T1).

I pazienti con punteggio WOMAC (sottoscala “dolore”) >0 sono stati suddivisi in tre gruppi (pazienti con dolore “ridotto”; pazienti con dolore “moderato”; pazienti con dolore “elevato”) in base ad un’analisi per terzili.

Inoltre, sono state condotte ulteriori analisi nel gruppo di pazienti con dolore “elevato” (punteggio WOMAC ≥ 8), suddivisi a loro volta in pazienti “responder” (miglioramento dolore ≥ 20%) e “non responder” (punteggio WOMAC invariato o peggiorato).

Risultati principali
I 310 partecipanti allo studio sono stati sottoposti ad un totale di 404 trattamenti (uno per ginocchio). Nei gruppi con dolore “ridotto” e “moderato”, rispetto a quelli con dolore “elevato”, i partecipanti allo studio presentavano un punteggio WOMAC “dolore” al T0 significativamente più basso (p<0,001); inoltre, i pazienti del gruppo con dolore “ridotto” mostravano, rispetto a quelli con dolore “elevato”, un BMI significativamente più basso (p=0,002), una maggiore larghezza dello spazio articolare (JSW; p=0,010) e un volume della cartilagine del ginocchio maggiore (p ≤ 0,009), a fronte di una effusione sinoviale più piccola (p=0,033).

Nel gruppo con dolore “maggiore” invece, i pazienti “responder” alla terapia infiltrativa con HA sono risultati essere più giovani (p=0,014), con un volume cartilagineo maggiore a livello del compartimento mediale (p=0,046), un trend verso valori di JSW più elevati e, last but not least, un miglioramento significativo di tutti i punteggi WOMAC (p<0,001).

I pazienti “non responder”, invece, hanno mostrato un peggioramento della sintomatologia.

Implicazioni dello studio
Lo studio ha dimostrato per la prima volta, grazie ad un’ampia analisi longitudinale dei dati, che le iniezioni intra-articolari di HA possono essere efficaci per il trattamento sintomatico della gonartrosi. I risultati hanno mostrato che il trattamento non era utile solo per alleviare il dolore al ginocchio ma anche per migliorare la funzione articolare, soprattutto in pazienti con alcune caratteristiche demografiche e cliniche.

I dati hanno chiaramente mostrato che la terapia infiltrativa potrebbe essere efficace per un sottogruppo di pazienti gonartrosici con le seguenti caratteristiche: 1) dolore al ginocchio di intensità elevata (WOMAC dolore ≥ 8); giovane età; BMI elevato, JSW maggiore; maggior volume cartilagine (indicativo di minor danno strutturale). In questo sottogruppo, i “responder” risultano essere i pazienti più giovani, quelli con maggior volume cartilagineo a livello del compartimento mediale e quelli con tendenza ad un JSW maggiore.

“A nostra conoscenza – hanno sottolineato i ricercatori nella discussione del lavoro – questa è la prima volta che un sottogruppo di variabili predittive di una buona risposta alla terapia infiltrativa con HA è stato identificato in uno studio longitudinale”.

Il problema della definizione di un punto di cutoff per selezionare i pazienti “responder”

Un’altra scoperta chiave dello studio è stata quella della necessità di individuare i pazienti “responder” alla terapia infiltrativa con HA utilizzando un punto di cutoff pari, almeno, al 20% di miglioramento del punteggio WOMAC “dolore” in una popolazione di pazienti che aveva un punteggio pari, almeno, ad 8 su 20.

“Il punteggio WOMAC “dolore” >8 al tempo T0 (pre-trattamento) è stato scelto in quanto corrisponde ad un livello di sintomi percepito come clinicamente significativo per i pazienti e, di conseguenza, utilizzato nei trial clinici come parte dei criteri di inclusione – spiegano i ricercatori”.

“Per quanto  – continuano – la scelta di questo valore di cutoff possa risultare in qualche modo arbitraria, essa, invece, è ben in accordo con la definizione OMERACT di quanto dovrebbe essere il minimo miglioramento percepibile del dolore da osservare per definire un paziente come “responder”.
 

Bibliografia
Pelletier JP et al. Exploring determinants predicting response to intra-articular hyaluronic acid treatment in symptomatic knee osteoarthritis: 9-year follow-up data from the Osteoarthritis Initiative. Arthritis Res Ther. 2018 Mar 1;20(1):40. doi: 10.1186/s13075-018-1538-7

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Quando parliamo di terapia infiltrativa a base di corticosteroidi, pensiamo innanzitutto ad un intervento in grado di ridurre l’infiammazione associata all’osteoartrosi e alla palliazione del dolore associato a questa condizione.

Uno studio recente britannico ha cercato di approfondire i meccanimi attraverso i quali i CS, somministrati per via intra-articolare, esercitano gli effetti sopra individuati, dimostrando la loro capacità nel ridurre la degradazione cartilaginea nel breve termine.

Lo studio è stato pubblicato su Rheumatology International.

 

Marker biologici e gonartrosi: quali sono e come correlano?

In letteratura esistono già studi che hanno valutato il ruolo di alcuni marker biologici, presenti nel sangue o nelle urine, nella diagnosi, nella prognosi e, in misura minore, nella risposta al trattamento dell’OA: “In generale – ricordano i ricercatori nell’introduzione al lavoro – tali marker correlano con i processi di turnover osseo e cartilagineo, o con l’infiammazione sinoviale, associati all’OA”.

I frammenti del telopeptide C-terminale del collagene di tipo 2 (CTX-II) si formano in concomitanza con i processi di degradazione della cartilagine articolare e sono escreti nelle urine (uCTX-II). Alcuni studi hanno documentato l’esistenza di un’associazione tra i livelli di uCTX-II e l’incidenza di gonartrosi, come pure tra i livelli di uCTX-II e la progressione di malattia.

Per contro, si ritiene che i livelli sierici di propeptide N-terminale del collagene IIA (sPIIANP) riflettano la sintesi di collagene di tipo 2 ed è stato dimostrato che concentrazioni alterate di questo marker correlano con la diagnosi e la progressione di gonartrosi.

Ancora, il telopeptide N urinario (uNTX) è un marker di degradazione del collagene di tipo 1 e correla soprattutto con il turnover osseo, mentre la proteina sierica oligomerica della matrice cartilaginea (sCOMP) è una proteina non-collagene derivante dalla degradazione della cartilagine, anche se è presente in altri tessuti come il tendine e la membrana sinoviale.

sCOMP è elevata nei pazienti con gonartrosi e, insieme, con uCTXII, è considerata uno dei marker probabilmente maggiormente associati alla severità radiografica, all’incidenza e alla progressione radiografica di gonartrosi, soprattutto quella associata a maggiore percezione di dolore.

YKL-40 viene prodotta dai condrociti e dai sinoviociti articolari e i livelli sierici di questa proteina correlano con la severità di malattia nell’OA, mentre l’acido ialuronico è un glicosaminoglicano presente e livello del fluido sinoviale, i cui livelli circolanti nel sangue correlano, stando ad alcune ipotesi, con l’infiammazione sinoviale nella gonartrosi.

I ricercatori hanno focalizzato l’attenzione su tutti i marker biologici sopra indicati al fine di valutare la loro risposta alla terapia infiltrativa con steroidi in pazienti con gonartrosi sintomatica (finora mai valutata sulla malattia nell’uomo).

Lo studio: disegno e risultati principali

I ricercatori hanno selezionato 80 individui con gonartrosi sintomatica (45% di sesso maschile, età media 64 anni), che sono stati sottoposti ad iniezione intra-articolare di routine con 40 mg di triamcinolone acetonide e 4 ml 1% di lignocaina (un anestetico locale).

Su questo campione di pazienti sono state effettuate, sia all’inizio dello studio che dopo 3 settimane dall’infiltrazione, valutazioni sul dolore al ginocchio (misurato come sottoscala “dolore” WOMAC VAS) e su alcuni biomarker (uCTXII, uNTX nelle urine; COMP, HA,  sPIIANP e YKL-40 nel sangue).

La severità radiografica di malattia è stata valutata mediante esame apposito al ginocchio.

Di risultati è emerso che il valore mediano di uCTX-II (marker di degradazione della cartilagine) è risultato più basso a 3 settimane dall’infiltrazione con CS rispetto al basale (306,3 vs. 349,9 ng/mmol; p<0,01). Questo trend ha mantenuto la significatività statistica dopo correzione di Bonferroni.

Eccezion fatta per un trend di osservazione di valori sierici più bassi di COMP a 3 mesi dall’infiltrazione, altri marker biologici non hanno subito variazioni dopo iniezione intra-articolare con CS.

Non solo: sia i valori iniziali di uCTX-II che le variazioni di questo parametro dall’inizio dello studio e 3 settimane dall’infiltrazione con CS sono risultati correlati con la severità radiografica del restringimento della rima articolare, ma non con il grado osteofitico.

Da ultimo, i ricercatori non sono stati in grado di documentare l’esistenza di un’associazione tra uCTX e il dolore.

Riassumendo

In conclusione, lo studio, basato sulla valutazione di un panel di marker biologici sierici e urinari,  suggerisce che la terapia infiltrativa con CS potrebbe ridurre la degradazione cartilaginea nel breve termine in pazienti con gonartrosi.

Nonostante i risultati abbiano documentato l’esistenza di un’associazione tra i livelli di uCTX-II con il restringimento dello spazio articolare del ginocchio affetto da gonartrosi, non sono state osservate, invece, correlazioni tra i valori di uCTX e il dolore riferito. Ciò suggerisce che i meccanismi attraverso i quali la terapia infiltrativa con steroidi migliora il dolore e riduce i livelli di uCTX-II sono differenti e non strettamente correlati tra loro.

Sono ora necessari nuovi studi che approfondiscano gli effetti a breve e a lungo termine della terapia infiltrativa con steroidi sulla biologica della cartilagine in pazienti gonartrosici.

Bibliografia

Klocke R et al. Cartilage turnover and intra-articular corticosteroid injections in knee osteoarthritis. Rheumatol Int. 2018; 38(3): 455–459.

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Il ricorso alle infiltrazioni a base di acido ialuronico (HA) e a programmi individualizzati di riabilitazione, combinati tra loro od eseguiti singolarmente, rappresentano delle opzioni efficaci per migliorare la funzione del ginocchio e per alleviare il dolore associato a questa condizione.
 
Il trattamento combinato, tuttavia, ha una marcia in più dal punto di vista analgesico, in quanto tale intervento terapeutico si traduce in una maggiore capacità di alleviare il dolore rispetto alle singole opzioni, come documentato dai risultati ad un mese di follow-up.
 
Sono queste le conclusioni di uno studio pubblicato sulla rivista Knee Surgery, Sports Traumatology, Arthroscopy da una equipe di ricercatori italiani.
 
Come è noto, tutte le Linee Guida attualmente vigenti sul trattamento della gonartrosi prevedono, tra le diverse opzioni non chirurgiche finalizzate alla riduzione del dolore e al miglioramento, o quanto meno alla stabilizzazione della funzione fisica, le iniezioni intra-articolari e la fisioterapia e/o il ricorso a programmi di riabilitazione.
 
Stando agli ultimi studi di letteratura, la fisioterapia rappresenta una delle prime opzioni non chirurgiche di trattamento della gonartrosi in quanto sembra essere fondamentale ripristinare sia un corretto bilanciamento muscolare che una corretta distribuzione di carico per le finalità sopra-descritte.
 
Tuttavia, ricordano gli autori nell’introduzione allo studio, ancora oggi non è stato identificato con precisione il regime ottimale di esercizio fisico da adottare in queste condizioni.
 
Quanto alla terapia infiltrativa con HA, invece, esistono studi che documentano un’efficacia terapeutica di questa opzione di trattamento sulla sintomatologia paragonabile a quella ottenuta con i FANS, a fronte di una minore incidenza di eventi avversi sistemici grazie alle infiltrazioni.
 
Inoltre, esistono dati che mostrano come il trattamento intra-articolare con HA sortisca migliori benefici a lungo termine rispetto alle iniezioni intra-articolari di CS, in particolare tra la quinta e la 13esima settimana dall’esecuzione del trattamento.
 
Gli studi che hanno messo a confronto la terapia infiltrativa con HA e la fisioterapia non avevano, fino ad ora, documentato l’esistenza di differenze statisticamente significative tra i 2 trattamenti in questione – ricordano gli autori.
 
Obiettivo del nuovo studio è stato quello di valutare l’efficacia della terapia infiltrativa con HA e di un programma di riabilitazione basata sull’esercizio fisico, da soli o in combinazione, nel trattamento della gonartrosi.
 
A tal scopo, 165 pazienti, affetti da gonartrosi di grado moderato, sono stati randomizzati in 3 gruppi di intervento: 1) terapia infiltrativa con HA (ciclo di tre iniezioni a cadenza quindicinale);
2) 20 sessioni di fisioterapia in un mese, nell’ambito di un programma di riabilitazione individualizzato;
3) terapia infiltrativa + fisioterapia.
 
L’outcome primario dello studio era rappresentato dall’indice WOMAC mentre quello secondario era rappresentato dalla valutazione del range attivo di movimento (AROM).
 
Tutti i pazienti reclutati nel trial sono stati sottoposti a valutazione sia prima che a 1, 3 e a 6 mesi dall’esecuzione del trattamento assegnato.
 
Analizzando i risultati dello studio, sono stati persi nel corso del follow-up 2 pazienti in ciascun gruppo di trattamento. Non si sono manifestati, inoltre, eventi avverso.
 
I dati hanno documentato, in tutti i gruppi studiati, un miglioramento degli outcome dopo un mese di follow-up, non seguito da miglioramenti ulteriori nel corso del tempo.
 
Dopo un mese di follow-up, però, è stata osservato un miglioramento statisticamente significativo della sottoscala “dolore” del WOMAC nel gruppo sottoposto a terapia di combinazione rispetto alle singole opzioni di trattamento (p=0,043). Invece, nel gruppo sottoposto solo a fisioterapia, è stato documentato, da 1 a 6 mesi dall’esecuzione del trattamento, un peggioramento delle sottoscale WOMAC relative al dolore, alla rigidità articolare e alla funzione.
 
Infine, la valutazione di AROM non ha mostrato l’esistenza di differenze significative tra gruppi e all’interno dei singoli gruppi nel corso del follow-up.
 
Nel commentare i risultati, i ricercatori non hanno sottaciuto l’esistenza di limiti intrinseci del loro studio. Il limite principale riconosciuto consiste nell’assenza di un gruppo placebo, che non permette di escludere la possibilità che i miglioramenti degli outcome osservati sia stati dovuti ad un effeto placebo. A tal riguardo, tuttavia, gli autori dello studio ricordano, però, l’esistenza di alcuni studi controllati vs placebo che suffragano  l’efficacia reale della terapia infiltrativa con HA.
 
In secondo luogo, non sono state condotte, nel corso delle visite di follow-up, valutazioni mediante imaging della progressione di malattia, per quanto lo studio prevedesse, tra i criteri di inclusione dei pazienti nel trial, la stadiazione radiografica della gonartrosi. Di conseguenza, non è possibile fare delle inferenze tra gli effetti del trattamento analizzato e la progressione effettiva della malattia.
 
Da ultimo, il trial è stato condotto solo su pazienti con gonartrosi di grado moderato, per cui i risultati ottenuti non possono essere estesi ai pazienti con gonartrosi più severa.
 
Nonostante i limiti sopra elencati, lo studio pubblicato è il primo, rispetto ad altri già pubblicati in letteratura sull’argomento, ad aver proposto l’adozione di un piano di riabilitazione individualizzato, che tenga conto del compartimento dell’articolazione del ginocchio maggiormente coinvolto nel processo degenerativo.
 
Bibliografia
Saccomanno MF et al. Efficacy of intra‑articular hyaluronic acid injections and exercise‑based rehabilitation programme, administered as isolated or integrated therapeutic regimens for the treatment of knee osteoarthritis. Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc (2016) 24:1686–1694
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Per quanto entrambe efficaci, le infiltrazioni a base di PRP non hanno determinato un miglioramento clinico complessivo superiore rispetto a quelle a base di acido ialuronico (HA), sia in termini di miglior beneficio sulla sintomatologia, sia in termini di beneficio funzionale. Questo trend è stato confermato in diversi timepoint di follow-up o in base alla durata dell’effetto.
 
Queste le informazioni provenienti da un trial clinico randomizzato, condotto da ricercatori italiani e pubblicato sulla rivista The American Journal of Sports Medicine.
Lo studio è nato dalla constatazione dell’esistenza, in alternativa ad HA, delle infiltrazioni con PRP come nuova opzione di trattamento conservativo per la degenerazione dell’articolazione del ginocchio, allo scopo di raggiungere l’alleviazione della sintomatologia e di ritardare il ricorso all’intervento chirurgico di artroplastica.
 
Fino ad ora, però, non esistevano studi comparativi tra le due modalità di trattamento che avessero preso in considerazione gli effetti a lungo termine delle due terapie in questione.
 
Di qui il nuovo studio, un trial clinico randomizzati che ha reclutato 192 pazienti con storia di osteoartrosi del ginocchio (grado Kellgre-Lawrence compreso tra 0 e 3) e li ha randomizzati a 3 iniezioni intra-articolari, a cadenza settimanale, con PRP o HA.
I pazienti inclusi nello studio sono stati valutati in modo prospettico sia prima del ciclo di infiltrazioni che a 2, 6, 12 e 24 mesi. Il follow-up complessivo ha avuto una durata media di 64,3 mesi e prevedeva una valutazione finale degli outcome dei pazienti trattati.
 
E’ stato utilizzato, per la valutazione soggettiva degli outcome, il form IKDC (International Knee Documentation Committee Subjective Knee Evaluation Form) – un questionario patologia-specifico, validato in lingua italiana, il cui scopo è quello di rilevare il miglioramento o il peggioramento dei sintomi, della funzione e delle attività sportive a causa delle disabilità del ginocchio. Altri parametri utilizzati per la valutazione sono stati l’EuroQoL su scala VAS e i punteggi di Tegner (relativi all’attività sportiva svolta).
 
Su 192 pazienti inizialmente reclutati, 167 hanno raggiunto la fine del follow-up prevista dal protocollo dello studio.
Passando ai risultati, entrambe le opzioni di trattamento si sono dimostrate efficaci nel migliorare lo stato funzionale del ginocchio e la sintomatologia nel corso del tempo: i punteggi medi soggettivi riportati all’IKDC sono migliorati in modo statisticamente significativo in entrambi i gruppi (PRP e HA; p<0,0005) e si sono mantenuti stabili fino a 24 mesi (da 53,3 ± 14,3 a 67,3 ± 18,1 e da 50,3 ± 13,2 a 62,1 ± 20,8 per i gruppi PRP e HA, rispettivamente). Alla fine del follow-up (visita finale di controllo), è stata documentata una riduzione significativa dei punteggi medi IKDC in entrambi i gruppi, con il gruppo sottoposto a trattamento con PRP che ha mantenuto valori significativamente più alti rispetto al basale (PRP=60,5 ± 19,0 (P < 0,001 vs basale), HA 55,7 ± 18,8 (non significativo vs basale).   Un’analisi comparativa, invece, non ha mostrato differenze inter-gruppo significative per nessuno dei punteggi clinici valutati in corrispondenza dei singoli timepoint previsti dal protocollo. La durata mediana della percezione di sollievo sintomatologico è stata pari a 9 mesi per le infiltrazioni di HA e di 12 mesi per quelle di PRP, ma i risultati non sono stati statisticamente significativi.   Bibliografia
Di Martino A. et al. Platelet-Rich Plasma Versus Hyaluronic Acid Injections for the Treatment of Knee Osteoarthritis: Results at 5 Years of a Double-Blind, Randomized Controlled Trial. Vol 47, Issue 2, 2019
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Il congresso ISIAT 2023 si terrà ad Atene nei giorni 5-7 ottobre 2023.

Sede del congresso: President Hotel Athens

Per maggiori informazioni

Pochi studi hanno messo a confronto l’efficacia e la sicurezza della terapia infiltrativa a base di steroidi o acido ialuronico (HA) nel trattamento dell’artrosi d’anca. Una review di recente pubblicazione sull’organo ufficiale della Società portoghese di Reumatologia (1) e i risultati sembrano, apparentemente, dimostrare un vantaggio degli steroidi rispetto ad HA nel gestire tempestivamente il dolore. Uno studio di questa recensito da questa review, tuttavia, ha dimostrato un’efficacia complessiva superiore della terapia infiltrativa con HA nei pazienti con OA all’anca di grado moderato, a suggerire la necessità di definire meglio il processo di selezione ottimale dei pazienti che potrebbero trarre maggior beneficio da questo trattamento.

Razionale e obiettivi della review
L’anca rappresenta la seconda localizzazione più comune dell’artrosi, dopo il ginocchio. Ad oggi non esistono terapie in grado di inibire la progressione di malattia, per cui ci si concentra attualmente sull’ottimizzazione del controllo del dolore e il mantenimento della funzione.

Le linee guida attuali di EULAR, ACR e OARSI per la gestione dell’osteoartrosi (OA) raccomandano l’impiego della terapia intra-articolare con steroidi nella gestione dell’artrosi d’anca sintomatica, in quanto induce effetti antinfiammatori, immunosoppressori e anti-nocicettivi, assicurando un rapido effetto analgesico e riducendo l’effusione articolare. Tuttavia gli effetti sono di breve durata e la ripetizione di cicli di trattamento si accompagna ad un corollario di effetti avversi (recidive post-iniezione, infezioni, rottura tendini).

Quanto ad HA, la VS è da tempo utilizzata nella gonartrosi e sta aumentando il suo impiego nelle OA in altri distretti anatomici, come l’anca. Il trattamento sembra ben tollerato e si accompagna a meno eventi avversi (es: episodi di recidiva post-infiltrazione che si risolvono nell’ambito di 72 ore, cefalea, prurito superficiale). Molto rari risultano essere gli episodi di pseudogotta e pseudosepsi.

Ciò detto, l’efficacia di HA vs .GC nell’OA dell’anca è ancora dibattuta. Di qui la nuova review che si è proposta l’obiettivo di mettere a confronto gli effetti dei due trattamenti sul dolore e la disabilità causati dall’OA d’anca.

A tal scopo, è stata condotta una rassegna sistematica della letteratura sui principali database bibliografici biomedici al fine di individuare i trial clinici randomizzati head-to-head sull’argomento.

Risultati principali
Dalla ricerca di letteratura sono stati inizialmente recuperati 157 articoli. Dopo applicazione dei criteri di esclusione, si è passati a 36 trial clinici randomizzati su 157. Dalla loro lettura accurata ne sono stati selezionati, alla fine, tre per un totale di 484 pazienti.

Due studi hanno messo a confronto la somministrazione di questi prodotti con placebo – e uno ha messo anche a confronto questi gruppi con un quarto gruppo di pazienti sottoposti solo a fisioterapia.

Dall’analisi di questi trial è emerso che Qvistgaard et al. hanno dimostrato una superiorità clinica di GC (beneficio clinico moderato) e HA (beneficio clinico marginale) sul dolore, a 4 settimane, rispetto a placebo (in entrambi i casi). Ad ogni modo, non è stata osservata una differenza stratisticamente significativa tra GC e HA durante le 12 settimane di follow-up.

Nel secondo dei due trial sopra indicati, Athcia et al. hanno riportato l’esistenza di un miglioramento clinicamente significativo del dolore e della funzione nei pazienti trattati con GC durante 8 settimane di follow-up.

Da ultimo, Spitzer et al. hanno dimostrato l’esistenza di una risposta clinica complessiva in entrambi i gruppi di trattamento, con una tempestività di insorgenza della risposta clinica in quelli trattati con GC. Lo stesso studio, tuttavia, ha sottolineato la superiorità di HA vs. GC nei pazienti con OA di grado moderato (KLG III), a 26 settimane, con riferimento a tutte le misure di outcome prese in considerazione dai ricercatori.

Riassumendo
Pur in presenza di una letteratura molto limitata, i risultati sembrano suggerire un effetto più tempestivo per i GC e più ritardato ma duraturo con HA, analogamente a quanto già osservato per la gonartrosi.

DI qui, la necessità di approfondire l’argomento, al fine di ottimizzare la scelta tra le due opzioni di trattamento in base al paziente che si ha di fronte.

Nicola Casella

Bibliografia
Vilabril F et al. Hip osteoarthritis treatment with intra-articular injections: hyaluronic acid versus glucocorticoid – a systematic review. Acta Reumatol Port. Apr-Jun 2020;45(2):127-136.
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Alcuni tratti radiografici caratteristici potrebbero avere un ruolo importante sulla decisione terapeutica di ricorrere alla viscosupplementazione con acido ialuronico (HA) nei pazienti affetti da osteoartrosi all’anca.
 
Lo dimostrano i risultati di uno studio pilota, in aperto, multicentrico, osservazionale e prospettico, di recente pubblicazione su BMC Musculoskeletal Disorders.
 
Razionale dello studio
“Per quanto la viscosupplementazione (VS) con HA sembri efficace nel trattamento dell’OA all’anca di grado lieve-moderato, i dati di letteratura al riguardo sono confliggenti tra loro, portanto gli esperti a concludere che, allo stato attuale, non esistono ancora sufficienti evidenze per raccomandare questa opzione terapeutica nella gestione dell’OA all’anca sintomatica – scrivono gli autori nell’introduzione al lavoro”.
 
Un’analisi più attenta della letteratura, tuttavia, suggerisce che la maggior parte degli studi con esito negativo del trattamento sopra descritto non rispettavano nè il numero appropriato di infiltrazioni previsto (una iniezione di HA cross-linked o 3 infiltrazioni settimanali di HA non cross-linkato) né le indicazioni appropriate al trattamento (OA di grado lieve-moderato).
 
Al contrario, uno studio italiano condotto su una coorte di 1906 pazienti (4.002 infiltrazioni) ha suggerito l’esistenze di un beneficio duraturo derivante dal ricorso alle infiltrazioni ecoguidate di HA (2).
 
“Sulla base di una review di letteratura – continuano i ricercatori – il punto attualmente di massimo accordo tra gli esperti riguarda la necessità di non raccomandare il ricorso a questa opzione terapeutica nei pazienti con OA all’anca di grado severo, prossimi all’intervento di artroplastica dell’anca”.
 
L’assenza di studi controllati e randomizzati prospettici come di studi finalizzati all’analisi dei fattori predittivi di risposta alla VS in base al fenotipo di OA ha sollecitato la messa a punto di questo studio osservazionale, prospettico, disegnato da ricercatori afferenti al gruppo per l’OA in seno alla Società Francese di Reumatologia, che si è proposto di individuare, nella pratica clinica reale, i fattori clinici, radiografici e tecnici che potrebbero influenzare, in senso negativo o positivo, la risposta alla VS in pazienti con OA all’anca.
 
Disegno dello studio
Sono stati reclutati a tal scopo 97 pazienti con OA all’anca (57 donne, età media del campione pari a 63 anni). Questi sono stati trattati con una singola infiltrazione ecoguidata di un HA cross-linkato e combinato con mannitolo (Hanox-M-XL).
 
I ricercatori hanno valutato i punteggi WOMAC relativi al dominio “dolore” e “funzione” ed eseguito una valutazione globale del paziente (PGA) al basale e dopo 90 giorni.
 
Inoltre, sono state registrate, sempre a 3 mesi, le risposte riferite dai pazienti in merito al miglioramento percepito, al grado di soddisfazione e all’efficacia del trattamento.
 
Le radiografie iniziali dell’anca sono state sottoposte a valutazione mediante punteggi basati sul grado Kellgren-Lawrence e in base ai criteri OARSI. Le associazioni tra le caratteristiche cliniche e radiografiche e la risposta alla VS (miglioramento del dolore >50% a 90 giorni) sono state oggetto di valutazione in un’analisi univariata, a cui ha fatto seguito un’analisi di regressione logistica aggiustata in base alla presenza di fattori confondenti.
 
Risultati principali
Su 97 pazienti inizialmente reclutati al trattamento, 90 hanno portato a termine il follow-up e di 80 di questi erano noti i dati clinici e radiografici completi.
 
Dall’analisi dei risultati è emerso che la risposta alla VS era stata raggiunta in quasi la metà del campione di pazienti trattati (47,8%). L’analisi univariata ha documentato che il solo outcome clinico statisticamente e negativamente correlato con la risposta al trattamento era rappresentato dal punteggio PGA al basale (p=0,047).
 
Passando ai dati radiografici, la risposta alla VS è risultata negativamente correlata con il punteggio JSN di restrizione della rima articolare (JSN < 2 vs. JSN ≥ 2, p = 0,01) e legata ai pattern di migrazione della testa del femore (p=0,008).
All’analisi multivariata, tuttavia, solo il il punteggio JSN (p=0,03) è risultato correlato in modo significativo ad una cattiva risposta alla VS.
 
Implicazioni dello studio
Nonostante il limite intrinseco rappresentato dalla scarsa numerosità del campione di pazienti considerato, i risultati di questo studio, avente lo scopo di identificare i fattori predittivi di risposta di una singola iniezione di HA in pazienti con OA all’anca ha chiaramente evidenziato il ruolo chiave della severità dell’OA come predittore di efficacia.
 
“Più che il grado KL, che è un indice composito che prende in considerazione sia la JSN che gli osteofiti, dai dati dello studio sembra emergere, invece, che è la severità di JSN il miglior predittore di efficacia – scrivono gli autori nella discussione dello studio”.
“Nel nostro studio – continuano i ricercatori – i pazienti con JSN classificato OARSI 2 e 3 presentano un tasso di successo terapeutico più basso rispetto a quelli con JSN classificato OARSI 0 e 1”.
 
In conclusione, lo studio, condotto nella pratica clinica quotidiana, ha dimostrato che la VS con Hanox-M-XL è in grado di ridurre della metà il dolore percepito in più della metà dei pazienti con OA all’anca. Il tasso migliore di successi terapeutici è stato ottenuto nei pazienti con JSN lieve-moderata, qualli con dolore e disabilità moderati, e in caso di migrazione della testa femorale superomediale e assiale.
 
Sulla base di questi risultati è ora possibile mettere a punto un trial controllato vs. placebo finalizzato a determinare la reale efficacia della VS a carico dell’articolazione dell’anca.
 
Bibliografia
Eymard F et al. Predictors of response to viscosupplementation in patients with hip osteoarthritis: results of a prospective, observational, multicentre, open-label, pilot study. BMC Musculoskelet Disord. 2017; 18: 3.
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Il trattamento dell’osteoartrosi (OA) dell’articolazione carpale-metacarpale del pollice con una iniezione intra-articolare a base di acido ialuronico (HA) e ketorolac assicura un’azione analgesica più tempestiva della sola viscosupplementazione con HA.
Queste le conclusioni di uno studio recentemente pubblicato su Medicine (Baltimore) che suffragano l’aggiunta di un FANS ad HA.

La terapia infiltrativa a base di HA è ampiamente utilizzata per trattare l’OA dell’articolazione carpale-metacarpale del pollice. Ciò detto, per quanto tale intervento sia apparentemente efficace e relativamente sicuro, le iniezioni intra-articolari di HA agiscono, tuttavia, in tempi piuttosto lunghi.

Per queste ragioni, si è voluta sondare l’efficacia di un FANS aggiunto, al fine di accelerare la comparsa dell’effetto analgesico.

L’obiettivo di questo studio, pertanto, è stato quello di mettere a confronto l’efficacia e la sicurezza dell’infiltrazione ecoguidata di HA e ketorolac rispetto alla sola VS in pazienti affetti da osteoartrosi dell’articolazione sopra indicata.

Disegno dello studio e risultati principali
Lo studio, di natura osservazione e con disegno comparativo retrospettivo, ha identificato 74 pazienti con diagnosi posta di OA dell’articolazione carpale-metacarpale del pollice, che erano stati sottoposti ad infiltrazione ecoguidata di 0,5 ml di HA e 0,5 ml di ketorolac (n=38), oppure a trattamento con HA e placebo (n=36).

Di tutti i pazienti considerati erano stati raccolti dati sulle disabilità a carico del braccio, della spalla e della mano (DASH) e i punteggi numerici verbali (VNS) relativi al dolore percepito sia prima che a distanza di 1, 3 e 6 mesi dall’infiltrazione.
Sono state condotte analisi univariate e di regressione multipla logistica allo scopo di valutare la relazione tra i possibili predittori di outcome (allocazione al trattamento, età del paziente e sesso, durata del dolore e classificazione Eaton-Littler) e gli effetti terapeutici.

Passando ai risultati, è stato documentato un miglioramento della disabilità (DASH) e dei punteggi VNS dopo 1, 3 e 6 mesi dalla infiltrazione in entrambi i gruppi.
Nello specifico, l’insorgenza dell’effetto analgesico è risultata significativamente più tempestiva (ad 1 mese) dopo l’infiltrazione a base di HA e ketorolac rispetto alla sola infiltrazione con HA.
Nel 55,3% dei casi, sia il dolore che la funzione sono migliorati dopo l’infiltrazione rispetto alle condizioni iniziali; inoltre, il beneficio si è prolungato fino a 6 mesi.

Il tasso di successo del trattamento non è risultato significativamente differente nelle valutazioni a 1, 3 e 6 mesi dall’iniezione intra-articolare, ma le analisi univariate non hanno identificato nessun predittore potenziale statisticamente significativo dell’outcome.

Inoltre, neanche l’analisi di regressione logistica multipla è stata in grado di identificare dei predittori indipendenti di outcome favorevole nel corso di un follow-up di medio termine.

Bibliografia
Koh SH et al. Ultrasound-guided intra-articular injection ofhyaluronic acid and ketorolac for osteoarthritis ofthe carpometacarpal joint of the thumb. Medicine (2019) 98:19
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La combinazione di artrocentesi con la viscosupplementazione (VS) con acido ialuronico (HA) sembra essere più efficace dell’artrocentesi da sola nel trattamento dell’osteoartrosi temporo-mandibolare. Questo il responso di uno studio pilota, pubblicato su National Journal of Maxillofacial Surgery su una piccola casistica di pazienti, che andrà successivamente confermato in studi ulteriori di dimensioni numeriche maggiori.

Razionale e disegno dello studio
L’osteoartrosi temporo-mandibolare è una malattia degenerativa caratterizzata da un deterioramento del tessuto articolare concomitante a variazioni ossee a livello del condilo e/o dell’eminenza articolare.

La sintomatologia si caratterizza, frequentemente, per la presenza di dolore alla palpazione, rumori articolari, in particolare crepitii, riduzione della motilità mandibolare e dolore nell’esecuzione dei normali movimenti.

L’OA dell’articolazione temporo-mandibolare è un disturbo frequente nella popolazione, con prevalenza maggiore nel sesso femminile e in età avanzata.
Eventi meccanici e biologici associati con questa condizione – sovraccarico, bruxismo e dalla tendenza alla masticazione omolaterale – come pure la presenza di fattori genetici, sono responsabili dell’insorgenza di questa condizione.

Il trattamento tradizionale di questa condizione si basa sul ricorso ad opzioni non chirurgiche quali la fisioterapia, la somministrazione di FANS e l’artrocentesi.

Il goal di questi interventi è quello di controllare la sintomatologia, arrestare la progressione di malattia e ripristinare la corretta funzione articolare.

Nel corso degli anni, ricordano gli autori nell’introduzione al lavoro, vi è stato un crescente impiego dell’artrocentesi in questa condizione per migliorare la funzione della mandibola e ridurre il dolore nel trattamento della disfunzione a carico dell’articolazione temporo-mandibolare, migliorando in tal modo l’apertura della bocca.

Tuttavia, l’efficacia di questa tecnica è temporanea e non è in grado di ristabilire la microarchitettura dell’articolazione.
Alcuni studi condotti su articolazioni più grandi hanno suggerito come la VS con HA abbia effetti positivi sulle patologie degenerative infiammatorie a carico delle grandi articolazioni, fornendo dunque un razionale d’impiego di questa tecnica anche nell’artrosi temporo-mandibolare.

Di qui il nuovo studio, che si è proposto di mettere a confronto gli outcome clinici dei pazienti con artrosi temporo-mandibolare trattati con artrocentesi da sola o in associazione con HA.

Disegno dello studio e risultati principali
A tal scopo, 20 pazienti con artrosi temporo-mandibolare, di età compresa tra 18 e 60 anni, sono stati randomizzati in due gruppi (artrocentesi da sola e artrocentesi associata ad un ciclo di 5 iniezioni intra-articolari settimanali di HA).

I pazienti, così suddivisi, sono stati seguiti ad intervalli regolari (primo giorno, quinto giorno, 1, 4, 6 e 12 settimane dall’inizio del trial).
La valutazione dell’outcome clinico è stata fatta in termini di riduzione del dolore (utilizzando la scala VAS), massima apertura della bocca in mm (MMO), dolenza o meno del movimento laterale o protrusivo della mandibola, e rumore articolare (presenza di click o crepitii).

Dai risultati è emersa, innanzi tutto, l’osservazione di una riduzione progressiva e significativa del dolore in entrambi i gruppi, che ha raggiunto il suo massimo in corrispondenza della 12esima settimana dall’intervento assegnato, anche se la riduzione del punteggio VAS è risultata di entità maggiore nel gruppo sottoposto a trattamento combinato (artrocentesi e VS).

Nello specifico, tutti i pazienti di entrambi i gruppi non avevano più dolore lieve già alla fine della quarta settimana di follow-up. Nel gruppo di pazienti sottoposti a trattamento combinato, due pazienti si caratterizzavano per la presenza di dolore pre-operatorio di entità severa e 8 per la presenza di dolore pre-operatorio moderato. A 6 settimane, invece, tutti i pazienti non avevano più dolore lieve.

La MMO è stata valutata sia prima dell’intervento che nelle successive visite di follow-up. Anche in questo caso è stato documentato un miglioramento significativo di questo outcome in entrambi i gruppi, di entità superiore, comunque, nel gruppo sottoposto a trattamento combinato (a partire dal giorno 5).

Dopo 12 settimane dall’intevento, il movimento laterale e protrusivo della mandibola è risultato non dolente in tutti i pazienti sottoposto a trattamento combinato, rispetto all’80% dei pazienti sottoposti solo ad artrocentesi, con una differenza significativa tra i 2 gruppi in studio in corrispondenza della prima e della quarta settimana: in corrispondenza di quest’ultima, ad esempio, l’80% dei pazienti sottoposti a trattamento combinato non ha sperimentato dolenza articolare rispetto al 30% dei pazienti sottoposti solo ad artrocentesi.

In termini di rumori articolari clinicamente individuabili, non sono state documentate differenze tra i 2 gruppi in corrispondenza di tutti i time point considerati, eccezion fatta per il time point a 12 settimane, in corrispondenza del quale i rumori articolari sono risultati assenti, rispettivamente, nel 50% dei pazienti sottoposti solo ad artrocentesi rispetto al 70% dei pazienti sottoposti ad artrocentesi abbinata a VS.

Presenza di citochine pro-infiammatorie nel fluido di lavaggio
I ricercatori hanno effettuato anche una stima dei livelli di alcune citochine pro-infiammatorie (IL-6 e TNF-alfa) nel fluido di lavaggio sia prima che dopo l’artrocentesi in entrambi i gruppi.

In questo modo hanno osservato che il livello medio di IL-6 pre-operatorio era pari, rispettivamente, a 35,14 ± 5,98 pg/ml nel gruppo sottoposto solo ad artrocentesi, e a 35,81 ± 7,30 pg/ml nel gruppo sottoposto ad intervento combinato. Dopo 3 mesi di trattamento, il livello medio di IL-6 nel fluido di lavaggio era pari a 26,09 ± 7,30 pg/ml nel primo gruppo, e a 24,03 ± 11.56 pg/ml nel secondo.

E’ stata documentata, inoltre, una riduzione significativa dei livelli di IL-6, dai valori pre-operatori a 3 mesi in entrambi i gruppi. La differenza tra i gruppi non è risultata significativa, anche se la riduzione dei livelli di IL-6 osservata nel gruppo sottoposto a trattamento combinato è stata maggiore rispetto a quanto osservato nel gruppo sottoposto solo ad artrocentesi.

Riassumendo
Nel commentare i vantaggi derivanti dall’adozione del trattamento di combinazione, i ricercatori hanno ipotizzato che, oltre al beneficio ottenuto sugli outcome clinici dall’artrocentesi – spiegabile con il fatto che il flusso di liquido sotto pressione facilita l’eliminazione di cataboliti, oltre che la distensione dell’articolazione (con conseguente miglioramento della sua funzionalità) – l’aggiunta della VS, oltre ai noti effetti di lubrificazione articolare, permetterebbe anche di trarre vantaggio dai noti effetti anti-infiammatori di HA.

Infatti, la maggior riduzione dei livelli di citochine nel fluido di lavaggio si potrebbe spiegare con l’effetto anti-infiammatorio di HA combinato con il lavaggio stesso: “IL-1 beta – spiegano – è un mediatore chiave degli effetti anti-infiammatori di HA ed è regolato attraverso il legame del glicosaminoglicano alla molecola CD44. La soppressione di IL-1 beta comporta una regolazione negativa dell’espressione di metalloproteinasi di matrice, un evento che agevola gli effetti anti-infiammatori di HA, mentre l’ulteriore soppressione di mediatori pro-infiammatori, quali IL-8, IL-6, prostaglandina E2 e TNF-alfa assicura gli effetti anti-infiammatori del trattamento intra-articolare con HA”.

Bibliografia
Gurung T et al. Efficacy of arthrocentesis versus arthrocentesis with sodium hyaluronic acid in temporomandibular joint osteoarthritis: A comparison. Natl J Maxillofac Surg. 2017 Jan-Jun; 8(1): 41–49.

L’artrocentesi, associata a ripetute iniezioni di PRP, non è superiore all’artrocentesi accompagnata da iniezione intra-articolare singola di acido ialuronico in pazienti affetti da osteoartrite (OA) dell’articolazione temporo-mandibolare.

Queste le conclusioni di uno studio pubblicato sulla rivista International Association of Oral and Maxillofacial Surgeons (1) che, in pratica, non suffraga l’impiego di PRP (in luogo di HA) come prima linea di trattamento di questa condizione.

L’OA dell’articolazione temporo-mandibolare è un disturbo frequente nella popolazione, con prevalenza maggiore nel sesso femminile e in età avanzata.
Eventi meccanici e biologici associati con questa condizione – sovraccarico, bruxismo e dalla tendenza alla masticazione omolaterale – come pure la presenza di fattori genetici, sono responsabili dell’insorgenza di questa condizione.

L’OA temporo-mandibolare non solo è causa di degenerazione focale della cartilagine articolare, ma anche di erosioni ossee, sclerosi e formazione di osteofiti ai margini articolari.

L’artrocentesi è stata utilizzata, in questo contesto, per migliorare la funzione della mandibola e ridurre il dolore nel trattamento della disfunzione a carico dell’articolazione temporo-mandibolare.

Tuttavia, l’efficacia di questa tecnica è temporanea e non è in grado di ristabilire la microarchitettura dell’articolazione temporo-mandibolare. E’ stato ipotizzato, pertanto, che l’iniezione di alcuni agenti biologici e non, aventi capacità rigenerativa tissutale all’interno dell’articolazione in questione, potesse essere utile per innescare e mantenere nel tempo i processi di rigenerazione: ciò in quanto è stato dimostrato che le infiltrazioni possono stimolare la condrogenesi e inibire le variazioni degenerative a carico della cartilagine.

Il PRP e l’acido ialuronico rappresentano due opzioni di terapia infiltrativa dell’OA ben note agli addetti ai lavori. Il PRP è impiegato da meno tempo rispetto all’HA.

In uno studio di recente pubblicazione (2), un team di ricercatori ha effettuato 3 iniezioni intra-articolari di PRP o di HA (Hyalgan, nello specifico), senza artrocentesi, nel trattamento dell’OA temporo-mandibolare, dimostrando come i pazienti del gruppo sottoposto a trattamento con PRP presentassero outcome migliori di quelli osservati nei pazienti trattati con HA (dolore e rumori articolari a 6 e a 12 mesi dall’esecuzione di intervento chirurgico).

Obiettivo del nuovo studio, pertanto, è stato quello di mettere a confronto gli stessi outcome di trattamento in pazienti sottoposti ad artrocentesi + PRP oppure ad artrocentesi + HA. L’ipotesi da verificare era quella di una superiore efficacia del primo intervento sul secondo.
A tal scopo, i ricercatori hanno reclutato 31 pazienti consecutivi (per un totale di 49 articolazioni osteoartritiche considerate). I pazienti sono stati randomizzati in due gruppi in base alla tecnica di trattamento utilizzata. Nello specifico, un gruppo di pazienti è stato inizialmente sottoposto ad artrocentesi e ad infiltrazione con PRP, seguita da altre 4 inezioni intra-articolari di pappa piastrinica consecutive. L’altro gruppo, invece, è stato sottoposto ad artrocentesi e ad infiltrazione singola con HA.

Tra le variabili relative agli outcome considerate vi erano la valutazione del dolore su scala VAS e le misure di apertura massima interincisiva (MIO), monitorare prima e 12 mesi dopo l’intervento.

La randomizzazione ha portato alla costituzione di due gruppi: il gruppo PRP, rappresentato da 18 individui e un totale di 32 articolazioni considerate, e il gruppo HA, rappresentato da 13 individui e un totale di 17 articolazioni.

I risultati non hanno differenze statisticamente significative tra i 2 gruppi i merito alle variazioni dei parametri VAS o delle misurazioni MIO. In pratica, entrambi i trattamenti testati hanno comportato un miglioramento clinico statisticamente significativo di tutti i parametri VAS, nonché misurazioni di MIO in assenza di dolore.

Alla luce di questi risultati, pertanto, e nonostante alcuni limiti metodologici intrinseci, quali il numero ridotto di pazienti considerati, l’assenza di valutazione degli effetti dell’artrocentesi, da sola, sugli outcome osservati, e l’assenza di studi che abbiano messo a confronto l’efficacia di un’iniezione singola di PRP con una di HA (il gruppo PRP è stato sottoposto a ben 5 iniezioni, la prima in concomitanza con l’artrocentesi), è possibile ipotizzare che la mancata superiorità di PRP su HA sia dovuta ad una minor efficacia della singola iniezione intra-articolare di PRP rispetto alla singola iniezione di HA (ce ne vogliono 4 consecutive per avere lo stesso effetto).

Per queste ragioni, la terapia infiltrativa con PRP non dovrebbe essere considerata come trattamento di prima linea in questo contesto, ma anzi, al suo posto, dovrebbe esserlo l’intervento di artrocentesi associato ad iniezione singola di HA, più gradita ai pazienti rispetto alle iniezioni multiple.

Bibliografia
1) Comert S et al. Is arthrocentesis plus platelet-rich plasma superior to arthrocentesis plus hyaluronic acid for the treatment of temporomandibular joint osteoarthritis: a randomized clinical trial, Int J Oral Maxillofac Surg (2016); E-pub ahead-of-print
2) Hegab AF et al. Platelet-rich plasma injection as an effective treatment for temporomandibular joint oste-oarthritis. J Oral Maxillofac Surg 2015;73: 1706–13.

“Si svolgerà in due giorni (11-12 maggio) e, oltre che ad essere dedicato in primis ai Medici dello Sport e ai Medici Veterinari, si proporrà l’obiettivo di migliorare il know-how di ortopedici, fisiatri, medici di famiglia e medici addetti alla riabilitazione, sulle corrette pratiche di esecuzione della terapia infiltrativa eco-guidata, la sola metodica infiltrativa che consenta di eseguire la terapia intra-articolare nel modo migliore possibile.
 
Tale congresso, inoltre, allargherà per la prima volta nel nostro Paese gli orizzonti della terapia infiltrativa, prendendo in considerazione anche l’infiltrazione dei principali plessi nervosi coinvolti nel dolore, avvalendosi della collaborazione con l’associazione ANTIAGE (Associazione Nazionale Terapia Intra-Articolare Anca Guida Ecografica) presieduta dal Dott. Alberto Migliore (UOC di Reumatologia, Ospedale Fatebenefratelli, Roma)”.
 
Con queste parole rilasciate ai nostri microfoni, il dott. Giovanni Boni (Medico, dello Sport, presidente Federazione Medico Sportiva regione Umbria) ha annunciato il VI Congresso Regionale di terapia infiltrativa eco-guidata in Medicina dello Sport e Medicina Veterinaria, che si terrà tra tre mesi nel capoluogo umbro e che lo vede protagonista come organizzatore dell’evento, insieme alla prof.ssa Silvana Giannini, membro FMSI e Responsabile del Dipartimento di Radiologia della Casa di Cura Villa Stuart di Roma.
 
Ecco cosa ci ha raccontato in merito agli aspetti principali di questo congresso, nel corso della nostra intervista.
 
Dottor Boni, il congresso è rivolto, in primis, ai Medici dello Sport. A tal riguardo, quando lei parla di terapia infiltrativa in Medicina dello Sport, fa riferimento solo alla sua applicazione negli atleti professionisti o anche a chi pratica sport a livello amatoriale?
Mi riferisco ad entrambi i casi, anche se dobbiamo distinguere modalità e finalità di questo intervento.
 
Partiamo dalle applicazioni della terapia infiltrativa negli atleti professionisti: l’obiettivo è quello di garantire il pronto ricupero delle prestazioni fisiche dell’atleta, ma senza alterare in nessun modo le performance sportive. In questo caso, la pratica non corretta dell’infiltrazione (Ndr: con riferimento al timing e alla natura delle sostanze chimiche infiltrate) potrebbe accompagnarsi ad implicazioni di natura medico-legale che non mi trovo ad affrontare se devo infiltrare un paziente per un fastidio al ginocchio e che svolge attività sportiva amatoriale.
 
Quando parla di implicazioni medico-legali della pratica dell’infiltrazione negli atleti professionisti, cosa intende esattamente?
Voglio dire che un utilizzo inappropriato di sostanze/metodi di infiltrazione, in questo caso, potrebbe esporre l’atleta al rischio di doping, falsando o invalidando la prestazione sportiva, con tutte le conseguenze del caso. Esiste un’organizzazione internazionale, la World Anti-Doping Agency (WADA), che, su base annuale, aggiorna l’elenco completo delle sostanze dopanti.
 
Ma esiste anche il caso di sostanze lecite che, se usate in modo inappropriato (Ndr: ad esempio un timing di somministrazione errato), possono configurare il reato di doping. Per queste ragioni la FMSI (Federazione Medico Sportiva Italiana) e l’Associazione ANTIAGE stanno lavorando per cercare di elaborare a breve delle Linee Guida sul corretto impiego della Terapia Infiltrativa con Guida ecografica in Medicina dello Sport.
 
E’ necessario, insomma, che il Medico dello Sport abbia una conoscenza approfondita di ciò che sta infiltrando nell’articolazione.
 
La seconda categoria di medici ai quali si rivolge principalmente questo congresso è quella dei Medici Veterinari. Ce ne spiega la ragione?
Anzitutto una premessa: tutto quello che facciamo in Medicina relativamente all’applicazione della terapia infiltrativa nell’uomo nasce dalla Medicina Veterinaria: è grazie agli studi veterinari sulla terapia infiltrativa con acido ialuronico, effettuati sui cavalli da corsa, ad esempio, che abbiamo cominciato a capire che queste sostanze potevano essere utilizzate anche nell’uomo.
 
C’è di più, però: la Medicina Veterinaria apre anche un orizzonte straordinario nel campo dell’applicazione di prodotti a base di acido ialuronico in diverse specie. Per fare un esempio, si pensi ai bovini produttori di latte con lesione muscolare o rottura legamenti: queste cause di abbattimento dell’animale (con conseguenze economiche rilevanti per l’economia agricola) possono essere evitate con il ricorso alla terapia infiltrativa.
 
Non vanno dimenticate, inoltre, le possibilità d’impiego della terapia infiltrativa negli animali di piccola taglia con artrosi, ormai immobilizzati.
 
Dunque, la Medicina Veterinaria consente di osservare i benefici derivanti dall’impiego della terapia infiltrativa prima che questi giungano all’uomo.
 
Il Congresso ha valenza nazionale o internazionale?
Ha una valenza internazionale, come dimostra il fatto che la lingua ufficiale del Congresso sarà quella inglese. Sono molto ottimista sulle ricadute positive che questo evento avrà sul prestigio e l’autorevolezza della classe medica nazionale in questo settore. Inoltre, sono molto lieto dell’interesse crescente verso il nostro evento manifestato al di fuori dei nostri confini nazionali, testimoniato dalle numerose richieste di iscrizione provenienti da alcuni Paesi quali il Venezuela e la Russia.
 
Quale sarà la peculiarità di questo congresso rispetto agli altri del settore e in che modo si articolerà il suo svolgimento?
Mi preme sottolineare che la peculiarità di questo congresso consiste nel non prevedere al suo interno lezioni teoriche.
 
Il congresso si articolerà esclusivamente in sessioni pratiche.
 
Sono previste due aule principali all’interno delle quali si riuniranno periodicamente i medici non veterinari e quelli veterinari.
 
All’interno di queste aule, di volta in volta, nel corso delle due giornate congressuali, verranno proiettate tre diapositive esplicative della pratica infiltrativa in un determinato distretto anatomico (es. spalla).
 
A questo punto, i partecipanti si recheranno in aulette attigue, dotate di 10 lettini e 10 ecografi, in corrispondenza dei quali ognuno dovrà eseguire, la pratica infiltrativa precedentemente illustrata dalle 3 slide proiettate prima.
 
Le sessioni pratiche nelle aulette avranno una durata di 20 minuti, dopo le quali si ritorna nelle aule principali con la descrizione delle modalità di esecuzione di un altro sito anatomico, e così via per tutti gli altri siti anatomici descritti e i plessi nervosi presentati.
 
E’ prevista la partecipazione di ospiti di rilevanza scientifica internazionale italiani e stranieri?
Ricorderei senz’altro la partecipazione del Dott. Alberto Migliore (presidente di ANTIAGE) nonché del prof. Philip Peng, anestesista e responsabile del centro sulla terapia del dolore presso il Mount Sinai Hospital, in Canada, grazie al quale ho potuto formarmi nel campo della terapia infiltrativa.
 
Mi preme segnalare, inoltre, la partecipazione al congresso del Dott. Enzo Ieracitano, presidente della commissione nazionale medica della Federazione Italiana Rugby. Ieracitano presiederà lo svolgimento di una sessione speciale per Fisioterapisti su Riabilitazione nel rugby, che si terrà sabato mattina, e di una sessione successiva (l’unica ad ingresso libero e aperta ad allenatori, accompagnatori, direttori sportivi di tutti gli sport – rugby in primis – e ai genitori degli atleti), nel corso della quale farà alcuni esempi pratici di come affrontare il management dell’emergenza in campo (dalla logistica  – localizzazione defibrillatore e ambulanza – ai comportamenti in campo in caso di infortuni).
 
Per concludere, cosa si augura da questo congresso?
In quanto presidente e organizzatore del congresso, insieme alla prof.ssa Giannini, auspico un’ampia partecipazione a questo evento, affinchè un numero sempre maggiore di medici possa apprezzare i benefici della terapia infiltrativa e, al contempo, accrescere le conoscenze e la condivisione delle problematiche che riguardano il sovrauso delle articolazioni nel campo della medicina dello sport (e non solo).
 
Auspico, inoltre, che altre figure professionali come i neurologi e gli anestesisti, si possano avvicinare alla Medicina dello Sport per poi prendere spunto da questa disciplina anche per la loro pratica.
 
Ciò in quanto la conoscenza dei benefici derivanti dall’associazione della terapia intra-articolare eco-guidata con una terapia di blocco nervoso potrebbe sortire benefici terapeutici superiori a quelli ottenuti dalla sola terapia infiltrativa, garantendo un pronto recupero dell’atleta senza, però, danneggiarlo.
 
Per informazioni sul congresso:

www.etugi.it

Tra poche settimane, i migliori specialisti italiani si incontreranno a Roma per fare il punto sulle ultime tecniche nella terapia infiltrativa intra articolare. Il prossimo 6-7 ottobre prenderà infatti il via il VI Simposio Nazionale dei soci dell’ANTIAGE (Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare ecoguidata dell’Anca con Guida Ecografica).
Come nelle altre edizioni, l’incontro è presieduto dai Dr.i Alberto Migliore e Sandro Tormenta e la parte logistica e organizzativa è a cura dalla società Dynamicom.
Nel corso della due giorni romana saranno messi a confronto i dati di letteratura e le esperienze dei centri nazionali sulla terapia intra-articolare nell’ambito delle malattie reumatiche con interessamento dell’anca e di tutte le articolazioni quali artrosi, artrite reumatoide, ecc.

Sono previsti corsi pratici di infiltrazione eco-guidata rispettivamente di anca, caviglia, mano, gomito, spalla, sacroiliaca, ginocchio e sulla mesoterapia nella patologia muscolo scheletrica.

Una lettura sarà dedicata al tema viscosupplementazione e doping.

Saranno presentate anche nuove prospettive terapeutiche con prodotti in via di sperimentazione.

Una relazione verterà sullo stato di applicazione della legge 38 sul dolore, come contributo istituzionale alla maggiore attuazione della suddetta legge.

Una tavola rotonda di esperti si cimenterà in un “live exercise” sulla scottante tematica della scelta dei trattamenti biologici nella artrite reumatoide, applicando il metodo della “Multicriteria Decision Analysis”.

Sarà dato anche spazio alle diverse metodiche di imaging in rapporto alla diagnosi e all’outcome clinico nelle diverse patologie reumatiche.

L’evento, di natura interdisciplinare, è indirizzato ai soci e agli specialisti reumatologi, fisiatri, ortopedici, radiologi, internisti, terapisti del dolore, medici dello sport.

Stando ai dati in vitro e in vivo di uno studio pubblicato sulla rivista Springerplus, l’aggiunta di altre molecole alle terapia infiltrativa con acido ialuronico (HA) potrebbe determinare una riduzione consistente della viscosità.

Di qui il suggerimento ad evitare le combinazioni farmacologiche in presenza di viscosupplementazione, limitandone l’impiego alle condizioni strettamente necessarie.

L’azione sulla struttura molecolare di HA esogeno e l’iniezione concomitante di altri farmaci rappresentano alcune opzioni utilizzate per ottimizzare l’efficacia della viscosupplementazione con HA

La terapia infiltrativa con HA rappresenta una modalità terapeutica per il trattamento dell’osteoartrosi (OA) del ginocchio, dell’anca e, in misura minora, di altre sedi articolari. Si ritiene che la viscosupplementazione con HA induca la sintesi endogena di HA, dotato, quest’ultimo di proprietà anti-degradazione e blandamente anti-inflammatoria.

Qualunque sia l’articolazione sottoposta a questo trattamento, il protocollo terapeutico è generalmente lo stesso e si basa su cicli di 3-5 iniezioni a settimane alterne, se si utilizza un HA lineare, oppure su cicli di 1-3 iniezioni, se si utilizza un HA cross-linked.

“Ad oggi – ricordano gli autori – il cross-linking rappresenta la metodologia principale per aumentare il tempo di permanenza di HA a livello dell’articolazione infiltrata, riducendo, in tal modo, il numero di iniezioni”.

Un’altra opzione utilizzata per ottimizzare l’efficacia della viscosupplementazione con HA consiste nell’iniettare, durante la terapia infiltrativa, altri farmaci: CS, anestetici locali o agenti di contrasto. Le ragioni che giustificano tale prassi variano a seconda dell’agente farmacologico considerato.

“Rispetto ai corticosteroidi (CS) – continuano i ricercatori – HA presenta una durata d’azione più prolungata, anche se l’insorgenza dell’effetto terapeutico risulta più ritardata nel tempo. E’ prassi comune, pertanto, associare alla viscosupplementazione con HA un CS in funzione analgesica nel corso delle prime 4 settimane dall’inizio della terapia infiltrativa con HA, durante le quali HA non ha avuto ancora modo di manifestare la sua efficacia”.

“Quanto all’impiego concomitante di anestetici locali nella viscosupplementazione con HA, è prassi di alcuni medici infiltratori utilizzare un analgesico per alleviare il dolore al sito di infiltrazione o con l’obiettivo di consentire un appropriato posizionamento dell’ago utilizzato per l’iniezione intra-articolare, quando quest’ultima è eseguita in precise sedi anatomiche intra-articolari o mediante guida ecografica – ricordano gli autori”.

Inoltre, la presenza di molti studi in letteratura che suggeriscono come l’accuratezza delle iniezioni intra-articolari sia maggiore sotto guida fluoroscopica o in presenza di infiltratore esperto, suggerisce la necessità di ricorrere per tutte le articolazioni, eccezion fatta per il ginocchio, al trattamento infiltrativo con HA ecoguidato o radioguidato, per ottimizzare le chances di trattamento a buon fine.

In questo contesto, se le infiltrazioni vengono condotte mediante controllo fluoroscopico, si raccomanda l’impiego di un agente di contrasto iodinato.

Il quesito dello studio: siamo sicuri che il trattamento con altri farmaci, in concomitanza con la viscosupplementazione con HA, non modifichi le proprietà reologiche di HA?

Le proprietà reologiche di un agente utilizzato per la viscosupplementazione dipendono in misura rilevante dalla formulazione di HA utilizzata [peso molecolare x concentrazione di HA].

Pertanto, qualsiasi riduzione delle proprietà viscoelastiche della formulazione di HA utilizzata dipende da una riduzione della sua concentrazione o del suo peso molecolare e, quindi, la presenza di altre molecole potrebbe creare interazioni molecolari favorevoli o non favorevoli con HA.

Ciò premesso, tornando alle molecole utilizzate in concomitanza con la viscosupplementazione con HA, non vi sono studi sull’impatto dei CS, degli anestetici locali o dei mezzi di contrasto per le infiltrazioni guidate per via fluoroscopica sulle proprietà visco-elastiche delle diverse formulazioni di HA utilizzate per la terapia intra-articolare.

Di qui il razionale del nuovo studio, che si è proposto di studiare in vitro l’impatto dei diversi agenti farmacologici sopra citati, frequentemente associati alla viscosupplementazione con HA (steroidi iniettabili, anestetici locali e agente di contrasto iodinato) sulle proprietà reologiche di HA, allo scopo di trarre conclusioni utili per la pratica clinica.

A tal scopo, è stato studiato il comportamento reologico di un HA lineare e di un HA cross-linked, prima e dopo mescolamento con volumi differenti (rapporto 1:0,5-1,4) dei seguenti composti: soluzione salina tamponata (utilizzata come controllo), cortivazolo, triamcinolone acetonide, lidocaina cloridrato e ioxaglato di meglumina.

Influenza delle diluizione e dell’agente farmacologico aggiunto

I risultati hanno documentato una viscosità della formulazione di HA cross-linked superiore a quella della formulazione di HA lineare, qualunque fosse la diluzione e la molecola aggiunta considerata.

L’aggiunta di soluzione salina tamponata secondo il rapporto volumetrico 1:1 ha determinato una riduzione imponente della viscosità di HA (fino al 97,5%).

I ricercatori hanno anche documentato che cortivazolo e lidocaina avevano un effetto simile a quello osservato con soluzione salina tamponata, se erano aggiunti ad HA lineare. Sia lo steroide che l’anestetico si sono rivelati molto deleteri per la viscosità di HA cross-linked.

Non solo: tra i CS, triamcinolone ha ridotto la viscosità di HA in misura inferiore rispetto a cortivazolo.

Quanto allo ioxaglato di meglumina, il suo effetto sulle proprietà viscoelastiche di HA è risultato dose-dipendente: fino ad un rapporto 1:1, la viscosità di HA lineare è risultata superiore all’effetto di diluizione.

L’agente di contrasto, invece, ha avuto un effetto deleterio sulla viscosità di HA cross-linked già ad un rapporto 1:1, per diventare più marcato in corrispondenza di un rapporto 1:2.

Riassumendo

I risultati dello studio mostrano come l’aggiunta di qualsiasi prodotto ad HA sia potenzialmente in grado di modificare in misura rilevante del proprietà reologiche del prodotto usato per la viscosupplementazione. Tali variazioni sono dovute sia ad un effetto della diluizione che alla presenza di interazioni molecolari.

L’effetto della diluzione non è trascurabile, in particolare sulla formulazione di HA lineare, e si ritiene possa ridurre la sua efficacia.

Lo studio ha anche dimostrato come 2 CS diversi possano impattare in modo diverso sulle proprietà reologiche di HA: è stato osservato, infatti, come l’impiego di cortivazolo non abbia un impatto significativo sulle proprietà reologiche di HA. La riduzione della viscosità è solo leggermente superiore a quella ottenuta con la soluzione salina tamponata.

Per contro, triamcinolone sembra stabilizzare HA (indice di aumento di viscosità), soprattutto quello cross-linked, a suggerire, in questo caso, come il miglioramento delle proprietà viscoelastiche dipenda soprattutto dall’esistenza di interazioni favorevoli tra HA e triamcinolone.

Anche l’agente di contrasto iodinato sembra, a livelli di diluizione ridotto, non avere effetti deleteri sulla viscosità, soprattutto su HA cross-linked.

Infine, i ricercatori hanno documentato anche l’esistenza di un effetto deleterio della lidocaina su HA cross-linked, le cui cause non sono ancora completamente chiarite, anche se il semplice effetto di diluizione potrebbe già rendere conto della notevole perdità di viscosità.

Limiti dello studio

Lo studio ha preso in considerazione due soli prodotti a base di HA (lineare e cross-linked) per la viscosupplementazione. Ciò rappresenta un limite in quanto le formulazioni di HA utilizzate per la terapia infiltrativa differiscono in maniera considerevole l’una dall’altra, ragion per cui i risultati dei trial clinici ottenuti con un prodotto non possono essere estrapolati in modo sistematico agli altri.

“Non si può escludere pertanto – puntualizzano i ricercatori – che i risultati ottenuti in questo studio possano essere diversi da quelli che si potrebbero ottenere con formulazioni di HA per la viscosupplementazione a diverso peso molecolare e/o concentrazione, o ottenuti con modalità diverse di cross-linking, o prive di mannitolo, che protegge HA dalla degradazione indotta dai radicali liberi di ossigeno”.

Di qui la necessità di nuovi trial in grado di suffragare (o smentire) l’ipotesi di questo studio.

Bibliografia

Conrozier T et al. Steroids, lidocain and ioxaglic acid modify the viscosity of hyaluronic acid: in vitro study and clinical implications. SpringerPlus (2016) 5:170

Leggi

In cosa differiscono la terapia infiltrativa con acido ialuronico o corticosterodi nella gonartrosi in termini di efficacia e sicurezza? Quali sono, invece, i punti di contatto tra i 2 trattamenti?

A queste domande ha cercato di rispondere una metanalisi di recente pubblicazione su International Journal of Surgery che ha recensito la letteratura più recente relativa al trattamento della gonartrosi con queste due opzioni terapeutiche, messe a confronto diretto.

Razionale e disegno dello studio
“Nonostante l’efficacia e il rapporto costo-efficacia delle modalità di trattamento della gonartrosi siano frequentemente oggetto di discussione da parte degli esperti in materia e nonostante le linee guida sul trattamento della gonartrosi siano frequentemente cambiate nel corso del tempo, la terapia infiltrativa con CS e HA restano un’opzione di trattamento della gonartrosi di frequente utilizzo – ricordano gli estensori della metanalisi nell’introduzione al lavoro”.

Ancora oggi, tuttavia, continuano i ricercatori, non è stato raggiunto un consenso sull’efficacia e la safety comparativa delle due opzioni di terapia infiltrativa sopra menzionate.

Di qui la messa a punto di una metanalisi, che si è proposta di fare chiarezza sull’argomento, preceduta da una ricerca sistematica dei trial clinici randomizzati di qualità elevata, pubblicati fino ad agosto dello scorso anno e recensiti nei principali database bibliografici biomedici (Pubmed, Embase, Web of Science e the Cochrane Library)

La qualità dei trial clinici randomizzati utilizzati per la metanalisi è stata valutata utilizzando la scala modificata di Jadad, un sistema di valutazione che attribuisce un punteggio, espressione della qualità del trial, in base alla metodica di generazione della sequenza di randomizzazione, al metodo utilizzato per assicurare la cecità dello studio e alla descrizione degli abbandoni o dei pazienti persi durante il trial.

Ciò premesso, sono stati considerati per la metanalisi i trial clinici randomizzati con punteggio totale >4 (qualità elevata).
Dalla ricerca sistematica della letteratura sono stati identificati 105 studi, 77 dei quali esclusi in base al titolo e all’abstract. Dei 28 studi rimanenti, 14 hanno soddisfatto i criteri di inclusione nella metanalisi dopo lettura integrale dell’articolo.

Due studi su 14, tuttavia, non riportavano informazioni sufficienti per consentire tanto l’estrazione dei dati quanto la successiva analisi. Pertanto, la metanalisi in questione è stata condotta su 12 trial clinici randomizzati, pubblicati tra il 1995 e il 2016, per un totale di 1.794 pazienti complessivi (673 di sesso maschile e 1.121 di sesso femminile).

Gli studi selezionati per la metanalisi comparavano direttamente un trattamento infiltrativo con CS con uno a base di HA. Non sono state condotte eventuali valutazioni comparative di efficacia e sicurezza verso un gruppo placebo.

Risultati principali
Considerando l’effetto analgesico dei due trattamenti, misurato su scala VAS, è emerso che la riduzione del punteggio su scala VAS documentato nel gruppo sottoposto a terapia infiltrativa con CS è risultata maggiore rispetto a quanto osservato nel gruppo sottoposto a trattamento con HA fino ad un mese dall’esecuzione dell’infiltrazione (p=0,03). L’efficacia analgesica dei due trattamenti, misurata con la stessa scala a 3 mesi, è risultata sovrapponibile tra i due gruppi (p=0,29), mentre la terapia intra-articolare con HA ha avuto un effetto analgesico superiore rispetto a quella con CS a 6 mesi (p=0,006).

Dal punteggio WOMAC dolore sono venute conferme di quanto osservato con la scala VAS: non esistono differenze significative di effetto analgesico tra i 2 gruppi a 3 mesi dall’infiltrazione(p=0,29), mentre a 6 mesi l’effetto analgesico associato a trattamento intra-articolare con HA è risultato superiore rispetto a quanto osservato con CS (p=0,005).

Passando alla valutazione degli effetti dei 2 trattamenti sulla funzione articolare, invece, non sono state documentate differenze significative tra i 2 gruppi in termini di miglioramento del range attivo di flessione del ginocchio, sia a 3 mesi (p=0,73) che a 6 mesi (p=0,43), né sono emerse differenze tra HA e CS in termini di proporzione d’impiego di farmaci di emergenza dopo inizio del trattamento infiltrativo (p=0,58).

Per quanto concerne la safety, la maggior parte degli eventi avversi legati al trattamento sono stati di natura topica (dolore al ginocchio, tumefazione articolare, rigidità articolare) e riportati con maggior incidenza nel gruppo sottoposto a terapia infiltrativa con HA. Alcuni di questi AE sono forse da attribuire ad una maggior frequenza di iniezioni nel gruppo trattato con HA rispetto a quello trattato con CS.

Tre studi (dei 12 utilizzati per la metanalisi) hanno riportato AE seri sistemici in ambo i gruppi, ma nessuno di questi è risultato associato al trattamento in studio: ciò dimostra, dunque, che le due terapie sono relativamente sicure.

Riassumendo
La terapia infiltrativa a base di corticosterodi (CS) mostra un’efficacia analgesica superiore rispetto a quanto osservato con la VS con acido ialuronico (HA) nel breve termini (6 mesi). Le due opzioni terapeutiche, comunque, sembrano dare benefici sovrapponibili in termini di miglioramento della funzione articolare del ginocchio e sono simili anche in termini di safety, nonostante una maggior incidenza di lievi eventi avversi topici osservata con HA.

Bibliografia
He W-w et al. Efficacy and safety of intraarticular hyaluronic acid and corticosteroid for knee osteoarthritis: A meta-analysis. International Journal of Surgery 39 (2017) 95e103

I risultati di uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Annals of Geriatric Medicine and Research hanno dimostrato un vantaggio della terapia intrarticolare con PRP rispetto alla viscosupplementazione con acido ialuronico (HA) in una popolazione geriatrica di pazienti con artrosi del ginocchio, contrariamente a quanto osservato nella popolazione generale.

Tali risultati suggeriscono la necessità di condurre i prossimi trial clinici randomizzati relativi all’efficacia di queste terapie tenendo conto dell’età dei pazienti.

Razionale e obiettivi dello studio
Come è noto, le terapia intrarticolare a base di PRP o HA rappresentano le opzioni di terapia infiltrativa della gonartrosi maggiormente impiegate nella pratica clinica.

“La terapia con PRP – spiegano gli autori dello studio – ha effetti superiori in termini di dolore e funzionalità sia a medio che a lungo termine. Uno dei possibili motivi è che i fattori di crescita del PRP stimolano i processi anabolici e aumentano la biosintesi della cartilagine”.

“La terapia con HA, invece – aggiungono – potrebbe avere meccanismi d’azione terapeutici più meccanici, tra cui l’assorbimento, la lubrificazione articolare, gli effetti antinfiammatori, la condroprotezione e la sintesi di proteoglicani”.

Alcuni studi presenti in letteratura hanno documentato una graduale diminuzione del potenziale di di rigenerazione della cartilagine e un’accelerazione dei processi di degenerazione in età avanzata. Ciò, pertanto, solleva interrogativi sulle potenziali differenze di efficacia di trattamenti biologici come il PRP in gruppi di età diversi.

I ricercatori hanno voluto verificare la fondatezza dell’ipotesi che il PRP possa avere effetti relativamente limitati nei pazienti geriatrici di età superiore ai 65 anni a causa della loro ridotta capacità di rigenerazione dei tessuti.

Di qui il nuovo studio, che ha analizzato gli effetti dell’applicazione intrarticolare di HA e PRP sul dolore e sulla funzione in pazienti geriatrici con artrosi del ginocchio.

Disegno dello studio e risultati principali
Lo studio, avente un disegno osservazioanale retrospettivo, ha reclutato 226 pazienti con gonartrosi, sottoposti a terapia intrarticolare con HA o PRP in singola somministrazione. Questi pazienti sono stati sottoposti a visita di controllo a distanza di 1, 3 e 6 mesi dalla somministrazione della terapia.

Tutti i pazienti, al reclutamento, erano affetti da una gonartrosi di grado 2-3 secondo la scala Kellgern-Lawrence, un punteggio VAS relativo alla scala “dolore” ≥40, che non avevano risposto a trattamento farmacologico pregresso (paracetamolo 500 mg bis die per 1 mese, e ibuprofene per via topica bis die).

Per valutare gli effetti clinici del trattamento, i ricercatori sono ricorsi a diversi strumenti di autovalutazione della gonartrosi fatta dai pazienti (punteggio riportato a seguito della compilazione del questionario IKDC – International Knee Documentation Committee, punteggio VAS “dolore”, parametrato su scala 0-100 mm, punteggi WOMAC relativi a vari domini.

Dopo esclusione di alcuni dei pazienti inizialmente reclutati perchè non soddisfacevano del tutto i criteri di inclusione o perchè ritiratisi volontariamente dalla sperimentazione, i ricercatori hanno condotto le loro analisi su 202 pazienti (dei 226 iniziali) – 98 trattati con PRP e 104 con HA rispettivamente. I due gruppi in studio erano, nel complesso, erano omogenei in termini di età, sesso, BMI e gravità della gonartrosi (grado K-L).

I punteggi IKDC medi al basale nei gruppi HA e PRP erano rispettivamente di 45,3±10,7 e 44,2±9,9. I punteggi VAS nei gruppi HA e PRP erano rispettivamente 60,5±5,5 e 59,7±6,2. I punteggi WOMAC nei gruppi HA e PRP erano rispettivamente 37,4±11,6 e 36,9±10,8.

Nel corso delle visite di follow-up a 1, 3 e 6 mesi, sono stati osservati miglioramenti significativi rispetto al basale di tutti i parametri di outcome considerati (punteggi IKDC, VAS e WOMAC) in entrambi i gruppi.

Per quanto riguarda le valutazioni tra i due gruppi, il punteggio medio IKDC è risultato significativamente più alto nel gruppo HA rispetto a quello del gruppo PRP nel corso della visita di follow-up a 3 mesi (p=0,018). Risultati simili, invece, sono stati documentati nel corso delle altre due visite di follow-up previste.

Dal confronto dei livelli di dolore tra i gruppi sono emersi punteggi VAS significativamente più bassi tra i paziento sottoposti a terapia intrarticolare con HA rispetto a quelli sottoposti a terapia con PRP nel corso delle visite di follow-up a 1 e 3 mesi (p=0,039 e p=0,019, rispettivamente). Punteggi VAS simili, invece, sono stati rilevati nella visita di follow-up a 6 mesi.

Da ultimo, non sono state osservate differenze significative nei punteggi WOMAC tra i due gruppi in tutte le visite di follow-up previste.

Riassumendo
I risultati dello studio hanno dimostrato una diminuzione del dolore e un aumento della funzionalità del ginocchio rispetto al basale nei pazienti sottoposti a iniezioni intrarticolari di PRP e HA per l’OA del ginocchio.

Inoltre, i confronti intergruppo (PRP vs. HA) hanno mostrato punteggi IKDC a 3 mesi migliori nel gruppo HA, anche se i punteggi WOMAC non hanno confermato questa apparente differenza funzionale.

Da ultimo, i pazienti trattati con HA hanno mostrato risultati migliori in relazione al dolore rispetto a quelli dei pazienti trattati con PRP nel corso dei primi 3 mesi di follow-up.

Sebbene l’efficacia degli agenti intra-articolari rimanga controversa, diversi studi hanno dimostrato che il PRP è generalmente più efficace di altri agenti. Tuttavia, i risultati di questo studio indicano che la situazione potrebbe essere diversa per i trattamenti somministrati in una popolazione di pazienti geriatrici.

Nicola Casella

Bibliografia
Pamuk Ç. Comparison of Intra-articular Hyaluronic Acid and Platelet-Rich Plasma Injection in Knee Osteoarthritis: Do the Results Differ in Geriatric Patients? A Retrospective Observational Study. Ann Geriatr Med Res. 2022 Dec;26(4):340-346. doi: 10.4235/agmr.22.0090. Epub 2022 Dec 15. PMID: 36518061; PMCID: PMC9830060.

Il trapianto autologo di tessuto adiposo (mediante infiltrazione) nel trattamento sintomatico di pazienti con gonartrosi sintomatica lieve moderata è efficace sia in termini di riduzione del dolore che di miglioramento della funzione articolare.

Queste le conclusioni di uno studio presentato nel corso dell’ultimo congresso ISIAT, tenutosi alla fine dello scorso anno a Praga.

Negli ultimi anni i chirurghi plastici ed ortopedici si sono concentrati sullo studio del tessuto adiposo, scoprendo che questo non ha solo un effetto riempitivo ma anche rigenerativo (attraverso la stimolazione del trofismo cellulare), rappresentando nei pazienti adulti una fonte alternativa di fattori di crescita e di cellule staminali (1).

La predilezione in medicina rigenerativa ortopedica per il tessuto adiposo, in luogo del midollo osseo, dipende da molti fattori, il primo di quali è rappresentato dalla presenza di quantità maggiori di tessuto disponibili:
a parità di volume, il tessuto adiposo presenta un numero di cellule staminali mesenchimali 100-300 volte più elevato rispetto al midollo.

La procedura di prelievo di tessuto adiposo autologo può essere ripetuta più volte e le cellule in esso presenti hanno la stessa capacità di differenziarsi un diverse linee cellulari. Da ultimo, le cellule staminali nel tessuto adiposo sono presenti anche in età avanzata (2).

Il gruppo di studio del relatore ha effettuato uno studio mirato a valutare l’efficacia del trapianto autologo di tessuto adiposo (mediante infiltrazione) nel trattamento sintomatico di pazienti con gonartrosi sintomatica lieve-moderata, in termini di riduzione del dolore e di miglioramento della funzione articolare.

I pazienti inclusi erano affetti da gonartrosi di grado II-III della scala Kellgren-Lawrence, con un BMI inferiore a 35 ed età compresa tra i 40 ed i 70 anni. Costituivano motivo di esclusione dallo studio la presenza concomitante di malattia reumatica, un BMI >35, il trattamento anticoagulante in corso, la presenza di infezioni articolari e la scarsa aderenza del paziente al protocollo post intervento

I pazienti sono stati valutati prima e dopo l’intervento con scala VAS, IKDC e WOMAC con un follow-up ad 1, 3, 6 e 12 mesi. Complessivamente, l’intervento è stato eseguito su un totale di 96 pazienti dei 103 pazienti arruolati: di questi 4 sono stati persi al follow-up e 3 sono stati esclusi per trauma post-trattamento del ginocchio. In nessuno dei pazienti si sono verificate complicazioni gravi (es, infezioni), mentre 15 pazienti presentavano idrarto e sono stati trattati con crioterapia e dexibuprofene 400mg 1cps/die per 10 giorni. Tredici pazienti hanno presentato ecchimosi nell’area di estrazione e sono stati sottoposti a massoterapia e a trattamento con eparina sodica.

I risultati hanno documentato un calo deciso del punteggio VAS dall’esecuzione del trapianto autologo di cellule adipose e, al contempo, un deciso miglioramento dei punteggi IKDC e WOMAC.

Riassumendo
In conclusione, quindi, il trapianto autologo di tessuto adiposo mediante infiltrazione può essere considerato un trattamento poco invasivo (anche se viene eseguito in sala operatoria) e in grado di dare risultati soddisfacenti nel trattamento sintomatico dell’artrosi (con conseguente miglioramento della funzione articolare).

Allo stato attuale, tuttavia, non sono ancora disponibili dati di follow-up a lungo termine, per cui, in futuro, sarà necessario allestire trial di confronto vs placebo, PRP o acido ialuronico, che prevedano un follow-up a lungo termine.

Sarà necessario, inoltre, capire meglio cosa accade all’interno del ginocchio e come agisce il tessuto adiposo nell’ambiente articolare, eseguendo un’artroscopia pre e post intervento e, possibilmente, anche la biopsia.

Altri aspetti da approfondire riguardano la metodologia tecnicamente più efficace per il prelievo di tessuto adiposo (centrifugazione, microfrazionamento – separazione e filtrazione) e la ripetibilità della procedura nel singolo paziente (determinazione numero massimo infiltrazioni eseguibili).

Fonte: Highlights tratti dalla relazione del dott. Ezio Adriani, Specialista in Ortopedia e Traumatologia, Sport Clinique Mater Dei, Roma; Congressi ISIAT 2017, Praga

Bibliografia

1. Adriani E et al. Journal of Sports Traumatology, vol. 27, n. 1-2, marzo-giugno 2010

Anche i pazienti hanno avuto uno spazio importante durante il V simposio nazionale dei soci dell’ANTIAGE (Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare eco-guidata dell’Anca con Guida Ecografica) che si è svolto a Roma il 2-3 ottobre 2014 e che è stato organizzato dai Prof.ri Alberto Migliore e Sandro Tormenta.

Al termine dei lavori scientifici c’è stata una cerimonia di premiazione per i pazienti che hanno utilizzato per almeno 10 anni la terapia con acido ialuronico. La cerimonia prevedeva la consegna di una pergamena e un saluto ai pazienti che hanno avuto qualche minuto per raccontare la loro esperienza personale.

Erano una decina di pazienti, di età diverse ma in genere un po’ avanti con gli anni. Tutti senza eccezione hanno manifestato la loro soddisfazione per la terapia ricevuta.

Per chi non ha molta fiducia per queste terapie sarebbe stato utile ascoltare cosa hanno detto i pazienti che hanno raccontato di come hanno potuto riprendere la loro vita sociale, possono nuovamente muovere e fare sport, viaggiare, e per i più giovani, lavorare senza avere handicap. Alcuni sono riusciti persino ad evitare l’intervento chirurgico di protesizzazione che era stato loro presentato come ineluttabile.

Dieci anni costituiscono un bel traguardo, non c’è che dire. Non resta che augurarne molti altri in così buona salute, sempre in compagnia dell’acido ialuronico.

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Intervista al Dott. Umberto Massafra, Divisione di reumatologia, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, Roma


Intervista al Dott. Emanuele Bizzi, Divisione di reumatologia, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, Roma


Quando nella cartilagine prevale la componente enzimatica degradativa si puo’ ricorrere alla supplementazione di acido ialuronico che cerca di ristabilire l’equilibrio perduto. Ma quali sono le differenze tra gli acidi ialuronici a basso peso e medio peso molecolare rispetto a quelli a più alto peso fino ai cross lincati?

Ne abbiamo parlato con il Dr. Orazio De Lucia UOC Divisione e Cattedra di reumatologia
Istituto Ortopedico G. Pini, Milano

Intervista al Dott. Orazio De Lucia, UOC Divisione e Cattedra di reumatologia Istituto Ortopedico G. Pini, Milano

Il dott. De Lucia ha illustrato le principali caratteristiche degli acidi ialuronici cross-linkati descrivendone le differenze rispetto a quelli lineari. Il cross-link è un processo che permette di legare tra di loro molecole di acido ialuronico lineare, per ottenere delle nuove strutture costituite da più filamenti di acido ialuronico  che hanno peso molecolare più elevato. In commercio esistono acidi ialuronico lineari il cui peso molecolare arriva al massimo a 3,6 MDalton.
Con la tecnica del cross-link si possono raggiungere pesi molecolari di 6 MDalton (peso molecolare medio dell’acido ialuronico di un’articolazione sana) fino a veri e propri gel, in cui le singole molecole hanno perso la loro individualità.

Il tipo di legante utilizzato ed il processo produttivo, permettono di modulare le caratteristiche del prodotto finito che varia da un “soft-gel” ad un “hard-gel”. Gli acidi ialuronici cross-linkati si caratterizzano per tempi di emivita più lunghi che, da un punto di vista clinico, significa minor numero di infiltrazioni per effetti sul dolore e sulla funzionalità che durano fino ad 1 anno.

Intervista al Dott. M. A. De Pascalis, Dirigente Medico Ortopedico D/9 ASL RMC

Intervista al Dott. Sergio Crimaldi, Dirigente medico specialista in ortopedia e traumatologia UO ortopedia e traumatologia Ospedale di Livorno

Il dott. Crimaldi ha illustrato i risultati di uno studio condotto su un derivato più evoluto dell’acido ialuronico classico, un prodotto cross-linkato che si presenta, pertanto, come un’evoluzione rispetto agli acidi ialuronici lineari e presenta vantaggi monitorati nello studio presentato.

Lo studio è stato condotto su pazienti affetti da osteoartrosi del ginocchio di grado II-III.
I risultati sono stati molto positivi sia in termini di riduzione del dolore che di miglioramento della funzionalità.
Viene presentato inoltre l’utilizzo medico dell’artroscopia come mezzo sia valutativo che curativo.


Intervista al Prof. Robert Petrella, Aging, Rehabilitation, and Geriatric Care (ARGC), Western Ontario University Canada

Il trattamento semestrale con iniezioni intra-articolari di acido ialuronico, insieme alla laserterapia low-level, dovrebbe essere incorporato nel protocollo di trattamento conservativo standard per la gestione della gonartrosi sintomatica, dal momento che tale approccio potrebbe prolungare la longevità dell’articolazione del ginocchio rendendo inutile il ricorso al più costoso intervento di artroplastica.

Queste le conclusioni di uno studio pubblicato online sulla rivista Clinical Interventions in Aging.

Nella gestione della gonartrosi, ancora oggi la maggior parte dei clinici e dei chirurghi ricorre ai FANS e alla terapia fisica convenzionale, a base di ultrasuoni, terapia elettrica transcutanea e terapia ad onde corte.
“Tuttavia – ricordano gli autori dello studio nell’introduzione – questi trattamenti conservativi offrono solo benefici sulla sintomatologia nel breve termine. Inoltre molti pazienti anziani non tollerano i FANS”.

L’efficacia della terapia infiltrativa a base di HA è documentata sin dagli anni Novanta: “Le iniezioni intra-articolari con HA tendono ad avere una durata di azione più prolungata rispetto a quella ottenuta con le infiltrazioni di steroidi, con una minore incidenza di eventi avversi (AE) di seria entità.”

Quanto alla laserterapia low-level, “…il suo impiego – ricordano gli autori – risale agli anni ’60, mentre studi recenti hanno dimostrato un effetto positivo del trattamento sulla sintesi di fibroblasti e collagene a livello cellulare e molecolare, con un’estensione al suo impiego documentata in molte applicazioni cliniche”.

Obiettivo del nuovo trial clinico, prospettico, randomizzato, in doppio cieco, controllato vs placebo, è stato quelli di valutare se l’impiego combinato di iniezioni intra-articolari di HA insieme alla laserterapia low level fosse in grado di influenzare il corso naturale del processo degenerativo articolare, prolungare la longevità dell’articolazione del ginicchio sottoposta a degenerazione e posporre il ricorso ad intervento di artroplastica, dato che molti pazienti anziani sono ad elevato rischio di andare incontro a chirurgia e/o sono riluttanti a sottoporsi a tale intervento.

A tal scopo, 70 pazienti anziani affetti da gonartrosi bilaterale sono stati randomizzati a uno di due protocolli di trattamento conservativo tra loro alternativi da applicare ad uno solo o ad entrambi i ginocchi dolenti. Il protocollo A prevedeva il ricorso alla terapia fisica tradizionale in associazione a irradiazione laser inefficace (sham light) e iniezione intra-articolare con placebo per 6 mesi. Il protocollo B, invece, prevedeva il ricorso a terapia fisica convenzionale in associazione a laserterapia low level e ad infiltrazione con HA per lo stesso lasso di tempo.
La condizione di insuccesso terapeutico era definita dal riscontro di dolore intenso tale da giustificate il ricorso alla chirurgia (artroplastica).
Il dolore percepito è stato valutato mediante il questionario WOMAC e i punteggi ottenuti sono stati riportati sulla scala Likert (0= assenza di dolore; 20= dolore percepito insopportabile).

All’ingresso nello studio, il punteggio WOMAC relativo al dominio dolore e relativo ai 70 ginocchi randomizzati al protocollo di trattamento A era pari a 13 (range= 12-15), mentre quello relativo ai 70 ginocchi trattati con il protocollo B era pari a 14 (range: 12-16).

Dopo un follow-up della durata media di 7 anni, il punteggio WOMAC per il protocollo B è risultato pari a 6 (range: 5-7) e solo un pazienti appartenente a questo gruppo ha sperimentato un peggioramento del punteggio WOMAC relativo al dominio dolore (13 a 2 anni) da giustificare il ricorso all’artroplastica. Invece, il punteggio WOMAC dolore a 7 anni dall’inizio del trattamento è stato pari a 11 (range 10-12) nel gruppo sottoposto al protocollo A.
In questo gruppo, 15 ginocchi (anziché un solo ginocchio, come osservato nel gruppo sottoposto al protocollo B) hanno necessitato del ricorso all’artroplastica, e la differenza nella proporzione di ginocchi necessitanti del ricorso all’artroplastica è risultata statisticamente significativa (p<0,05). In conclusione, lo studio ha dinostrato come l'impiego di infiltrazioni di HA (che hanno come bersaglio i processi infiammatori a livello della parte interna dell'articolazione del ginocchio), in combinazione con la laserterapia low level (mirata contro i processi infiammatori della parte esterna dell'articolazione) rappresenti un approccio razionale al trattamento della gonartrosi sintomatica degenerativa, sempre più frequente in ragione dell'aumento della longevità della popolazione e con notevoli implicazioni per la spesa sanitaria. “Sono ora necessari studi a lungo termine di dimensioni più ampie – aggiungono gli autori – in grado di verificare se le infiltrazioni di HA a cadenza annuale, anziché semestrale, possano avere un'efficacia clinica paragonabile a quella delle infiltrazioni semestrali. (…) nonché studi in grado di valutare se la laserterapia low-level, il regime di somministrazione della terapia infiltrativa, o la loro combinazione, rappresenti l'opzione terapeutica più efficace nei pazienti anziani”. (…) Infine, resta da esplorare la possibilità di utilizzare il nuovo protocollo di trattamento anche nei soggetti di mezza età.”. Bibliografia Ip D et al. Can combined use of low-level lasers and hyaluronic acid injections prolong the longevity of degenerative knee joints? Clinical Interventions in Aging 2015:10 1255–125 Leggi

Intervista realizzata alla Dr.ssa Asmaa Mahmoud Ali dell’Università Tor Vergata Di Roma, in occasione del Congresso ISIAT 2013

La dottoressa ha presentato uno studio che ha valutato efficacia e sicurezza di una particolare formulazione di acido ialuronico in pazienti con malattie osteoarticolari

Intervista al Dott. Mauro Martinelli Dipartimento di Scienze Biomediche, Ospedale San Pietro, Roma

La combinazione di Acido Ialuronico e sorbitolo, iniettato intra-articolarmente nell’anca mediante tecnica ecoguidata, determina effetti benefici e duratori nel trattamento dell’osteoartrosi dell’anca.

La notizia arriva dall’Italia grazie ad un gruppo di ricercatori che ha pubblicato i risultati ottenuti sull’International Journal of Immunopathology and Pharmacology.

È stato ampiamente dimostrato che l’acido ialuronico, oltre ad avere proprietà viscoelastiche, ha proprietà condroprotettive e antiinfiammatorie nelle articolazioni. Diversi studi lo hanno utilizzato, iniettandolo all’interno delle articolazioni, per il management di pazienti con osteoartrosi del ginocchio e dell’anca; nel caso dell’osteoartrosi dell’anca, l’iniezione di acido ialuronico avviene attraverso una guida ecografica.

In questo settore si sta cercando di aumentare gli effetti benefici, la loro durata e ridurre il numero delle iniezioni. A tale scopo sono stati proposti diversi prodotti.

Il prodotto utilizzato dal prof. Migliore e dai suoi colleghi dell’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma, è un prodotto innovativo per la viscosupplementazione costituito da alte concentrazioni di acido ialuronico (20 mg/ml), 2mDA di origine non animale, combinato con alte concentrazioni di uno scavenger di radicali liberi, il sorbitolo (40 mg/ml).

La tecnologia LSM (Ligo Stabilized Matrix), permette di inglobare l’acido ialuronico tra le molecole di sorbitolo (non si creano legami di cross-link, ma solo interazioni tra le molecole di acido ialuronico e quelle di sorbitolo).

I ricercatori considerano l’aggiunta di sorbitolo all’acido ialuronico necessaria poiché neutralizza i radicali liberi che altrimenti convertirebbero l’acido ialuronico in oligosaccaridi, determinando una riduzione della viscosità e del peso molecolare; inoltre riducendo la concentrazione dei radicali liberi, il sorbitolo diminuisce la migrazione di macrofagi all’interno della membrana sinoviale e riduce l’infiammazione e il dolore.

In questo studio lo scopo era quello di valutare l’effetto del sollievo dal dolore a breve e a medio termine del prodotto nei pazienti affetti da artrosi dell’anca sintomatica.

Tutti i pazienti arruolati [20 di cui 8 donne e 12 uomini, di età media di 61 anni (± 10,1) e indice di massa corporea medio di 26 (± 5,1)] hanno ricevuto una iniezione intra-articolare nell’anca, ecoguidata, di due siringhe di Synolis V-A.

Il numero di pazienti che si è presentato alle visite di controllo a 3, 6, 9 e 12 mesi è stato rispettivamente di 16, 14, 12 e 8, ma ben 11 pazienti si sono ritirati dallo studio: 2 per perdita di efficacia a 6 mesi, 1 per perdita di efficacia a 9 mesi, 8 per gravi comorbidità.

L’endpoint primario, che consisteva nella valutazione dell’indice Lequesne, indice di severità dell’osteoartrosi dell’anca, a 12 mesi dalla somministrazione del prodotto studiato, risultava statisticamente significativo rispetto al valore basale: il valore basale era di 5,9 e diminuiva a 3,1 (p<0,001), 4,0 (p<0,05), 4,3 (p<0,05) e 2,6 (p<0,001) rispettivamente a 3, 6, 9 e 12 mesi.

Gli endpoint secondari, relativi al miglioramento della qualità della vita [Health Assessment Questionarie (HAQ), Global Patient Assessment (GPA) e Global Medical Assessment (GMA)] e alla riduzione del dolore e dell’utilizzo di analgesici, miglioravano significativamente ad ogni visita rispetto ai valori al basale (p<0,001).

La riduzione dell’utilizzo degli analgesici per controllare il dolore si traduce anche nella riduzione di effetti collaterali gastrointestinali e cardiovascolari.

“Questo è il primo studio che indaga i sintomi nel tempo dei pazienti affetti da artrosi dell’anca sintomatica dopo iniezioni ecoguidate intra-articolari nell’anca della combinazione di acido Ialuronico e sorbitolo”, scrivono i ricercatori nella discussione, sottolineando che il miglioramento dovuto al trattamento con il prodotto è stato osservato a 3 mesi e mantenuto fino a 12 mesi.

“Nonostante le dimensioni dello studio siano limitate” concludono i ricercatori “i risultati suggeriscono una buona e duratura efficacia del prodotto nell’osteoartrosi dell’anca”, ma sono necessari ulteriori studi che includano un numero più ampio di pazienti per poter investigare l’effetto che il prodotto ha sul sollievo dal dolore nei pazienti con artrosi dell’anca.

Rif. A. Migliore et al. Duration of symptom relief after intra-articular injection of hyaluronic acid combined with sorbitol (anti-ox-vs) in symptomatic hip osteoarthritis. Int J Immunopathol Pharmacol. 2014 Apr-Jun;27(2):245-52.

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Intervista al Dott. R. Raman
Department of Trauma and Orthopedics Hull Royal Infirmary, United Kingdom

Si può migliorare l’acido ialuronico utilizzato per le infiltrazioni articolari?
Quali sono le sostanze che si possono abbinare all’acido ialuronico per migliorarne le performance?
Se ne è parlato a Roma in occasione del V simposio nazionale dei soci dell’ANTIAGE (Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare eco-guidata dell’Anca con Guida Ecografica).

Nel video è possibile vedere e ascoltare la lettura del Dott. Emanuele Brizzi, Divisione di Reumatologia, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, Roma.

Ripristino dello stato ossido-riduttivo e riduzione dell’apoptosi, dell’infiammazione e del catabolismo coinvolto nel danno articolare. Sono questi gli ulteriori quattro meccanismi d’azione attraverso i quali l’acido ialuronico (HA) modificato con sorbitolo (HA/sorbitolo) esercita effetti benefici quando iniettato nelle articolazioni affette da osteoartrosi (OA).

Sono stati individuati da un gruppo di ricercatori canadesi in una ricerca i cui risultati sono stati appena pubblicati su Inflammation Research. Si tratta di effetti della molecola che vanno ad aggiungersi alle caratteristiche reologiche e meccaniche dell’HA che restano la base su cui si fonda il concetto di viscosupplementazione. Altri meccanismi d’azione dell’apporto intrarticolare di HA già identificati sono l’analgesia indotta da interazione con recettori del dolore, la promozione della produzione endogena di HA e vari effetti antinfiammatori. È inoltre ben stabilito che segnali originati dall’HA determinano anche la proliferazione e la differenziazione dei condrociti così come la sintesi dei glicosoaminoglicani e del collagene.

Il team diretto da John-Max Mongkohn, dei Laboratori di ricerca ortopedica presso l’Ospedale del Sacro Cuore di Montréal, ha coinvolto 24 pazienti OA (età media 67 +/-9 anni) sottoposti ad artroplastica totale di ginocchio per OA da moderata a severa. Da frammenti femorali di cartilagine eliminata, in fase post-chirurgica i ricercatori hanno ricavato condrociti umani OA, trattati con dosi crescenti di HA-sorbitolo con o senza anticorpi anti-CD44 oppure con solo sorbitolo e successivamente con o senza interleuchina-1-beta (IL-1beta) o perossido d’idrogeno (H2O2).

Sono state quindi analizzate le vie di trasduzione del segnale e i parametri correlati a stress ossidativo, apoptosi, infiammazione e catabolismo. Questi i risultati. L’HA/sorbitolo ha prevenuto lo stress ossidativo indotto da IL-1beta, misurato attraverso le specie reattive dell’ossigeno (ROS), la fosforilazione della p47-NADPH ossidasi, la produzione di 4-idrossinonenale (HNE) e l’espressione di glutatione-S-transferasi A4-4 metabolizzante l’HNE. Inoltre l’HA/sorbitolo ha soffocato il rilascio di metalloproteinasi-13 indotta da IL-1beta (MMP-13), ossido nitrico (NO) e prostaglandina E2 (PGE2), così come l’espressione della NO sintetasi inducibile (iNOS).

Lo studio del processo apoptotico ha rivelato che questo gel attenua in modo significativo la morte cellulare, l’attivazione della caspasi-3 e la frammentazione del DNA stimolata dall’esposizione a dose citotossica di H2O2. L’esame dei componenti della via di segnalazione ha rivelato che l’HA/sorbitolo ha prevenuto l’attivazione della protein chinasi attivata dal mitogeno p38 e del fattore-kappa B nucleare, ma non quella delle chinasi 1 e 2 regolate dal segnale extracellulare. Nel complesso, concludono gli autori, l’HA/sorbitolo fornisce lubrificazione e assorbimento degli urti alle articolazioni.

In più il sorbitolo previene il danno tissutale causato dall’infiammazione e aiuta a proteggere lo ialuronato di sodio, naturale componente del liquido sinoviale, dalla degradazione. La soppressione, dimostrata dallo studio, delle risposte cataboliche e infiammatorie così come quella dell’apoptosi dei condrociti indotta dallo stress ossidativo, aggiungono, può rappresentare un meccanismo cruciale dell’azione di HA/sorbitolo dopo iniezione intrarticolare in pazienti OA.

Arturo Zenorini

Mongkhon JM, Thach M, Shi Q, et al. Sorbitol-modified hyaluronic acid reduces oxidative stress, apoptosis and mediators of inflammation and catabolism in human osteoarthritic chondrocytes. Inflamm Res, 2014;63(8):691-701.

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Intervista al Dott. Giancarlo Rando, Fisiatra e medico dello sport, Ospedale San Lazzaro di Alba


Intervista al Dott. Umberto Massafra, Divisione di Reumatologia, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, Roma.

Intervista al Dott. Thierry Conrozier Rheumatologue, Centre hospitalier de Belfort-Montbéliard

emartroLe infiltrazioni intrarticolari di acido ialuronico sembrano essere efficaci nel trattamento della artropatia emofilica del ginocchio. A suggerirlo è uno studio preliminare su 11 pazienti pubblicato sulla rivista Acta Ortopédica Brasileira (organo ufficiale della Società brasiliana di Ortopedia e Traumatologia).

Nello studio, infatti, il lavaggio articolare con soluzione salina, seguito da un’iniezione di corticosteroidi e acido ialuronico (Hylan GF-20), ha mostrato di migliorare in modo significativo la funzionalità articolare e la qualità di vita dei pazienti trattati.

Nei pazienti emofilici, le articolazioni sono la sede maggiormente interessata dalle emorragie e quella più colpita è proprio il ginocchio, seguito da gomiti, caviglie, spalle e anche. L’artrosi emorragica ricorrente porta ad alterazioni degenerative della cartilagine articolare, riunite sotto il termine di artropatia emofilica.

Alcuni studi precedenti hanno concluso che le infiltrazioni di acido ialuronico possono avere un effetto palliativo nei pazienti con artropatia emofilica, consentendo di posticipare trattamenti più aggressivi. Inoltre, è stato dimostrato che il lavaggio articolare dei prodotti della degradazione enzimatica della cartilagine articolare, ossido nitrico, citochine ed enzimi pro infiammatori riduce la sinovite e che l’associazione di triamcinolone e acido ialuronico nei pazienti con gonartrosi migliora i risultati della viscosupplementazione nel primo mese.

Sulla base di queste premesse e per raccogliere ulteriori dati, gli autori del lavoro hanno provato a valutare se la viscosupplementazione con acido ialuronico associato a triamcinolone dopo il lavaggio con soluzione fisiologica sia in grado di alleviare il dolore, ridurre la rigidità e migliorare la funzionalità articolare e la qualità della vita in un piccolo gruppo di pazienti affetti da grave artropatia emofilica.

Hanno quindi arruolato 11 soggetti con artrosi emofilica del ginocchio, con e senza coinvolgimento di altre articolazioni (gomiti e caviglie), e li hanno sottoposti a un lavaggio articolare con soluzione fisiologica e una successiva iniezione di acido ialuronico e triamcinolone in tutte le articolazioni colpite.

I partecipanti sono stati sottoposti a una valutazione algo-funzionale (con l’indice di Lequesne e la scala WOMAC), alla misurazione del dolore con la scala VAS e a quella della qualità di vita con il questionario SF-36 prima dell’intervento e poi uno e 3 mesi dopo.

Il dolore (misurato con le scale VAS e WOMAC) e la rigidità articolare (misurata con la scala WOMAC per la rigidità) non hanno mostrato miglioramenti significativi dopo l’infiltrazione (P = 0,3, P = 0,2 e P = 0,1, rispettivamente).

Tuttavia, il funzionamento articolare ha mostrato un miglioramento notevole sia in base al punteggio totale della scala WOMAC sia in base a quello relativo alla funzionalità articolare (media 11 punti; P = 0,04 e P = 0,001).

Invece, gli autori non hanno trovato variazioni significative dei punteggi dell’indice di Lequesne (P = 0,1), mentre si sono osservati miglioramenti clinicamente rilevanti e statisticamente significativi sia della componenti fisica sia di quella mentale dell’SF-36 (P = 0,002).

Zelada e colleghi concludono quindi che il lavaggio dell’articolazione con soluzione fisiologica, seguito dall’iniezione intrarticolare di corticosteroidi e acido ialuronico, è efficace nel trattamento dell’artropatia emofilica in termini di miglioramento della funzionalità articolare e della qualità di vita.

I ricercatori riferiscono anche che i pazienti si sono dichiarati tutti soddisfatti della procedura e questo, scrivono nella discussione, giustifica il punteggio più alto ottenuto per la componente mentale dell’SF-36.

“Anche se la funzionalità è rimasta ben lontana dall’ideale, questi pazienti hanno ottenuto miglioramenti nelle attività quotidiane che causavano loro problemi, come iniziare a camminare senza zoppicare e scendere le scale, il che ha influito sulla componente mentale ancora più che su quella fisica” aggiungono, infine, Zelada e i suoi.

F. Zelada, et al. Viscosupplementation in patients with hemophilic arthropathy. Acta Ortop Bras. 2013;21(1): 12-7Ciao


Intervista al Dott. Nicola Iannacone, Fisiatra, ASL 1 Avezzano – Sulmona – L’Aquila


Intervista al Dott. Xavier Chevalier, Department of Rheumatology, Universitè Paris XII Hopital Henri Mondor, Creteil, France

Intervista al Dott. Andrea Delle Sedie Unita Operativa di Reumatologia, Università di Pisa. L’intervoista è stata realizzata a Barcellona in occasione del congresso ISAT 2013.

Le infiltrazioni intrarticolari di acido ialuronico ad alto peso molecolare (PM) potrebbero essere clinicamente efficaci nel trattamento delle entesopatie. A suggerirlo è uno studio preliminare di autori giapponesi pubblicato di recente sul Journal of Orthopaedic Science (organo ufficiale della Japanese Orthopaedic Association).

In questo studio, infatti, una singola iniezione di acido ialuronico ha alleviato il dolore in pazienti con quattro diverse enteropatie (epicondilite laterale, tendinopatia rotulea, tendinopatia inserzionale dell’Achille e fascite plantare), con miglioramenti simili per le quattro condizioni.

In Giappone, spiegano i ricercatori nell’introduzione, l’acido ialuronico ad alto PM (2700 kDa) è approvato per il trattamento dell’artrosi del ginocchio, della periartrite scapolo-omerale e del dolore al ginocchio associato all’artrite reumatoide. Non è, invece, indicato (così come in Europa) per il trattamento delle entesopatie.

Gli autori hanno quindi provato a valutarne l’efficacia a breve termine, la sicurezza e il volume iniettabile nel trattamento di queste patologie articolari. Per farlo, hanno arruolato complessivamente 61 pazienti (16 con epicondilite laterale, 14 con tendinopatia rotulea, 15 con tendinopatia inserzionale achillea e 16 con fascite plantare) e li hanno sottoposti a una singola iniezione di acido ialuronico (di volume fino a 2,5 ml).

L’efficacia e la sicurezza del trattamento sono state valutate confrontando il punteggio del dolore misurato con la scala VAS e i sintomi locali prima dell’infiltrazione e una settimana dopo. Inoltre, i ricercatori hanno valutato il volume iniettabile misurando la differenza di peso della siringa prima e dopo l’iniezione e in base al giudizio dello sperimentatore.

Nel complesso, scrivono, i pazienti hanno mostrato una riduzione media (± DS) del punteggio della scala VAS di 2,20 (± 2,26) cm, a fronte di un punteggio medio basale di 5,43 cm.

Nei pazienti con epicondilite laterale la riduzione è stata di 2,55 (± 2,43) cm, in quelli con tendinopatia rotulea di 2,01 (± 2,16) cm, in quelli tendinopatia inserzionale dell’achilleo di 1,80 (± 1,91) cm e in quelli con fascite plantare di 2,38 (± 2,61) cm.

Inoltre, il punteggio della scala VAS è diminuito di almeno 2 cm rispetto al basale in 33 pazienti, il 54,1%. I partecipanti che hanno ottenuto questo miglioramento sono stati 10 (il 62,5 %) nel gruppo con epicondilite laterale, 7 (il 50%) in quello con tendinopatia patellare, 7 (il 46,7 %) in quello con tendinopatia inserzionale dell’achilleo e 9 (il 56,3%) in quello con fascite plantare.

I soggetti che hanno ottenuto un miglioramento di almeno il 50% del punteggio della scala VAS rispetto ai valori basali, invece, sono risultati complessivamente il 41%.

L’iniezione di acido ialuronico ha anche migliorato i sintomi locali nella maggior parte dei pazienti, indipendentemente dalla sede interessata dall’entesopatia.

Infine, riguardo al volume iniettabile, i ricercatori, hanno stabilito che 2,5 ml di acido ialuronico si possono iniettare in tutte le sedi colpite dall’entesopatia analizzate nello studio.

Dal punto di vista della sicurezza, durante lo studio non si sono osservati eventi avversi gravi e la frequenza complessiva degli effetti avversi è stata bassa (12,9%). I più frequenti sono stati dolore o discomfort nella sede dell’iniezione. In ogni caso, tutti si sono risolti spontaneamente senza alcun intervento nel giro di un giorno.

Nella discussione, gli autori sottolineano che al momento non ci sono trattamenti standard consolidati per il trattamento delle entesopatie.

Tuttavia, sulla base di questo studio preliminare, “crediamo che la somministrazione di acido ialuronico possa diventare una delle scelte appropriate per il trattamento delle enteropatie in termini sia di efficacia sia di sicurezza” concludono i ricercatori nipponici.

Naturalmente, questa condizione va suffragata da ulteriori studi e il gruppo riferisce di stare già pianificando un trial più ampio, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo, per dimostrarne la validità.

Alessandra Terzaghi

T. Kumai, et al. The short-term effect after a single injection of high-molecular-weight hyaluronic acid in patients with enthesopathies (lateral epicondylitis, patellar tendinopathy, insertional Achilles tendinopathy, and plantar fasciitis): a preliminary study. J Orthop Sci (2014) 19:603–611; doi: 10.1007/s00776-014-0579-2.

Relazione integrale presentata al congresso di Salsomaggiore Terme dal dott. Orazio De Lucia UO e Cattedra di reumatologia Istituto Ortopedico G. Pini, Milano

Intervista al Prof. Erberto Paresce, Vicepresidente del Collegio dei Reumatologi Ospedalieri, realizzata in occasione del IV Simposio ANTIAGE svoltosi a Roma dal 3 al 5 ottobre 2012

L’acido ialuronico è una molecola utilizzata ormai da più di 20 anni. La sua azione a livello articolare si esplica a diversi livelli: lubrificante, legata al miglioramento della reologia del liquido sinoviale, biologica, per azione sulle cellule che contengono specifici recettori, e antidolorifica per azione sui recettori del dolore. Acquisizioni recenti mostrano anche un ruolo antiinfiammatorio, seppure blando, dell’acido ialuronico legato alla stabilizzazione dell’ambiente articolare. Ai primi prodotti a base di acido ialuronico che erano a basso peso molecolare si sono affiancati, più recentemente, prodotti cross-linkati, che, grazie all’aumentato peso molecolare, sono in grado di permanere più a lungo nell’articolazione e dare benefici più duraturi nel tempo.

 

Intervista al Dott. Alberto Migliore, UOS di Reumatologia Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli, Roma – Presidente  Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare dell’Anca con Guida Ecografica (ANTIAGE)

Gli acidi ialuronici disponibili per la terapia intra-articolare si differenziano in base al peso molecolare e alla durata dell’efficacia che ne determinano anche la posologia.
Esistono in commercio acidi ialuronici la cui efficacia è stata dimostrata fino ad un anno e questo è un innegabile vantaggio per il paziente sia in termini di compliance al trattamento che di sollievo dai sintomi.

Intervista al Dott. Luciano Wolenski, Medico Chirurgo, Specialista in medicina fisica e riabilitazione, Cesena, e alla Dr.ssa Valentina Wolensky, Medico Chirurgo, Cesena, realizzata in occasione del Congresso ISIAT 2013


Intervista al dr. Angelo Pucino , vicepresidente CREI e tesoriere-segretario ASON

Intervista al Prof. Giovanni Abatangelo, Università di Padova Dipartimento di Istologia, Microbiologia e Biotecnologie Mediche realizzata in occasione del IV simposio ANTIAGE svoltosi a Roma dal 3 al 5 ottobre 2012

Fino a qualche anno fa l’acido ialuronico era conosciuto essenzialmente per la sua azione fisica di lubrificazione e protezione articolare. Oggi, grazie a numerose scoperte scientifiche, è stato possibile individuare i diversi recettori specifici per l’acido ialuronico e comprendere sempre più la sua azione biologica. Le diverse azioni che l’acido ialuronico è in grado di svolgere, derivano proprio dalla sua interazione con recettori presenti presenti su diversi tipi cellulari. In particolare, a livello articolare, l’acido ialuronico induce un’azione di proliferazione condrocitaria, crea una barriera protettiva verso specie reattive all’ossigeno e, come osservato recentemente da alcuni ricercatori, la sua azione analgesica potrebbe essere dovuta alla sua capacità di interagire con i recettori oppioidi.

 

L’ESCEO (The European Society for Clinical and Economic Aspects of Osteoporosis and Osteoarthritis) aveva pubblicato, nel 2014, un algoritmo di trattamento per la gestione della gonartrosi, basato su 3 step, che forniva alcune informazioni pratiche sulla sequenza gerarchica delle opzioni di intervento (1).

Nel frattempo, si sono accoumulate in letteratura evidenze aggiuntive a supporto di interventi farmacologici, in termini di gestione del dolore e della disabilità fisica associata a gonartrosi, di riduzione degli eventi avversi, di outcome di modificazione della malattia e a lungo termine – come l’allungamento dei tempi di ricorso all’intevento di artroplastica totale – e di fattori farmacoeconomici – riduzione delle risorse economiche disponibili in sanità.

Di qui il recente update, pubblicato sulla rivista Seminars in Arthritis and Rheumatism (2), che ha passato nuovamente in esame la letteratura sugli interventi selettivi nella gonartrosi, focalizzando l’attenzione sui dati provenienti dalla pratica clinica reale, con l’obiettivo di fornire un algoritmo aggiornato da fornire nella pratica clinica primaria a supporto della valutazione individuale del paziente.
Le indicazioni scaturite in questo nuovo documento ESCEO sono il frutto di una consensus organizzata dall’ESCEO task force a maggio delle scorso anno.
Queste le indicazioni principali relative al trattamento riportate nel documento aggiornato:

Step 1
Nel corso del primo step si raccomanda un trattamento di background con farmaci sintomatici ad azione lenta per l’osteoartrosi (OA), utilizzando solo formulazioni a base di glucosamina solfato e condroitin solfato da prescrizione. Il ricorso al paracetamolo è raccomandato come trattamento analgesico di soccorso aggiuntivo per un trattamento a breve termine.
E’ possibile includere FANS topici per ottenere un’azione analgesica aggiuntiva, dal momento che la loro efficacia sulla sintomatologia è simile a quella dei FANS orali ma con un vantaggio in termini di safety sistemica.

Step 2
I FANS orali mantengono in ruolo centrale nella gestione farmacologica avanzata dei pazienti persistentemente sintomatici.
I FANS, però, presi come classe in toto – comprendente sia i farmaci COX-2 non selettivi che quelli selettivi – sono eterogenei tra di loro ed esiste un’ampia differenza tra le varie molecole appartenenti a questa classe in termini di rischio di eventi avversi (AE) CV e a carico del tratto gastrointestinale.

Pertanto, una stratificazione dei pazienti e un’attenta selezione di farmaci appropriati può aiutare a ridurre al minimo i rischi, preservando al contempo i benefici del trattamento.
Se ancora sintomatici nonostante le opzioni di trattamento sopra citate, la terapia infiltrativa rappresenta un’opzione alternativa da perseguire. Le infiltrazioni a base di acido ialuronico (HA) possono essere chiaramente differenziate dal trattamento intra-articolare con corticosteroidi in base alla durata del beneficio indotto, superiore a 6 mesi dopo un breve ciclo settimanale di iniezioni.

Step 3
In questo step, che comprende le ultime opzioni farmacologiche da intraprendere prima di ricorrere alla chirurgia, si raccomanda l’impiego di oppioidi deboli a breve durata d’azione, come tramadolo.
Il ricorso alla formulazione a rilascio sostenuto (SR) e la titolazione della dose di tramadolo possono aiutare a limitare gli effetti collaterali associati al trattamento con oppioidi e ridurre al minimo le interruzioni del trattamento, fornendo al contrario un beneficio sostenuto.

Bibliografia
1. Bruyère O et al.An algorithm recommendation for the management of knee osteoarthritis in Europe and internationally:a report from a task force of the European Society for Clinical and Economic Aspects of Osteoporosis and Osteoarthritis (ESCEO). Semin Arthritis Rheum 2014;44:253–63.
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2. Bruyère O et al. A consensus statement on the European Society for Clinical and Economic Aspects of Osteoporosis and Osteoarthritis(ESCEO) algorithm for the management of knee osteoarthritis—From evidence-based medicine to the real-life setting. Semin Arthritis Rheum. 2016 Feb;45(4 Suppl):S3-S11. doi: 10.1016/j.semarthrit.2015.11.010. Epub 2015 Dec 2.
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Al via la prima edizione del “International Press Award”, il premio giornalistico promosso e realizzato da IBSA – Institute Biochinique SA, dedicato ai migliori articoli e servizi sull’Acido Ialuronico, la ricerca, l’innovazione e la sua applicazione nelle diverse patologie in campo medico sanitario.

Nato per riconoscere e promuovere l’impegno della stampa per la diffusione di tematiche legate alla scienza e alla tecnologia, il primo “International Award” è rivolto ai giornalisti che presenteranno servizi o articoli su agenzie di stampa, quotidiani/periodici, testate on-line, radio e TV, dal 1 novembre 2013 al 31 luglio 2014, e coinvolge tutte le testate giornalistiche Europee che si occupano di divulgazione scientifica.

Il Premio IBSA mira a sensibilizzare anche le nuove generazioni verso un giornalismo scientifico serio ed approfondito in modo da renderlo nel tempo un punto di riferimento per chi ancora crede nell’informazione viva, reale, corretta.
La Giuria del Premio è presieduta dalla Dottoressa Giuliana Villa – Director Medical Affairs IBSA e composta da:
– Dottoressa Maria Laura Franciosi – Founding Chair of the Press Club Brussels Europe
– Professor Alberto Passi – professore Ordinario Biochimica – Università dell’Insubria –Varese
– Dottor Luciano Onder – Giornalista Scientifico RAI, Italia.

“L’attività del divulgatore è complessa e diviene fondamentale” dice Luciano Onder “più che nel passato perché ci impone di tradurre ed interpretare la realtà. La divulgazione è lo strumento per produrre cultura ed è essenziale che favorisca il potenziamento del sapere, un riconoscimento per dare valore a quello spirito professionale che attraverso la divulgazione conduce alla conoscenza”.

La dotazione complessiva del Premio è stabilita in 4 premi da euro 1500,00 cad e sul sito
www.internationalpressaward.eu nell’area download è disponibile la documentazione scientifica relativa all’acido ialuronico, oltre a tutte le indicazioni di partecipazione e il bando di concorso.

Introduzione e classificazione

Quella del ginocchio è l’articolazione più complessa dello scheletro umano. Da una parte, a giudicare dalle superfici articolari, può sembrare un’articolazione molto mobile; al contrario il ricco apparato legamentoso di cui è provvista riduce i suoi movimenti alla sola flessoestensione. Anche la classificazione di questa articolazione appare difficoltosa. Per i rapporti articolari che si formano tra femore e tibia, sembra simile alle condiloartrosi e ai ginglimi angolari (o trocleari); per via dei rapporti tra femore e patella, invece, assume caratteri simili alle artrodie.

Componenti e descrizione

Alla composizione dell’articolazione del ginocchio partecipano il femore, con i suoi condili e la superficie patellare, la rotula (o patella) e la tibia, con le sue superficie condiloidee. Il perone, invece, non ne fa parte, articolandosi solo con la tibia.Il ginocchio rappresenta un ginglimo angolare, con due gradi di libertà in flessione e uno in estensione.

1) La patella

La patella è il più grande osso sesamoide del corpo umano. Si tratta di un osso piatto con due superfici, una anteriore e una posteriore, tre lati e un apice rivolto in basso; la sua forma, peraltro, è molto variabile. La superficie anteriore è molto ricca di fori nutritizi; inoltre è assai scabra, con rilievi longiudinali più o meno marcati a seconda dei singoli individui e che costituisono la aree di inserzione del tendine del muscolo quadricipite femorale. In area più prossimale la superficie è più liscia, là dove si inseriscono i muscoli vasto intermedio e retto del femore. La porzione superiore è divisa longitudinalmente da un rilievo in due faccette articolari, attravero cui la patella si articola alla superifice patellare del femore. La porzione inferiore fino all’apice è al contrario molto scabra, ed è dove si inserisce il tendine patellare che la collega alla tibia.

2) Il femore

La superificie articolare del femore è costituita dalla epifisi distale espansa, costituita da due condili, mediale e laterale, anteriormente fusi nella diafisi e divergenti posteriormente in modo laterale: ne deriva la fossa intercondiloidea. Sopra e lateralmente ogni condilo possiede un epicondilo la cui porzione superiore mediale forma una sporgenza: il tubercolo adduttorio, ove si inserisce una parte del muscolo grande adduttore. Anteriormente all’epifisi distale vi è un’area triangolare liscia, la superficie patellare che si articola con la patella. La superficie articolare del femore, costituita dalla superficie inferiore dei due condili, è liscia e si articola con il piatto tibiale, cioè con la superificie superiore dell’epifisi prossimale della tibia, mentre non ha contatto con il perone.

3) L’epifisi prossimale della tibia

L’epifisi prossimale della tibia è costituita da due condili, da un’eminenza intercondiloidea, dalla tuberosità tibiale e da due aree intercondiloidee. Il condilo laterale presenta superiormente una superficie ampia, convessa e dalla forma irregolarmente tondeggiante, pressoché piatta. Medialmente al condilo laterale vi sono due prominenze piramidali, i tubercoli intercondiloidei laterale e mediale, che sporgono al di sopra dei due condili e in cui confluiscono i loro margini anteriore e posteriore. La base dei due tubercoli occupa circa metà dello spessore tibiale ed essi insieme formano l’eminenza intercondiloidea mentre gli incavi restanti costituiscono le aree intercondiloidee anteriore e posteriore da cui originano i due legamenti crociati. Normalmente il margine laterale viene detto margine interosseo, poiché vi si inserisce la membrana interossea, che occupa lo spazio esistente tra tibia e perone. Posteriormente al condilo mediale si distingue un lieve solco, che da inserzione al tendine del muscolo semimembranoso.

3) I menischi

I menischi sono due fibrocartilagini, uno a forma quasi circolare, quello mediale invece più grande e di forma quasi semilunare, che aderiscono perifericamente alla capsula articolare mediante un legamento anteriore, denominato legamento trasverso, e uno posteriore, definito legamento posteriore del menisco laterale. Le loro funzioni sono varie: proteggono la cartilagine articolare dei capi ossei attutendo le sollecitazioni, stabilizzano l’articolazione e ampliano la superficie articolare dei piatti tibiali. Tutti e due i menischi si inseriscono sull’eminenza intercondiloidea della tibia.

4) La capsula fibrosa

Sulla faccia posteriore del femore si inserisce la capsula fibrosa del ginocchio, 1 cm al di sopra del limite della cartilagine articolare; aderisce in avanti al contorno della patella e in basso si attacca ai piatti tibiali, qualche mm al di sotto del loro rivestimento cartilagineo. È rivestita internamente da una membrana sinoviale molto ampia che, al di sotto della rotula, forma una rientranza verso la fossa intercondiloidea in modo da rivestire un cuscinetto adiposo che poggia contro la porzione inferiore della rotula e contro la faccia interna della capsula in corrispondenza del legamento rotuleo e dei suoi lati.

5) I legamenti

La stabilità del ginocchio viene assicurata da potenti legamenti: i legamenti collaterali ed i crociati, nonché dalla stessa muscolatura. I legamenti crociati (prendono inserzione sull’eminenza intercondiloidea e si incrociano a livello della fossa intercondiloidea), i legamenti collaterali che originano dagli epicondili femorali e si inseriscono sulla tibia e la testa del perone, il legamento patellare che unisce la patella alla tuberosità tibiale.

6) I muscoli

Il muscolo estensore del ginocchio è costituito dal quadricipite femorale, situato nella zona anteriore della coscia. È formato da quattro ventri muscolari che si inseriscono mediante un tendine terminale comune sulla tuberosità anteriore della tibia. Il vasto intermedio, il vasto esterno ed il vasto interno sono monoarticolari, il retto anteriore è biarticolare.

I flessori del ginocchio sono invece contenuti nella loggia posteriore della coscia e sono quasi tutti biarticolari. Essi comprendono: il bicipite femorale, il semitendinoso, il semimembranoso, il retto interno, il sartorio.

I muscoli rotatori del ginocchio sono i rotatori esterni (bicipite, tensore della fascia lata) ed i rotatori interni (sartorio, semitendinoso, semimembranoso, gracile).

Introduzione

Il piede costituisce la porzione più distale dell’arto inferiore. In esso si distinguono la caviglia, che media la continuità con la gamba, il tallone, che rappresenta l’estremità posteriore del piede, il metatarso, che costituisce la porzione anteriore del piede, e cinque dita. Le dita dei piedi non possiedono una nomenclatura comune documentata; fa eccezione il solo alluce, omologo del pollice; iIn ambito scientifico si è soliti numerare le dita del piede, così che in senso medio-laterale, le dita del piede sono dette primo dito, secondo dito, etc.

La componente scheletrica

Lo scheletro del piede è costituito dall’articolazione di 20 ossa (22 se si comprendono le ossa sesamoidi costanti del piede). Questo numero può peraltro variare nel singolo individuo per la presenza di uno o più sesamoidi incostanti o di alcune ossa dette ossa accessorie del piede.

Lo scheletro del piede può essere suddiviso, analogamente a quanto avviene per lo scheletro della mano, in tre gruppi di ossa con caratteristiche simili: il tarso, il metatarso e le falangi.

– Il tarso contribuisce a formare lo scheletro della caviglia e del tallone, e presenta alcune omologie con il carpo della mano, essendo costituito da sette ossa che occupano tutte la metà prossimale del piede. Nel tarso si distinguono due file di ossa, delle quali la prima, detta fila prossimale o fila posteriore del tarso, è formata dal talo e dal calcagno, e l’altra, detta fila distale o fila anteriore, è formata, procedendo in senso medio-laterale lungo un piano coronale, dalle tre ossa cuneiformi, dall’osso scafoide del piede e dall’osso cuboide. Tutte le ossa del tarso sono ossa brevi, con un asse maggiore rivolto in senso antero-posteriore (tranne l’osso navicolare, dall’asse maggiore rivolto in senso medio-laterale).

– Il metatarso contribuisce a formare la metà anteriore del piede ed è costituito da 5 ossa dette ossa metatarsali che fanno da tramite tra il tarso e le falangi che compongono lo scheletro delle dita del piede. Le ossa metatarsali sono ossa lunghe in cui si distinguono due epifisi (una prossimale e una distale) e una diafisi. Le diafisi delle ossa metatarsali sono curve con convessità rivolta verso il dorso del piede e concavità rivolta verso la pianta, contribuendo così, alla formazione della volta plantare del piede.

– Le due ossa sesamoidi costanti del piede, distinte in mediale e laterale, sono comprese nei tendini del muscolo flessore breve dell’alluce.

– Le falangi del piede sono infine 14 piccole ossa lunghe che formano le dita del piede. A parte l’alluce, costituito da 2 sole falangi, tutte le altre dita del piede sono formate da tre falangi (ma a volte anche il 5° dito è costituito da 2 falangi).

Le ossa accessorie

In un ristretto numero di individui si possono osservare ossa soprannumerarie, dette accessorie. Le più importanti sono:

– Le ossa intermetatarsali, di forma triangolare o allungata, che si collocano sulla superficie dorsale del piede tra le basi di due ossa metatarsali adiacenti. Si possono ritrovare fino a quattro ossa intermetatarsali denominate in senso medio-laterale primo, secondo, terzo e quarto osso intermetatarsale.

– Le ossa intercuneiformi, di forma triangolare, che si collocano sulla superficie dorsale del piede tra due ossa cuneiformi adiacenti Si possono ritrovare fino a due ossa intercuneiformi denominate in senso medio-laterale primo e secondo osso cuneiforme.

– Le ossa talo-navicolari si collocano tra la superficie posteriore all’osso navicolare e la testa del talo. Si possono ritrovare fino a due ossa intercuneiformi delle quali una superiore, detta osso talo-navicolare dorsale ed una inferiore, detta osso talo-navicolare plantare.

– Altri ossi accessori: l’osso triangolare, l’osso del sustentacolo, l’osso tibiale esterno, l’osso calcagno secondario, l’osso vesaliano del piede, la pars peronea metatarsalis e l’osso cuboide secondario.

Le articolazioni

Le articolazioni del piede si instaurano tra le 26 ossa che ne compongono lo scheletro. In base al segmento del piede considerato si distinguono:

  • Articolazioni della caviglia
  • Articolazioni del tarso
  • Articolazioni del metatarso
  • Articolazioni delle dita

Articolazioni della caviglia e del tarso

Articolazione tibio-peroniera distale

L’articolazione tibo-peroniera distale si instaura tra la superficie articolare tibiale della fibula e l’incisura fibulare della tibia ed è rinforzata dai legamenti tibio-fibulari anteriore, posteriore e interosseo.

Articolazione tibio-tarsica o tibo-astragalica

L’articolazione tibio-astragalica è una articolazione mobile, che si instaura tra la troclea dell’astragalo e le faccette articolari distali della tibia e del perone, unite dal legamento tibio-fibulare interosseo. La capsula articolare dell’articolazione si tende anteriormente tra il margine anteriore della superficie articolare astragalica della tibia e il margine anteriore della superficie articolare tibiale dell’astragalo. Medialmente tra la superficie mediale del malleolo mediale della tibia ed i margini della superficie articolare malleolare mediale dell’astragalo. Posteriormente si tende tra il margine posteriore della superficie articolare astragalica della tibia e il margine posteriore della superficie articolare tibiale dell’astragalo. Lateralmente si tende tra la superficie laterale del malleolo laterale del perone e i margini della superficie articolare malleolare laterale dell’astragalo. Il legamento tibio-fibulare interosseo, infine, chiude superiormente la cavità articolare dell’articolazione tibio-astragalica unendo la tibia al perone.

Articolazione astragalo-calcaneale

L’articolazione astragalo-calcaneare o talo-calcaneare è costituita da due artrodie che si instaurano tra le superfici articolari calcaneari del talo e le superfici articolari astragaliche del calcagno. Si distinguono pertanto un’articolazione astragalo-calcaneare posteriore, più grande e indipendente ed un’articolazione astragalo calcaneare anteriore, più piccola.

L’articolazione astragalo-calcaneare posteriore si instaura tra la superficie articolare astragalica posteriore del calcagno, leggermente convessa, e la superficie articolare calcaneare posteriore dell’astragalo, leggermente concava. Queste superfici, di forma pressoché triangolare, presentano una base rivolta anteriormente lungo il margine posteriore del seno del tarso e un apice smusso rivolto posteriormente verso il processo posteriore del talo, dal quale originano i legamenti posteriori dell’articolazione. La capsula articolare quindi si tende, posteriormente, tra il margine posteriore della superficie articolare calcaneare posteriore del talo e il margine posteriore della superficie articolare astragalica posteriore del calcagno mentre, anteriormente, si tende tra il solco del talo ed il solco del calcagno.

L’articolazione astragalo-calcaneare anteriore si instaura invece tra la superficie articolare astragalica anteriore del calcagno, leggermente concava, e la superficie articolare calcaneare anteriore del talo, convessa e continua anteriormante con la superficie articolare navicolare del talo. Queste superfici sono di forma pressoché ovale ed il loro margine posteriore si dispone lungo il margine anteriore del seno del tarso.La capsula articolare è costituita posteriormente dal solo legamento astragalo-calcaneare interosseo mentre sui lati continua con la capsula articolare dell’articolazione talo-navicolare. Ne consegue che anteriormente le due cavità articolari comunicano ampiamente.

Articolazione mediotarsale dello Chopart

L’articolazione dello Chopart, detta anche articolazione mediotarsale, è costituita dall’articolazione delle ossa del tarso posteriore con le ossa del tarso anteriore. Sebbene trattata come un’unica articolazione, in essa è possibile riconoscere due distinte articolazioni delle quali una mediale, detta articolazione astragalo-navicolare o talo-navicolare, ed una laterale, detta articolazione calcaneo-cuboidea.

L’articolazione astragalo-navicolare si instaura tra la testa dell’astragalo e la cavità articolare della superficie prossimale dello scafoide. La capsula articolare dell’articolazione astragalo-navicolare, delimitata anteriormente dal navicolare e posteriormente dall’astragalo, si tende tra il collo dell’astragalo e il margine superiore, mediale e laterale della cartilagine articolare astragalica del navicolare. Inferiormente invece, laddove l’astragalo poggia sull’osso calcaneare, la capsula si inserisce sul margine anteriore del sustantacolo astragalico del calcagno. Ne consegue che in questo punto l’articolazione astragalo-navicolare si continua posteriormente nelle articolazioni astragalo calcaneare anteriore e media.

L’articolazione calcaneo-cuboidea si instaura tra la superficie distale del calcagno e la superficie prossimale dell’osso cuboide. La capsula articolare si tende quindi tra i margini delle cartilagine articolari delle due ossa.

L’articolazione mediotarsale permette di descrivere una linea articolare, detta linea mediotarsale o linea dello Chopart, che separa il tarso anteriore da quello posteriore.

Articolazione scafo-cuboidea

L’articolazione scafo-cuboidea si instaura tra la superficie laterale dello scafoide e la porzione posteriore della superficie mediale dell’osso cuboide. Lo scafoide e il cuboide sono quindi tenuti assieme dal legamento scafo-cuboideo interosseo, che colma lo spazio compreso tra le due ossa, dal legamento scafo-cuboideo-plantare, che si tende tra le superficie dorsali delle due ossa e dal legamento scafo-cuboideo dorsale, che si tende tra le superficie plantari delle due ossa.

Articolazione cuneo-cuboidea

L’articolazione cuneo-cuboidea si instaura tra la superficie laterale del terzo osso cuneiforme e la porzione anteriore della superficie mediale dell’osso cuboide. Quindi il cuboide e il terzo cuneiforme sono tenuti assieme dal legamento cuneo-cuboideo interosseo che colma lo spazio compreso tra le due ossa, dal legamento cuneo-cuboideo plantare, che si tende tra le superficie plantari delle due ossa, e dal legamento cuneo-cuboideo dorsale, che si tende tra le superficie dorsali delle due ossa.

Articolazione tarso-metatarsale del Lisfranc

L’articolazione tarso-metatarsale, detta anche articolazione del Lisfranc, è formata da più articolazioni, tutte artrodie, distinte in

  • Articolazioni tarso-metatarsali proprie, che si stabiliscono tra ciascuna delle ossa metatarsali e le ossa del tarso che con essa si articolano.
  • Articolazioni intermetatarsali, che si stabiliscono tra le faccette articolari intermetatarsali della base delle ultime quattro ossa metatarsali.

Allo stesso modo si possono individuare più porzioni della capsula articolare:

  • una porzione tarso-metatarsale, che origina dai margini delle faccette articolari metatarsale del cuboide e dei tre cuneiformi e si inserisce ai margini delle faccette articolari tarsali della base delle ultime quattro ossa metatarsali.
  • una porzione intermetatarsale, che si tende tra i margini delle faccette articolari intermetatarsali della base delle cinque ossa metatarsali.

Sebbene trattata come un’unica articolazione, in essa è possibile riconoscere tre porzioni aventi distinta capsula articolare.

  • L’articolazione tarso-metatarsale mediale, che si instaura tra il primo osso cuneiforme ed il primo osso metatarsale. Talvolta può essere completata inferiormente dalle due ossa sesamoidi comprese nei tendini del muscolo flessore breve dell’alluce e del muscolo adduttore dell’alluce.
  • L’articolazione tarso-metatarsale intermedia, che si instaura tra secondo e terzo osso cuneiforme, da un lato, e secondo e terzo osso metatarsale dall’altro. Medialmente la base del secondo osso metatarsale non presenta una cartilagine articolare. Allo stesso modo, lateralmente, terzo e quarto osso metatarsale non presentano una reciproca superficie articolare.
  • L’articolazione tarso-metatarsale laterale, che coinvolge l’osso cuboide e le ultime due ossa metatarsali.

Analogamente all’articolazione mediotarsale, l’articolazione tarso-metatarsale permette di descrivere una linea articolare, detta linea tarso-metatarsale o linea del Lisfranc, che separa il tarso anteriore dalle ossa metatarsali.

Articolazioni del metatarso

Articolazioni intermetatarsiche

Sono le articolazioni che si instaurano tra le faccette articolari intermetatarsali della base delle ossa metatarsali adiacenti e sono comprese nell’articolazione tarso-metatarsale del Lisfranc.

Articolazioni metatarso-falangee

Sono articolazioni che si instaurano tra il condilo della testa di ciascuna delle ossa metatarsali e la cavità glenoidea della relativa prima falange. La cavità glenoidea è completata sul margine plantare da una fibrocartilagine articolare, la fibrocartilagine glenoidea.

La capsula articolare, originando dai margini della cartilagine articolare del condilo della testa dell’osso metatarsale, si inserisce lungo il margine della cartilagine articolare della cavità glenoidea della prima falange e della fibrocartilagine glenoidea.

Articolazioni delle dita

Articolazioni interfalangee

Un’articolazione interfalangea è un ginglimo angolare che connette due falangi e si instaura tra la troclea della testa delle falange più prossimale e la cavità glenoidea della base della falange più distale tra le due.

La cavità glenoidea della base della falange più distale è completata sul margine plantare da una fibrocartilagine articolare, detta fibrocartilagine glenoidea.

La capsula articolare, originando dai margini della troclea della testa della falange più prossimale, si inserisce al margine della cartilagine articolare della cavità glenoidea e della fibrocartilagine glenoidea della base della falange più distale.

In ciascun dito del piede si individuano due articolazioni interfalangee:

  • un’articolazione interfalangea prossimale o prima articolazione interfalangea, che si instaura tra prima e seconda falange di un dito.
  • un’articolazione interfalangea distale o seconda articolazione interfalangea, che si instaura tra seconda e terza falange di un dito.

Fa eccezione l’alluce, nel quale l’unica articolazione interfalangea presente si instaura tra la falange prossimale e la falange distale dell’alluce.

Introduzione

La caviglia rappresenta la sezione della gamba posta immediatamente al di sopra del piede; comprende l’articolazione tibio-tarsica (di tipo a troclea o ginglimo) tra le estremità distali di tibia e fibula (o perone), superiormente, e dell’astragalo (o talo) del piede (articolazione talocrurale), inferiormente. L’articolazione della caviglia è responsabile della flessione sul dorso e della flessione plantare del piede mentre non permette la rotazione.

L’articolazione

Il malleolo laterale della fibula e quello mediale della tibia, insieme alla superficie caudale della tibia, si articolano con le tre faccette dell’astragalo. Tali superfici sono ricoperte da cartilagine. Nel complesso l’articolazione si chiama tibio-peroneo-astragalica o tibio-tarsica. Inoltre vi è la capsula articolare, manicotto di tessuto connettivo denso, che si inserisce tra i segmenti ossei in connessione rivestendo completamente l’articolazione; all’interno è contenuta la membrana sinoviale, che secerne li liquido sinoviale, la cui natura viscoelastica facilita lo scorrimento tra le due superfici a contatto e garantisce la protezione articolare dagli stress meccanici.

I legamenti

L’articolazione talocrurale è rinforzata dal legamento deltoideo (o mediale) di forma triangolare, e da tre legamenti laterali: il legamento fibuloastragaleo anteriore, quello posteriore e il fibulocalcaneale.

Il legamento deltoideo sorregge il lato mediale dell’articolazione, trae origine dal malleolo mediale della tibia e si espande in quattro fasci (due anteriori, uno mediale e uno posteriore) che si inseriscono in quattro punti differenti:

– il legamento tibionavicolare (posto anteriormente) si inserisce sullo scafoide

– il legamento tibioastragaleo anteriore (posto anteriormente) si inserisce sul collo dell’astragalo;

– il legamento tibiocalcaneale (posto medialmente) si inserisce sul sustentaculum tali del calcagno;

– il legamento tibioastragaleo posteriore si inserisce sulla faccia mediale dell’astragalo.

I legamenti ventrale e fibuloastragalei anteriore e posteriore rinforzano la parte laterale dell’articolazione talocrurale, dal malleolo laterale della fibula alle estremità dorsale dell’astragalo. Il legamento fibulocalcaneale si distacca dal malleolo laterale e si inserisce sulla superficie laterale del calcagno.

Le ossa del carpo

Il carpo, che – nell’ambito della struttura complessiva della mano – forma il polso, comprende 8 ossa disposte in due file, una prossimale e una distale.
Della prima fanno parte l’osso scafoide, il semilunare, il piramidale e il pisiforme.
Nella fila distale invece si trovano l’osso trapezio, il trapezoide, il capitato e l’uncinato.

L’articolazione con l’avambraccio (radio-carpale)

Il carpo entra in articolazione diretta con l’epifisi distale del radio, con il quale instaura l’articolazione radio-carpale, che si stabilisce tra le ossa della fila prossimale del carpo, che riunite assieme ne formano il condilo, e la cavità glenoide costituita dalla superficie articolare carpale del radio ed il legamento triangolare.
Anteriormente e posteriormente la capsula articolare origina dal contorno della faccia articolare carpale del radio e dal margine anteriore e posteriore del legamento triangolare, per inserirsi al margine anteriore e posteriore delle faccette articolari radiali del navicolare, del semilunare e del piramidale.
Lateralmente origina dal processo stiloide del radio, e si inserisce al margine laterale della faccetta articolare radiale del navicolare.
Medialmente origina dal processo stiloide dell’ulna, e si inserisce al margine mediale della faccetta articolare radiale del piramidale.
Distalmente la cavità articolare si chiude tramite i legamenti interossei che, tendendosi tra i margini delle faccette articolari radiali delle ossa della fila prossimale del carpo, ne fanno un unico corpo e contribuiscono a separare l’articolazione radio-carpale dall’articolazione mediocarpale.

L’ulna, ossia l’altro osso dell’avambraccio, non si articola direttamente con il carpo ma ne è separato mediante un disco articolare, denominato legamento triangolare dell’articolazione radio-ulnare distale.

Le articolazioni con la mano (carpo-metacarpali)

L’articolazione carpo-metacarpale è formata da più articolazioni, tutte artrodie, accomunate da un’unica capsula articolare. In particolare si distinguono:

  • le articolazioni carpo-metacarpali proprie, che si stabiliscono tra ciascuna delle ossa metacarpali e le ossa del carpo che con essa si articolano.
  • le articolazioni intermetacarpali, che si stabiliscono tra le faccette articolari intermetacarpali della base delle ultime quattro ossa metacarpali.

Allo stesso modo sono individuabili più porzioni della capsula articolare:

  • una porzione carpo-metacarpale, che origina dai margini delle faccette articolari matacarpali di trapezio, trapezoide, capitato e uncinato e si inserisce ai margini delle faccette articolari carpali della base delle ultime quattro ossa metacarpali.
  • una porzione intermetacarpale, che si tende tra i margini delle faccette articolari intermetacarpali della base delle ultime quattro ossa metacarpali.

L’articolazione carpo-metacarpale mediale

L’articolazione carpo-metacarpale è formata da più articolazioni, tutte artrodie, accomunate da un’unica capsula articolare. In particolare si distinguono:

  • le articolazioni carpo-metacarpali proprie, che si stabiliscono tra ciascuna delle ossa metacarpali e le ossa del carpo che con essa si articolano.
  • le articolazioni intermetacarpali, che si stabiliscono tra le faccette articolari intermetacarpali della base delle ultime quattro ossa metacarpali.

Allo stesso modo si possono individuare più porzioni della capsula articolare:

  • una porzione carpo-metacarpale, che origina dai margini delle faccette articolari metacarpali di trapezio, trapezoide, capitato e uncinato e si inserisce ai margini delle faccette articolari carpali della base delle ultime quattro ossa metacarpali.
  • una porzione intermetacarpale, che si tende tra i margini delle faccette articolari intermetacarpali della base delle ultime quattro ossa metacarpali.

L’articolazione carpo-metacarpale laterale

A differenza delle articolazioni carpo-metacarpali mediali, è un’articolazione a sella e pertanto possiede una maggiore mobilità.
Si instaura tra la faccetta articolare metacarpale laterale del trapezio e la superficie articolare carpale della base del primo osso metacarpale.
La capsula si tende tra il margine palmare, dorsale, mediale e laterale delle faccette articolari del trapezio e della base del primo osso metacarpale.
Talvolta l’articolazione può essere completata anteriormente dalle due ossa sesamoidee comprese nei tendini del muscolo flessore breve del pollice e del muscolo adduttore del pollice.

Le articolazioni del polso (intercarpiche)

Le articolazioni intercarpiche vengono distinte in:

– articolazioni reciproche delle ossa della fila prossimale del carpo;

– articolazioni reciproche delle ossa della fila distale;

– articolazione mediocarpica (tra le due fila delle ossa del carpo).

Le articolazioni reciproche delle ossa della fila prossimale del carpo comprendono quelle tra osso scafoide, osso semilunare e osso piramidale, e l’articolazione dell’osso pisiforme.

• Le articolazioni tra scafoide, semilunare e piramidale sono due artrodie, con faccette articolari piane, verticali, che si trovano nella parte inferiore delle superfici di contatto tra le ossa in quanto la parte superiore dà attacco ai legamenti intercarpici. La capsula articolare è incompleta e quindi la cavità delle due articolazioni comunica con quella dell’articolazione mediocarpica.? I legamenti intercarpici sono distinti in interosseo, volari e palmari.

• I legamenti interossei sono due: uno si trova tra scafoide e semilunare e l’altro tra semilunare e piramidale; occupano la parte alta della superficie di contatto tra le ossa contigue e sono lassi.

• I legamenti volari sono tre; due di essi sono profondi e si tendono tre le facce volari dello scafoide e del semilunare e, rispettivamente, del semilunare e del piramidale. Il terzo legamento volare è superficiale e va dallo scafoide al piramidale.

• La membrana sinoviale continua con quella dell’articolazione mediocarpica.

• L’articolazione del pisiforme si stabilisce fra quest’osso e la faccia anteriore del piramidale. Le superfici articolari, pressoché piane, sono ovali, con il grande asse verticale.? I mezzi di unione sono rappresentati dalla capsula articolare e da legamenti a distanza.? La capsula articolare è propria dell’articolazione e delimita una cavità che talvolta comunica con quella dell’articolazione radio-carpica.? I legamenti a distanza sono tre di cui uno è superiore e fa parte del collaterale ulnare dell’articolazione radio-carpica, due sono inferiori e prendono il nome di legamento pisouncinato e legamento pisometacarpico in quanto vanno dall’osso pisiforme all’uncino dell’osso uncinato e alla base del 5° osso metacarpale.

Le articolazioni reciproche delle ossa della fila distale del carpo comprendono tre artrodie che si stabiliscono fra trapezio, trapezoide, capitato e uncinato. Le superfici articolari sono piane, verticali orientate sagittalmente e si trovano sulle facce di contatto fra le varie ossa. ?Il mezzo di unione è dato da una capsula articolare che è incompleta e consente numerose comunicazioni con le cavità dell’articolazione mediocarpica e di quelle carpo-metacarpiche; nella parte fibrosa della capsula si individuano vari legamenti, distinti in interossei, volari e dorsali.? I legamenti interossei sono tre e si trovano sulla parte distale delle superfici di contatto, in vicinanza delle articolazioni carpo-metacarpiche. ?I legamenti volari sono tre e vanno dalla faccia anteriore di un osso a quella del segmento continuo. ?I legamenti dorsali sono tesi fra le facce posteriori delle ossa distali.

L’articolazione medio-carpica interessa le ossa delle due file, con l’eccezione del pisiforme, e può essere considerata come la giustapposizione di due condiloartrosi che delimitano un’interlinea articolare molto irregolare, a forma di S orizzontale.? Nella condiloartrosi laterale il condilo è dato dalla superficie distale dello scafoide divisa da una cresta sagittale in due faccette che corrispondono al trapezio e al trapezoide che, con le loro facce prossimali, delimitano una cavità glenoidea.? La condiloartrosi mediale è inversa alla precedente; il condilo, cioè, è formato dalla testa del capitato e dell’uncinato e la cavità glenoidea, molto ampia, è formata dalla partecipazione di tutte e tre le ossa della fila prossimale. ?I mezzi di unione sono dati da una capsula articolare la cui parte fibrosa si ispessisce a formare i legamenti volare, dorsale e collaterali (radiale e ulnare). ?Il legamento volare prende il nome di legamento raggiato del carpo; origina dalla faccia volare del collo dell’osso capitato e diverge in fasci superiori, laterali e inferiori; i fasci superiori vanno a fissarsi allo scafoide e al piramidale; i fasci laterali fanno parte dei legamenti intercarpici volari che si tendono tra le ossa della fila distale; i fasci inferiori si portano alla base del 2°, 3° e 4° osso metacarpale.?Il legamento dorsale parte dalla faccia dorsale del piramidale e si porta in basso e in fuori per giungere al trapezio e al trapezoide.? Il legamento collaterale radiale è breve e robusto e va dal tubercolo dello scafoide alla parte esterna del trapezio; il collaterale ulnare si tende dal piramidale all’uncinato.? La membrana sinoviale continua con quella delle articolazioni sottostanti.

I legamenti dell’articolazione del polso e del carpo

I legamenti dell’articolazione del polso e del carpo sono costituiti da una serie di legamenti intrinseci che contribuiscono a rinforzare ciascuna delle capsule articolari che si succedono lungo il polso ed il carpo. L’articolazione del polso, nel suo complesso, è rinforzata dal legamento trasversale del carpo, dal legamento dorsale del carpo, dal ligamentum collaterale carpi ulnare e dal ligamentum collaterale carpi radiale.

Legamenti radio-ulnari

Sono compresi nell’articolazione radio-ulnare distale. Rilevanti per l’articolazione del polso è il legamento triangolare, che separa l’ulna dalle ossa del carpo e contribuisce a formare nella porzione mediale la cavità articolare radio-carpale.

Legamento radio-carpale palmare

Origina dal processo stiloide del radio e dal margine anteriore della cavità articolare carpale del radio e va a inserirsi sulla superficie anteriore del semilunare e della testa del capitato.

Legamento radio-carpale dorsale

Origina dal processo stiloide del radio e dal margine posteriore della cavità articolare carpale del radio e si inserisce sulla superficie dorsale del navicolare, del semilunare e della testa del capitato.

Legamento radio-carpale collaterale

Il legamento collaterale radio-carpale origina dall’apice del processo stiloide del radio si inserisce alla superficie laterale del navicolare sul tubercolo del navicolare. Il legamento contribuisce a chiudere lateralmente la cavità articolare radio-carpale.

Legamento ulno-carpale

Origina dal margine anteriore della faccetta articolare della testa dell’ulna, si inserisce prima al margine anteriore del legamento triangolare e da qui si porta alla superficie anteriore del semilunare e della testa del capitato.

Legamento ulno-carpale collaterale

Il legamento collaterale ulno-carpale origina dall’apice del processo stiloide dell’ulna e si inserisce con due distinti fasci alla superficie mediale del pisiforme e del piramidale. Il legamento contribuisce a chiudere medialmente la cavità articolare radio-carpale.

Legamenti intercarpali prossimali

I legamenti intercarpali prossimali si stabiliscono tra le ossa della fila prossimale del carpo e contribuiscono a rafforzare la porzione prossimale della capsula articolare dell’articolazione mediocarpale. Si distinguono tre tipi di legamenti intercarpali:

legamenti intercarpali interossei, che si tendono tra il margine prossimale delle faccette articolari intercarpali di due ossa carpali adiacenti e contribuiscono a separare la cavità articolare radio-carpale dalla cavità articolare mediocarpale. Se ne contano due: il legamento intercarpale interosseo scafo-semilunare e il legamento intercarpale interosseo lunato-piramidale.

legamenti intercarpali palmari, che si tendono tra il margine palmare delle faccette articolari intercarpali di due ossa carpali adiacenti e contribuiscono a chiudere anteriormente la cavità articolare mediocarpale. Ne esistono due: il legamento intercarpale palmare scafo-semilunare ed il legamento intercarpale palmare lunato-piramidale.

• legamenti intercarpali dorsali, che si tendono tra il margine dorsale delle faccette articolari intercarpali di due ossa carpali adiacenti e contribuiscono a chiudere posteriormente la cavità articolare mediocarpale. Se ne contano due: il legamento intercarpale dorsale scafo-semilunare ed il legamento intercarpale dorsale lunato-piramidale.

Legamenti mediocarpali

I legamenti intercarpali mediocarpali si stabiliscono tra le ossa della fila prossimale e quelle della fila distale del carpo. Questi legamenti contribuiscono a rafforzare la porzione mediocarpale della capsula articolare dell’articolazione mediocarpale. Si distinguono due tipi di legamenti mediocarpali:

legamenti mediocarpali palmari, che si tendono tra il margine palmare delle faccette articolari mediocarpali di due ossa carpali adiacenti e contribuiscono a chiudere anteriormente la cavità articolare mediocarpale. Se ne contano cinque: il legamento mediocarpale palmare trapezio-navicolare, il legamento mediocarpale palmare trapezoido-navicolare, il legamento mediocarpale palmare capitato-navicolare, il legamento mediocarpale palmare capitato-semilunare e il legamento mediocarpale palmare uncinato-piramidale. Questi ultimi tre, il legamento mediocarpale palmare capitato-navicolare, il legamento mediocarpale palmare capitato-semilunare e il legamento mediocarpale palmare uncinato-piramidale si fondono coi fasci più profondi del legamento radio-carpale palmare e del legamento ulno-carpale che li ricoprono.

legamenti mediocarpali dorsali, che si tendono tra il margine dorsale delle faccette articolari mediocarpali di due ossa carpali adiacenti e contribuiscono a chiudere dorsalmente la cavità articolare mediocarpale. Se ne contano cinque: il legamento mediocarpale dorsale trapezio-navicolare, il legamento mediocarpale dorsale trapezoido-navicolare, il legamento mediocarpale dorsale capitato-navicolare, il legamento mediocarpale dorsale capitato-semilunare e il legamento mediocarpale dorsale uncinato-piramidale.

legamento mediocarpale collaterale mediale, che origina dalla superficie mediale dell’osso piramidale e si inserisce alla superficie mediale dell’osso uncinato. Il legamento contribuisce a chiudere medialmente la cavità articolare mediocarpale.

legamento mediocarpale collaterale laterale, che dal tubercolo del navicolare si porta alla superficie laterale dell’osso trapezio. Il legamento contribuisce a chiudere lateralmente la cavità articolare mediocarpale.

Legamenti intercarpali distali

I legamenti intercarpali distali si stabiliscono tra le ossa della fila distale del carpo e contribuiscono a rafforzare la porzione distale della capsula articolare dell’articolazione mediocarpale. Distinguiamo tre tipi di legamenti intercarpali:

legamenti intercarpali interossei, che si tendono tra il margine distale delle faccette articolari intercarpali di due ossa carpali adiacenti e contribuiscono a separare la cavità articolare carpo-metacarpale dalla cavità articolare mediocarpale. Se ne contano tre: il legamento intercarpale interosseo trapezio-trapezoideo, il legamento intercarpale interosseo capitato-trapezoideo ed il legamento intercarpale interosseo capitato-uncinato.

legamenti intercarpali palmari, che si tendono tra il margine palmare delle faccette articolari intercarpali di due ossa carpali adiacenti e contribuiscono a chiudere anteriormente la cavità articolare mediocarpale. Se ne contano tre: il legamento intercarpale palmare trapezio-trapezoideo, il legamento intercarpale palmare capitato-trapezoideo ed il legamento intercarpale palmare capitato-uncinato.

legamenti intercarpali dorsali, che si tendono tra il margine dorsale delle faccette articolari intercarpali di due ossa carpali adiacenti e contribuiscono a chiudere posteriormante la cavità articolare mediocarpale. Se ne contano tre: il legamento intercarpale dorsale trapezio-trapezoideo, il legamento intercarpale dorsale capitato-trapezoideo e il legamento intercarpale dorsale capitato-uncinato.

Legamenti carpo-metacarpali

I legamenti carpo-metacarpali si stabiliscono tra ciascuna delle ossa metacarpali e le ossa del carpo che con essa si articolano. Questi legamenti contribuiscono a rafforzare anteriormente la capsula articolare dell’articolazione carpo-metacarpale. Distinguiamo due tipi di legamenti carpo-metacarpali:

legamenti carpo-metacarpali palmari, che dal margine palmare della faccetta articolare carpale dell’osso metacarpale si portano alla superficie palmare delle ossa carpali con cui si articola e contribuiscono a chiudere anteriormente la cavità articolare carpo-metacarpale. Se ne contano cinque, uno per ciascun osso metacarpale. Il legamento carpo-metacarpale palmare del primo osso metacarpale origina dalla faccia palmare della base del primo osso metacarpale e si inserisce alla superficie palmare dell’osso trapezio. Il legamento carpo-metacarpale palmare del secondo osso metacarpale origina dalla faccia palmare della base del secondo osso metacarpale e si inserisce alla superficie palmare dell’osso trapezio, del trapezoide e del capitato. Il legamento carpo-metacarpale palmare del terzo osso metacarpale origina dalla faccia palmare della base del terzo osso metacarpale e si inserisce alla superficie palmare dell’osso capitato. Il legamento carpo-metacarpale palmare del quarto osso metacarpale origina dalla faccia palmare della base del quarto osso metacarpale e si inserisce alla superficie palmare dell’osso capitato e dell’osso uncinato. Il legamento carpo-metacarpale palmare del quinto osso metacarpale origina dalla faccia palmare della base del quinto osso metacarpale e si inserisce alla superficie palmare dell’osso uncinato.

legamenti carpo-metacarpali dorsali, che dal margine dorsale della faccetta articolare carpale dell’osso metacarpale si portano alla superficie dorsale delle ossa carpali con cui si articola e contribuiscono a chiudere dorsalmente la cavità articolare carpo-metacarpale. Se ne contano cinque, uno per ciascun osso metacarpale. Il legamento carpo-metacarpale dorsale del primo osso metacarpale origina dalla faccia dorsale della base del primo osso metacarpale e si inserisce alla superficie dorsale dell’osso trapezio. Il legamento carpo-metacarpale dorsale del secondo osso metacarpale origina dalla faccia dorsale della base del secondo osso metacarpale e si inserisce alla superficie dorsale dell’osso trapezio, del trapezoide e del capitato. Il legamento carpo-metacarpale dorsale del terzo osso metacarpale origina dalla faccia dorsale della base del terzo osso metacarpale e si inserisce alla superficie dorsale dell’osso capitato. Il legamento carpo-metacarpale dorsale del quarto osso metacarpale origina dalla faccia dorsale della base del quarto osso metacarpale e si inserisce alla superficie dorsale dell’osso capitato e dell’osso uncinato. Il legamento carpo-metacarpale dorsale del quinto osso metacarpale origina dalla faccia dorsale della base del quinto osso metacarpale e si inserisce alla superficie dorsale dell’osso uncinato.

legamento carpo-metacarpale collaterale mediale, che originando dalla superficie mediale dell’osso uncinato si inserisce alla superficie mediale della base del quinto osso metacarpale. Il legamento contribuisce a chiudere medialmente l’articolazione carpo-metacarpale.

legamento carpo-metacarpale collaterale laterale, che originando dalla superficie laterale della base del secondo osso metacarpale si inserisce sulla superficie distale dell’osso trapezio. I suoi fasci più prossimali talvolta si fondono con la capsula articolare dell’articolazione carpo-metacarpale laterale. Il legamento contribuisce a chiudere lateralmente l’articolazione carpo-metacarpale.

Descrizione generale

Il gomito rappresenta l’articolazione dell’arto superiore che collega il braccio (omero) e l’avambraccio (radio e ulna) e può esercitare movimenti sia di flessione ed estensione, sia di pronazione e supinazione.

Solitamente viene trattata come un’unica articolazione; in realtà vi si possono riconoscere tre distinte articolazioni che però sono accomunate dal presentare una sola capsula e una sola cavità articolare:

– articolazione omero-radiale: si tratta di una condiloartrosi fra il condilo dell’omero e la fossetta del capitello del radio;

– articolazione omero-ulnare: è costituita da un ginglimo laterale fra la troclea dell’omero e l’incisura semilunare dell’ulna; (flessione-estensione);

– articolazione radio-ulnare prossimale: ginglimo laterale fra la circonferenza articolare del capitello del radio e l’incisura radiale dell’ulna (pronosupinazione della mano).

L’estremità distale dell’omero

L’estremità distale dell’omero comprende una zona articolare e una zona non articolare: la prima è costituita lateralmente dal condilo e medialmente dalla troclea (a forma di puleggia). Il condilo corrisponde all’area che si articola con la testa del radio, la troclea si articola invece con l’incisura trocleare o semilunare dell’ulna. La porzione non articolare è formata dall’epicondilo laterale (poco sviluppato) e da quello mediale (molto sviluppato). Anteriormente, sopra al condilo si trova la fossetta radiale che accoglie la testa del radio durante la flessione dell’avambraccio sul braccio, sopra la troclea invece si trova la fossetta coronoidea che accoglie il processo coronoideo dell’ulna sempre nella flessione dell’avambraccio sul braccio; posteriormente, al di sopra della troclea, è presente la fossa olecranica per accogliere il processo olecranico dell’ulna nell’estensione dell’avambraccio. Nella parte posteriore c’è la fossa oleocranica che accoglie il processo oleocranico dell’ulna nell’estensione.

L’epifisi prossimale dell’ulna

Possiede notevole densità e forza, e forma una gran parte dell’articolazione del gomito. Si compone di due processi ossei, definiti olecrano e processo coronoideo. Tra questi si apre un’incisura, detta semilunare a causa della sua forma; è qui che viene accolta la troclea presente sull’epifisi distale dell’omero.

L’epifisi prossimale del radio

L’epifisi prossimale del radio è caratterizzata dalla presenza di una grossa testa, o capitello, a forma cilindrica, che poggia su un collo. Il capitello è rivestito di cartilagine articolare per le articolazioni omero-radiale (condiloartrosi) e radio-ulnare prossimale (ginglimo laterale o trocoide).

La capsula articolare

Le tre articolazioni, come accennato, possiedono una capsula articolare comune. La capsula origina dall’epifisi distale dell’omero seguendo, sulla faccia posteriore, una linea che dall’epicondilo giunge al margine superiore della fossetta olecranica, per poi scendere nuovamente all’epitroclea e alla sua superficie inferiore; di qui continua per il margine superiore della fossetta coronoidea e di quella radiale per poi scendere verso l’epicondilo e la sua superficie inferiore. La capsula, quindi, si inserisce sull’ulna, al limite della cartilagine articolare dell’incisura semilunare e, sul radio, si inserisce sul collo della testa del radio. Infine, la capsula si chiude in basso,tra ulna e radio, tendendosi tra i margini dell’incisura radiale dell’ulna e quelli della circonferenza articolare della testa del radio.

I legamenti

Esistono vari legamenti intrinseci che provvedono a rinforzare la capsula:

– anulare del radio: trae origine dal margine anteriore dell’incisura radiale dell’ulna e, avvolgendo il collo della testa del radio, si inserisce al margine posteriore della medesima incisura radiale.

– collaterale mediale o ulnare: origina dalla superficie inferiore dell’epitroclea e si apre in tre fasci, uno anteriore che si fissa al margine mediale del processo coronoideo dell’ulna, uno medio, che si inserisce al margine mediale dell’incisura semilunare, e uno posteriore, che si inserisce al margine mediale dell’olecrano.

– collaterale laterale o radiale: dalla superficie inferiore dell’epicondilo si divide in due fasci: uno anteriore che si fonde al legamento anulare del radio, un posteriore che si inserisce sul margine laterale dell’olecrano.

– quadrato: dal margine inferiore dell’incisura radiale dell’ulna si inserisce al margine inferiore della circonferenza articolare della testa del radio.

– arciforme: dalla superficie mediale del processo coronoideo si inserisce alla base dell’olecrano.

Definizione

L’articolazione temporomandibolare, posta bilateralmente e medialmente al meato acustico esterno, articola l’osso mandibolare con quello temporale, e più precisamente connette il condilo mandibolare con la flossa glenoidea del temporale.

Il ramo della mandibola

La mandibola è costituita da un corpo e due rami o branche. Dal corpo della mandibola, in particolare, si diramano le branche o rami della mandibola, che presentano due facce, mediale e laterale, e quattro margini (superiore, inferiore, posteriore e anteriore). Da ciascuna branca sporgono due processi, detti condiloideo e coronoideo. La faccia laterale è piatta e segnata da creste oblique nella sua porzione inferiore, dando inserzione praticamente lungo tutta la propria lunghezza al muscolo massetere. Il margine inferiore del ramo della mandibola è spesso, dritto, e continua con il margine inferiore del corpo dell’osso. Al suo incontro con il margine posteriore forma l’angolo della mandibola che è marcato da creste ruvide e oblique da ambo i lati, per l’attacco del massetere. Il margine superiore è sottile ed è sormontato da due processi: il processo coronoideo anteriormente e quello condiloideo posteriormente, separati da una profonda incisura, detta mandibolare o sigmoidea o semilunare. Il processo condiloideo è più spesso di quello coronoideo e consiste di due porzioni, il condilo e la porzione ristretta che lo sostiene, il collo. Il condilo presenta una superficie articolare, che si articola con il disco articolare dell’articolazione temporomandibolare.

Le componenti dell’articolazione temporo-mandibolare

1) Ossa

Il processo condiloideo della mandibola e la fossa mandibolare dell’osso temporale rappresentano le due superfici articolari ossee che entrano a far parte a questa articolazione. Il processo condiloideo ha generalmente forma ovoidale; anteriormente e in basso si restringe formando il collo del condilo che si fonde con il ramo della mandibola; il margine superiore scende formando l’incisura mandibolare. La fossa mandibolare dell’osso temporale si trova in posizione laterale rispetto alla grande alla dello sfenoide e posteriore al tubercolo articolare.

2) Cartilagine

Ambedue le superfici articolari sono rivestite da fibrocartilagine, non da cartilagine ialina. Tale fibrocartilagine è costituita da quattro strati sovrapposti: il primo, o strato articolare, è il più superficiale e costituito da fibre collagene di tipo I molto addensate; il secondo strato, è una sezione più sottile formata da condroblasti; il terzo strato è il più spesso, formato da fibre collagene di tipo II con numerosi condrociti; il quarto strato è simile al terzo ma possiede meno condrociti ed è più aderente all’osso subcondrale. Il disco articolare vero e proprio dell’articolazione temporomandibolare presenta una forma ovalare biconcava; è formato in parte da tessuto connettivo denso in parte da cartilagine. I bordi del disco sono parzialmente fusi con la capsula fibrosa che circonda l’articolazione; la capsula, inoltre, invia piccoli fasci per fissare il disco formando un anello di rinforzo periferico. Il disco è privo di vasi nella porzione centrale ma ha un plesso venoso nella zona bilaminare, area di connettivo lasso delimitata da due lamine.

3) Capsula e legamenti

L’articolazione temporo-mandibolare in realtà presenta due capsule articolari: una è compresa dal margine ovoidale del condilo della mandibola sino al disco articolare, l’altra dal disco articolare ai margini mediale e laterale della fossa mandibolare, al tubercolo articolare e alla fessura squamotimpanica. Le fibre capsulari che si inseriscono sul disco articolare servono a stabilizzare il condilo. La superficie interna della capsula è rivestita da una membrana sinoviale. Si distinguono infine quattro legamenti che stabilizzano l’articolazione: lo sfenomandibolare, lo stilomandibolare, il temporomandibolare e il pterigomandibolare.

Generalità

La spalla, più propriamente chiamata cingolo scapolare o cingolo toracico, rappresenta la sezione del corpo umano tramite la quale l’arto superiore, in particolare il braccio, si unisce al tronco e con esso si articola.

Le tre ossa del cingolo scapolare

Ciascun cingolo scapolare si compone totalmente di tre diverse ossa: una scapola, una clavicola, e la parte prossimale (cioè più vicina al tronco) dell’omero. Le scapole sono due ossa piatte e di forma quasi triangolare che si trovano nella parte alta della schiena.

Anche la clavicola è un osso pari; si presenta come un osso di media lunghezza che si collega con la sua parte esterna alla scapola e all’omero e con quella interna allo sterno, l’osso impari centrale della gabbia toracica.

L’omero, infine, è l’osso che si trova all’interno del braccio; la sua “testa”, ovvero l’epifisi prossimale, più vicina al tronco, si articola con la clavicola e la scapola all’altezza della spalla.

1) La clavicola

La clavicola è un osso pari della spalla, con forma a “S” e due estremità articolari distinte. La particolare forma a “S” è data da due concavità: una mediale (posteriore) e una laterale (anteriore). Si trova tra la punta superiore dello sterno (manubrio) e la parte superiore della scapola. Le estremità prendono il nome di estremità acromiale (laterale) ed estremità sternale (mediale). Il corpo o soma della clavicola, nella parte più centrale, prende il nome di III medio clavicolare.

– Estremità acromiale

L’estremità acromiale si pone in relazione con l’acromion della scapola, realizzando l’articolazione acromio-clavicolare. Al confine con il terzo medio prendono inserzione il muscolo deltoide e il muscolo trapezio. Qui ci trova in una regione di confine tra collo e tronco.

– Corpo e III medio

Il III medio è una parte del corpo della clavicola, dove non prende inserzione alcun muscolo. Chiude anteriormente un interstizio muscolare, la regione sovraclaveale, nella quale prendono posizione numerosi oggetti anatomici, come la vena e arteria succlavia, gli apici dei polmoni, le radici del plesso brachiale, il linfocentro sovraclaveale. Sul resto del corpo, e più precisamente al confine con l’estremità sternale, prendono inserzione il muscolo gran pettorale e il muscolo sternocleidomastoideo.

– Estremità sternale

L’estremità sternale o mediale è caratterizzata dalla presenza di una faccetta articolare per l’articolazione sterno-clavicolare. In corrispondenza dell’articolazione di sinistra termina un condotto linfatico, il dotto toracico.

2) La scapola

La scapola è un osso piatto, pari e simmetrico, posto sulla superficie dorsale del torace, che si estende dalla seconda alla settima costa. Ha una forma triangolare, con l’apice rivolto in basso: presenta quindi due facce e tre margini.

– Faccia anteriore

La faccia anteriore, detta anche faccia costale, è rivolta verso la gabbia toracica. Presenta un’ampia concavità, detta fossa sottoscapolare, che ne ricalca la forma e sulla cui superficie si trovano creste trasversali che danno inserzione al muscolo sottoscapolare.

– Faccia posteriore

È divisa da un rilievo (la spina scapolare) in due fosse: la sovraspinata, che occupa il terzo superiore, e la sottospinata o infraspinata, che occupa i 2/3 inferiori. Queste 2 fosse danno origine agli omonimi muscoli.

La spina scapolare è un rilievo di forma triangolare che sporge dalla faccia posteriore. Origina in vicinanza del margine mediale e si porta lateralmente aumentando progressivamente di altezza, per poi piegare in avanti e terminare con una struttura appiattita detta acromion, che presenta la faccia articolare con la clavicola.

Il margine posteriore della spina scapolare è sottocutaneo e il suo spessore permette di dividerlo in un labbro superiore, che dà inserzione al trapezio, e in un labbro inferiore, da cui origina il deltoide.

– Margini

Il margine mediale (o vertebrale) è piuttosto sottile e ha un andamento verticale. A livello dell’origine della spina scapolare piega lateralmente formando un angolo ottuso. Nella sua porzione anteriore dà inserzione al muscolo dentato anteriore, mentre quella posteriore dà inserzioni ai muscoli elevatori della scapola, piccolo romboide e grande romboide.

Il margine laterale (o ascellare) è più grosso e presenta una tuberosità detta infraglenoidea da cui origina il capo lungo del tricipite brachiale.

Nel margine superiore si trova l’incisura scapolare (trasformata in foro dal legamento trasverso superiore della scapola). La porzione che si trova lateralmente all’incisura prende il nome di processo coracoideo e dà origine ai muscoli piccolo pettorale, coracobrachiale e al capo breve del bicipite brachiale.

– Angoli

L’angolo superiore è appuntito, mentre quello inferiore è arrotondato. L’angolo laterale presenta la cavità glenoidea per l’articolazione scapolo-omerale. Questa cavità è separata dal corpo della scapola da un restringimento, il cosiddetto collo della scapola. Inferiormente alla cavità glenoidea si trova il margine laterale con la tuberosità infraglenoidea; superiormente invece si trova la tuberosità sovraglenoidea, che dà origine al capo lungo del bicipite brachiale.

Le articolazioni

1) L’articolazione sterno-costo-clavicolare

L’articolazione sterno-clavicolare è un’articolazione del cingolo scapolare formata dall’incontro fra l’estremità sternale (mediale) della clavicola, l’incisura articolare del manubrio dello sterno e la prima cartilagine costale.

La cavità articolare presente tra la clavicola e il manubrio dello sterno e rivestita da una capsula fibrosa è divisa in due parti dalla presenza di un disco articolare di forma circolare che si attacca in alto al margine superiore e posteriore della superficie articolare della clavicola e in basso sulla prima cartilagine costale in prossimità della sua giunzione con lo sterno.

– Legamento sterno-clavicolare

È formato da due bande fibrose: una anteriore, che si estende dalla superficie antero-superiore dell’estremità sternale della clavicola all’estremità antero-supero-laterale del manubrio sternale, fino a raggiungere la prima cartilagine costale, e una posteriore, meno robusta, che si estende dalla superficie posteriore dell’estremità sternale della clavicola alla porzione superiore della faccia posteriore del manubrio sternale.

– Legamento interclavicolare

Collega le estremità sternali delle due clavicole agganciandosi anche all’incisura giugulare del manubrio sternale.

– Legamento costo-clavicolare

Ha la forma di un cono rovesciato ed è formato da due fasci, uno anteriore e uno posteriore. Entrambi si estendono tra un’impronta presente sul margine inferiore dell’estremità sternale della clavicola alla prima cartilagine costale, il fascio anteriore si dirige andando dall’alto in basso medialmente, quello posteriore lateralmente.

2) L’articolazione acromioclavicolare

L’articolazione acromioclavicolare è un’articolazione fra l’estremità laterale della clavicola e l’acromion scapolare. È formata da due faccette ossee rivestite di cartilagine (e da una capsula articolare rinforzata dai legamenti acromio-clavicolari). I principali legamenti a distanza sono il legamento coraco-clavicolare, che dal processo coracoideo della scapola si diparte in 2 fasci, il legamento conoide e il legamento trapezoide, che trovano attacco sulla clavicola, rispettivamente sul tubercolo conoide e sulla linea trapezoidea. Spesso è presente il legamento coraco-clavicolare interno, che si porta dalla porzione postero-superiore del processo coracoideo della scapola della scapola alla faccia inferiore della clavicola e sulla prima costa.

3) L’articolazione scapolo-omerale

L’articolazione scapolo-omerale (o gleno-omerale) si effettua tra i capi articolari della scapola e dell’omero che sono, rispettivamente, la cavità glenoidea e la testa dell’omero.

– Superfici articolari

La testa omerale è una superficie liscia, semisferica e ricoperta da cartilagine; la cavità glenoidea è di forma ovalare, stretta e poco profonda rispetto al volume della testa: per questo motivo è ampliata dal cercine glenoideo (o labbro glenoideo) di natura fibro-cartilaginea.

– La capsula articolare

Questa articolazione è mantenuta stabile dalla capsula articolare, una membrana fibrosa, sottile e lassa. La capsula si fissa prossimalmente sul labbro glenoideo e distalmente sul collo chirurgico dell’omero. I tendini dei muscoli che dalla scapola scendono verso l’omero aderiscono alla sua superficie.

– I legamenti

Oltre a questi rinforzi tendinei ce ne sono altri di natura legamentosa, che si distinguono in propri e a distanza. I legamenti propri sono fasci fibrosi longitudinali che vengono chiamati legamenti gleno-omerali, e si distinguono in superiore, medio e inferiore. L’unico legamento a distanza è il legamento coraco-omerale.

  • Il legamento gleno-omerale superiore è teso tra il labbro glenoideo e la piccola tuberosità dell’omero.
  • Il legamento gleno-omerale medio è teso tra il labbro glenoideo e la radice della piccola tuberosità dell’omero.
  • Il legamento gleno-omerale inferiore è teso tra la faccia antero-inferiore del labbro glenoideo a e il collo chirurgico dell’omero.
  • Il legamento coraco-omerale è una vasta lamina fibrosa tesa tra il processo coracoideo della scapola e la grande tuberosità dell’omero.
– Le borse sierose

La capsula articolare è protetta da una serie di borse sierose che ne facilitano anche la mobilità. Pertanto le borse sottoscapolare, sottocoracoidea e sottoacromiale si trovano interposte tra la capsula e, rispettivamente, il muscolo sottoscapolare, il processo coracoideo e l’acromion della scapola; la borsa sottodeltoidea e bicipitale proteggono la capsula dal muscolo deltoide e il muscolo bicipite. Quando il tendine del capo lungo di quest’ultimo penetra nella capsula, viene avvolto nella ‘’guaina sinoviale bicipitale’’ che lo accompagna fino al cercine glenoideo dove si fissa. Un ulteriore sostegno è fornito dai quattro muscoli che costituiscono la cuffia dei rotatori.

4) Articolazione sotto-deltoidea

Non è un’articolazione in senso anatomico, in quanto comprende due superfici di scivolamento una vicino all’altra.
È meccanicamente legata alla scapolo-omerale: tutti i movimenti nella scapolo-omerale comportano un movimento nella sotto-deltoidea.

5) Articolazione scapolo-toracica

Si tratta di un’articolazione in senso fisiologico e non anatomico.
Questa è l’articolazione più importante del gruppo, tuttavia questa non può funzionare senza le altre due che le sono meccanicamente associate.

I muscoli

I principali muscoli presenti nel cingolo scapolare sono il trapezio, l’infraspinato, e il pettorale.

Il trapezio è un muscolo pari e simmetrico, molto vasto: si trova nella schiena e ha origine dalle vertebre cervicali e toraciche, e in parte sulle clavicole, passando sopra la spalla. È uno dei muscoli che si inseriscono sulle scapole. L’infraspinato, muscolo pari concorrente al pettorale, si trova nella schiena, e si collega tramite i tendini sia con la scapola che con l’omero; il grande pettorale, al contrario, si trova sul dorso, e si unisce con la clavicola, lo sterno e l’omero.

Il deltoide è il muscolo pari che ricopre l’articolazione del cingolo scapolare: si unisce dunque sia alla scapola che alla clavicola che all’omero.

Oltre i muscoli sopracitati, sono presenti anche i muscoli sopraspinato, sottoscapolare, piccolo rotondo e grande rotondo. Il sopraspinato è un muscolo pari di forma piramidale, origina dalla fossa sopraspinata della scapola per inserirsi nel tubercolo maggiore dell’omero passando sotto l’acromion e l’articolazione acromioclavicolare. Il sottoscapolare è un muscolo pari di forma triangolare che origina dalla faccia anteriore della scapola per inserirsi nel tubercolo minore dell’omero, passando sotto il processo coracoideo. Il piccolo rotondo è un muscolo pari di forma cilindrica che origina dalla fossa infraspinata della scapola per inserirsi nel tubercolo maggiore dell’omero. Il grande rotondo è un muscolo pari riconoscibile inferiormente al piccolo rotondo; origina dall’angolo inferiore della scapola per inserirsi nel tubercolo minore e nel solco intertubercolare. I tendini dei muscoli sopraspinato, infraspinato, sottoscapolare e piccolo rotondo contribuiscono alla stabilizzazione dell’articolazione glenomerale formando la cuffia dei rotatori.

Le ossa della mano

La mano costituisce la sezione più distale dell’arto superiore. In essa si possono distinguere: il polso, che mette in continuità la mano stessa con l’avambraccio; il metacarpo, che ne rappresenta la porzione più ampia; e le dita, la cui flessione e opposizione sul metacarpo conferisce alla mano l’abilità prensile.

La mano dell’uomo è formata da almeno 27 ossa:

• Il carpo, che forma il polso, comprende 8 ossa disposte in due file.

• il metacarpo comprende 5 ossa lunghe che si articolano prossimalmente con il carpo e distalmente con le falangi.

• le falangi, che compongono le dita e sono costituite da 14 ossa. In particolare, ciascun dito è formato da tre falangi, distinte in falange prossimale o prima falange, che si articola con il corrispondente osso metacarpale, falange media o seconda falange, che si articola con la precedente e falange distale o terza falange o falange ungueale. Fa eccezione il pollice, in cui sono presenti due sole falangi distinte in una falange prossimale o prima falange del pollice e falange distale o seconda falange o falange ungueale del pollice.

Si possono aggiungere a queste ossa, altre quattro ossa sesamoidi presenti nei tendini del muscolo flessore breve del pollice, del muscolo flessore proprio dell’indice e del muscolo flessore proprio del mignolo.

Le articolazioni del metacarpo

Sono le articolazioni che le ossa metacarpali stabiliscono prossimalmente tra loro e distalmente con le prime falangi.

Articolazioni intermetacarpali

Sono presenti tra le ultime quattro ossa metacarpali e si instaurano tra le faccette articolari intermetacarpali della base di ossa metacarpali adiacenti e sono comprese nell’articolazione carpo-metacarpale.

Articolazioni metacarpo-falangee

Sono articolazioni condiloidee che si instaurano tra il condilo della testa di ciascuna delle ossa metacarpali e la cavità glenoidea della relativa prima falange. La cavità glenoide è completata sul margine palmare da una fibtocartilagine articolare, detta fibrocartilagine glenoidea. La capsula articolare, originando dai margini della cartilagine articolare del condilo della testa dell’osso metacarpale, si inserisce lungo il margine della cartilagine articolare della cavità glenoidea della prima falange e della fibrocartilagine glenoidea.

Articolazioni delle dita

Sono le articolazioni che connettono tra loro le falangi delle dita e sono per questo dette interfalangee.

Articolazioni interfalangee

Una’articolazione interfalangea è un ginglimo angolare che connette due falangi e si instaura tra la troclea della testa delle falange più prossimale e la cavità glenoidea della base della falange più distale tra le due. La cavità glenoidea della base della falange più distale è completata sul margine palmare da una fibrocartilagine articolare, detta fibrocartilagine glenoidea. La capsula articolare, originando dai margini della troclea della testa della falange più prossimale, si inserisce al margine della cartilagine articolare della cavità glenoide e della fibrocartilagine glenoidea della base della falange più distale. In ciascun dito si individuano due articolazioni interfalangee:

• Un’articolazione interfalangea prossimale o prima articolazione interfalangea, che si instaura tra prima e seconda falange di un dito.

• Un’articolazione interfalangea distale o seconda articolazione interfalangea, che si instaura tra seconda e terza falange di un dito.

C’è un eccezione: il pollice, nel quale l’unica articolazione interfalangea presente si instaura tra la falange prossimale e la falange distale.

I legamenti dell’articolazione del metacarpo

I legamenti dell’articolazione del metacarpo sono quelli che connettono le ossa metacarpali tra loro e con le prime falangi.

Legamento trasverso delle teste delle ossa metacarpali

Il legamento trasverso delle teste delle ossa metacarpali è un legamento estrinseco nastriforme che, originando dalla superficie palmare della testa del secondo osso metacarpale, si porta medialmente inserendosi sulla superficie palmare delle teste delle ultime tre ossa metacarpali.

Legamenti metacarpo-falangei delle ultime quattro dita

I legamenti metacarpo-falangei sono legamenti intrinseci che contribuiscono a rafforzare la capsula articolare dell’articolazione metacarpo-falangea delle ultime quattro ossa metacarpali. Per ognuna di esse distinguiamo tre tipi di legamenti metacarpo-falangei:

• legamento metacarpo-falangeo palmare, che dalla superficie palmare della testa dell’osso metacarpale si inserisce alla superficie palmare della base della prima falange. Il legamento si presenta inciso longitudinalmente dal solco tendineo prodotto dal tendine del muscolo flessore profondo delle dita.

• legamento metacarpo-falangeo collaterale laterale, che dalla superficie laterale della testa dell’osso metacarpale si inserisce alla superficie laterale della base della prima falange.

• legamento metacarpo-falangeo collaterale mediale, che dalla superficie mediale della testa dell’osso metacarpale si inserisce alla superficie mediale della base della prima falange.

Legamenti metacarpo-falangei del primo dito

I legamenti metacarpo-falangei del primo dito sono i legamenti intrinseci che contribuiscono a rafforzare la capsula articolare della prima articolazione metacarpo-falangea. Sono simili a quelli delle articolazioni metacarpo-falangee delle ultime quattro dita, distinguendosi però per la presenza nella prima articolazione metacarpo falangea di due ossa sesamoidi, dette osso sesamoide mediale o osso sesamoide ulnare ed osso sesamoide laterale o osso sesamoide radiale. Si distinguono quattro legamenti metacarpo-falangei nel primo dito:

• legamento metacarpo-falangeo palmare, che dalla superficie palmare della testa del primo osso metacarpale si inserisce alla superficie palmare della base della prima falange del pollice.

• legamento metacarpo-falangeo collaterale laterale, che dalla superficie laterale della testa dell’osso metacarpale si inserisce prima sull’osso sesamoide laterale e poi sulla superficie laterale della base della prima falange.

• legamento metacarpo-falangeo collaterale mediale, che dalla superficie mediale della testa dell’osso metacarpale si inserisce prima sull’osso sesamoide mediale e poi sulla superficie mediale della base della prima falange.

• legamento intersesamoideo, che dalla superficie palmare dell’osso sesamoide mediale si inserisce alla superficie palmare dell’osso sesamoide laterale.

I legamenti delle articolazioni delle dita

Sono legamenti che connettono tra loro le falangi delle dita e sono per questo dette interfalangei.

Legamenti interfalangei

I legamenti interfalangei sono legamenti intrinseci che contribuiscono a rafforzare le capsule articolari delle articolazioni interfalangee, per ognuna delle quali se ne distinguono tre tipi:

• legamento interfalangeo palmare, che dalla superficie palmare della testa della falange prossimale si inserisce alla superficie palmare della base della falange distale. Il legamento si presenta inciso longitudinalmente dal solco del tendine del muscolo flessore profondo delle dita.

• legamento interfalangeo collaterale laterale, che dalla superficie laterale della testa della falange prossimale si inserisce alla superficie laterale della base della falange distale.

• legamento interfalangeo collaterale mediale, che dalla superficie mediale della testa della falange prossimale si inserisce alla superficie mediale della base della falange distale.

L’ileo, o osso iliaco

L’osso iliaco, o osso dell’anca, rappresenta lo scheletro osseo del bacino. È formato da due parti simmetriche, costituita ciascuna da tre ossa:

– l’ischio, che ha la forma di una L, con l’angolo rivolto indietro e in basso: quest’angolo forma la tuberosità ischiatica;

– l’ileo, che è quello di maggiori dimensioni, forma la parte superiore ed esterna del bacino. Il suo margine superiore costituisce la cresta iliaca. Posteriormente si articola con l’osso sacro.

– l’osso pubico, situato anteriormente, che presenta un braccio all’incirca orizzontale che si unisce all’ileo e un braccio rivolto in basso e all’indietro che si unisce all’ischio.

Sulla superficie esterna del bacino, le tre ossa concorrono a formare una depressione di forma quasi emisferica, l’acetabolo, entro la quale si articola la testa del femore.

In corrispondenza del pube le due parti controlaterali si articolano anteriormente tra di loro tramite la sinfisi pubica.

L’osso iliaco offre alla descrizione due facce, delle quali una mediale o interna ed una laterale o esterna, e quattro margini, dei quali uno superiore, uno inferiore, uno anteriore ed uno posteriore. In base alle ossa da cui hanno origine, si è soliti distinguere nell’osso iliaco una porzione superiore iliaca ed una inferiore ischiopubica legate da un restringimento centrale che porta sulla superficie esterna la cavità articolare dell’acetabolo e su quella interna la linea arcuata.

Superficie mediale o interna

La superficie interna dell’osso iliaco si presenta divisa in una porzione superiore o iliaca ed una inferiore o ischiopubica da una linea trasversale detta linea arcuata o linea innominata che, medialmente, si continua sul corpo del pube nella cresta pettinea e nella cresta pubica.

La porzione iliaca della superficie interna dell’osso iliaco, rivolta anteriormente e medialmente, offre alla descrizione una porzione anteriore, più ampia, che costituisce la fossa iliaca, ed una posteriore che costituisce la superficie auricolare o superficie articolare sacrale dell’osso iliaco. La fossa iliaca, concava e liscia, si continua medialmente sul corpo del pube nella superficie pettinea, una piccola superficie di forma triangolare su cui si inserisce il muscolo pettineo. La superficie presenta un apice rivolto lateralmente che punta verso il tubercolo pubico e la cresta pubica, una base delimitata dal rilievo dell’eminenza ileopettinea, un margine posteriore costituito dalla cresta pettinea ed un margine anteriore costituito dal margine anteriore del ramo superiore del pube. La superficie articolare sacrale, anche detta superficie auricolare dell’osso iliaco per la sua forma che ricorda quella di un orecchio, si presenta convessa e rivestita di cartilagine. Essa contribuisce, assieme alla corrispondente superficie auricolare sull’osso sacro, a formare l’articolazione sacroiliaca. Posteriormente alla superficie auricolare dell’osso iliaco è inoltre presente la tuberosità iliaca su cui si inseriscono i fasci del legamento sacroiliaco interosseo.

La porzione ischiopubica della superficie interna dell’osso iliaco, rivolta posteriormente e medialmente, si presenta concava e offre alla descrizione l’ampia apertura del forame otturato, detto così dal momento che nel vivente risulta chiuso quasi completamente da una membrana fibrosa detta membrana otturatoria. Di forma pressoché triangolare, il forame otturatorio è delimitato superiormente dal ramo superiore del pube, posteriormente dal ramo discendente dell’ischio e inferiormente dalla branca ischiopubica dell’osso dell’anca. La membrana otturatoria si inserisce lungo tutto il margine del forame otturato tranne che nella porzione superiore, dove delimita assieme al ramo superiore del pube un piccolo foro detto canale otturatorio. Quest’ultimo dà passaggio al nervo otturatore e ai vasi otturatori che passando sulla superficie inferiore del ramo superiore del pube lasciano un solco che viene detto doccia otturatoria.

Superficie laterale o esterna

Similmente alla superficie interna, la superficie esterna dell’osso iliaco si presenta divisa in una porzione superiore o iliaca ed una inferiore o ischiopubica dalla cavità articolare dell’acetabolo.

L’acetabolo o cotile è un incavo osseo con la forma di una scodella che funge da cavità articolare per l’articolazione coxofemorale. Presenta una cavità centrale, da cui origina il legamento rotondo della testa del femore e detta fossa dell’acetabolo, e un margine rilevato, rivestito di cartilagine e detto ciglio dell’acetabolo o cercine dell’acetabolo. Nella sua porzione inferiore il cercine dell’acetabolo si presenta interrotto costituendo l’incisura acetabolare sui cui margini si tende il legamento trasverso dell’acetabolo.

La porzione iliaca della superficie esterna dell’osso iliaco, rivolta posteriormente e lateralmente, si presenta convessa e cosparsa di fori nutritizi, offre inserzione ai muscoli glutei ed è per questo detta superficie glutea dell’osso iliaco. L’inserzione dei muscoli glutei disegna sulla superficie glutea dell’osso iliaco tre linee semicircolari dette linee glutee. Si distinguono una linea glutea inferiore, a concavità inferiore, posta al di sopra dell’acetabolo, una linea glutea anteriore, a convessità anteriore, che decorre nel mezzo della superficie glutea, ed una linea glutea posteriore, anch’essa a concavità anteriore, che decorre presso il margine posteriore dell’osso iliaco. Tra linea glutea inferiore e linea glutea anteriore si inserisce il muscolo piccolo gluteo, tra linea glutea anteriore e linea glutea posteriore si inserisce il muscolo gluteo medio e posteriormente alla linea glutea posteriore si inserisce il muscolo grande gluteo.

La porzione ischiopubica della superficie esterna dell’osso iliaco, rivolta anteriormente e lateralmente, si presenta anch’essa concava e mostra l’ampia apertura del forame otturato chiuso dalla membrana otturatoria. Similmente a quanto avviene sulla superficie interna dell’osso iliaco, la superficie inferiore del ramo superiore del pube è insolcata dal passaggio del nervo otturatore e dei vasi otturatori prima che attraversino la membrana otturatoria.

Margine anteriore

Il margine anteriore dell’osso iliaco, dapprima verticale lungo il margine anteriore dell’ala dell’ilio e poi orizzontale lungo il margine anteriore del ramo superiore del pube, si delinea tra la spina iliaca anteriore superiore e la cresta pubica.

Il passaggio dal margine superiore a quello anteriore è segnato da un processo osseo che si proietta anteriormente ed è detto spina iliaca anteriore superiore. Al di sotto della spina iliaca anteriore superiore fa seguito un’incisura delimitata inferiormente da un secondo processo osseo, detto spina iliaca anteriore inferiore, situato poco al di sopra dell’acetabolo. All’altezza dell’acetabolo il margine anteriore si piega medialmente, divenendo orizzontale, e si continua con il margine anteriore del pube che, smusso, delimita anteriormente la superficie pettinea. All’apice della superficie pettinea il margine anteriore si solleva nel tubercolo pubico, importante rilevanza nella regione inguinale che dà attacco al legamento inguinale. Medialmente il tubercolo pubico si continua in una cresta, posta sulla superficie superiore del ramo superiore del pube e detta cresta pubica, che giunge fino all’angolo pubico.

Margine posteriore

Il margine posteriore dell’osso iliaco, pressoché verticale, si delinea, lungo il margine posteriore dell’ala dell’ilio e lungo il margine posteriore del ramo discendente dell’ischio, tra la spina iliaca anteriore posteriore e la tuberosità iliaca.

Similmente a quanto avviene per il margine anteriore, il passaggio dal margine superiore a quello posteriore è segnato da un processo osseo appuntito che si proietta posteriormente ed è detto spina iliaca posteriore superiore. Al di sotto della spina iliaca posteriore superiore fa seguito una piccola incisura, situata posteriormente alla superficie auricolare e alla tuberosità sacroiliaca dell’osso iliaco e delimitata inferiormente da un secondo processo osseo appuntito, detto spina iliaca posteriore inferiore. Al di sotto della spina iliaca posteriore inferiore vi è poi una seconda incisura molto ampia e detta grande incisura ischiatica o grande incisura sciatica che viene limitata inferiormente dal rilievo triangolare della spina ischiatica. Al di sotto della spina ischiatica vi è infine un’ultima incisura, più piccola della precedente e detta piccola incisura ischiatica o piccola incisura sciatica che è delimitata inferiormente dalla tuberosità ischiatica, possente tuberosità situata al confine tra ramo ascendente e ramo discendente dell’ischio. La grande incisura ischiatica e la piccola incisura ischiatica vengono trasformate rispettivamente in grande forame sciatico o grande forame ischiatico e piccolo forame sciatico o piccolo forame ischiatico dai legamenti sacrospinoso e sacrotuberoso.

Margine superiore

Il margine superiore dell’osso iliaco, detto cresta iliaca, si presenta curvo a convessità rivolta superiormente e si delinea lungo il margine superiore dell’ala dell’ileo tra la spina iliaca anteriore superiore e la spina iliaca posteriore superiore. Nella cresta iliaca possiamo distinguere una porzione posteriore, situata al di sopra della superficie articolare sacrale dell’osso iliaco e che dà attacco al muscolo sacrospinale, ed una anteriore, situata al di sopra della fossa iliaca e nella quale è possibile riconoscere un margine interno detto labbro interno, un margine esterno detto labbro esterno ed un superficie intermedia detta linea intermedia. Sul terzo posteriore del labbro esterno si inserisce il muscolo grande dorsale mentre sui due terzi anteriori si inserisce il muscolo obliquo esterno. Contemporaneamente sul terzo posteriore del labbro interno si inserisce il muscolo quadrato dei lombi mentre sui due terzi anteriori si inserisce il muscolo trasverso dell’addome. Infine sulla linea intermedia si inserisce il muscolo obliquo interno.

Margine inferiore

Il margine inferiore, costituito dalla superfici inferiore del ramo ischiopubico, è diretto inferiormente e lateralmente in senso anteroposteriore e si trova tra la tuberosità ischiatica e la faccetta articolare sinfisiana, situata all’angolo tra ramo superiore e ramo inferiore del pube e che si articola con la corrispondente faccetta articolare eterolaterale nella sinfisi pubica.

L’acetabolo

Il cotile o acetabolo, è un incavo osseo con forma a scodella, situato sulla porzione esterna dell’osso iliaco, in corrispondenza della porzione media. Formato dalla fusione delle tre ossa che formano l’osso dell’anca, porta a considerare i punti di fusione di esse. Specialmente quello fra ischio e pube è ben visibile sotto forma della incisura dell’acetabolo, convertita in foro dal passaggio a ponte del labbro glenoideo, che amplia la cavità glenoidea nell’articolazione coxo-femorale. La cavità, delimitata dal margine dell’acetabolo o ciglio cotiloideo, presenta una porzione superiore, semicircolare, la faccia semilunata, che si articola con la testa del femore, e una porzione profonda, costituita da una cavità quadrilatera, la fossa dell’acetabolo, punto in cui prende inserzione il legamento rotondo del femore, che si porta alla fovea capitis della testa del femore. Nel cotile ruota la testa del femore, dando luogo all’articolazione dell’anca (più propriamente detta articolazione coxo-femorale).

L’articolazione coxo-femorale

Superfici articolari

La superficie articolare dell’acetabolo è costituita dalla superficie semilunare o superficie lunata, un anello incompleto a forma di “C” ruotata di 90° in senso orario, tendenzialmente più stretto nella sua parte pubica e più largo nelle restanti porzioni, delimitata esternamente dal curvo margine dell’acetabolo ed internamente dal suo margine con la fossa acetabolare, posta più in profondità nella cavità acetabolare. Complessivamente costituisce circa i 3/4 di una circonferenza, interrotta dall’incisura acetabolare sottostante. La sua parte mediale (circa 1/5 dell’area totale) è costituita dal pube, la superiore (3/5 dell’area totale) dall’ileo, la laterale (2/5 dell’area totale) dall’ischio. La sua superficie è liscia e ricoperta da cartilagine articolare ialina, che risulta più spessa ove la pressione del peso corporeo in posizione eretta è maggiore, cioè dove la sua superficie risulta più ampia. Questa cartilagine articolare deborda dal margine dell’acetabolo costituendo il labbro acetabolare, il cui bordo è leggermente ripiegato all’interno, così da restringere il diametro della cavità acetabolare e rendere l’articolazione coxo-femorale più profonda rispetto a quanto permetterebbero le sole superfici articolari ossee. Presso l’incisura acetabolare le due estremità del labbro sono collegate dal legamento acetabolare trasverso. La fossa acetabolare invece è priva di cartilagine, ma riempita da tessuto adiposo fibroelastico, a sua volta rivestito dalla membrana sinoviale.

La testa del femore ha una forma sferoidale in gioventù (circa i 3/4 di una sfera), ma diviene con l’avanzare dell’età sempre più sferica e possiede una curvatura inversa rispetto all’acetabolo, con la quale non è congruente. La sua liscia superficie ossea è completamente rivestita da cartilagine articolare ialina, più spessa al centro che ai margini ed in generale dove essa subisce un maggior carico, fatta eccezione per la fovea capitis (fossetta della testa del femore) dove è inserito il legamento rotondo del femore, grazie al quale è collegata alla fossa acetabolare. Spesso anche la parte del collo del femore più prossimale alla testa è rivestita di cartilagine.

Legamenti e capsula fibrosa

La capsula fibrosa dell’articolazione coxo-femorale è spessa e robusta. Origina mezzo centimetro medialmente al margine acetabolare, seguendone per lo più il profilo sia anteriormente che posteriormente, fatta eccezione per alcune fibre che si fondono inferiormente all’acetabolo con il legamento acetabolare trasverso e con il margine superiore della membrana otturatoria. Le sue fibre longitudinali, dirette lateralmente, si inseriscono presso la linea intertrocanterica sulla faccia anteriore del femore, mentre si fermano alla metà del collo posteriormente e sono generalmente più spesse nella sua parte antero-superiore rispetto a quella posteriore. Spesso si fondono con il legamento ileofemorale. Una seconda tipologia di fibre, dette orbicolari, sono interne alle longitudinali e si fissano attorno al collo del femore, avvolgendolo e fondendosi in parte con i legamenti pubofemorale e ischiofemorale.

L’articolazione coxo-femorale presenta cinque legamenti, che influiscono sulla stabilità articolare: ileofemorale, ischiofemorale, pubofemorale, rotondo del femore e acetabolare trasverso.

Il legamento ileofemorale, o del Bigelow, è il più esteso e robusto dell’articolazione, viene talvolta definito legamento ad Y per la sua caratteristica forma ad Y ribaltata. Il “gambo” della Y, che costituisce l’apice, si inserisce lateralmente alla spina iliaca antero-inferiore e medialmente al margine acetabolare e costituisce la porzione centrale più debole del legamento, il quale poi si divide in una porzione mediale, che discende inferomedialmente verso la linea intertrocanterica, ed una laterale, che scende inferolateralmente verso di essa e la parte inferiore del grande trocantere. Alcune sue fibre sono spesso fuse con la capsula articolare antero-superiore.

Il legamento pubofemorale è di forma triangolare, la sua base origina dall’eminenza ileopettinea e dalla cresta otturatoria. Le fibre si portano inferolateralmente sino a fondersi, rinforzandolo, con la porzione mediale del legamento ileofemorale.

Il legamento ischiofemorale è costituito da una parte centrale che origina superiormente alla tuberosità ischiatica e si porta con andamento a spirale sino al grande trocantere del femore, fondendosi parzialmente con il legamento ileofemorale. Le parti mediale e laterale circondano posteriormente il collo del femore, ispessendo la capsula articolare.

Il legamento acetabolare trasverso è una corta banda di collagene che collega a ponte le due estremità del labbro acetabolare, chiudendo l’incisura acetabolare e costituendo il margine inferiore della fossa acetabolare in vivo. Possiede forami che lasciano passare rami del nervo otturatorio e dell’arteria otturatoria.

Il legamento rotondo del femore origina dalla parte inferiore della fossa acetabolare, appena sopra il legamento trasverso (con cui si fondono alcune fibre), e si inserisce sulla testa del femore presso la fovea capitis. Il legamento si tende durante l’adduzione dell’anca e si distende durante l’abduzione. È completamente avvolto dalla guaina sinoviale e sopra di esso (internamente alla guaina), decorre l’arteria del legamento rotondo, ramo dell’arteria otturatoria, che si porta sin sulla testa del femore.

Guaina sinoviale e borse articolari

La guaina sinoviale dell’articolazione coxo-femorale riveste tutta la superficie interna della cavità acetabolare nonché la testa e il collo del femore sino alla linea intertrocanterica, sia anteriormente che posteriormente (dove però si ferma a metà del collo del femore come la capsula), senza tuttavia oltrepassare mai le inserzioni della capsula fibrosa, che la ricopre completamente.

La borsa ileo-pettinea è la principale dell’articolazione coxo-femorale, si trova anteriormente al legamento ileopettineo ed è in comunicazione con il resto dell’articolazione dell’anca mediante una cavità posta tra i legamento ileopettineo e il pubofemorale.

Roma 3-5 Ottobre 2012

 

Intervista al Dott. Alberto Migliore, UOS di Reumatologia Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli di Roma, realizzata in occasione del IV Simposio Nazionale  ANTIAGE svoltosi a Roma dal 3 al 5 ottobre 2012

Il IV simposio nazionale ANTIAGE (Associazione Nazionale per la Terapia Intra-Articolare con Guida Ecografica), l’evento nazionale più importante in ambito di terapia Infiltrativa, è stata un’occasione importante in cui i rappresentanti di diverse discipline si sono confrontati sui temi correlati alla terapia infiltrativa, condividendo le loro esperienze e apportando interessanti contribuiti. La terapia infiltrativa è una pratica clinica che, ad oggi, necessita di una metodologia più scientifica e, in quest’ottica, l’equipe del prof. Migliore ha realizzato un database on line in cui raccogliere in modo standardizzato i dati relativi ad infiltrazioni effettuate su tutto il territorio italiano. Solo attraverso un ampio numero di dati raccolti in modo rigoroso sarà possibile apportare un utile contributo per tutti quegli aspetti che, per il momento, devono essere maggiormente indagati.

Congresso ANTIAGE


Intervista al Dr. Raimondo Leone, Antropologo, Membro del CDA Fondazione Noopolis – Roma

Come ogni procedura medica, l’esecuzione della terapia infiltrativa impone diligenza e prudenza da parte dell’operatore. Lo specialista, prima di eseguire la procedura, deve valutare con attenzione: le indicazioni, le controindicazioni, gli effetti collaterali e, non ultimo, le aspettative del paziente.
Il risultato di un trattamento presenta difficoltà di interpretazione in rapporto a diversi fattori che verranno esaminati uno per uno in questo speciale a cura del prof. Fabio M. Donelli, specialista in Ortopedia e Traumatologia, Medicina dello Sport, Medicina Legale e delle Assicurazioni, Docente presso l’Università degli Studi di Milano.


Intervista al Dott. Sergio Pricoli, Specialista in Ortopedia-Traumatologia ASLTO1- Torino


Intervista al Dott. Giovanni Boni, Medico dello Sport, presidente della Federazione Medico Sportiva regione Umbria

Intervista al Dott. Daniele Manfredini Professore a.c. Dipartimento di Chirurgia Maxillo-Facciale
Università degli Studi di Padova

L’infiltrazione intra-articolare alla mandibola è una pratica poco diffusa, ma alcune patologie dell’articolazione temporo-mandibolare, come ad esempio l’artrosi, possono essere trattate con trattamenti più conservativi, in maniera del tutto analoga ad altre articolazioni.
Ai primi trattamenti che consistevano nell’impiego di semplici lavaggi, si sono succeduti quelli a base di acido ialuronico che grazie alla sua azione di ripristino dell’ambiente articolare è in grado di indurre un’azione analgesica e di miglioramento della funzionalità. L’infiltrazione intra-articolare di acido ialuronico viene eseguita in anestesia, individuando il punto di repere e con il paziente a bocca aperta.


Intervista alla Dott.ssa Maria Grazia Ferrucci, Dirigente Medico, Specialista in Reumatologia, Azienda Ospedaliera G. Rummo di Benevento

L’artrite settica di ginocchio rappresenta un evento severo con un’elevata morbilità, comportando rapidamente – se non ben gestita – danni articolari che possono causare conseguenze di varia gravità. Le infiltrazioni intra articolari possono essere una delle cause di artrite settica e ne abbiamo parlato con il dott. Maurilio Guzzardella (U.O.C. Ortopedia Bentivoglio, Istituto Ortopedico Rizzoli, Bologna).


Dott. Maurilio Guzzardella, UOC di Ortopedia Bentivoglio, Istituto Ortopedico Rizzoli, Bologna

Intervista al Dott. Gerolamo Bianchi dell’Unità Operativa di Reumatologia, Dipartimento Apparato Locomotore dell’Azienda Sanitaria Genovese, realizzata in occasione del IV Simposio ANTIAGE svoltosi a Roma dal 3 al 5 ottobre 2012.

Artrolab è un corso di tecnica infiltrativa su cadavere che si svolge a Parigi e Barcellona, il cui obiettivo è quello di migliorare le competenze di reumatologi, fisiatri e ortopedici nella tecnica infiltrativa.

Una delle più comuni manifestazioni dell’emofilia è l’artropatia emofilica che è caratterizzata da infiammazione e danno alla cartilagine ed alla membrana sinoviale. Cosa si può fare per ridurre i sintomi ed i danni a livello articolare nei pazienti emofilici? Tra gli approcci più moderni, la viscosupplementazione sembra essere promettente, soprattutto negli stadi più precoci della patologia.

Un recente studio condotto in Italia su pazienti affetti da emofilia e artropatia sintomatica del ginocchio, ha valutato l’efficacia del trattamento con due diversi tipi di acido ialuronico. Nella prima fase dello studio (2003-2006) è stato utilizzato un acido ialuronico a basso peso molecolare, nella seconda (2007-2010) uno a medio peso molecolare. Dei 27 pazienti arruolati allo studio, 10 sono stati trattati con 5 infiltrazioni all’anno a distanza di due settimane l’una dall’altra (acido ialuronico a basso peso molecolare) e 17 con 3 infiltrazioni annue a distanza di una settimana l’una dall’altra (acido ialuronico a medio peso molecolare). La preferenza verso un acido ialuronico a più alto peso è stata dettata dal fatto che questo richiede un minor numero di infiltrazioni rispetto a quello più basso peso; infatti all’aumentare della lunghezza della catena dell’acido ialuronico (e quindi del peso molecolare), aumenta il tempo di permanenza nell’articolazione e, di conseguenza, è necessario un minor numero di infiltrazioni per ottenere un effetto paragonabile. I risultati hanno evidenziato un miglioramento per tutti i parametri presi in considerazione dallo studio, dalla riduzione del dolore, al miglioramento della qualità della vita ed hanno ritardato il ricorso a trattamenti più invasivi (artroscopia, osteotomia, protesi) rispetto a pazienti non trattati con acido ialuronico.

Sebbene lo studio sia stato condotto su un numero non elevato di pazienti, i dati sono incoraggianti e mostrano come il trattamento con acido ialuronico migliori la qualità di vita dei pazienti e rallenti il ricorso a trattamenti più invasivi come l’intervento di artroprotesi.

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Le iniezioni di acido ialuronico si confermano un trattamento sicuro ed efficace per l’osteoartrosi del ginocchio, che ha più probabilità di dare buoni risultati se la malattia è in fase iniziale e di essere giudicato soddisfacente se il paziente avverte dolore da meno di un anno. È questa conclusione di uno studio retrospettivo di autori coreani, pubblicato di recente sullo Yonsei Medical Journal.

L’obiettivo dei tre ricercatori, era identificare i fattori prognostici di base del risultato terapeutico ottenibile con infiltrazioni intrarticolari di acido ialuronico in pazienti che soffrono di osteoartrosi all’anca.

Per il lavoro, gli autori hanno valutato gli outcome di un gruppo di 40 pazienti consecutivi di circa 60 anni in media, di cui 21 maschi e 19 femmine, con segni sia clinici sia radiologici di osteoartrosi all’anca, sottoposti a iniezioni intrarticolari di acido ialuronico per il trattamento della patologia.

Tutti i partecipanti non avevano ottenuto nessun miglioramento dei sintomi con FANS orali per almeno 3 mesi prima delle iniezioni di acido ialuronico e per poter essere inclusi nello studio dovevano aver smesso di prendere farmaci contro il dolore (antinfiammatori e analgesici) per almeno 12 mesi dopo le infiltrazioni di acido ialuronico.

Ogni paziente è stato sottoposto a iniezioni di acido ialuronico (20 mg/2 ml, peso molecolare 3 MDa) una volta alla settimana per 3 settimane, ed è quindi stato valutato una settimana dopo la terza iniezione e 3, 6 e 12 mesi dopo la prima.

L’outcome primario per valutare l’efficacia del trattamento era il punteggio della scala VAS ad ogni visita; inoltre, gli autori hanno valutato il grado soggettivo di soddisfazione dei pazienti per il trattamento ricevuto mediante la scala Likert a 4 punti.

Come fattori prognostici, gli autori hanno considerato il sesso, l’età, la durata della sintomatologia dolorosa, lo stadio radiografico della malattia, la presenza di cisti subcondrali visibili nelle radiografie e la sotria di fratture.

Il punteggio medio iniziale della scala VAS era pari a 8,1 (DS 1,533). Nel breve termine, le infiltrazioni hanno portato a una diminuzione rapida e significativa del dolore, misurabile fin dalla prima settimana dopo la prima iniezione (punteggio VAS 5,3; SD 1,636; P< 0,001) e ancora più consistente una settimana dopo la seconda e la terza iniezione (rispettivamente 3,53 con DS 2,1 e 3,17 con DS 2,2; P < 0,001 per entrambi).

Il miglioramento si è mantenuto anche dopo 3 mesi (3,6; DS 2,54; P < 0,001), dopodiché il punteggia della scala VAS ha iniziato a risalire (4,33 con DS 2,9 e  P < 0,001 dopo 6 mesi e 5,3 con DS 2,7 e P = 0,0071 dopo 12).

Dopo 12 mesi di trattamento, il 40% dei pazienti si è detto ‘completamente soddisfatto’ del trattamento, il 12,5 ‘soddisfatto’, il 12,5% ‘abbastanza soddisfatto’ e il 35% non soddisfatto.

L’efficacia del trattamento in termini di riduzione del dolore non ha dimostrato differenze significative a seconda dell’età, del sesso, della presenza di cisti subrcondrali e della storia di fratture, mentre la fase della malattia si è dimostrata un fattore prognostico significativo dopo 3 e 6 mesi dalle iniezioni.

Tre mesi dopo la prima iniezione, il 62,5% dei pazienti aveva ottenuto un risultato positivo in termini di riduzione del dolore, mentre il 37,5% un risultato negativo. Gli autori hanno visto che i pazienti con outcome positivo avevano una probabilità significativamente maggiore di essere in uno stadio iniziale della malattia (1 o 2 della classificazione di Takakura; P = 0,0071).

Sei mesi dopo la prima iniezione i pazienti con un outcome positivo erano il 52,5% e di nuovo la malattia in fase iniziale si è dimostrata un fattore prognostico positivo (P = 0,005).

Dopo un anno, invece, non sono state evidenziate differenze significative tra nessuno dei possibili fattori prognostici.

La regressione logistica ha poi identificato la presenza di dolore da meno di un anno e, di nuovo, lo stadio inziale dell’artrosi come fattori predittivi indipendenti associati alla soddisfazione del paziente per il trattamento ricevuto.

Pertanto, concludono i ricercatori, lo studio conferma che le infiltrazioni di acido ialuronico rappresentano un trattamento efficace e sicuro contro l’artrosi all’anca, ma per avere risultati soddisfacenti e ottimali è opportuno selezionare i pazienti in base ai fattori prognostici identificati nella loro ricerca.

Le infiltrazioni di acido ialuronico praticate a pazienti con una sintomatologia dolorosa che perdura da più di un anno e una malattia già in fase avanzata, avvertono, potrebbero portare a risultati subottimali.

S.H. Han, et al. Prognostic Factors after Intra-Articular Hyaluronic Acid Injection in Ankle Osteoarthritis. Yonsei Med J 2014;55(4):1080-6; doi: http://dx.doi.org/10.3349/ymj.2014.55.4.1080.

Intervista al Dr. Giancarlo Rando Fisiatra e medico dello sport Ospedale di Alba

Nuova diagnosi di artrosi del ginocchio? E’ altamente probabile che la prima prescrizione medica preveda l’utilizzo di antiinfiammatori non steroidei, ancora oggi ampiamente utilizzati nel trattamento di questa condizione dolorosa (1). Noti per la loro documentata efficacia, i FANS sono tuttavia caratterizzati da scarsa tollerabilità gastrica e, per tale ragione, sconsigliati nelle terapie di medio e lungo termine.

La buona notizia è che, secondo uno studio randomizzato open-lable appena pubblicato su Arthritis Research and Therapy, le iniezioni intra articolari di acido ialuronico mostrano un profilo di efficacia paragonabile a quello dei FANS e un superiore profilo di sicurezza (2).

L’acido ialuronico è un glicosaminoglicano naturalmente presente nel liquido sinoviale, che ha la funzione di proteggere il ginocchio dai traumi, assorbendo gli urti, dissipando l’energia liberata a seguito del trauma, proteggendo e lubrificando il rivestimento della superficie cartilaginea dell’articolazione. Numerosi studi clinici e meta-analisi ne hanno dimostrato l’efficacia clinica nel trattamento dell’osteoartrosi (OA) del ginocchio (1, 3).

Secondo una recente meta-analisi (4), la riduzione del dolore indotta dall’utilizzo di acido ialuronico avviene più lentamente rispetto a quella indotta dall’iniezione intra articolare di corticosteroidi, ma l’effetto dell’acido ialuronico sul dolore potrebbe continuare per oltre 6 mesi dal ciclo di trattamento (3).

Sulla base di queste premesse, i ricercatori della Juntendo University, centro coordinatore della sperimentazione, hanno screenato un totale di 200 pazienti con OA del ginocchio, afferenti a 20 ospedali del Giappone.

I pazienti arruolati sono stati assegnati, in modalità random, ai due diversi trattamenti: 3 compresse giornaliere da 60 mg di loxoprofen sodico (Daiichi Sankyo Pharmaceuticals Co. Ltd., Tokyo) per 5 settimane o, in alternativa, una iniezione intra-articolare settimanale da 25 mg di acido ialuronico ad alto peso molecolare (2.700 kDa), sempre per 5 settimane.

L’efficacia dei due trattamenti è stata valutata confrontando le variazioni a 5 settimane dello score calcolato mediante il Japanese Knee Osteoarthritis Measure (JKOM), un questionario validato che include dolore e rigidità, attività fisica quotidiana, attività sociale e condizioni generali di salute (5). La variazione del JKOM rappresentava l’endpoint primario dello studio.

I pazienti eligibili all’inizio del trial erano 99 nel gruppo in trattamento con acido ialuronico (età media 68,2 anni, 72 donne) e 93 nel gruppo in trattamento con il FANS (età media 68,5 anni, 71 donne). Di questi pazienti, 98 e 86 sono stati rispettivamente inclusi nell’analisi che valutava l’endpoint primario.

Entrambi i gruppi di trattamento avevano mostrato una variazione statisticamente significativa del JKOM rispetto al baseline (-34,7% e -32,2%, con p<0,001 per entrambi). La differenza fra le due variazioni era del -2,5% (95% CI, –14,0% to 9,1%) in favore del gruppo trattato con acido ialuronico (limite di inferiorità fissato al 10% sulla base di studi precedenti). Il gruppo trattato con acido ialuronico aveva mostrato inoltre una più bassa frequenza di uscita dallo studio (9,1%) e di eventi avversi (1%) rispetto a quanto si era verificato per i pazienti trattati con FANS (20,4% e 10,8% rispettivamente, p=0,026 per il ritiro e p=0,004 per gli eventi avversi). Eventi avversi seri non erano stati osservati in nessun gruppo di trattamento. I disturbi del tratto gastrointestinale (n=7) e le reazioni allergiche (n=3) erano stati segnalati come eventi avversi solo nel gruppo trattato con FANS. L’efficacia precoce dell’acido ialuronico, nei pazienti con OA del ginocchio, si è quindi dimostrata non inferiore rispetto a quella del FANS utilizzato come controllo; in termini di sicurezza, invece, l’acido ialuronico si è dimostrato addirittura superiore. Tuttavia, “i meccanismi molecolari alla base dell'efficacia dell’acido ialuronico nel trattamento dell’OA rimangono poco chiari”, affermano gli autori del paper. “E' stato recentemente riportato che l’acido ialuronico inibisce l’attività delle metalloproteinasi della matrice e le aggrecanasi, enzimi almeno in parte coinvolti nella degradazione della cartilagine indotta da citochine proinfiammatorie come l'interleuchina 1”, aggiungono. Pertanto si ipotizza che l’acido ialuronico possa “modificare il danno strutturale delle articolazioni ed il ritmo di progressione dell’OA”. Sono comunque necessari ulteriori studi volti a chiarirne il meccanismo d’azione. “Il presente studio suggerisce che futuri studi randomizzati di maggior durata e numerosità campionaria dovrebbero essere condotti per identificare le alternative di trattamento ottimali per l’OA del ginocchio. Inoltre sarebbe interessante valutare l’esistenza di possibili effetti sinergici fra i due trattamenti quando combinati insieme”, concludono gli autori. Francesca Sernissi

Riferimenti

1. Zhang W, et al.: OARSI recommendations for the management of hip and knee osteoarthritis: part III: Changes in evidence following systematic cumulative update of research published through January 2009. Osteoarthritis Cartilage 2010, 18:476–499.
2. Ishijima et al.: Intra-articular hyaluronic acid injection versus oral non-steroidal anti inflammatory drug for the treatment of knee osteoarthritis: a multi-center, randomized, open-label, non-inferiority trial. Arthritis Research & Therapy 2014 16:R18.
3. Bannuru RR, et al.: Therapeutic trajectory following intra-articular hyaluronic acid injection in knee osteoarthritis–meta-analysis. Osteoarthritis Cartilage 2011, 19:611–619.
4. Bannuru RR, Natov NS, Obadan IE, Price LL, Schmid CH, McAlindon TE: Therapeutic trajectory of hyaluronic acid versus corticosteroids in the treatment of knee osteoarthritis: a systematic review and meta-analysis. Arthritis Rheum 2009, 61:1704–1711.
5. Akai M, et al.: An outcome measure for Japanese people with knee osteoarthritis. J Rheumatol 2005, 32:1524–1532.


Intervista al Dott. Giancarlo Rando, Specialista in medicina fisica e riabilitativa e medico dello sport, Ospedale San Lazzaro di Alba


Intervista al Dott. Luca Basile, Specialista in Posturologia, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli – Roma

Intervista al Dott. M. A. De Pascalis,  Dirigente Medico Ortopedico D/9 ASL RMC

Il dott. De Pascalis illustra i risultati di uno studio condotto su un nuovo acido ialuronico e sottolinea l’importanza di una corretta esecuzione dell’infiltrazione.

 

Quali sono le evidenze che abbiamo sulle infiltrazioni intra-articolari con acido ialuronico in corso di artrosi?
Lo ha spiegato la Dott.ssa Antonella Murgo, Dirigente Asl I fascia – divisione di reumatologia, azienda ospedaliera G. Pini di Milano.

La relazione, che in questo video si può vedere integralmente, si è tenuta a Roma il 2-3 ottobre 2014 in occasione del V Simposio nazionale dell’ANTIAGE (Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare eco-guidata dell’Anca con Guida Ecografica).

Intervista al Dott. Xavier Chevalier, Department of Rheumatology, Universitè Paris XII Hopital Henri Mondor, Creteil, France

Tra le terapie innovative presentate al congresso ISIAT 2011 una delle più interessanti è l’impiego degli inibitori dell’interleuchina 1, di cui ha parlato un grande esperto: il Professor Xavier Chevalier.
L’interluchina (IL-1) svolge un ruolo fondamentale nella patogenesi dell’osteoartrosi, bloccare la sua produzione in corso di osteoartrosi può costituire un vantaggio clinico per il paziente sia in termini di riduzione del dolore che di miglioramento della funzionalità.


Intervista al Prof C.H. Evans, Orthopedic surgery, Harvard Business School


Intervista al Dott. Sergio Crimaldi, Humanitas MD – Ortopedia 2 “Chirurgia Ortopedica Mininvasiva e Nuove Tecnologie” Castellanza

Il trattamento intra-articolare a base di acido ialuronico (HA) e corticosteroide (CS) si associa ad effetti analgesici e a miglioramento della funzione più pronunciati e duraturi nel tempo rispetto alla sola terapia infiltrativa con CS.

Queste le conclusioni di un piccolo trial clinico randomizzato, pubblicato su The Journal of Foot and Ankle Surgery.

Razionale e obiettivi dello studio
Le fratture intra-articolari scomposte del calcagno sono lesioni complesse che possono portare a disabilità di lunga durata. Queste fratture sono famose per lo sviluppo di osteoartrite sintomatica (OA) dell’articolazione subtalare a causa dell’incongruenza intra-articolare post-traumatica. Sebbene il calcagno coinvolga più articolazioni, è soprattutto l’articolazione subtalare a causare problemi di OA.

L’obiettivo dello studio è stato quello di approfondire il potenziale effetto di HA associato a CS per migliorare il dolore e la funzione nel trattamento dell’osteoartrite subtalare post-traumatica, rispetto al corticosteroide intra-articolare isolato.

Sono stati arruolati 25 partecipanti sintomatici (50 ± 8 anni) con un follow-up minimo di 1 anno dopo un intervento chirurgico per fratture del calcagno.

I partecipanti sono stati randomizzati a trattamento intra-articolare subtalare di CS isolati (gruppo corticosteroidi, n = 12) o ad una combinazione di HA più CS (gruppo HA+CS, n = 13).

Tutti i partecipanti sono stati sottoposti a tre iniezioni ripetute ad intervalli di 1 settimana.

I ricercatori hanno valutato i punteggi VAS relativi al dolore e i punteggi AOFAS relativi alla funzione in 4 timepoint:

– prima del trattamento (pre)
– 4, 12 e 24 settimane dopo l’ultima iniezione.

I risultati
Dall’analisi dei dati è emerso che i pazienti sottoposti a terapia intra-artticolare di combinazione mostravano un punteggio VAS dolore più basso alla 12esima (p= 0,003) e alla 24esima settimana (p=0,003) dall’ultima iniezione effettuata rispetto ai pazienti sottoposti a terapia intra-articolare con CS.

Quanto alla funzione, i pazienti in terapia di combinazione hanno mostrato un punteggio AOFAS maggiore alla quarta (p=0,04), alla 12esima (p=0,014) e alla 24esima settimana (p=0,021) rispetto ai pazienti sottoposti a terapia infiltrativa solo con CS.

I ricercatori hanno documentato una riduzione del punteggio VAS nel gruppo di pazienti sottoposti a terapia infiltrativa con CS solo alla quarta settimana dall’ultima infiltrazione effettuata (p= 0,007) rispetto ai valori pre-trattamento.

Nei pazienti sottoposti a terapia intra-articolare combinata, i punteggi VAS sono risultati ridotti non solo a 4 settimane (p<0,001) dall’ultima infiltrazione, ma anche a 12 settimane (p<0,001) e a 24 settimane (p<0,01). Da ultimo, per quanto riguarda la funzione, i partecipanti allo studio sottoposti a terapia intra-articolare con CS hanno presentato un punteggio AOFAS più elevato solo a 4 settimane dall’ultima infiltrazione (p < 0,001), mentre nel Gruppo HA+C i punteggi AOFAS sono risultati elevati sia a 4 che a 12 e a 24 settimane rispetto al basale (p <0,001). NC

Bibliografia
Gomes FF et al. Effects of Hyaluronic Acid With Intra-articular Corticosteroid Injections in the Management of Subtalar Post-traumatic Osteoarthritis – Randomized Comparative Trial. J Foot Ankle Surg. 2023 Jan-Feb;62(1):14-20. doi: 10.1053/j.jfas.2022.03.003. Epub 2022 Mar 12. PMID: 35752551.
Leggi


Intervista al Prof. Alberto Migliore, UOC Reumatologia Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, Roma

L’osteoartrosi dell’articolazione temporo-mandibolare ha un impatto negativo sulla qualità di vita legata alla salute orale (OHRQoL) del paziente, ma il trattamento con infiltrazioni intrarticolari di acido ialuronico e glucosamina orale ha riportato i punteggi della OHRQoL alla normalità sia nel breve sia nel lungo termine in uno studio osservazionale di un gruppo cinese pubblicato di recente sulla rivista Journal of Cranio-Maxillo-Facial Surgery.

A trarre maggior beneficio dalla terapia sembrano essere i pazienti più giovani.

L’artrosi dell’articolazione temporo-mandibolare è una patologia dolorosa, il cui impatto è destinato ad aumentare alla luce del progressivo invecchiamento della popolazione, spiegano i ricercatori nell’introduzione.

Il disturbo può essere trattato con terapie diverse, tra cui l’artrocentesi con iniezioni di acido ialuronico (ampiamente in uso e di provata efficacia nel migliorare la funzionalità articolare e nel ridurre il dolore).

In diversi studi, la glucosamina ha mostrato una buona efficacia nell’alleviare dolore e disabilità in pazienti con artrosi del ginocchio e dell’anca

Gli autori del lavoro (guidati da Naichuan Su, della Sichuan University di Chengdu) hanno quindi provato a valutare i due approcci combinati in pazienti con osteoartrosi dell’articolazione temporo-mandibolare, misurando le cambiamenti della qualità di vita correlata alla salute orale.

Allo studio, hanno preso parte 211 pazienti consecutivi che sono stati sottoposti a cinque iniezioni settimanali di acido ialuronico e trattati con glucosamina orale per 3 mesi. Per valutare la OHRQoL, i partecipanti sono stati sottoposti al questionario OHIP-C14 (un questionario a 14 item), adattato per la popolazione cinese, in diversi momenti dello studio. I pazienti hanno compilato il questionario prima del trattamento (T0) e dopo il primo mese (T1), il terzo mese (T2) e il sesto mese (T3) dalla prima iniezione.

Durante il follow-up, gli autori hanno osservato cambiamenti significativi dei punteggi riepilogativi dell’OHIP-C14 (P < 0,001). I punteggi hanno mostrato una riduzione significativa dopo uno, 3 e 6 mesi dalla prima iniezione rispetto al valore pre-trattamento (P <0,001) e anche una riduzione significativa tra il primo e il terzo mese (P < 0,001), ma non tra il terzo e il sesto (P = 0,369). Al momento della valutazione pre-trattamento, i punteggi del questionario erano significativamente più alti rispetto ai valori normali (P <0,001), non mostravano più differenze significative dopo il primo mese post-iniezione (P = 0,482) e sono risultati significativamente inferiori dopo 3 mesi (P = 0,013) e dopo 6 (P = 0,003). Inoltre, le variazioni dei punteggi non hanno mostrato variazioni significative nei diversi gruppi di età (P = 0,012), mentre non sono emerse differenze significative nei due sessi (P = 0,293). “Anche se abbiamo identificato cambiamenti statisticamente significativi, non è chiaro se tali cambiamenti siano rilevanti anche dal punto di vista clinico” avvertono, però, gli autori nelle conclusioni. Il team cinese auspica quindi che in futuro si facciano trial clinici di qualità elevata per valutare l’efficacia e la sicurezza delle infiltrazioni di acido ialuronico abbinate al trattamento con glucosamina orale per i pazienti affetti da artrosi dell’articolazione temporo-mandibolare. Alessandra Terzaghi

N. Su, et al. Evaluation of arthrocentesis with hyaluronic acid injection plus oral glucosamine hydrochloride for temporomandibular joint osteoarthritis in oral-health-related quality of life. Journal of Cranio-Maxillo-Facial Surgery 42 (2014) 846e851.


Intervista al dr. Salvatore Denaro, consigliere ASON e direttore UOC Riabilitazione ASP Siracusa

Intervista al Dott. R. Raman, Department of Trauma and Orthopedics Hull Royal Infirmary, United Kingdom

Il dott. Raman ha parlato della sua pluriennale esperienza nel trattamento di pazienti osteoartrosici con la viscosupplementazione, una procedura terapeutica in grado di agire efficacemente sulla riduzione del dolore ed il miglioramento della funzionalità.
Il dott. Raman ha sottolineato come tale tecnica sia in grado di dare ottimi risultati in pazienti giovani e su persone che non hanno problemi meccanici alle articolazioni, ma anche dei  migliori risultati degli acidi ialuronici cross-linkati , sia in termini di sicurezza ed efficacia, rispetto a quelli lineari.

Intervista al Dott. Prisco Piscitelli del Dipartimento di Medicina Interna, Università degli Studi di Firenze, realizzata in occasione del IV Simposio ANTIAGE svoltosi a Roma dal 3 al 5 ottobre 2012

Il Dott. Piscitelli ha condotto una valutazione farmacoeconomica sull’effetto della terapia infiltrativa in pazienti selezionati per un impianto di protesi.  La possibilità di ritardare la protesizzazione anche fino a due anni attraverso infiltrazioni di acido ialuronico consente non solo di coprire ampiamente i costi della terapia infiltrativa ma anche di risparmiare risorse preziose.

Intervista al Prof. Fabio Donelli, Ortopedico, Medico dello sport e Medico legale, Milano, Scuola di Specializzazione in Medicina dello sport e professore a contratto, Università di Brescia


Intervista al Dott. Andrea Delle Sedie, Unita Operativa di Reumatologia, Università di Pisa


Intervista al Dott. Emanuele Brizzi, Divisione di Reumatologia, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, Roma


Intervista al Dott. Umberto Massafra, Divisione di Reumatologia, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, Roma

Intervista alla Prof.ssa Magda Scarpellini, Direttore U.O. Reumatologia, Ospedale “G. Fornaroli” Magenta (MI) realizzata in occasione del IV simposio ANTIAGE svoltosi a Roma dal 3 al 5 ottobre 2012

I biomarker sono degli indicatori utili a misurare processi biologici e outcome di malattia. Ad oggi esistono 28 biomarkers solubili validati per l’osteoartrosi; essi sono misurabili nel sangue, nelle urine o nel liquido sinoviale e danno importanti informazioni sulla patologia a livello metabolico molecolare. Costituiscono, pertanto, un utile strumento per il medico, sia per la diagnosi che per la gestione della terapia, che si affianca alla valutazione clinica.

La società Bioventus, azienda leader nella terapia ortopedica, ha annunciato di aver firmato un accordo con la società Galderma per acquisire gli asset internazionali dell’acido ialuronico Durolane per il trattamento del dolore artrosico in diverse articolazioni. I termini finanziari dell’accordo non sono stati resi noti.

Attualmente, l’acido ialuronico viene prodotto da Galderma e commercializzato da Bioventus in molti Paesi al di fuori degli Stati Uniti, tra cui Europa, Canada e Australia. Con il nuovo accordo, Galderma continuerà a produrre il farmaco ma Bioventus controllerà tutti i progetti futuri e la distribuzione del prodotto al di fuori del Stati Uniti.

Durolane contiene 20 mg/ml di acido ialuronico stabilizzato non animale (NASHA) in soluzione fisiologica tampone di cloruro di sodio pH7. Durolane è un gel viscoelastico trasparente e sterile fornito in una siringa di vetro. Durolane è una preparazione monodose e deve essere iniettato solamente una volta per trattamento. Il prodotto è disponibile in due formulazioni, 3ml per l’osteoartrosi da lieve o moderata delle ginocchia o dell’anca e 1 ml per le articolazioni di dimensioni ridotte. Il prodotto è approvato anche per il trattamento del dolore nell’artrosi della caviglia, spalla, gomito, polso e dita della mano e del piede. L’acido ialuronico è anche approvato per la riduzione del dolore dopo artroscopia articolare in presenza di artrosi o dopo intervento chirurgico entro tre mesi dalla procedura.

Bioventus è azienda leader riconosciuta nell’ambito dei dispositivi di stimolazione ossea ed è tra i principali distributori di trattamenti dell’osteoartrosi per via iniettiva. Le terapie di guarigione attiva interagiscono con il processo di guarigione naturale dell’organismo, riducendo il tempo di recupero e potenzialmente minimizzando il costo totale della cura.

Arezzo 27-30 giugno 2012


Relazione integrale del Dott. Umberto Massafra

Un trattamento conservativo della capsulite adesiva della spalla, basato su una combinazione di terapia farmacologica e riabilitazione può risultare efficace contro il dolore e la rigidità nel 96% dei casi.

Lo evidenzia uno studio di autori italiani, pubblicato su Joint, che ha coinvolto 52 pazienti con capsulite adesiva idiopatica, di cui 40 donne e 12 uomini, di età compresa tra i 36 e i 52 anni.

Nel 65,4% dei casi la spalla interessata dalla patologia era la sinistra, mentre nei restanti 34,6% la destra e nel 67,3% il problema riguardava il lato non dominante.

Nel 38,5% dei pazienti la malattia aveva esordito dopo un lieve trauma, mentre nel 61,5% in assenza di qualunque evento traumatico.

Inoltre, il 30,8% del campione aveva una malattia endocrina o metabolica. Nei pazienti diabetici, spiegano gli autori nell’introduzione, la capsulite adesiva ha un’incidenza compresa tra il 10 e il 20%.

Il trattamento di prima scelta di questa patologia si fonda sulla terapia riabilitativa, finalizzata a ottenere il recupero funzionale dell’articolazione scapolo-omerale ed evitare l’intervento chirurgico. In questo studio, invece, gli autori hanno testato un trattamento conservativo basato sull’aggiunta di una terapia farmacologica al protocollo riabilitativo.

In particolare, i pazienti sono stati sottoposti a iniezioni locoregionali di 10 ml di anestetico locale (ropivacaina 2mg/ml) e iniezioni intrarticolari e subacromiali di 2 ml di acido ialuronico (Hyalgan) tre volte in una settimana. Sette pazienti che presentavano una limitazione del movimento particolarmente severa sono stati trattati anche con blocco anestetico del nervo soprascapolare e/o con triamcinolone acetonide a basso dosaggio.

In concomitanza con le iniezioni di analgesico, i pazienti hanno iniziato un programma di fisioterapia che consisteva in esercizi di stretching della capsula e dei ventri muscolari in tutte le direzioni ed esercizi in scarico per favorire il recupero del movimento passivo.

Con quest’approccio combinato, riferiscono gli autori, si è ottenuto un recupero pressoché completo del range di movimento (ROM) in 50 pazienti su 52. I valori medi del ROM pre-trattamento erano di 85° per l’elevazione in avanti, 75° per l’abduzione, 25° per l’extra-rotazione e 15° per l’intra-rotazione. Dopo il trattamento, i valori medi del ROM sono migliorati in modo marcato, aumentando rispettivamente fino a 175°, 175°, 87,5° e 75°.

Fin dalla prima sessione di trattamento, riferisce il team italiano, si sono osservati una riduzione del dolore e un lento e graduale recupero della mobilità articolare. Dopo una media di 5-7 settimane e una media di 15-20 sessioni di trattamento combinato si sono ottenuti una risoluzione quasi completa della sintomatologia e un recupero soddisfacente del ROM.

Inoltre, nessuno dei soggetti che ha risposto al trattamento ha mostrato una ricaduta all’ultima visita di controllo.

Solo due pazienti, che erano affetti da diabete insulino-dipendente, si sono dimostrati resistenti e hanno dovuto sottoporsi a rilascio capsulare per via artroscopica.

Nella discussione, Adriano Russo (dell’IFCA di Firenze) e i colleghi spiegano di aver scelto di utilizzare un acido ialuronico a basso peso molecolare associato a un anestetico locale per via del suo effetto favorevole sull’elasticità del tessuto connettivo.

Inoltre, gli autori sottolineano che il loro risultato – una risoluzione del quadro clinico nel 96,1% dei casi dopo una media di 5-7 settimane di trattamento – è superiore a quelli riportati in studi precedenti.

Alla luce dell’efficacia dimostrata dall’approccio combinato testato in questo studio, Russo e i colleghi concludono che il trattamento chirurgico della capsulite adesiva dovrebbe essere riservato solo a quei casi (pochi nel loro campione) resistenti al trattamento conservativo.

A Russo, et al. Conservative integrated treatment of adhesive capsulitis of the shoulder. Joints. 2014;2(1):15-19.

Intervista al Prof. Marco Guelfi Past President Società Italiana di Caviglia e Piede Membro del Consiglio Direttivo Società Europea della Caviglia e del Piede (EFAS)

La caviglia è fra le articolazioni maggiormente soggette a traumi e, proprio per questo motivo, la sua cartilagine è dotata di una struttura tale da renderla meno usurabile.
Le patologie che più frequentemente si riscontrano a livello di questa articolazione sono le condropatie post traumatiche e la degenerazione articolare che possono essere trattate con l’impiego di prodotti somministrati per via intra-articolare.
La scelta del trattamento dipende dalla gravita della patologia da trattare e, nel caso specifico dell’acido ialuronico, nei casi meno gravi è consigliabile utilizzare un acido ialuronico a basso peso molecolare in grado di indurre una più spiccata azione biologica, mentre nei casi più gravi può essere indicato l’impiego di un prodotto a più alto peso molecolare (gel) nel quale è prevalente l’azione di viscosupplementazione.

L’infiltrazione della caviglia richiede particolare accortezza in quanto i punti di repere sono molto vicini alle strutture anatomiche più delicate quali vasi e nervi; pertanto, per entrare con sicurezza nell’articolazione è necessaria un’accurata conoscenza dell’anatomia dell’articolazione, è importante individuare in modo chiaro i punti di repere e conoscere la localizzazione di tendini, vasi e nervi.

Intervista al Dott. Piero Boni, Medico Veterinario

Una singola iniezione di cellule staminali mesenchimali (MSC) nel menisco dopo l’ intervento chirurgico al ginocchio è sicura, allevia il dolore artrosico e può facilitare la rigenerazione, stando ai risultati di un piccolo studio pubblicato di recente sulla rivista Journal of Bone and Joint Surgery. Tuttavia, almeno un esperto mette in dubbio l’utilità clinica del metodo

Solo negli Stati Uniti, ogni anno, sono almeno un milione le persone sottoposte a un’artroscopia del ginocchio, ma il tasso di fallimento è del 20-24%. La meniscectomia laterale parziale aumenta di 10-20 volte il rischio sviluppare artrosi nei mesi e negli anni successivi all’intervento.

Le MSC sono tra le cellule staminali più studiate e in modelli animali hanno dimostrato di stimolare la rigenerazione del menisco, in quanto si dividono per dare origine a cellule che si differenziano come tessuti connettivi; in più, hanno anche effetti antinfiammatori e immunomodulatori.

Pertanto, un gruppo coordinato da C. Thomas Vangsness Jr, della University of Southern California a Los Angeles , ha condotto uno stadio di fase I/II randomizzato, controllato e in doppio cieco in cui sono state utilizzate cellule staminali mesenchimali per alleviare il dolore e rigenerare la cartilagine dopo la meniscectomia.

Per il loro trial hanno coinvolto 55 pazienti di età compresa tra 18 e i 60 anni sottoposti a meniscectomia parziale mediale e li hanno trattati con una singola iniezione di cellule staminali mesenchimali nel ginocchio da 7 a 10 giorni dopo l’intervento. A un primo gruppo, di 18 pazienti, sono state iniettati 50 milioni di cellule staminali mesenchimali, a un secondo, sempre di 18 pazienti, ne sono state iniettate 150 milioni e a un terzo di controllo, di 19 pazienti, è stato iniettato solo ialuronato di sodio, la matrice in cui sono state sospese le cellule staminali mesenchimali iniettate negli altri gruppi. Le staminali provenivano dal midollo osseo di volontari sani di età compresa tra i 18 e i 30 anni.

I ricercatori hanno quindi usato la risonanza magnetica per valutare la sicurezza del trattamento, la rigenerazione del menisco e la condizione generale del ginocchio a 6 settimane, 6 mesi, un anno e 2 anni dopo l’intervento. I partecipanti hanno valutato l’intensità del dolore e la funzionalità del ginocchio utilizzando una scala analogica visiva e la scala di Lysholm.

Il trattamento è apparso sicuro. Non si è formato tessuto ectopico e il volume meniscale è aumentato di più del 15% nel 24% dei pazienti del primo gruppo e del 6% di quelli del secondo dopo un anno (P = 0,022). L’aumento del volume non è risultato statisticamente significativo a 2 anni, e si è mantenuto solo in tre pazienti, tutti del primo gruppo.

I pazienti artrosici trattati con le staminali hanno riferito una riduzione del dolore maggiore rispetto ai pazienti di controllo artrosici. All’inizio dello studio, l’artrosi interessava sette pazienti del gruppo di controllo, undici del primo gruppo e 12 del secondo gruppo il dolore al ginocchio era simile nei tre gruppi.

Sulla scala VAS a 100 mm per il dolore, il miglioramento relativo medio è stato di 18,8 millimetri in 6 settimane, aumentati a 27,3 millimetri a 2 anni nel primo gruppo. Un aumento analogo è stato osservato nel secondo gruppo, in cui il miglioramento relativo medio è stato di 14,6 millimetri in 6 settimane e di 24,1 millimetri a 2 anni. Sia nel primo sia nel secondo gruppo la differenza rispetto al gruppo di controllo è risultata statisticamente significativa dopo 2 anni (rispettivamente, P = 0,05 e P = 0,04).

Lo studio fornisce la prova della sicurezza, del miglioramento del dolore al ginocchio e della rigenerazione del menisco, concludono i ricercatori.

Tra i limiti dello studio ci sono le differenze di interpretazione della risonanza magnetica tra i diversi centri e differenze nella percentuale di pazienti artrosici nei tre gruppi. Inoltre, sottolineano gli autori, sono necessarie ulteriori indagini per determinare se una dose maggiore di cellule staminali mesenchimali o iniezioni supplementari con qualsiasi dosaggio siano utili.

In un commento di accompagnamento, Henry B. Ellis , del Texas Scottish Rite Hospital for Children di Dallas, sottolinea che le piccole dimensioni del campione potrebbero rappresentare un problema, in quanto i membri del gruppo di controllo pesavano significativamente meno e perché in questo gruppo c’erano meno soggetti artrosici rispetto ai gruppi trattati con le staminali.

Ellis afferma, inoltre, che l’approccio potrebbe non essere utile per tutti i pazienti. Dei 35 pazienti trattati con le staminali mesenchimali, solo il 14% ha mostrato un aumento del volume del menisco a un anno e solo il 9%) un aumento a 2 anni. “Anche se gli autori hanno dimostrato una differenza statisticamente significativa , questo dimostra un’effettiva rilevanza clinica?” scrive Ellis. L’esperto conclude che le evidenze indicano come le cellule staminali mesenchimali siano in grado di alleviare il dolore, ma non mostrano ancora una rigenerazione sufficiente in abbastanza pazienti perché il trattamento possa essere considerato di utilità clinica.

C.T. Vangsness, et al. Adult Human Mesenchymal Stem Cells Delivered via Intra-Articular Injection to the Knee Following Partial Medial Meniscectomy: A Randomized, Double-Blind, Controlled Study. J Bone Joint Surg Am. 2014;96:90-98.
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Intervista al dr. Cosimo De Bari Università di Aberdeen UK


Intervista al Dott. Piero Boni, Medico Veterinario


Intervista al Dott. Gianluca Vadala’, Ortopedico e Traumatologo, Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma

Le tecniche e i prodotti impiegati in terapia infiltrativa sono in costante sviluppo e in continuo aggiornamento e ciò potrebbe forse far pensare che questa tecnica di trattamento abbia origini recenti nella medicina occidentale. In realtà non è così, tanto che l’efficacia di questa metodica (o meglio di questo insieme di tecniche) è comprovato da un ampio numero di pubblicazioni scientifiche.
In particolare l’adozione delle iniezioni antidolorifiche in sede intra-articolare e peri-articolare è avvenuta più di 60 anni fa, contestualmente alla disponibilità di principi farmacologici adatti, ovvero ai cortisonici e agli anestetici locali. Più recente, invece, ma altrettanto ricco di evidenze scientifiche, è l’impiego intra-articolare dell’acido ialuronico, molecola che è stata ufficialmente introdotta in Italia verso la metà degli anni Ottanta.

I cortisonici
Risale al 1948 il primo impiego dei cortisonici per via sistemica per il trattamento dell’artrite reumatoide, sperimentato dal gruppo di Philip Hench alla Mayo Clinic, ma fu Jo Hollander nel 1951 il primo clinico a proporne l’uso locale mediante la tecnica infiltrativa, allo scopo di controllare il dolore e limitare il processo infiammatorio. In particolare, egli mise a punto l’impiego del composto F (idrocortisone acetato) all’interno di un’articolazione infiammata a causa dell’artrite reumatoide, oltre all’uso del prednisolone butil acetato per prolungare i benefici dell’effetto. La tecnica sviluppata inizialmente e i tipi di cortisonici utilizzati, pur con alcune piccole modifiche, sono rimasti sostanzialmente immodificati fino a oggi. Il primo, “classico” distretto anatomico a essere stato oggetto di studi è stato il ginocchio (lo stesso avverrà nel caso degli studi iniziali compiuti mediante iniezione locale di anestetici locali e, molto tempo dopo, acido ialuronico).

Gli anestetici locali
Nello stesso periodo in cui nasceva e s’imponeva l’uso intra-articolare (ma anche peri-articolare) dei cortisonici per il trattamento di varie patologie ortopediche, traumatologiche e reumatologiche, prendeva avvio l’altrettanto importante settore della terapia infiltrativa con anestetici locali per il trattamento del dolore causato da affezioni osteomuscolari. Nonostante si faccia uso di questi farmaci da oltre 50 anni, non esiste un’ampia letteratura sulla loro efficacia nella terapia infiltrativa di patologie a carico delle articolazioni e dei tessuti molli; ciò è davvero sorprendente considerando che questo tipo di iniezioni sono tra le più frequenti nella pratica ambulatoriale. In ogni modo, varie linee guida nazionali e internazionali ne raccomandano l’impiego, soprattutto in caso di dolore alla spalla e al ginocchio, mentre l’auspicio è che vari gruppi di ricerca lavorino per fornire quelle prove di efficacia che la contemporanea impostazione della pratica medica correttamente esige.

L’acido ialuronico
L’iniezione di farmaci in sede intra e peri-articolare per le malattie reumatiche rappresenta dunque una tecnica consolidata: in particolare lo è l’iniezione di miscele di cortisonici e anestetici locali miscelati insieme, che determina un sollievo immediato dal dolore, la riduzione del versamento articolare e un buon recupero funzionale. Più recente è invece l’impiego intra-articolare dell’acido ialuronico, molecola che svolge molteplici funzioni positive, tra le quali spiccano per importanza quelle di lubrificazione viscoelastica, di sostegno al trofismo cartilagineo e di ristabilimento dell’ambiente biochimico intra-articolare. Tutte caratteristiche che favoriscono la modificazione del decorso della degenerazione artrosica (l’indicazione principale), ma che sono benefiche in tutte le patologie in cui si instaura un’alterazione dell’omeostasi articolare accompagnata da sintomatologia dolorosa. Nel caso dell’iniezione intra-articolare di acido ialuronico, fin da subito si è sviluppata una ricerca clinica di grande impatto, che ha portato rapidamente allo sviluppo di una notevole quantità di prodotti che, a partire da quelli a bassomedio peso molecolare (0.5-3.6 MDalton), si sono evoluti verso quelli cross-linkati che hanno permesso di ottenere molecole di acido ialuronico con peso molecolare analogo a quello presente nel liquido sinoviale di un’articolazione sana (6 MDalton) e anche oltre.


Intervista al Dott. Salvatore Denaro, Direttore UOC Medicina Fisica e Riabilitazione ASP Siracusa


Relazione integrale del Dott. Raveendhara R Bannuru


Dott. Maurilio Guzzardella, UOC di Ortopedia Bentivoglio, Istituto Ortopedico Rizzoli, Bologna


Intervista al Dott. Orazio De Lucia, UOC Divisione e Cattedra di reumatologia, Istituto Ortopedico G. Pini, Milano

Intervista realizzato al Prof. Alberto Migliore, UOS di Reumatologia Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli, Roma e Presidente Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare dell’Anca con Guida Ecografica (ANTIAGE), in  occasione del congresso EULAR  tenutosi a Madrid dal 12 al 15 giugno 2013

L’impiego dell’acido ialuronico dovrebbe essere valutato accuratamente a seconda del tipo di paziente, delle sue condizioni fisiche, della sua età, dello stadio evolutivo della sua malattia; infatti, solo utilizzando opportuni criteri di inclusione ed esclusione al trattamento, si potranno massimizzare gli effetti terapeutici della viscosupplementaizone.

In caso di trattamenti ripetuti è opportuno ripetere le infiltrazioni non appena si ripresentano i sintomi, oppure infiltrare prima della loro ricomparsa, in modo da rendere la terapia infiltrativa un trattamento di fondo per controllare efficacemente la patologia e ridurre il consumo di antiinfiammatori.


Intervista al Dott. Vincenzo Ieracitano, Consigliere Federale, Federazione Medico-Sportiva italiana (FMSI), Presidente Commissione Medica, Federazione Italiana Rugby (FIR), Responsabile medico squadra nazionale italiana di rugby

Intervista realizzata al Dr. Maurizio Pagliuca, Direttore Tecnico di Altergon Italia, in occasione di un incontro svoltosi a Milano il 16 maggio 2012 dal titolo “L’acido ialuronico ed i suoi usi visti da vicino”.

L’acido ialuronico si produce per estrazione da tessuti di origine animale e vegetale o attraverso biofermentazione.
Altergon Italia è un’azienda fortemente impegnata in questo settore, producendo circa 800 kg di acido ialuronico all’anno, esclusivamente per via fermentativa.


Dott. Maurilio Guzzardella, UOC di Ortopedia Bentivoglio, Istituto Ortopedico Rizzoli, Bologna


Intervista al Dott. Sandro Tormenta, Dipartimento Diagnostica per Immagini, Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli, Roma

Intervista al dr. Sandro Tormenta Ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma

Viscosupplementazione in medicina sportiva: le linee guida USA e quelle italiane in arrivo. La terapia infiltrativa nello sportivo over 50, primo PDTA ospedaliero per l’osteoartrosi e la terapia infiltrativa intra-articolare. Impiego di Hylastan SGL-80 nell’artrosi di ginocchio severa di grado III. Sono alcuni dei temi di cui parliamo nello speciale dedicato al VII simposio ANTIAGE di Roma.

Si terrà a Roma dal 3 al 5 ottobre il  IV simposio nazionale per la Terapia Intra-articolare dell’Anca con Guida Ecografica (A.N.T.I.A.G.E.). Il congresso  è strutturato per approfondire  e discutere sulle  principali tematiche correlate alla terapia infiltrativa intra-articolare dell’anca, ma non solo. Le relazioni saranno l’occasione per confrontarsi sulle esperienze dei vari centri italiani in merito ai prodotti utilizzati, al loro dosaggio, agli effetti collaterali ed efficacia nell’ambito delle malattie reumatiche . Sarà dato inoltre spazio alle diverse metodiche di imaging ed alle nuove prospettive terapeutiche. Quindi un evento interdisciplinare indirizzato a reumatologi, fisiatri, ortopedici, radiologi, internisti, terapisti del dolore , medici dello sport.

Vai al sito del congresso

Intervista al Dott. Alberto Migliore, UOS di Reumatologia Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli, Roma – Presidente  Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare dell’Anca con Guida Ecografica (ANTIAGE)

Il prossimo congresso ANTIAGE, che si svolgerà a Roma dal 3 al 5 ottobre 2012, sarà l’occasione per discutere non solo di temi strettamente correlati all’impiego dell’acido ialuronico ed alle modalità di trattamento nell’osteoartrosi dell’anca, ma anche le principali novità nel settore.

BMI elevato e severità radiologica di malattia: questi i fattori chiave associati alla mancata risposta alla terapia infiltrativa con acido ialuronico (HA), secondo un’analisi post-hoc di un trial multicentrico, in doppio cieco, presentato nel corso del Congresso annuale EULAR, tenutosi la scorsa settimana a Londra.
 
“I risultati di questo studio potrebbero avere un impatto sulla pratica clinica quotidiana ed essere di valido aiuto per l’implementazione di future raccomandazioni internazionali sul trattamento della gonartrosi – hanno dichiarato gli autori nel corso della presentazione del lavoro al congresso”.
 
“Infatti – aggiungono – una selezione più stringente dei pazienti eleggibili alla viscosupplementazione potrebbe ottimizzare l’efficacia del trattamento e limitarne l’esecuzione in quei pazienti a rischio di outcome sfavorevoli”.
 
La terapia infiltrativa con acido ialuronico (HA) è utilizzata a livello mondiale per migliorare sia il dolore che la funzione fisica nei pazienti affetti da osteoartrite al ginocchio di grado lieve-moderato. Ciò nonostante, i tassi di risposta al trattamento, documentati nella maggior parte dei trial clinici sull’efficacia di questo intervento, si attestano, nelle migliori condizioni, intorno al 60-70%.
 
A ciò si aggiunga la limitata disponibilità, in letteratura, di dati relativi all’esistenza di predittori del successo del trattamento infiltrativo.
Per chiarire la questione, gli autori di questa analisi post-hoc hanno studiato 166 pazienti, di cui erano disponibili i dati clinici e radiologici, che avevano preso parte ad un trial clinico di 205 pazienti con gonartrosi sintomatica.
 
Nello specifico, il trial ha messo a confronto una formulazione di HA combinata con mannitolo 3,5% (1-1,5 megadaltons, 31 mg/2 mL) con una formulazione di HA da solo (2,4-3,6 megadaltons, 20 mg/2 mL).
 
I pazienti reclutati nel trial erano stati sottoposti a 3 iniezioni settimanali per via intra-articolare e quelli che avevano soddisfatto i criteri OMERACT-OARSI a 6 mesi dall’inizio della terapia infiltrativa era stati classificati come “responder” al trattamento in questione.
 
I due bracci di trattamento del trial si equivalevano, sostanzialmente, sia dal punto di vista clinico che demografico: ciò ha consentito di raccogliere i dati in pool per la successiva analisi secondaria.
 
I pazienti, in toto, avevano un’età media di 65 anni, una storia di almento 4 anni (49 mesi) di gonartrosi, ed erano in maggioranza in sovrappeso, come indicato dal valore medio di BMI rilevato, pari a 28 kg/m2.
 
L’analisi a 6 mesi dall’inizio della terapia infiltrativa ha mostrato che il 68% dei pazienti era “responder” alla viscosupplementazione, e che i punteggi medi relativi al dolore e quelli totali WOMAC si erano ridotti di più del 40%.
 
Le analisi univariate e multivariate hanno individuato nel BMI elevato e nel restringimento radiografico severo dell’articolazione tibiofemorale i fattori predittivi di mancata risposta alla terapia infiltrativa con HA.
 
Anche l’età avanzata e una storia pregressa di viscosupplementazione o di terapia intra-articolare con corticosteroidi (CS) sono risultati associati alla mancata risposta alla terapia infiltrativa con HA. In questo caso, però, l’associazione non ha raggiunto la significatività statistica.
 
Messi insieme, però, questi 4 fattori di rischio sopra menzionati sono stati in grado di mostrare un impatto cumulativo sull’outcome sfavorevole della mancata risposta al trattamento.
In particolare, è stato osservato che tutti i pazienti che non presentavano i 4 fattori di rischio sopra indicati, soddisfacevano i criteri di risposta alla viscosupplementazione.
 
Il tasso di risposta al trattamento scendeva, rispettivamente, al 70%, invece, nei pazienti che presentavano 2 fattori di rischio e al 30% in quelli che presentavano 4 fattori di rischio.
 
Nel commentare i risultati, gli autori, pur riconoscendo la difficoltà nel decidere se ricorrere alla viscosupplementazione nei pazienti obesi e in quelli in cui la gonartrosi è grave al punto tale da necessitare del ricorso all’intervento di artroplastica totale del ginocchio, suggeriscono di evitare il ricorso alla terapia infiltrativa con HA nei pazienti ultra65enni, con OA sintomatica e severa dal punto di vista radiografico, in assenza di controindicazioni alla chirurgia e all’anestesia.
 
La viscosupplementazione, invece, sempre stando agli autori dello studio, è da considerare una valida opzione terapeutica nei pazienti con OA radiologica severa se i pazienti sono più giovani, affetti da più comorbidità, o sono refrattari alla chirurgia.
 
NC
 
Riferimento bibliografico
Eymard F et al. Predictive factors of failure of viscosupplementation in patients with knee osteoarthritis. Results of a post-hoc analysis of a double blind, controlled non inferiority trial.
Eular 2016; London: Abstract OP0135


In questo video abbiamo inserito le immagini dell’International Symposium on Intra-Articular Treatment (ISIAT) che si è svolto a Lisbona il 3-5 ottobre 2019.
Giunto alla 5° edizione, l’ISIAT è diventato un appuntamento importante per tutti coloro che in Europa, e anche in alcuni Paesi extra europei, utilizzano la terapia infiltrativa intra articolare per la cura di patologie degenerative come l’artrosi e per il trattamento di traumi sportivi.
Abbiamo raccolto un po’ di commenti a caldo dei partecipanti e qualche immagine dell’evento. Ci è parso utile lasciare un ricordo di un bellissimo incontro scientifico.

Sono stati recentemente presentati nel corso dell’edizione 2015 del congresso OARSI (Osteoarthritis Research Society International), tenutosi a Seattle, nuovi dati a supporto dell’impiego della terapia infiltrativa con acido ialuronico (HA) nel trattamento dell’osteoartrite (OA).

Il primo, una rassegna sistematica di trial randomizzati sull’impiego di questa opzione terapeutica, ha concluso che la letteratura disponibile depone a favore del modesto beneficio analgesico della terapia in questione un pazienti affetti da gonartrosi (1).

La metanalisi dei 99 trial individuati grazie alla ricerca sistematica della letteratura sull’argomento, condotta sui principali database biomedici esistenti, ha mostrato che, rispetto ai controlli, HA era in grado di alleviare il dolore associato all’OA con un effect size (dimensione dell’effetto, ovvero la forza della relazione esistente fra l’outcome misurato e il trattamento effettuato) pari a -0,39 [-0,47 – -0,41; P<0,001]. Dopo aggiustamento per fattori confondenti, l'effect size si è ridotto a -0,3, rimanendo comunque statisticamente significativo [-0,37 to -0,23; P<0,001]. Il secondo studio presentato al congresso, invece, ha documentato l'efficacia della terapia infiltrativa con HA nel ritardare il tempo all'esecuzione dell'intervento di artroplastica totale del ginocchio (2). Lo studio, ha analizzato in maniera retrospettiva i dati di un database amministrativo USA contenente i dati di 79 milioni di pazienti affetti da gonartrosi sottoposti ad intervento di artroplastica totale del ginocchio nel periodo 2007-2013. L'analisi ha permesso di individuare i dati relativi a 182.022 pazienti affetti da gonartrosi e sottoposti a procedure chirurgica. Di questi, 131.673 (il 72,3%) non era stato trattato con HA mentre 50.349 pazienti (il 27,7% del campione) era stati trattati almeno con un ciclo di iniezioni intra-articolari di HA. Età, sesso e punteggi di comorbidità di Charlson era simili nei due gruppi presi in esame. Tra i pazienti sottoposti a terapia infiltrativa con HA, 36.681 (il 73,2% sul totale) erano stati sottoposti ad un ciclo di terapia, 8.893 (il 17,7% sul totale) a 2 cicli, 2.783 (5,5%) a 3 cicli, 1.052 (2,1%) a 4 cicli e 760 (1,5%) a 5 o più cicli di terapia. I risultati hanno mostrato che nel 28% dei pazienti che erano andati incontro ad almeno un ciclo di terapia infiltrativa con HA, il tempo dalla diagnosi di OA all'intervento di artroplastica si allungava in modo statisticamente significativo rispetto ai controlli (p<0,001). Inoltre, all'aumentare del numero dei cicli di terapia, si allungavano ulteriormente anche i tempi dalla diagnosi di OA all'intervento chirurgico. Questo studio, pertanto, suggerisce come un beneficio clinico significativo – il procrastinarsi del tempo all'intervento di artroplastica del ginocchio - derivante dall'impiego della terapia infiltrativa con HA nell'OA, possa avere ripercussioni importanti sia dal punto di vista clinico che economico (riduzione della necessità del ricorso alla chirurgia). 1. Johansen M et al. Addressing controversies around intra-articular injections with hyaluronic acid in the treatment of osteoarthritis: meta-regression analyses of randomized trials. OARSI 2015: Abstract 39 Leggi

2. Altman R et al. Intra-articular hyaluronic acid delays total knee replacement in patients with knee osteoarthritis: evidence from a largeU.S. Health Claims Database. OARSI 2015: Abstract 674
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Anche quest’anno si è svolto, all’interno del programma SIR (Società Italiana di Reumatologia), il Corso di Formazione Intensiva dedicato alla Terapia Intra-articolare, corso di particolare rilievo all’interno delle tematiche congressuali.

Il corso a numero chiuso, accreditato ECM, con la possibilità di acquisire 3 crediti, era articolato in tre segmenti didattici, tra loro collegati, che si sono svolti nei giorni di giovedì 22, venerdì 23 e sabato 24 novembre.

Il coordinatore del corso, il Prof. A. Migliore (UOS di Reumatologia Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli di Roma) è uno dei pionieri dell’introduzione della tecnica infiltrativa ed è stato affiancato, nella prima giornata dedicata al ginocchio, dal prof. G. Bagnato (Messina), nel secondo giorno, dal prof. A. Delle Sedie (UO di Reumatologia, Università di Pisa), il quale ha esposto le tecniche utili per l’infiltrazione della spalla e dal prof. G. D’avola (Catania), che nella giornata di sabato ha mostrato non solo le tecniche utilizzate per infiltrare la mano, ma anche, su richiesta dei discenti, le tecniche relative al gomito.
L’impegno e l’entusiasmo trasmesso alla sala dai relatori, fa capire come questi ultimi, siano attivamente coinvolti nel voler diffondere la loro esperienza e l’utilizzo delle tecniche infiltrative nella pratica clinica e, allo stesso tempo, ha mostrato, ancora una volta, l’elevato interesse da parte di chi infiltra verso corsi in cui poter “attingere” praticamente e direttamente dall’esperienza degli “esperti”.

Le tematiche trattate, sono state approcciate prima dal punto di vista teorico con la presentazione di slide articolate e ben esposte, poi successivamente dal punto di vista di esercitazioni pratiche su manichini per la tecnica di infiltrazione di articolazioni senza guida ecografica. Il corso ha riscontrato notevole interesse tra i medici tanto che l’afflusso alla sala predisposta, con la possibilità di utilizzarla solo nell’ora dedicata alla pausa pranzo, è risultato più del doppio di quello che si prevedeva (circa 50 richieste su 20 iscrizioni). Tutti i discenti, nell’ultima giornata, hanno espresso il loro entusiasmo e la voglia di ripetere esperienze di alto livello, come quella appena terminata e questo non solo ci fa capire come i medici stiano cambiando la loro ottica di aggiornamento, prediligendo la componente pratica a quella teorica, ma che, soprattutto nel campo della terapia intra-articolare, nel medico che infiltra aumenta sempre più la consapevolezza che solo grazie ad una buona pratica clinica si possono ottenere i risultati desiderati.

Intervista al Prof. Valter Santilli, Ordinario di Medicina fisica e riabilitativa, Sapienza – Università di Roma


Dott. Giovanni Boni, Medico dello Sport, presidente della Federazione Medico Sportiva regione Umbria

Intervista al dr. Davide Integlia, Farmacoeconomista direttore Isheo

Intervista al Prof. Alberto Migliore, UOS di Reumatologia Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli, Roma Presidente Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare dell’Anca con Guida Ecografica (ANTIAGE)

Anche quest’anno si è svolto, all’interno del programma SIR (Società Italiana di Reumatologia), il Corso di Formazione Intensiva dedicato alla Terapia Intra-articolare. Il corso, coordinato dal Prof. Migliore, è stato dedicato all’infiltrazione del ginocchio, della spalla della mano e del gomito.

L’utilità e l’importanza di questi corsi non risiede solo nel fatto di prediligere la componente pratica a quella teorica, ma soprattutto nel fatto che in tema di terapia intra-articolare, nel medico che infiltra, aumenta sempre più la consapevolezza che solo grazie ad una buona pratica clinica si possono ottenere i risultati desiderati.


Intervista al Dott. Antimo Moretti, Ricercatore Medicina Fisica e Riabilitativa, Università della Campania Luigi Vanvitelli


Intervista al Dott. Luciano Wolenski, Medico Chirurgo, Specialista in medicina fisica e riabilitazione, Cesena


Relazione integrale del Dott. Vinod Dasa

Intervista al Prof. Philip Peng, FRCPC in Anestesia, University Health Network – Toronto


Intervista al Prof. Alberto Migliore, Responsabile UOS di Reumatologia, Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli, Roma

Presidente dell’Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare dell’Anca con Guida Ecografica (ANTIAGE)

Uno studio italiano preliminare, recentemente pubblicato su Open Access Journal of Sports Medicine, suggerisce che la viscosupplementazione con Sinovial, un acido ialuronico (AI) a medio peso molecolare, rappresenta un trattamento efficace e sicuro nel migliorare in modo stabile la sintomatologia dolorosa al ginocchio dei calciatori professionisti, favorendo un loro rapido recupero all’attività agonistica.

Lo studio, multicentrico e retrospettivo, è stato realizzato sulla base dei dati degli atleti dimessi dall’unità operativa di reumatologia dell’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma, l’ambulatorio di Medicina dello Sport ANTIAGE e il dipartimento di radiologia “Villa Stuart” della città capitolina.

I presupposti e gli obiettivi dello studio
“I calciatori possono essere soggetti a limitazioni della loro attività agonistica/amatoriale in ragione del dolore al ginocchio, soprattutto dopo attività sportiva – scrivono i ricercatori nell’introduzione al lavoro -. E’ nota, peraltro, l’esistenza di una relazione tra l’osteoartrosi (OA) e l’insorgenza di (micro)traumi ripetuti (…) che coinvolgono le articolazioni e possono dar luogo a lesioni cartilaginee e instabilità articolare, concorrendo allo sviluppo precoce di OA”.

Ciò detto, “…gli atleti colpiti da dolore al ginocchio – proseguono i ricercatori – continuano a praticare l’attività agonistica, a prezzo di difficoltà crescenti e scadimento delle performance”.

La terapia infiltrativa intra-articolare con acido ialuronico (AI) rappresenta un’opzione terapeutica con documentazione di efficacia nella gestione dell’OA. Fino ad ora, però, non esistono molti dati in letteratura sul suo impiego negli atleti.

Di qui il nuovo studio, che si è proposto di approfondire le conoscenze sul profilo di efficacia e di sicurezza della viscosupplementazione con AI nei calciatori con sintomatologia dolorosa al ginocchio e di stabilire se tale modalità di trattamento potrebbe configurarsi come un’opzione terapeutica affidabile nella gestione dell’OA durante le prime fasi di malattia.

Disegno dello studio
Lo studio ha analizzato retrospettivamente i dati relativi a 17 calciatori (16 di sesso maschile, 1 di sesso femminile), aventi un’età media di 39,8 anni, con dolore al ginocchio valutato clinicamente, a cui ha fatto seguito un esame radiografico dell’articolazione colpita da dolore.

I pazienti selezionati erano stati sottoposti ad esami di laboratorio (valutazione della VES, dei livelli di proteina reattiva C, acido urico e conta ematica) prima dell’intervento di VS.

I ricercatori hanno preso in considerazione solo i dati relativi ai pazienti che erano stati sottoposti ad esame ecografico del ginocchio prima dell’infiltrazione; eventuali fenomeni di effusione o di presenza di cisti sono stati motivo di ricorso a drenaggio prima della terapia intra-articolare.

Inoltre, solo i dati relativi a pazienti con gonartrosi di grado I-II secondo la classificazione K-L sono stati analizzati indipendentemente dal dolore riportato su scala VAS da 0 a 10.

Sono stati inclusi nell’analisi tutti i pazienti sottoposti a infiltrazione con AI di medio PM (800-1.200 Kda), alla concentrazione di 8 mg/ml, sia all’inizio dello studio che a distanza di 2 settimane.

I ricercatori hanno registrato il punteggio VAS sia all’inizio dello studio che dopo uno e due giorni dalla prima infusione, a 2 settimane (giorno della seconda infusione), dopo uno e due giorni dalla seconda infusione e, rispettivamente, dopo 4, 12 e 24 settimane.

L’indice di severità dell’OA è stato espresso mediante punteggio LI, mentre il calcolo del PGA (su scala da 1 a 10) è stato effettuato sia all’inizio dello studio che dopo 1 settimana, nonché a 4, 12 e a 24 settimane.

Risultati principali
Dall’analisi dei dati è emerso che due pazienti (un uomo e una donna) sono andati incontro ad effusione articolare. Due pazienti hanno riferito dolore articolare importante dopo l’infiltrazione (che è regredito, però, senza necessità di ricorrere ad altri farmaci).

In corrispondenza della prima settimana, i risultati hanno evidenziato un miglioramento di tutti i parametri considerati, la cui entità è rimasta immutata fino alla fine del follow-up.

Un giorno dopo la prima e la seconda infiltrazione, i pazienti hanno riferito un lieve incremento del dolore percepito (parametrato su scala VAS) che, tuttavia, non ha mai raggiunto la significatività statistica e che si è risolto spontaneamente dopo un giorno.

Tutti gli atleti hanno ripreso con successo la loro attività agonistica dopo la prima infiltrazione nel giro di 3,1 giorni (SD:±2), continuando a giocare dopo la seconda infiltrazione previa nostra indicazione ad un solo giorno di sospensione.

Le implicazioni dello studio
“Lo studio, il primo report sull’impiego della VS con AI in calciatori con dolore sintomatico al ginocchio, suggerisce come tale opzione di trattamento comporti una rapida risoluzione della sintomatologia (dolore e funzione del ginocchio colpito da OA) – scrivono i ricercatori nella discussione del lavoro”.

“L’AI impiegato, inoltre – continuano – è stato in grado non solo di alleviare la sintomatologia ma anche di consentire un rapido recupero all’attività agonistica, e questo è di particolare rilevanza per quanti svolgono attività sportiva professionistica”.

“A questo punto – concludono i ricercatori – saranno necessari studi di dimensioni più ampie e tempi di follow-up maggiori per confermare quanto osservato e verificare la fondatezza dell’ipotesi di un possibile effetto protettivo della VS con AI sulla progressione di malattia”.

Bibliografia
Migliore A et al. Use of viscosupplementation for the recovery of active football players complaining of knee pain. Open Access J Sports Med. 2019; 10: 11–15.
Leggi


Intervista al Dott. Stefano Stisi, Dirigente Medico – Specialista in Reumatologia, Responsabile del reparto di reumatologia dell’Azienda Ospedaliera G. Rummo di Benevento

Intervista al Dott. Sandro Tormenta, Dipartimento di Diagnostica per immagini, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, Roma.

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Intervista al Dott. Umberto Massafra, Divisione di Reumatologia, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, Roma

Bordeaux 21-24 Marzo 2012
Link al congresso: http://www.iof-ecceo12.org/

Intervista al Dott. Sandro Tormenta, Dipartimento di Diagnostica per immagini, ospedale San Pietro Fatebenefratelli, Roma.


Intervista al Dott. Francesco Porta, Specialista in Reumatologia, Medicina e Terapia del Dolore, Ospedale S. Maria Maddalena – Rovigo

Recentemente, abbiamo reso conto di un aggiornamento dell’algoritmo ESCEO (The European Society for Clinical and Economic Aspects of Osteoporosis and Osteoarthritis) sulla gestione terapeutica della gonartrosi, che raccomanda il ricorso alla viscosupplementazione con acido ialuronico (HA) come opzione terapeutica di seconda linea nei pazienti che rimangono sintomatici, nonostante l’impiego di FANS (1).
 
Tale raccomandazione si basa su un numero crescente di evidenze che documentano il beneficio della viscosupplementazione con HA nella gonartrosi, per quanto esistano differenze relative alla forza della raccomandazione e alle indicazione d’impiego di questa opzione terapeutica nelle varie Linee guida pubblicate sull’argomento.
 
Nel recensire l’evidenza disponibile dai trial clinici, base per l’implementazione delle raccomandazioni sopra menzionate, è stato ricordato come la viscosupplementazione con HA sia in grado di ridurre il dolore e migliorare la funzione nella gonartrosi, e come i benefici osservati siano di lunga durata rispetto a quelli osservati con la somministrazione intra-articolare (IA) di corticosteroidi (CS).
 
Ma quali sono state le evidenze provenienti dalla pratica clinica reale e dalle survey a supporto dell’impiego della viscosupplementazione con HA nella gonartrosi?
Di questo si è discusso più ampiamente nel corso di una review contenuta all’interno dello stesso fascicolo di Seminars in Arthritis and Rheumatism (2) che ha pubblicato l’aggiornamento ESCEO sulla gestione terapeutica della gonartrosi (1).
 
Evidenze da studi realizzati nella pratica clinica reale
Gli effetti a lungo termine di HA sulla progressione di malattia oltre i 40 mesi sono stati oggetto dello studio AMELIA (the OsteoArthritis Modifying Effects of Long-term Intra-articularAdant) (3), nel corso del quale 306 pazienti affetti da gonartrosi sono stati trattati con 4 cicli di 5 iniezioni IA di HA o placebo. I risultati a 40 mesi hanno documentato che un numero significativamente più elevato di pazienti sottoposti a viscosupplementazione ha risposta al trattamento rispetto al placebo in base ai criteri OARSI 2004 per la valutazione del dolore, della funzione e della valutazione globale dello stato di salute del paziente (80,5% vs 65,8%; RR=1,22; IC95%= 1,07-1,41; p=0,004).
 
Non solo: il numero di pazienti responder al trattamento con HA IA è cresciuto con il numero di cicli di terapia.
“In altri studi osservazionali – ricordano gli estensori della review- la viscosupplementazione con HA è stata efficace nel migliorare sia il dolore a riposo che alla deambulazione, con una durata del controllo della sintomatologia riferita fino a 6 mesi e una riduzione pari al 30-50% del ricorso all’analgesia, il tutto con un’incidenza trascurabile di eventi avversi (AE)”.
 
“Inoltre – aggiungono i ricercatori – è stato documentato in letteratura come, in un lavoro retrospettivo condotto su un database di pazienti destinati ad intervento di artroplastica totale del ginocchi (7.000 sottoposti precedentemente a viscosupplementazione con HA vs 19.627 pazienti non sottoposti a questo intervento farmacologico), ad ogni ciclo di terapia IA è corrisposto un incremento del tempo all’intervento chirurgico pari a 202 giorni (valore mediano) e, dopo 4 o più ciclo di viscosupplementazione, una progressione del tempo all’esecuzione di artroplastica pari a 2,2 anni.
 
Non solo: il tempo dalla prima visita specialistica all’intervento è stato pari, rispettivamente, a 199 giorni nel gruppo non sottoposto a viscosupplementazione e a 443 giorni nel gruppo sottoposto ad un ciclo di terapia IA con HA”.
 
Esiste un effetto della viscosupplementazione dipendente dal peso molecolare della formulazione di HA impiegata?
Permangono incertezze sul ruolo del peso molecolare delle varie preparazioni esogene di HA sulla magnitudo degli effetti clinici sopra rilevati: “La sintesi endogena di HA ad opera dei fibroblasti sinoviali è influenzata sia dalla concentrazione che dal peso molecolare di HA nell’ambiente extracellulare – ricordano i ricercatori-. Con preparazioni di HA esogeno a basso peso molecolare, il binding a livello della matrice cartilaginea articolare è scarso e la biosintesi endogena di HA potrebbe non risultare sufficientemente stimolata.
 
Con preparazioni di HA esogeno a peso molecolare intermedio, invece, il binding alla matrice è elevato e, a causa del numero elevato di recettori stimolati, si ha un innalzamento della sintesi endogena di HA.
 
Infine, con HA esogeno ad elevato peso molecolare, il binding di HA ai recettori è massimale ma le dimensioni elevate di queste molecole limitano il numero di siti che possono essere occupati sulla superficie cellulare, interferendo negativamente sulla stimolazione della sintesi endogena di HA”.
“Ad ogni modo – aggiungono – la maggior parte dei trial testa-a-testa hanno documentato la sostanziale sovrapponibiltà, in termini di efficacia sulla sintomatologia, delle varie preparazioni di HA a diverso peso molecolare utilizzate nella viscosupplementazione”.
 
Quali pazienti sembrano rispondere meglio alla viscosupplementazione con HA?
Le evidenze a riguardo sono molto limitare, ricordano gli estensori della review: “Stando alle poche evidenze disponibili, la viscosupplementazione con HA sembra essere più efficace se il paziente:

  • presenta un’OA moderata, avanzata dal punto di vista radiografico (grado 2, anziché 3, della scala Kellgren-Lawrence)
  • non è molto anziano e
  • presenta un corteo elevato di sintomi (stando ad uno studio presente in letteratura, i pazienti con un indice di Lequesne pari almeno a 10 rispondono meglio al trattamento

Inoltre, la presenza di cristalli non preclude l’impiego della viscosupplementazione e non riduce il livello di risposta.”
 
La viscosupplementazione è sicura?
Le formulazioni di HA utilizzate per la viscosupplementazione nella gonartrosi sono relativamente sicure: “A tal riguardo – ricordano gli estensori della review – una metanalisi di formulazioni di HA approvate negli USA non ha documentato l’esistenza di differenze di outcome di safety rispetto al placebo”.
 
I risultati di una seconda metanalisi, tuttavia, hanno mostrato un numero leggermente più elevato di episodi di reazione locale al sito di iniezione e di artrite non settica post-iniezione in pazienti sottoposti a viscosupplementazione con HA cross-linked ad elevato peso molecolare (6).
 
Riassumendo
L’ESCEO raccomanda l’impiego della viscosupplementazione con HA in pazienti affetti da gonartrosi di grado lieve-moderato, e nei pazienti più severi allo scopo di ritardare il ricorso all’intervento di artroplastica totale del ginocchio.
In attesa di nuovi studi che chiariscano quali altre popolazioni affette da OA possano beneficiare della viscosupplementazione con HA, questo intervento va considerato come parte dell’appoccio multimodale al trattamento della gonartrosi.
 

Bibliografia
1) leggi
2) Maheau E et al. Efficay and safety of hyaluronic acid in the management of osteoarthritis: Evidence from real-life setting trials and surveys. Semin Arthritis Rheum. 2016 Feb;45(4 Suppl):S28-33. doi: 10.1016/j.semarthrit.2015.11.008. Epub 2015 Dec 2.
Leggi

3) Navarro-Sarabia F et al. A 40-month multicentre, randomised placebo-controlled study to assess the efficacy and carry-over effect of repeated intra-articular injections of hyaluronic acid in knee osteoarthritis: the AMELIA project. Ann Rheum Dis 2011;70:1957-1962 doi:10.1136/ard.2011.152017
Leggi

4) Reichenbach S et al. Hylan versus hyaluronic acid for osteoarthritis of the knee: A systematic review and meta-analysis. Arthritis Rheum. 2007 Dec 15;57(8):1410-8.
Leggi

Intervista al Prof. Arsenio Veicsteinas, Ordinario di Fisiologia, Università di Milano

Intervista al Prof. Guido Ferretti, Ordinario di Fisiologia e Direttore dell’Istituto di Medicina dello sport, Brescia

Come fare per valutare l’efficacia della terapia infiltrativa? Al di là della misurazione del dolore ci sono degli indici prognostici che ci consentono di valutarla in maniera oggettiva?
A questa e altre domande risponde la relazione del Dott. Luigi Vignale, Specialista in terapia del dolore e in terapia infiltrativa, Carrara. Il Dott Vignale ha effettuato uno studio molto interessante che valuta l’espansione capsulare come possibile indice prognostico dell’evoluzione dell’artrosi dell’anca.

La relazione, che in questo video si può vedere integralmente, si è tenuta a Roma il 2-3 ottobre 2014 in occasione del V Simposio nazionale dell’ANTIAGE (Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare eco-guidata dell’Anca con Guida Ecografica).

Intervista al Prof. Valter Santilli, Professore Ordinario di Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza- Università di Roma.

Berlino 6-9 Giugno 2012
Link al congress: http://www.eular.org/index.cfm?framePage=/congress_2012.cfm


Relazione integrale del Dott. Thierry Conrozier

Intervista Dott. Giovanni Boni Medico dello Sport, presidente della Federazione Medico Sportiva regione Umbria

Intervista alla dr.ssa Serenella Bacciu Dip. Medicina Fisica e Riabilitativa Univ. Tor Vergata Roma


Intervista alla Dott.ssa Sara Tenti, U.O.C di Reumatologia, AOU Senese

Tra i servizi più utilizzati del sito Terapiainfiltrativa.it vi è il database dei prodotti disponibili in commercio per la terapia infiltrativa. Su questo supplemento cartaceo di Terapia infiltrativa è disponibile la classificazione dei prodotti a disposizione, con una serie di informazioni utili, quali il brand, la casa produttrice, il contenuto della confezione, il prezzo di listino e altro ancora. Uno strumento di pratica consultazione anche quando si è lontani da un computer e non è possibile accedere al database on-line.

Intervista al prof. Alberto Migliore UOC Reumatologia Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, Roma e presidente congresso ISIAT

Intervista al dr. Georgios Filippou dip. Reumatologia Università di Siena

Intervista realizzato al Dott. Giovanni D’Avola Responsabile di Reumatologia e Ambulatorio di Osteoporosi AUSL 3 di Catania, in  occasione del congresso CROI tenutosi a Montesilvano (PE) dal 9 all’11 maggio 2013

L’impiego del gel piastrinico trova il suo razionale d’uso nel fatto che le piastrine costituiscono lo “starter” dei riparativi in tutte le parti del nostro corpo. A partire da sangue autologo, opportunamente trattato per aumentarne la concentrazione piastrinica, si ottiene un preparato che si può utilizzare sia per l’infiltrazione in sede articolare, che, in medicina sportiva, per traumi tendinei.

L’impiego di gel piastrinico è confermato sia in termini di sicurezza che di efficacia nel trattamento dell’artrosi. Le prime esperienze, da confermare con ulteriori studi, riguardano, invece, l’impiego combinato di acido ialuronico e gel piastirnico, una miscela che sembra avere un effetto potenziato rispetto all’uso dei singoli componenti.


Il ginocchio artrosico puo’ essere trattato con infiltrazioni ma quando è indicato utilizzare i cortisonici e quando l’acido ialuronico.

Ne abbiamo parlato con il Dr. Orazio De Lucia UOC Divisione e Cattedra di reumatologia
Istituto Ortopedico G. Pini, Milano

Relazione integrale presentata al congresso di Salsomaggiore Terme dal dott. Orazio De Lucia UO e Cattedra di reumatologia Istituto Ortopedico G. Pini, Milano

Quali sono le differenze tra le varie formulazioni di acido ialuronico disponibili in terapia? Ve ne sono alcuni meglio degli altri oppure le varie formulazioni in commercio rispondono a bisogni differenziati?
A questa e altre domande risponde la relazione del Prof. Alberto Migliore, Responsabile UOS di Reumatologia, Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli, Roma Presidente dell’Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare dell’Anca con Guida Ecografica (ANTIAGE).

Il Prof Migliore è uno dei massimi esperti mondiali di terapia infiltrativa.
La relazione, che in questo video si può vedere integralmente, si è tenuta a Roma il 2-3 ottobre 2014 in occasione del V Simposio nazionale dell’ANTIAGE (Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare eco-guidata dell’Anca con Guida Ecografica).

Intervista al Dott. Andrea Delle Sedie, Unità Operativa di Reumatologia, Università di Pisa

Il dott. Delle Sedie è il coordinatore di un progetto multicentrico a livello nazionale, finalizzato a raccogliere dati sul trattamento con acido ialuronico di un ampio numero di pazienti affetti da artrosi.
Lo studio vuole essere un modo per ampliare le conoscenze sulla terapia infiltrativa con acido ialuronico con il coinvolgimento di diverse esperienze e professionalità focalizzando in particolare l’attenzione sull’impiego di acidi ialuronici corss-linkati.
E’ stato creato inoltre un database aperto, dove ogni medico può richiedere una password di accesso per poter inserire i dati dei propri pazienti ampliando così ancor di più le conoscenze globali di tutto il gruppo.

La terapia intra-articolare con acido ialuronico (AI) assicura un effetto analgesico signficativo rispetto al placebo nei pazienti con gonartrosi di grado lieve-moderato, rispetto alle coorti di pazienti con gonartrosi allo stadio finale (KL grado 4), in assenza di crescita del rischio di eventi avversi legati al trattamento, fino a 6 mesi. La presenza di questi pazienti più gravi nella coorte di pazienti trattati con la VS riduce l’effetto analgesico complessivo osservato, a suggerire che un’attenta fenotipizzazione dei pazienti affetti da gonartrosi potrebbe avere un impatto positivo sugli esiti di trattamento.

E’ questo il messaggio proveniente da una rassegna sistematica di letteratura, con annessa metanalisi, pubblicata su Advances in Therapy, che suggerisce una possibile causa dei risultati diversi relativi alla terapia infiltrativa nella gonartrosi: la scarsa fenotipizzazione dei pazienti che potrebbero trarre maggior vantaggio da questa opzione terapeutica.

Razionale e disegno dello studio

Il grado Kellgren-Lawrence (K-L) rappresenta la misura di severità radiografica di malattia di più frequente utilizzo nella gonartrosi. Alcuni studi suggeriscono che la terapia infiltrativa con AI debba essere presa in considerazione solo nei casi di gonartrosi agli stadi iniziali.

L’obiettivo di questa rassegna sistematica della letteratura è stato quello di determinare se i trial clinici basati sulla somministrazione di AI intra-articolare in pazienti con gonartrosi di grado lieve-moderato hanno mostrato un effetto analgesico del trattamento significativamente maggiore rispetto agli studi che avevano reclutato pazienti con gonartrosi avanzata.

Per prima cosa, è stata condotta una ricerca sistematica della letteratura sui principali database bibliografici medici, al fine di identificare i trial clinici randomizzati e controllati che hanno messo a confronto la terapia infiltrativa con AI vs.placebo e che avevano fenotipizzato la severità di malattia utilizzando i criteri basati sul grado K-L.

L’outcome primario considerato è stato quello della variazione media del sintomo “dolore” dal basale a 4-13 settimane e 22-27 settimane. La safety è stata valutata sul numero totale di partecipanti agli studi che avevano sperimentato un evento avverso legato al trattamento.

Risultati principali

La ricerca esperta di letteratura ha portato all’identificazione di 20 trial clinici randomizzati, sui quali è stata condotta la successiva metanalisi.

Dall’analisi dei dati è emerso, nel sottogruppo di pazienti con OA di grado iniziale-moderato, che la

variazione media dei punteggi relativi al sintomo “dolore” era statisticamente significativa a favore dell’impiego di AI intra-articolare, sia dal basale a 4-13 settimane [SMD = − 0,30, IC95%= -0,44; − 0,15; p < 0,0001] che all’interno del range 22–27 settimane [SMD = − 0,27, IC95%= − 0,39; – 0,16, p < 0,00001]. Non sono state documentate, invece, differenze significative tra gruppo sottoposto a trattamento attivo e gruppo placebo nel sottogruppo di pazienti con gonartrosi avanzata. Infine, per quanto riguarda la safety, la terapia intra-articolare con AI è risultata associata ad un maggior rischio di eventi avversi legati al trattamento rispetto al gruppo placebo nel sottogruppo di pazienti con gonartrosi allo stadio avanzato [RR = 1,76, IC95%=1,16–2,67, p = 0,008]. Implicazioni cliniche

Dalla metanalisi è emerso che la terapia infiltrativa con AI è in grado di garantire un effetto analgesico significativamente superiore rispetto al placebo nei pazienti con gonartrosi di grado iniziale-moderato, in assenza di un aumento del rischio di eventi avversi legati al trattamento, fino a 6 mesi dall’esecuzione del trattamento.

La terapia intra-articolare con AI, invece, non ha dato alcun beneficio rispetto al trattamento con placebo nel sottogruppo di pazienti con OA avanzata, ed è risultata associata ad una frequenza maggiore di eventi avversi legati al trattamento.

“Pertanto – spiegano i ricercatori – è possibile che alcuni studi precedentemente pubblicati che avevano dimostrato l’assenza di un beneficio della terapia infiltrativa con AI possano esser stati “viziati” dall’inclusione di una proporzione significativa di pazienti con gonartrosi allo stadio finale”.

“Di qui – concludono – l’auspicio che i nuovi studi sull’argomento tengano conto di questo aspetto, interpretando con cautela i possibili dati negativi come risultato di una cattiva fenotipizzazione dei pazienti che potrebbero trarre maggior beneficio da questo trattamento”.

Bibliografia

Nicholls M et al, The Impact of Excluding Patients with End-Stage Knee Disease in Intra-Articular Hyaluronic Acid Trials: A Systematic Review and Meta-Analysis. Adv Ther. 2019; 36(1): 147–161

Risultati preliminari sull’impiego di plasma ricco di piastrine fotoattivato (PA-PRP) in somministrazione intra-articolare hanno mostrato come questo trattamento sia in grado di migliorare il dolore riferito dai pazienti affetti da gonartrosi, nonchè la sintomatologia e la funzionalità degli arti inferiori, in maniera non dissimile alle infiltrazioni di acido ialuronico (HA).
Queste le conclusioni di uno studio proof-of-concept, di recente pubblicazione su BMC Musculoskeletal Disorders.

Razionale dello studio
Da tempo è noto come i miglioramenti della sintomatologia associata alla gonartrosi a seguito della somministrazione di PRP siano attribuiti alla sua capacità di modificare i processi infiammatori intra-articolari.

A tal riguardo, gli autori dello studio ricordano come i risultati di una recente review sistematica abbiano individuato sei trial clinici randomizzati che hanno documentato la presenza di benefici clinici a seguito della somministrazione di PRP in pazienti con gonatrosi (2): “Tuttavia – aggiungono – di questi 6 trial, solo due erano in doppio cieco con una procedura di controllo incrociato e nessuno di questi ultimi ha valutato gli effetti del PRP sulle misure obiettive della funzione degli arti inferiori”.

“Ciò – affermano gli autori – limita la capacità di determinare se i benefici sintomatici del trattamento si traducono in un miglioramento della mobilità, che rappresenta un fattore critico in quanto l’80% delle persone affette da osteoartrosi (OA) presenta limitazioni del movimento e un paziente su 4 non è in grado di svolgere le normali attività quotidiane.”

Anche la fotoattivazione del sangue periferico migliora il pattern di mediatori dell’infiammazione associati con l’OA: “Alcuni studi hanno mostrato come la fotoattivazione riduca le citochine pro-infiammatorie (IL2 e IL6) e aumenti la concentrazione di fattori anti-infiammatori di derivazione leucocitaria (antagonista del recettore di IL-1).

L’assenza di trial clinici sull’impiego di PA-PRP in presenza di condizioni degenerative, come la gonartrosi, è stata colmata da questo studio pilota, in doppio cieco, randomizzato e controllato, che ha voluto determinare l’efficacia, la sicurezza e le variazioni legate alla percezione del dolore, alla sintomatologia e all’abilità funzionale degli arti inferiori dopo iniezioni intra-articolari di PA-PRP rispetto ad HA in pazienti con gonatrosi di grado lieve-moderato.

Lo studio, che ha reclutato 37 pazienti con gonatrosi e li ha randomizzati al trattamento con 3 iniezioni intrarticolari di PA-PRP o di HA, includeva come outcome dati legati al reclutamento dei pazienti e dati di safety, la valutazione del dolore mediante punteggio VAS, quello della sintomatologia mediante punteggio KOOS (the Knee Osteoartrhitis Outcome Score) e la scala KQoL (Knee Quality of Life), la massima distanza di salto e il numero di piegamenti del ginocchio in 30 secondi alla quarta e alla dodicesima settimana dall’inizio dello studio.

I risultati hanno mostrato, nel gruppo sottoposto a trattamento con PA-PRP un miglioramento significativo del punteggio VAS (p<0,01), del punteggio KOOS relativo al dominio 'dolore' (p<0,05), dei punteggi KQoL delle sottoscale relative ai domini 'fisico' ed 'emozionale' sia a 4 che a 12 settimane. Nel gruppo sottoposto a trattamento è stato anche osservato un miglioramento significativo della distanza di salto (p<0,05) e dei piegamenti del ginocchio (p<0,01) a 4 e a 12 settimane (p<0,01). Dopo controllo con i valori basali, tuttavia, non sono state documentate differenze significative tra i 2 gruppi in studio per ciascuno dei due time-point considerati. Nel commentare i risultati, gli autori dello studio hanno suggerito che la mancanza di differenze di efficacia tra i 2 gruppi potrebbe anche essere in parte parzialmente spiegata, oltre che dalle piccole dimensioni del campione di pazienti, dal metodo di preparazione del PRP: "I risultati del nostro studio - affermano gli autori - e quelli di trial clinici precedenti suggeriscono che la concentrazione di leucociti all'interno del PRP potrebbe giocare un ruolo cruciale per gli outcome clinici raggiunti dai pazienti con gonartrosi. Inoltre, sarebbe opportuno che i prossimi studi esplorino gli effetti della foto-attivazione sia in preparazioni di PRP ricche di leucociti che povere di leucociti, dal momento che si ipotizza che il PRP sia efficace in ragione della sua capacità di modulare le proprietà pro- e antinfiammatorie dei leucociti. Tra gli altri limiti dello studio riconosciuti dagli autori si ricorda la mancata inclusione di un punteggio minimo VAS relativo al dominio 'dolore' come parte dei criteri di screening, con conseguente presenza di variazioni elevate nella valutazione del dolore iniziale e dei sintomi auto-riferiti: "E' probabile che questa situazione abbia ridotto la probabilità di trovare differenze tra i gruppi trattati, rispettivamente, con PRP e HA, insieme alle piccole dimensioni del campione di pazienti". In conclusione, i risultati di questo piccolo trial pilota, per quanto sottodimensionato dal punto di vista statistico, avente lo scopo di valutare l'efficacia e l'eventuale superiorità del trattamento rispetto a quello di confronto, suggeriscono l'esistenza di un effetto del PA-PRP nel migliorare il dolore autoriferito, la sintomatologia espressa dalle sottoscale KOOS e KQoL-26, nonchè i test di abilità funzionale degli arti inferiori in pazienti affetti da gonartrosi. Sono necessari, ora, nuovi trial clinici, meglio dimensionati dal punto di vista numerico e con durata maggiore del follow-up, che confermino quanto osservato in questo studio. Bibliografia
1) Paterson KL et al. Intra-articular injection of photo-activated platelet-rich plasma in patients with knee osteoarthritis: a double-blind, randomized controlled pilot study. Paterson et al. BMC Musculoskeletal Disorders (2016) 17:67 DOI 10.1186/s12891-016-0920-3
leggi

2) Laudy AB et al. Efficacy of platelet-rich plasma injections in osteoarthritis of the knee: a systematic review and metaanalysis. Br J Sports Med. 2015;49(10),657-672.
leggi

A distanza di un anno dalla pubblicazione di un aggiornamento dell’algoritmo sulla gestione delle gonartrosi (1) e di un documento sull’efficacia e la sicurezza della viscosupplementazione con acido ialuronico (HA) con dati provenienti dalla pratica clinica reale (2), ESCEO (The European Society for Clinical and Economic Aspects of Osteoporosis and Osteoarthritis) ha pubblicato, su Arthritis Care e Research, una review nella quale ribadisce che tale intervento si caratterizza per un buon profilo di efficacia ed un effetto positivo sulla sintomatologia paragonabile a quello osservato con altre opzioni di trattamento (FANS) (3).

“Alla luce delle evidence scientifiche disponibili e delle LG, ESCEO – scrivono gli estensori del documenti – raccomanda l’impiego di HA per via intra-articolare in pazienti che rimangono sintomatici nonostante il trattamento continuo o intermittente con le opzioni di trattamento farmacologico convenzionali (paracetamolo, farmaci sintomatici ad azione ritardata nel tempo, e FANS) come pure nei pazienti gonartrosici affetti da comorbidità che precludono l’impiego dei FANS”.

Ecco una breve sintesi delle principali questioni affrontate:
Efficacia
• Dati provenienti dagli studi clinici
Sei metanalisi delle 15 ad oggi pubblicate sulla valutazione degli effetti del trattamento intra-articolare con HA nella gonartrosi hanno evidenziato l’esistenza di una chiara efficacia di HA, mentre 4 metanalisi hanno considerato l’effetto del trattamento marginale, con un’elevata eterogeneità degli outcome considerati nei vari trial.

“Nei confronti diretti – si legge nel documento – l’efficacia della viscosupplementazione (VS) con HA non è risultata differente, in modo statisticamente significativo – con il trattamento continuo con i FANS a 4 e a 12 settimane, sia per quanto riguarda il dolore che la funzione e la rigidità articolare. Invece, la VS con HA è risultata avere un potere analgesico superiore alla somministrazione intra-articolare di CS da 8 a 26 settimane”.

• Dati provenienti dalla pratica clinica reale
Il dolore a riposo e quello rilevato al test della deambulazione a 6 minuti (6MWT) si sono ridotti; inoltre, è stato osservato un incremento della distanza percorsa con la deambulazione nei pazienti gonartrosici trattati con infiltrazioni di HA rispetto ai pazienti trattati con altre modalità di trattamento per l’OA.

In studi retrospettivi, infine, questa opzione di trattamento ha aumentato il tempo libero dall’intervento di artroplastica totale del ginocchio.
Safety

La sicurezza della terapia infiltrativa con HA, in confronto con il placebo, è stata valutata in sette metanalisi. Il rischio relativo di un AE è risultato pari a 1,08 (IC95%= 1,01-1,15) nei pazienti sottoposti a terapia infiltrativa. Tali AE; tuttavia, sono stati di entità lieve e transitoria, prevalentemente di natura locale.

“Dopo almeno 30 anni di utilizzo, la terapia infiltrativa con HA è ormai riconosciuta come una modalità sicura di trattamento della gonartrosi – si legge nel documento”. Inoltre, si stanno accumulando evidenze a favire di un rapporto rischio-beneficio favorevole per la VS con HA nella indicazione sopra citata

Differenze con le altre Linee Guida esistenti
La maggior parte delle LG emanate dalle società scientifiche nazionali ed internazionali coinvolte in questa pratica raccomandano la terapia infiltrativa con HA come opzione di trattamento di seconda linea per la gonartrosi, eccezion fatta per l’AAOS (the American Academy of Orthopedic Surgeons) che ritiene l’utilizzo di questa opzione terapeutico non fondato su dati clinici sufficienti.

Gli estensori del documento ESCEO ricordano che le LG ACR presentano la terapia infiltrativa con HA come un’alternativa a terapie farmacologiche iniziali dai risultati non soddisfacenti, e ne enfatizzano l’impiego, in particolare, negli individui ultra75enni per i quali è sconsigliabile l’assunzione di FANS orali.

Quanto ad EULAR, le LG di questo organismo prendono in considerazione l’impiego della terapia infiltrativa con HA in funzione analgesica e ai fini del miglioramento funzionale del ginocchio (evidenza di livello 1B).

Sulla base dei risultati dello studio AMELIA (OsteoArthritis Modifying Effects of Long-term Intra-articular Adant), nel corso del quale è emerso che il numero di pazienti “responder” alla terapia infiltrativa con HA aumentano in maniera progressiva dopo ciascun ciclo di 5 iniezioni settimanali, ESCEO raccomanda il ricorso a cicli ripetuti di terapia infiltrativa con HA in pazienti che rispondono ad una prima iniezione, nonché l’avvio di un nuovo ciclo terapeutico alla prima avvisaglia dei sintomi di gonartrosi.

Al contrario, le evidenze disponibili non supportano ancora l’impiego di una formulazione di HA rispetto ad un’altra.

In conclusione, secondo ESCEO, la terapia infiltrativa con HA rappresenta un’alternativa ragionevole in quei pazienti con gonartrosi che mostrano una risposta insufficiente a trattamenti farmacologici pregressi, e un presidio terapeutico chiave nell’armamentario terapeutico a disposizione per la gestione della gonartrosi nei pazienti con controindicazioni alle opzioni di trattamento convenzionali”.

Bibliografia
Cooper C, et al “Use of intra-articular hyaluronic acid in the management of knee osteoarthritis in clinical practice” Arthritis Care Res 2017; doi: 10.1002/acr.23204.
Leggi

Le infiltrazioni di plasma arricchito di piastrine (PRP) sembrano essere un’opzione appropriata per il trattamento intrarticolare dell’osteoartrosi del ginocchio in fase iniziale. A suggerirlo è uno studio retrospettivo di autori turchi pubblicato di recente sullo European Journal of Orthopaedic Surgery & Traumatology.

Tra le terapie farmacologiche in uso per il trattamento dell’artrosi, attualmente volte ad alleviare segni e sintomi e rallentare la progressione della malattia, le infiltrazioni intrarticolari si sono dimostrate efficaci soprattutto nel trattamento della gonartrosi.

Con questo lavoro, gli autori turchi (guidati da O. Guler, del Kanuni Sultan Suleyman Training Hospital di Istanbul) hanno voluto confrontare i risultati clinici a breve termine ottenibili con le infiltrazioni di acido ialuronico o PRP in pazienti con gonartrosi in stadio iniziale.

Per farlo, hanno analizzato retrospettivamente le cartelle cliniche di pazienti con gonartrosi in stadio 1 o 2 secondo la classificazione di Kellgren-Lawrence sottoposti a infiltrazioni di acido ialuronico o PRP presso il loro centro.

I pazienti erano stati per trattati per tre volte a intervalli di una settimana con acido ialuronico o PRP e poi valutati con lo Knee Society’s Knee Scoring System (KSS) per misurare la funzionalità articolare e la scala VAS (da 0 a 10 punti) per l’intensità del dolore, prima del trattamento e 2 mesi e 6 mesi dopo.

 

Analizzando le cartelle cliniche, gli autori hanno identificato 132 pazienti (con un età media di 55,06 ± 8.41 anni) sottoposti all’uno o all’altro trattamento, di cui 89 avevano un coinvolgimento unilaterale e i restanti 43 un coinvolgimento bilaterale; inoltre, 69 erano stati trattati con PRP (in 89 ginocchia) e 63 con acido ialuronico (in 86 ginocchia).

I due gruppi di trattamento erano ben bilanciati in termini di caratteristiche cliniche e demografiche.

Il trattamento è risultato ben tollerato e in nessuno dei pazienti si sono manifestate complicanze importanti (quali infezioni, trombosi venosa profonda, atrofia muscolare) correlate all’iniezione intrarticolare. Si è osservato solo un gonfiore temporaneo in cinque ginocchia nel gruppo trattato con PRP e otto in quello trattato con acido ialuronico.

In entrambi i gruppi si è osservato un miglioramento significativo nel tempo della funzionalità articolare, misurata con il KSS, che all’inizio dello studio era simile nei due gruppi (60,51 ± 5,76 nel gruppo PRP e 60,36 ± 5,69 nel gruppo acido ialuronico; P = 0,930). Dopo 2 mesi, il punteggio del KSS è salito a 78,11 ± 7,24 nel gruppo PRP e 70,37 ± 5,69 nel gruppo acido ialuronico (P < 0,001) e dopo 6 mesi è migliorato ulteriormente, salendo rispettivamente a 88,97 ± 5,60 e 79,15 ± 6,30 (P < 0,001). Anche la differenza tra i due gruppi è risultata significativa, a favore del PRP (P < 0,001).

Risultati simili si sono ottenuti anche sul fronte del dolore. In entrambi i gruppi, infatti, si è ottenuta nel tempo una riduzione significativa dell’intensità del dolore, dimostrata dalla diminuzione dei punteggi della scala VAS sia dopo 2 mesi sia dopo 6, e tale riduzione è risultata significativamente maggiore nel gruppo trattato con PRP che non in quello trattato con acido ialuronico.

Nel gruppo trattato con PRP il punteggio è passato da 7,46 ± 1,06 prima del trattamento a 4,45 ± 1,17 dopo 2 mesi a 3,35 ± 0,92 dopo 6, mentre in quello trattato con l’acido ialuronico, è sceso da 7,92 ± 0,74 prima del trattamento a 6,09 ± 0,86 dopo 2 mesi a 5,02 ± 0,84 dopo 6 (P < 0,001 per tutto i confronti).

Nella discussione, gli autori gli osservano che gli studi disponibili di confronto tre le infiltrazioni di acido ialuronico e di PRP sono pochi, ma hanno dato risultati sostanzialmente simili al loro, sia in termini di efficacia sia di sicurezza del trattamento.

Guler e i colleghi segnalano che il loro lavoro presenta alcuni limiti – la natura retrospettiva, la casisiica limitata e il beve follow-up – ma nonostante queste limitiazioni, sulla base dei risultai ottenuti, concludono che le infiltrazioni di PRP rappresentano un trattamento efficace, e superiore a quelle di acido ialuronico, per i pazienti che soffrono di gonostrosi in fase iniziale.

O. Guler, et al. Comparison of short-term results of intraarticular platelet-rich plasma (PRP) and hyaluronic acid treatments in early-stage gonarthrosis patients. Eur J Orthop Surg Traumatol. 2014; doi 10.1007/s00590-014-1517-x.

Il ricorso alla viscosupplementazione (VS) in aggiunta alla fisioterapia o all’esercizio fisico potrebbe rivelarsi utile in medicina della riabilitazione: la riduzione del dolore e il miglioramento funzionale associati alla terapia infiltrativa con acido ialuronico (HA), infatti, potrebbero facilitare il percorso di riabilitazione fisica legato alla gonartrosi post-traumatica.

Lo afferma una review recentemente pubblicata sulla rivista Sports Healh (1) che sembra suffragare l’ampliamento dello spettro di applicazione della terapia infiltrativa con HA.
Come è noto, sia VS che la fisioterapia sono entrambe utilizzate da tempo, da sole, per il trattamento del dolore associato con l’osteartrosi (OA) del ginocchio.

Nello specifico, VS è impiegata attualmente nei pazienti con gonartrosi dolorosa non responsiva a misure conservative non farmacologiche o al trattamento con FANS.
Oltre alla gonartrosi “classica”, considerata alla stregua di una malattia geriatrica tipica, esiste una gonartrosi post-traumatica che si manifesta in età più precoce: “Ad un individuo su 2 affetto da lesione del legamento crociato anteriore (ACL) o del menisco viene posta diagnosi di OA 10-20 anni dopo la presenza della lesione – ricorda l’autore della review nell’introduzione.”

L’analisi della letteratura selezionata ha permesso di individuare un solo studio che ha messo a confronto VS alla fisioterapia nel trattamento della gonartrosi dolorosa, documentando risultati in larga parte sovrapponibili (2).
Nello specifico, lo studio in questione aveva randomizzato i pazienti ad un ciclo di terapia infiltrativa basato su 3 iniezioni settimanali di HA e una quarta iniezione a 6 mesi oppure a trattamento fisioterapico 5 volte alla settimana per 3 settimane.

I pazienti sottoposti a viscosupplementazione erano trattati con HA oppure con hylan G-F 20 (un fluido viscoelastico, sterile ed apirogeno contenente hylan. Gli hylan si ottengono a partire da catene di acido ialuronico non modificato sottoposte ad una procedura di cross-link che permette di legare fra di loro le diverse catene in modo da aumentarne il peso molecolare e modularne le caratteristiche chimico-fisiche per soddisfare le esigenze applicative).
Lo studio prevedeva valutazioni periodiche nel tempo degli outcomes legati al dolore e alla funzione fisica (a 1,3, 6, 9 e 12 mesi).

I risultati hanno mostrato un miglioramento del dolore e della funzione fisica rispetto alle condizioni iniziali. Se le variazioni relative al movimento e alla rigidità erano simili tra i 2 gruppi di trattamento ma non a livello statistico rispetto alle condizioni iniziali, lo studio ha documentato outcomes migliori (dolore notturno e a riposo) con la fisioterapia a 1,3 e 6 mesi.

I punteggi WOMAC a 12 mesi relativi alla sfera dolore, invece, sono risultati significativamente migliori di quelli iniziali nel gruppo sottoposto a terapia infiltrativa.
Un altro studio recensito nella review ha documentato, invece, come VS in corso di terapia di riabilitazione migliori gli outcomes relativi al dolore e alla funzione fisica (3).

Nello specifico, i pazienti erano stati randomizzati a trattamento fisioterapico, da solo, per 15 giorni consecutivi o in aggiunta a 3 iniezioni settimanali di hylan G-F 20. I risultati hanno mostrato un miglioramento statisticamente significativo (P<0,01) del dolore, della rigidità e della funzionalità fisica a 3 e a 12 settimane in entrambi i gruppi rispetto al basale. Il miglioramento ottenuto con la terapia combinata è però risultato essere superiore a 12 settimane rispetto alla fisioterapia da sola (P<0,05). La review ha dimostrato anche come VS sia paragonabile con la fisioterapia da casa (4) e come, combinata con l'esercizio fisico (5), migliori gli outcomes legati al dolore e alla funzione fisica. Alla luce della letteratura reperita nella review, dunque, sembra che VS, in relazione alla sua capacità di ridurre il dolore e migliorare la funzione fisica dei pazienti, potrebbe facilitare l'adesione alla fisioterapia e ciò, a sua volta, sarebbe in grado di migliorare gli outcomes funzionali dei pazienti affetti con OA. 1. Silvers HJ. Viscosupplementaion during rehabilitation. Sports Health. 2014 Sep6(5):422-6 Leggi

2. Atamaz F et al. A comparison of two different intra-articular hyaluronan drugs and physical therapy in the management of knee osteoarthritis. Rheumatol Int 2006;26:873-878.
Leggi

3. Tetik S et al. Efficacy of intra-articular hylan G-F 20 on osteoarthritis of the knee. Pain Clinic. 2003;15:459-466.

4. Kawasaki T et al. Therapeutic home exercise versus intrarticular hyaluronate injection for osteoarthritis of the knee: 6-month prospective randomized open-labeled trial. J Orthop Sci 2009;14:182-191.
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5. Huang MH et al. Preliminary results of integrated therapy for patients wit knee osteoarthritis. Arthritis Rheum. 2005;53:812-820.
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Intervista al Dott. Leonardo Wolenski, Reumatologo libero professionista di Cesena

Le infiltrazioni intrarticolari di acido ialuronico riducono in modo significativo i livelli di perossido di idrogeno (H2O2) e di superossido (O2-) nel liquido sinoviale dei pazienti affetti da osteoartrosi del ginocchio. A dimostrarlo, per la prima volta, è uno studio sperimentale in cui si è usato un approccio di proteomica, pubblicato di recente sulla rivista Journal of Proteomics. Il lavoro, opera di un gruppo di ricercatori di due Università di Taiwan, dimostra, inoltre, che l’acido ialuronico sopprime la morte cellulare indotta dall’H2O2 nei condrociti umani di pazienti con gonartrosi.

È noto da tempo che lo stress ossidativo svolge un ruolo importante nella degradazione della cartilagine e nella patogenesi dell’osteoartrosi. Le iniezioni intrarticolari di acido ialuronico sono considerate un trattamento clinico efficace per questa malattia degenerativa delle articolazioni, ma non si conoscono ancora bene i meccanismi alla base degli effetti dell’acido ialuronico sui condrociti delle articolazioni artrosiche in condizioni di stress ossidativo.

Per saperne di più, gli autori taiwanesi (guidati da Chia-Jung Yu, della Chang Gung University di Tao-Yuan) hanno prelevato campioni di cartilagine da 14 pazienti affetti da osteroartorosi (13 donne e un uomo, con un’età media di 68 anni), sottoposti a un’artroplastica totale del ginocchio, e immediatamente dopo l’intervento hanno isolato i condrociti, che sono poi stati messi in coltura.

Inoltre, hanno effettuato dei prelievi di liquido sinoviale da 19 pazienti sottoposti a infiltrazioni di acido ialuronico, prima e dopo l’iniezione.

Hanno visto così che i livelli di H2O2 e di O2- nel liquido sinoviale di questi soggetti si sono abbassati in modo significativo, rispettivamente di 3,8 volte (P = 0,0167) e di 4,6 volte (P = 0,0338), rispetto ai valori pre-trattamento.

Utilizzando approcci di proteomica (2-DE combinata con la spettrometria di massa), i ricercatori sono poi riusciti a identificare 13 spot proteici corrispondenti a 12 proteine non ridondanti come proteine regolate dall’acido ialuronico nei condrociti dei pazienti artrosici in condizioni di stress ossidativo.

Yu e i colleghi hanno quindi analizzato mediante Western blotting il grado di espressione di tre proteine ritenute regolate dall’acido ialuronico – la transaldolasi (TALDO), l’annessina 1 (ANXA1) e il fattore di allungamento 2 (EF2) – nei condrociti in coltura trattati con H2O2 (per imitare in parte le condizioni fisiologiche di stress ossidativo), trattati con acido ialuronico, trattati con H2O2 più acido ialuronico (per valutare l’effetto protettivo di quest’ultimo e non trattati (di controllo).

Queste tre proteine sono coinvolte a vario titolo nella risposta allo stress ossidativo, nella regolazione della apoptosi e anti-apoptosi, e nella sintesi proteica.

Il Western blotting ha dimostrato che la TALDO era sovraespressa nei condrociti trattati con H2O2, con livelli aumentati mediamente di 1,72 volte rispetto alle cellule di controllo, ma quest’effetto è stato soppresso in modo significativo nelle cellule trattate anche con l’acido ialuronico.

Risultato analogo si è ottenuto per l’ANXA1, una proteina della famiglia delle annessine, che, in caso di sovraespressione sopprime la proliferazione cellulare mentre riduce l’apoptosi in caso di knockdown. Nei condrociti esposti all’H2O2, l’espressione dell’ANXA1 è risultata aumentata di 1,52 volte rispetto ai controlli, ma le cellule trattate sia con sia con acido ialuronico hanno mostrato un grado di espressione della proteina simile a quello delle cellule di controllo.

Perciò, scrive il gruppo di Taiwan, “l’acido ialuronico ha abolito la sovraregolazione dell’ANXA1, spiegando potenzialmente gli effetti positivi dell’acido sulla sopravivenza cellulare in condizioni di stress ossidativo”.

Anche se i risultati relativi all’E2 sono meno chiari, nel complesso, concludono Yu e i colleghi, i dati rafforzano l’idea che l’acido ialuronico abbia un effetto anti-ossidativo, anti-apoptotico e di promozione della sopravvivenza cellulare.

Inoltre, “questi nuovi risultati contribuiscono alla comprensione dei meccanismi molecolari alla base della condroprotezione mediata dall’acido ialuronico” scrivono gli autori nelle conclusioni, sottolineando anche come il loro lavoro abbia dimostrato per la prima volta l’utilità degli approcci basati sulla proteomica per avere nuovi dati sull’effetto protettivo dell’acido ialuronico nell’osteortrosi.

Il trattamento di pazienti affetti da gonartrosi con una combinazione di mannitolo e acido ialuronico (HAnOX-M), in somministrazione intra-articolare, è efficace sia nell’alleviare, dopo 6 mesi, il dolore associato alla gonartrosi che nel migliorare la funzione articolare, con una safety paragonabile alla viscosupplementazione (VS) standard.
 
Lo dimostrano i risultati di uno studio recentemente pubblicato su The Knee.
 
Tra i numerosi meccanismi che contribuiscono alla degradazione dell’acido ialuronico (HA) articolare, un ruolo chiave è esercitato dai radicali liberi dell’ossigeno (ROS).
 
L’osteoartrosi (OA) è una malattia articolare degenerativa di origine multifattoriale, nell’eziologia della quale i ROS giocano un effetto deleterio.
 
Ne consegue, pertanto, che l’ottimizzazione dell’efficacia clinica della viscosupplementazione, mediante riduzione della degradazione in situ dell’HA esogeno, rappresenti un problema clinico intrigante per la ricerca medica.
 
HanOX-M è un nuovo agente per la VS che combina HA con concentrazioni elevate (3,5%) di mannitolo, un poliolo noto per le sue proprietà anti-ossidanti, essendo una molecola spazzina (scavenger) di ROS.
 
“L’efficacia protettiva del mannitolo nei confronti della depolimerizzazione di HA mediata da ROS è stata ampiamente dimostrata in vitro – ricordano gli autori nell’introduzione al lavoro”.
 
Ciò suggerisce come l’aggiunta di mannitolo ad HA possa leggermente aumentare il tempo di permanenza di quest’ultimo a livello articolare, permettendo un’insorgenza di efficacia più rapida rispetto ad HA da solo.
 
E’ peraltro noto che l’emivita di mannitolo, in formulazione intra-articolare, è probabilmente troppo breve
 
L’accelerazione dell’insorgenza di efficacia di HA dovrebbe configurarsi come un passo terapeutico in avanti nella VS, dal momento che l’effetto ritardato (fino ad 8 settimane) di HA intra-articolare, rispetto ai corticosteroide somministrati in infiltrazione, rappresenta uno dei problemi maggiormente riconosciuti di questo approccio terapeutico alla gonartrosi.
 
Obiettivo di questa survey, pertanto, è stato quello di valutare l’efficacia di un ciclo di 3 iniezioni settimanali di HAnOX-M in pazienti con gonartrosi sintomatica, mettendola a confronto con l’efficacia e la sicurezza di una formulazione intra-articolare di HA di provata efficacia e ben tollerata.
 
A tal scopo, sono stati reclutati in questo trial di non-inferiorità controllato, in doppio cieco, per gruppi paralleli, pazienti con gonartrosi sintomatica (grado radiologico OARSI 1-3). Questi sono stati randomizzati al trattamento con tre infiltrazioni, a cadenza settimanale, di HanOX-M – formulazione a base di HA di peso molecolare compreso tra 1 e 1,5 MDa, 31 mg/2ml e mannitolo (70 mg/2ml) – o di Bio-HA – peso molecolare compreso tra 2,3 e 3,6 MDa, 20 mg/2 ml).
 
L’outcome primario dello studio era rappresentato dalla variazione a 6 mesi nel punteggio WOMAC – sottoscala dolore (da 0 a 20), mentre tra gli outcome secondari previsti vi erano la variazione a 6 mesi della funzione fisica e del dolore alla deambulazione, il consumo di analgesici e la safety.
 
La popolazione ITT era costituita da 205 pazienti, mentre quella PP da 171 pazienti.
L’analisi primaria è stata condotta inizialmente sulla popolazione PP e, successivamente, su quella ITT.
 
Il punteggio medio WOMAC della sottoscala dolore, al basale, era pari a 9,5 in entrambi i gruppi.
 
I risultati hanno soddisfatto la condizione di non-inferiorità, relativamente all’outcome primario: la variazione media del punteggio WOMAC relativo alla sottoscala dolore è stata pari a 4,4 e a 4,5 mm rispettivamente, nel gruppo trattato con HanOX-M e con Bio-HA.
 
Risultati simili sono stati ottenuti, inoltre, per tutti gli altri endpoint secondari considerati (compresa la safety).
 
Nel complesso, nonostante alcuni limiti intrinseci dello studio (abbandono precoce del trattamento post-randomizzazione) i risultati dimostrano come HanOX-M rappresenti un trattamento efficace e ben tollerato nella gonartrosi, consentendo un’ampia durata dell’effetto analgesico, una riduzione del consumo di analgesici e un miglioramento funzionale paragonabili a quanto ottenuto con Bio-HA.
Inoltre, entrambi gli agenti utilizzati per la VS hanno mostrato profili di safety sovrapponibili, a suggerire che l’aggiunta di mannitolo ad HA non modifica la tollerabilità di quest’ultimo.
 
Bibliografia
Conrozier T et al. Safety and efficacy of intra-articular injections of a combination of hyaluronic acid and mannitol (HAnOX-M) in patients with symptomatic knee osteoarthritis Results of a double-blind, controlled, multicenter, randomized trial. The Knee 23 (2016) 842–848
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Uno studio di recente pubblicazione su Medicine (Baltimore) ha documentato la superiore efficacia della terapia ad onde d’urto (EPSW) combinata con iniezione intra-articolare di HA rispetto alla sola viscosupplementazione (VS) in pazienti affetti da gonartrosi.
Lo studio, di disegno retrospettivo, andrà ora confermato da nuovi studi prospettici che siano in grado di verificare l’efficacia a lungo termine di questa nuova modalità di trattamento rispetto alla sola VS.

Razionale e obiettivi dello studio
Esistono in letteratura molti studi clinici che hanno valutato l’efficacia della terapia ad onde d’urto (EPSW) o della terapia infiltrativa con acido ialuronico (HA) nel trattamento della gonartrosi e, in entrambi i casi, le due modalità di intervento terapeutico, prese singolarmente, si sono rivelate inefficaci per alcuni pazienti.

Non esistevano fino ad ora, invece, studi clinici sull’effetto della combinazione tra la EPSW e la viscosupplementazione con HA nel trattamento della gonartrosi.
Di qui il nuovo studio, avente un disegno retrospettivo, che ha cercato di colmare il gap, proponendosi di valutare se la nuova modalità di intervento proposta fosse in grado di consentire il raggiungimento di outcome di efficacia più promettenti.

Disegno e risultati principali
Lo studio ha analizzato retrospettivamente i dati relativi a 70 pazienti affetti da gonartrosi. Di questi, 35 sono stati sottoposti a trattamento di combinazione (EPSW+HA) (gruppo di trattamento attivo), mentre gli altri sono stati sottoposti solo a VS con HA (gruppo di controllo).

I pazienti di entrambi i gruppi erano stati sottoposti al trattamento assegnato per un totale di 8 settimane. L’outcome primario era misurato su scala VAS (Visual Analogue Scale), mentre quelli secondari sono stati misurati su scala WOMAC (Western Ontario and McMaster Universities Osteoarthritis Index) e mediante punteggio KOOS (Knee injury and Osteoarthritis Outcome Score).

Da ultimo, è stata effettuata un’analisi degli eventi avversi (AE). Tutti gli outcome sono stati misurati prima e dopo il trattamento.

Dall’analisi dei dati è emerso, in estrema sintesi che i pazienti del gruppo sottoposto a terapia di combinazione, dopo il trattamento, mostravano un miglioramento del punteggio VAS (p<0,01), dei punteggi sulle scale WOMAC relativi a diversi domini (dolore: p<0,01; funzione: p<0,01 e rigidità articolare: p<0,01) e dei punteggi KOOS (dolore: p<0,01; performance svolgimento attività quotidiane: p<0,01; sintomatologia: p<0,01; sport e ricreazione: p<0,01 e qualità della vita: p<0,01) di entità maggiore rispetto a quanto osservato nei pazienti sottoposti solo a VS con HA. Inoltre, non sono state registrate differenze significative tra gruppi in termini di eventi avversi. Limiti e implicazioni dello studio
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno sottolineato come il loro lavoro sia stato il primo, a loro conoscenza, ad aver valutato l’efficacia e la sicurezza della combinazione tra la terapia ad onde d’urto e la viscosupplementazione con HA nel trattamento dei pazienti affetti da gonartrosi, suggerendone la superiorità rispetto alle due opzioni prese singolarmente.

Al contempo, però, non hanno sottaciuto il limite metodologico intrinseco principale dello studio (disegno retrospettivo), che potrebbe aver aumentato il rischio di bias.
Di qui la necessità di condurre, al più presto, nuovi studi (questa volta di disegno prospettico e randomizzato ab initio), per confermare quanto osservato.

Bibliografia
Liu S-C et al. Therapeutic efficacy of extracorporeal shock wave combined with hyaluronic acid on knee osteoarthritis. Medicine (Baltimore). 2019 Feb; 98(8): e14589
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I risultati di uno studio di recente pubblicazione online su Drug Design, Development and Therapy, ottenuti su un’ampia coorte di pazienti canadesi affetti da gonartrosi e provenienti dalla pratica clinica reale (real world), hanno documentato l’efficacia di cicli ripetuti di Hylan-G20, una formulazione di acido ialuronico (AI) ad elevato peso molecolare, nell’allevare il dolore e migliorare la funzionalità fisica.

Non solo: l’azione analgesica e il miglioramento della funzionalità fisica sono risultati migliori rispetto a quelli ottenuti in pazienti sottoposti a trattamenti convenzionali ma non con AI.

Come è noto, ad oggi non esistono ancora interventi risolutivi per l’osteoatrosi (OA) e l’obiettivo delle terapie attualmente disponibili consiste nell’allevare il dolore e preservare la funzione fisica

“Il ricorso alla terapia infiltrativa con AI è da tempo raccomandato per la sua capacità documentata di ripristinare sia le proprietà viscoelastiche che quelle meccaniche del fluido sinoviale a livelli delle articolazioni colpite da OA e anche in ragione degli effetti potenzialmente benefici contro l’infiammazione che sostiene l’OA – ricordano gli autori nell’introduzione al lavoro”.

Inoltre, una volta stabilito, l’effetto terapeutico dell’AI può mantenersi per 6 o più mesi (2).
In letteratura esistono alcune evidenze, provenienti da studi clinici, a favore di un effetto sostenuto di cicli ripetuti di iniezioni intra-articolari di AI (3).

L’assenza di evidenze altrettanto numerose e comparabili, provenienti dalla pratica clinica reale, ha sollecitato la messa a punto di questo studio caso-controllo, che ha fatto ricorso ai dati provenienti da un database canadese di pazienti, il Southwestern Ontario database.

Nello specifico, sono stati identificati 1.263 pazienti con OA mono- o bilaterale al ginocchio, sottoposti a 2 cicli consecutivi di iniezione intra-articolare di Hylan G-F20, un AI ad elevato peso molecolare e confrontati con 3.318 pazienti aventi caratteristiche demografiche simili, sottoposti a trattamenti alternativi per l’OA rispetto alla terapia infiltrativa.

Per quanto riguarda la sintomatologia “dolore”, è stata valutata la risposta alla terapia tramite la scala VAS a 10 punti che ha misurato la percezione di dolore a riposo dopo completamento del test della deambulazione di 6 minuti (6MWT).

Quanto alla limitazione della funzione fisica, invece, questà è stata direttamente misurata dal test della deambulazione sopra citato.

Dopo due cicli di infiltrazioni con hylan G-F 20, i ricercatori hanno osservato una riduzione dal valore iniziale di 7,82 ±1,27 al valore finale di 4,16 ± 1,51 del punteggio VAS relativo alla percezione di dolore a riposo.
La variazione media del punteggio VAS tra le condizioni finali e quelle iniziali è, pertanto, risultata pari a 3,66 ± 1,78, di gran lunga superiore alla variazione del punteggio VAS documentata nel gruppo di controllo (3.12 ± 2,03; P= 0,012).

Inoltre il punteggio VAS medio relativo al dolore percepito dopo esecuzione del test 6MWT si è ridotto da 5,56 ± 1,74 punti (da 9,58 ± 0,4 all’inizio dello studio a 4,02 ± 1,67 alla fine dello studio), un valore decisamente migliore rispetto alla riduzione del punteggio VAS osservato nel gruppo di controllo (2,99 ± 1,85; P= 0,001).

Quanto al miglioramento dell’abilità funzionale, i pazienti sottoposti a terapia infiltrativa hanno presentato un incremento della distanza percorsa a piedi al test 6MWT pari a 115 m, ben superiore ai 91 m osservati nel gruppo di confronto.

Nel commentare i risultati, gli autori dello studio hanno ricordato come le autorità regolatorie si siano interrogate su quali differenze di outcome debbano ritenersi clinicamente significative nel trattamento dell’OA.

“Nel caso del dolore – argomentano i ricercatori – alcuni commentatori hanno identificato come soglia clinicamente significativa una riduzione della sintomatologia dolorosa pari, almeno, al 25% rispetto alle condizioni iniziali. Tale soglia è stata abbondantemente superata in questo studio, che ha documentato una riduzione del punteggio medio VAS pari al 47% per il dolore a riposo e al 59% per il dolore dopo esecuzione del test della deambulazione.”
“Tali riduzioni – aggiungono gli autori – sono compatibili anche con i criteri OMERACT-OARSI per la definizione di “risposta moderata” all’interno di un trial clinico”.

“Il confronto dei risultati ottenuti nello studio al test 6MWT con i dati regolatori derivati da soggetti sani, invece, è indicativo dell’entità della limitazione della funzione fisica che potrebbe essere associato alla gonartrosi – spiegano gli autori -. Dopo aggiustamento in base all’età e al peso corporeo, le stime delle autorità regolatorie fissano la distanza percorsa al 6MWT, rispettivamente, a 550 m negli uomini e a 500 m nelle donne.”

“In questo studio – precisano gli autori – la distanza media percorsa prima dell’inizio della terapia infiltrativa è stata pari, all’incirca, a 310 m, molto simile o al di sotto del limite inferiore di normalità. L’incremento medio della distanza percorsa pari a 115 m dopo completamento del trattamento rappresenta, pertanto, un incremento sostanziale (…) e, dal momento che questi pazienti mostrano una compromissione evidente della funzione fisica rispetto ai controlli sani incrociati in base al peso e all’età, è probabile che parte dell’incremento della distanza percorsa a piedi al 6MWT sia da attribuire alla ridotta percezione del dolore durante il movimento”.

Bibliografia
1) Petrella RJ et al. Pain relief and improved physical function in knee osteoarthritis patients receiving ongoing hylan G-F 20, a high-molecular-weight hyaluronan, versus other treatment options: data from a large real-world longitudinal cohort in Canada. Drug Des Devel Ther. 2015 Oct 15;9:5633-40. doi: 10.2147/DDDT.S88473. eCollection 2015.
leggi

2) Navarro-Sarabia F et al. A 40-month multicentre, randomised placebo-controlled study to assess the efficacy and carry-over effect of repeated intra-articular injections of hyaluronic acid in knee osteoarthritis: the AMELIA project. Ann Rheum Dis. 2011;70:1957–1962.
leggi

3) Waddell DD et al. A second course of hylan G-F 20 for the treatment of osteoarthritic knee pain: 12-month patient follow-up. J Knee Surg. 2005;18:7–15.
leggi

Una maggiore severità radiografica di malattia (in base a punteggio OARSI) e l’obesità potrebbero esserse fattori predittivi di una mancanza di risposta rilevante alla viscosupplemetazione (VS) in pazienti affetti da gonartrosi.

Sono queste le conclusioni principali di uno studio pubblicato su Journal of Orthopedic Research (1) che, pertanto, suggerisce come la terapia infiltrativa con acido ialuronico (HA) per il trattamento dell’osteoartrosi del ginocchio debba essere tenuta ben presente nei pazienti con BMI ridotto e con lieve riduzione dello spazio tibiofemorale.

Razionale dello studio
Alla base delle raccomandazioni difformi tra le varie LG sul trattamento della gonartrosi relative all’efficacia della VS, non si può escludere che una più attenta selezione dei pazienti candidati a questa opzione di trattamento possa aiutare ad ottimizzare I risultati.
Di conseguenza, identificare I fattori predittivi di efficacia della VS potrebbe aiutare I clinici a definire meglio I pazienti che potrebbero trarre un forte beneficio da questo intervento.

In letteratura, cominciano a moltiplicarsi gli studi indirizzati in tal senso: un trial randomizzato e multicentrico ha valutato la differente risposta alla VS rispetto al placebo (a 26 settimana) in sottogruppi diversi di pazienti con gonartrosi, divisi in base alle loro caratteristiche antropometriche (sesso, età, BMI), cliniche (severità di malattia, effusione intra-articolare) e radiografiche (severità di malattia). I risultati hanno documentato l’esistenza di differenze lievi tra I gruppo, di rilevanza non statistica (2).

Al contrario, invece, una metanalisi di trial clinici randomizzati ha dimostrato che la severità radiografica riferita era associata ad una scarsa risposta alla VS (3). L’impatto negativo della severità radiografica di malattia sulla risposta alla VS, inoltre, è stato confermato da una recente analisi del trial FLEXX (double-blind, randomised saline-controlled trial assessing the efficacy of Euflexxa (4).

Lo studio HAV-2012 (5), un trial multicentrico francese di non-inferiorità, prospettico e randomizzato, che ha messo a confronto due formulazioni di HA per la terapia intra-articolare nella gonartrosi sintomatica, somministrate in cicli di 3 iniezioni settimanali, ha fornito l’opportunità di studiare l’associazione esistente tra le caratteristiche dei pazienti al basale e la risposta alla VS a 6 mesi.
Di qui la nuova analisi post-hoc dei dati di questi trial recentemente pubblicata, che si è proposta di identificare i fattori demografici, antropometrici, clinici o radiografici associati con la risposta alla VS in base ai criteri OMERACT-OARSI in pazienti con gonartrosi sintomatica.

Disegno e risultati principali dello studio
L’analisi è stata condotta sui dati relativi a 166 pazienti del trial, dei quali erano noti, all’inclusione nel trial HAV-2012, i dati demografici, antropometrici, clinici (punteggio WOMAC, valutazione globale del paziente, presenza di effusione dal ginocchio) e radiografici (grado OARSI, coinvolgimento patello-femorale). La risposta alla VS è stata definita in base ai criteri di risposta OMERACT-OARSI a 6 mesi, mentre i predittori di risposta al trattamento sono stati valutati in analisi univariate e multivariate.

Dal momento che le caratteristiche basali e l’efficacia del trattamenti erano risultate simili tra i 2 gruppi trattati nel trial con le due preparazioni di HA per la terapia intra-articolare, i ricercatori hanno messo in pool i dati di tutti i pazienti per l’analisi post-hoc.
Questi avevano un’età media di 65,2 anni [63,7-66,8], con una preponderanza di pazienti di sesso femminile (n=101; 60,8%). Inoltre, il 44% del campione (n=73) presentava riduzione dello spazio tibiofemorale.

Dopo 6 mesi di trattamento, è stato osservato che 113 pazienti del trial (68,1%) erano risultati responder al trattamento assegnato (indipendentemente dalla formulazione di HA utilizzata).

L’analisi multivariata ha mostrato che sia l’obesità (BMI ≥ 30 kg/m2) che la severità radiografica di malattia (OARSI di grado 3) erano associate in maniera statisticamente significativa con la mancata risposta alla VS (p=0,001 e p=0,008, rispettivamente).

Inoltre, l’associazione di obesità e riduzione severa dello spazio tibiofemorale ha aumentato in modo significativo il rischio di insuccesso terapeutico della VS.
L’intensità del dolore all’inizio del trattamento e l’alterazione funzionale, invece, non sono risultati associati con la risposta alla VS.

Riassumendo
Lo studio ha dimostrato che un BMI elevato e una maggiore severità radiografica di malattia rappresentano i due predittori principali di insuccesso della VS in base ai criteri OMERACT-OARSI, sia presi singolarmente che in associazione (in quest’ultimo caso l’impatto è ancora più significativo).
Per contro, la durata di malattia e la severità della sintomatologia non alterano la risposta alla VS.

“Di conseguenza – concludono i ricercatori – una selezione più accurata dei pazienti candidati alla terapia infiltrativa con HA potrebbe ottimizzare l’efficacia del trattamento e limitare il numero di iniezioni intra-articolari di HA in quelli a rischio di outcome non soddisfacenti. Tali risultati potrebbero avere un impatto sulla pratica clinica e aiutare ad inquadrare meglio il posto della VS nella raccomandazioni internazionali relative alla gonartrosi, riducendo l’eterogeneità di risultati finora documentata”.

Bibliografia
1. Eymard F et al. Obesity and radiological severity are associated with viscosupplementation failure in patients with knee osteoarthritis. Journal of Orthopaedic Research (2017); e-pub ahead-of-print
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2. Altman RD and the Hyalgan Study Group. Intraarticular sodium hyaluronate (Hyalgan) in the treatment of patients with osteoarthritis of the knee: a randomized clinical trial. Hyalgan Study Group. J Rheumatol. 1998;25:2203-12

3. Wang C-T et al. Therapeutic effects of hyaluronic acid on osteoarthritis of the knee. A meta-analysis of randomized controlled trials. J Bone Joint Surg Am. 2004;86:538–45.

4. Altman RD et al. Analysis for Prognostic Factors from a Database for the Intra-Articular Hyaluronic Acid (Euflexxa) Treatment for Osteoarthritis of the Knee. Cartilage. 2016; 7:229-37.

5. Conrozier T et al. Safety and efficacy of intra-articular injections of a combination of hyaluronic acid and mannitol (HAnOX-M) in patients with symptomatic knee osteoarthritis. Results of a double-blind, controlled, multicenter, randomized trial. Knee. 2016; 23:842-8

L’adozione di un trattamento intra-articolare quadrimestrale a base di acido ialuronico (HA) è in grado, rispetto ad altri regimi di trattamento testati, di indurre una copertura terapeutica persistente, che inizia dopo un mese dall’infiltrazione e si mantiene fino a 14 mesi. Tale regime di somministrazione di terapia infiltrativa, inoltre, sarebbe in grado di contenere ai minimi termini il disagio del paziente, riducendo il numero di infiltrazioni praticate con conseguente risparmio di risorse economiche.

Queste le conclusioni di uno studio italiano di recente pubblicazione sulla rivista International Journal of Rheumatic Diseases.

L’efficacia della viscosupplementazione con HA nel trattamento della gonartrosi, sia dal punto di vista della riduzione del dolore che del miglioramento della funzione articolare, è nota da tempo.

“Una recente metanalisi – scrivono gli autori nell’introduzione al lavoro – ha evidenziato come gli effetti benefici del trattamento si palesino dopo un mese dall’iniezione, per raggiungere il picco dopo 8-13 settimane e declinare subito dopo, con valori residuali a 6 mesi.”

“Nonostante siano stati proposti diversi regimi posologici di terapia infiltrativa, di solito si procede con una nuova iniezione a 6 mesi dalla prima allo scopo di raggiungere un nuovo picco di efficacia. Perchè ciò avvenga, però, sono necessarie alcune settimane, durante le quali l’effetto del “richiamo” è pressochè trascurabile”.

Scopo di questo studio è stato quello di valutare la performance di un regime di trattamento intra-articolare “di richiamo” a base di HA a concentrazione elevata (2%; 50 mg/2,5mL; no cross-linked, avente un peso molecolare compreso nel range 800-1200 KDa) condotto a cadenza quadrimestrale, successivo ad un primo ciclo di terapia infiltrativa di HA (32 mg/2mL per 3 settimane).

Il regime di trattamento testato è stato scelto perchè, secondo la letteratura e l’esperienza clinica, l’efficacia terapeutica sembra smorzarsi dopo 4 mesi.

Passando ai dettagli del lavoro, uno studio osservazionale con un periodo di follow-up previsto di 14 mesi, 15 pazienti (aventi un’età media di 60 anni, con un rapporto maschi:femmine 6:9 e un BMI medio pari a 23,2), affetti da gonartrosi di grado lieve-moderato e durata media della sintomatologia pari a 11,7 mesi, sono stati sottoposti a terapia infiltrativa “d’attacco” e “di richiamo” nel modo sopra descritto.

Sia al momento dell’inclusione nello studio che dopo 1, 4, 6, 8, 12 e 14 mesi, è stata condotta una valutazione clinica dei pazienti reclutati tramite rilevazione del punteggio VAS relativo al dolore a riposo e durante lo svolgimento di attività, dell’indice algofunzionale di Lequesne e del punteggio KOOS (Knee Injury and Osteoarthritis Outcome Score), nonché una stima del consumo mensile di FANS.

I risultati hanno documentato, nel corso del follow-up, una riduzione significativa dei punteggi VAS (basale vs 14 mesi: VAS a riposo, 3,7 ± 1,7 vs 1± 0,7; VAS attività, 6,2 ± 1,7 vs 2,6 ± 1,3) e, in concomitanza, un miglioramento della funzione del ginocchio (basale vs 14 mesi: KOOS, 51,9 ± 15,3 vs. 70,2 ± 13,7; LI, 10 ± 3,8 vs. 5,4 ± 2,4).

Non solo: lo studio ha evidenziato anche una riduzione del consumo di FANS e il riscontro di eventi avversi di entità lieve (dolore al sito di iniezione, dolore, tumefazione) solo in 2 pazienti.

Nel commentare i risultati, gli autori hanno rimarcato come “…un regime di trattamento basato su iniezioni intra-articolari a cadenza quadrimestrale, quando l’efficacia comincia a declinare, potrebbe rappresentare una soluzione migliore per assicurare un effetto terapeutico a lungo termine. (…) In questo studio è stato osservato come l’efficacia di HA vada incontro ad un incremento già ad un

mese dall’infiltrazione, e si mantenga elevata nel corso dell’intero periodo di follow-up.”

“Tali risultati positivi – proseguono gli autori – potrebbero essere ascritti al tipo di HA e al regime terapeutico adoperato: infatti, la formulazione di HA utilizzata è stata in grado, in ragione delle sue proprietà idrofiliche, di aumentare il tempo di permanenza a livello dell’articolazione, migliorando le proprietà viscoelastiche. Inoltre essa è dotata di un’attività anti-inflammatoria più elevata, come documentato da studi sulla migrazione di cellule infiammatorie e da altri studi che hanno mostrato ridotte concentrazioni di prostaglandine e bradichinina.”

“Non solo: la scelta della periodicità quadrimestrale di somministrazione, potrebbe aver influenzato positivamente l’ambiente articolare, migliorando l’omeostasi articolare e favorendo la predisposizione della cartilagine all’azione di HA.”

Abate M et al. Hyaluronic acid in knee osteoarthritis: preliminary results using a four months administration schedule. International Journal of Rheumatic Diseases 2015

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Un unico ciclo di trattamento della gonartrosi della durata di 8 settimane, basato sulla combinazione di infiltrazioni con acido ialuronico (HA), riabilitazione fisica volontaria ed educazione dei pazienti si è dimostrato vantaggioso in termini di consumo di risorse economiche (cost-effective) e potenzialmente in grado di ritardare il ricorso ad intervento di artroplastica del ginocchio dopo 2 anni di follow-up.

Queste le conclusioni di uno studio pubblicato online ahead-of-print sulla rivista Clinical Medicine Insights: Arthritis and Musculoskeletal Disorders da un’equipe di ricercatori USA.

E’ noto come numerosi interventi non chirurgici si siano rivelati efficaci nel migliorare la sintomatologia associata alla gonartrosi, nel breve termine. Ciò nonostante, si richiedono tempi di follow-up più lunghi per caratterizzare in modo accurato alcuni outcomes quali il rapporto costo-beneficio e il procrastinamento del ricorso all’intervento risolutivo di artroplastica.

“I regimi di trattamento multimodali sono universalmente raccomandati per la gestione ottimale della gonartrosi – ricordano gli autori nell’introduzione al lavoro.”

Uno di questi programmi di trattamento multimodali, della durata di 8 settimane, prevede il ricorso alle infiltrazioni con HA, ad esercizi di riabilitazione fisica su base volontaria e a programmi specifici di istruzione dei pazienti sulla patologia e le opzioni di trattamento disponibili. Tale programma si è dimostrato efficace nel ridurre il dolore al ginocchio del 59%, nonché nel migliorare del 44%-51% i punteggi delle sottoscale WOMAC (Western Ontario and McMaster Universities Osteoarthritis Index) relativi alle dimensioni “dolore”, ”funzione fisica” e “rigidità articolare” (2).
L’assenza di dati sulla durata di efficacia del trattamento nonché sul vantaggio in termini di consumo di risorse economiche sanitaria ha sollecitato la messa a punto di questo studio, avente l’obiettivo di determinare l’utilità clinica nel lungo termine e il rapporto costo-efficacia di questo intervento in un set di pazienti reale anziché ideale come quello dei clinical trial.

A tal scopo sono stati reclutati 553 pazienti con gonartrosi, precedentemente sottoposti al programma di intervento terapeutico multimodale sopra descritto. Questi pazienti sono stati contattati per una valutazione dell’efficacia del programma dopo 1 e dopo 2 anni di follow-up.

Nel corso di ciascuna delle due visite annuali, si è proceduto alla rilevazione degli outcomes, i più importanti dei quali prevedevano la valutazione della severità dei sintomi (mediante impiego di questionari validati ad hoc), informazioni anamnestiche (uso di farmaci, operazioni pregresse al ginocchio) e punteggi utili all’analisi costo-beneficio (calcolati e successivamente confrontati con valori costi-beneficio standard).

Più in dettaglio, i punteggi relativi alla sintomatologia sono stati ricavati dal questionario EQ-5D, che fornisce un solo valore per esprimere lo stato di salute dell’individuo. I punteggi utili all’analisi costo-beneficio del trattamento sono stati ottenuti, invece, utilizzando come parametro il QALY (anno di vita guadagnato in termini di salute), dove con QALY=1 si intende un anno di vita guadagnato in ottima salute, con QALY=0 si intende la morte dell’individuo o il suo essere in coma, mentre con QALY<0 si indicano pesanti limitazioni della qualità di vita dell'individuo. La soglia considerata per determinare se l'intervento analizzato aveva un favorevole profilo di costo-efficacia era compresa da 34.000 a 50.000 dollari per QALY guadagnato, sulla base di calcoli fatti in base alle linee guida del sistema sanitario pubblico britannico. I risultati dello studio hanno documentato, innanzitutto, la capacità del programma terapeutico multimodale di ritardare il ricorso all'artroplastica: ad un anno, la percentuale di pazienti che ha necessitato dell'intervento chirurgico è stata pari al 10% mentre a 2 anni è stata del 18%. Il trattamento si è dimostrato avere un ottimo rapporto costo-beneficio (12.800 dollari per QALY a 2 anni). Inoltre, il favorevole rapporto costo-efficacia ottenuto grazie al programma suddetto si è mantenuto nel tempo indipendentemente da alcuni fattori confondenti quali sesso, età, BMI, severità di malattia o del dolore da OA. Nel commentare i risultati, gli autori ipotizzano che la combinazione di infiltrazioni seriali di HA, esercizi di riabilitazione fisica su base volontaria ed educazione sanitaria dei pazienti affetti da gonartrosi, abbia un effetto sinergico, invocando l'esistenza di meccanismi differenti in grado di spiegare l'effetto terapeutico complessivo. Pur tuttavia essi ritengono, sulla base dell'entità dell'effetto terapeutico osservato con la sola terapia infiltrativa con HA, che larga parte dell'effetto osservato con il programma terapeutico sopra menzionato sia da ascrivere alle infiltrazioni e alla loro presunta capacità di facilitare l'adesione alle altre azioni previste nel piano terapeutico multimodale. 1. Miller LE et al. An 8-Week Knee Osteoarthritis Treatment Program of Hyaluronic Acid Injection, Deliberate Physical Rehabilitation, and Patient Education is Cost Effective at 2 Years Follow-up: The OsteoArthritis Centers of AmericaSM Experience. Clinical Medicine Insights: Arthritis and Musculoskeletal Disorders 2014:7 49–55 Leggi

2. Miller LE, Block JE. An 8-week multimodal treatment program improves symptoms of knee osteoarthritis: a real-world multicenter experience. Pragmatic Obs Res. 2013;4:39–44.
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Le probabilità di progressione della gonartrosi aumentano all’aumentare della percentuale di acido ialuronico di basso peso molecolare (PM) nel liquido sinoviale al basale. Inoltre, vi è una correlazione significativa tra l’intensità del dolore e la distribuzione del PM nell’acido ialuronico contenuto nel liquido sinoviale dell’articolazione del ginocchio. È quanto emerge in un recente studio pubblicato sulla rivista Osteoarthirsits and Cartilage.

In questo lavoro gli autori hanno analizzato la relazione tra la distribuzione del PM dell’acido ialuronico nel liquido sinoviale dell’articolazione del ginocchio e rischio di progressione della gonartrosi.

A tale scopo, hanno valutato mediante elettroforesi su gel di agarosio la distribuzione al basale del PM nell’acido ialuronico nei campioni disponibili di liquido sinoviale dei pazienti che avevano partecipato allo studio POP (Prediction of OA Progression) e per i quali erano disponibili i dati radiografici a 3 anni relativi alla progressione della gonartrosi e quelli sugli interventi di sostituzione articolare eseguiti durante i 3 anni di studio.

In totale, sono state analizzate 65 ginocchia di 40 pazienti affetti da gonartrosi in almeno una delle due articolazioni, valutando dopo 3 anni l’entità del restringimento della rima articolare (JSN) e della progressione degli osteofiti (OST), e il numero di artroplastiche eseguite (TKA).

L’ipotesi di partenza dei ricercatori, rivelatasi poi corretta, era che la preponderanza di acido ialuronico a basso PM nel liquido sinoviale del ginocchio sarebbe risultata associata a un maggior rischio di progressione della gonartrosi.

Alla fine dei 3 anni di follow up, il 40% delle ginocchia analizzate (26) non era in progressione (OST-/JSN-), il 37% (24) mostrava solo una progressione degli osteofiti (OST+/ JSN-), l’11% (7) presentava anche una riduzione dello spazio articolare (OST+/JSN+) e il 12% (8) aveva richiesto un’artroplastica totale del ginocchio.

Le analisi hanno effettivamente evidenziato un’associazione significativa tra distribuzione del PM dell’AI nel liquido sinoviale basale e probabilità di progressione della gonartrosi, in particolare per le ginocchia indice (quelle originariamente utilizzate per l’arruolamento nello studio POP).

Dopo aver aggiustato i dati in base a età, sesso, indice di massa corporea, il grado radiografico basale e intensità del dolore basale, gli autori hanno trovato che nelle ginocchia indice ogni aumento di un punto percentuale dell’acido ialuronico di PM < 106 era associato a un aumento significativo delle probabilità di JSN (OR 1,45; IC al 95% 1,02-2,07), di JSN o TKA (OR 1,24; IC al 95% 1,01-1,53) e di progressione di qualsiasi tipo (OR 1,16; IC al 95% 1,01-1,32). I risultati, riferiscono gli autori, sono stati simili nell’intero campione di 65 ginocchia. “Le ginocchia indice probabilmente rappresentano un campione più uniforme e rappresentativo perché erano state usate come base per l’inclusione nello studio POP originale. Inoltre, appartengono a pazienti diversi e quindi sono indipendenti l’una dall’altra” scrivono. Pertanto, “l’aver osservato risultati simili nell’intero campione e nel sottogruppo delle ginocchia indice rafforza le nostre conclusioni e dimostra la robustezza dell’analisi”. Dallo studio emerge anche una correlazione significativa tra distribuzione del PM dell’acido ialuronico nel liquido sinoviale e dolore al ginocchio al basale. Il dolore, infatti, è risultato superiore all’aumentare della percentuale di acido ialuronico a basso PM. I ricercatori concludono, quindi, che uno spostamento della distribuzione del PM dell’acido ialuronico contenuto nel liquido sinoviale dell’articolazione del ginocchio verso valori più bassi è associato a un aumento del rischio di progressione rapida della gonartrosi, così come a un dolore basale più intenso; un dato, quest’ultimo, già suggerito da diversi studi precedenti. Inoltre, gli autori sottolineano nella discussione come i loro risultati evidenzino l’importanza di valutare la distribuzione del PM dell’acido ialuronico nel liquido sinoviale, anziché solo i valori medi di questo parametro, per differenziare i pazienti con gonartrosi rapidamente progressiva da quelli con malattia a progressione più lenta. P.A. Band, et al. Hyaluronan molecular weight distribution is associated with the risk of knee osteoarthritis progression. Osteoarthritis Cartilage. 2015;23(1):70-6.

La terapia intra-articolare a base di cellule staminali mesenchinali (MSC) allogeniche potrebbe rappresentare una valida alternativa nel trattamento della gonartrosi cronica, forse più agevole della terapia con MSC autologhe. Il trattamento con MSC allogeniche è risultato di semplice esecuzione, non necessita del ricorso alla chirurgia, ha un effetto palliativo sul dolore e migliora in modo significativo la qualità della cartilagine.

Queste le conclusioni di un trial randomizzato spagnolo di recente pubblicazione online ahead-of-print sulla rivista Transplantation (1).
Come è noto, da tempo l’attenzione della ricerca medica sulla messa a punto di trattamenti alternativi alla gonartrosi, si sta focalizzando sulle terapie cellulari. Risultati provenienti da studi condotti su modelli animali e dalle prime casistiche di utilizzo nell’uomo di queste terapie sembrano promettenti nel trattamento della gonartrosi, come documentato da uno studio pilota di fase I-II, condotto dalla stessa equipe di ricerca sull’impiego di MSC autologhe derivanti dal midollo osseo (2). Lo studio in questione, oltre ad aver dimostrato la sicurezza d’impiego e il progressivo miglioramento degli indici algofunzionali, ha mostrato un’efficienza del trattamento compresa tra il 65% e il 78%, con esiti di trattamento migliori rispetto a quelli osservati con i trattamenti convenzionali, che si sono conservati fino a 2 anni di follow-up (3).

“Le MSC autologhe rappresentano un’eccellente opzione terapeutica nel trattamento dell’osteoartrosi (OA) – spiegano gli autori nell’introduzione al lavoro. – Tuttavia, la fase di espansione cellulare rende la procedura lenta e costosa. L’impiego di cellule allogeniche dovrebbe essere, invece, meno dispendioso e più semplice.”

“Uno svantaggio potenziale derivante dall’impiego di MSC allogeniche potrebbe consistere nello sviluppo di reazioni immunitarie contro l’ospite – continuano gli autori – per quanto alcune osservazioni abbiamo documentato come le MSC sarebbero, dal punto di vista immunologico, neutre in tal senso, mentre studi sulla persistenza di MSC trapiantate autologhe o allogeniche darebbero risultati paragonabili”.
Obiettivo del trial, pertanto, è stato quello di valutare la maneggevolezza e la sicurezza d’impiego di MSC allogeniche nel trattamento dell’OA, e di ottenere informazioni sull’efficacia del trattamento.

Atal scopo, 30 soggetti affetti da gonartrosi cronica non responsiva ai trattamenti conservativi tradizionali e con evidenza radiologica di OA, sono stati randomizzati, secondo uno schema 1:1, in 2 gruppi. Il gruppo sperimentale era trattato con iniezione intra-articolare di MSC allogeniche derivate da midollo osseo. Quello di controllo attivo, invece, era trattato con infiltrazione singola di acido ialuronico (60 mg).
Gli outcome dello studio prevedevano la valutazione per un anno di dolore (indici VAS da 0 a 100, punteggio WOMAC-pain e WOMAC generale, entrambi da 0 a 100 e indice Lequesne da 0 a 100), disabilità e qualità della vita (questionario ridotto SF-12). La qualità della cartilagine articolare, invece, è stata analizzata mediante risonanza magnetica.

I risultati hanno documentato un miglioramento di tutti gli indici algofunzionali nel gruppo sottoposto a terapia cellulare con MSC allogeniche rispetto al gruppo di controllo attivo. Nello specifico, il miglioramento dei pazienti sottoposti a terapia cellulare è risultato di entità media-ampia (effect size, 0,58 – 1,12 per i diversi indici algofunzionali) e di entità piccola nel gruppo di controllo (effect size, 0,19 – 0,48) attivo.
Il dolore si è ridotto in maniera significativa da 6 a 12 mesi dal trapianto di MSC e meno nel gruppo di controllo, salvo il riscontro di una riduzione statisticamente significativa dell’indice VAS a 12 mesi dal trattamento nel gruppo di controllo.

Inoltre, i dati sulla qualità della cartilagine ottenuti mediante risonanza magnetica, hanno documentato un miglioramento di questo parametro nei pazienti trattati con MSC.
Nel commentare i risultati, gli autori dello studio affermano che il loro è il primo studio ad aver dimostrato la sicurezza e la maneggevolezza delle MSC allogeniche e a fornire forti indicazioni di efficacia nel trattamento dell’OA.

Tra i vantaggi del trattamento con MSC allogeniche vs MSC autologhe vi sarebbero il basso costo di produzione, una maggiore omogeneità e la possibilità di impiego anche nei pazienti sieropositivi.
“Gli effetti curativi sembrano essere di entità minore rispetto a quelli osservati con le MSC autologhe, ma questo aspetto dovrà essere confermato in nuovi studi diretti a mettere a confronto testa-a-testa entrambe le terapie cellulari nello stesso studio- concludono gli autori”.

1. Vega A. et al. Treatment of Knee Osteoarthritis With Allogeneic Bone Marrow Mesenchymal Stem Cells: A Randomized Controlled Trial. Transplantation 2015; epub ahead-of-print
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2. Orozco L et al. Treatment of knee osteoarthritis with autologous mesenchymal stem cells: a pilot study. Transplantation. 2013;95:1535.
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3. Orozco L, Munar A, Soler R, et al. Treatment of knee osteoarthritis with autologous mesenchymal stem cells: two-year follow-up results. Transplantation. 2014;97:e66
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Il trattamento intra-articolare con 40 mg di metilprendnisolone acetato, propedeutico ad un programma di svolgimento di esercizi fisici, non risulta più efficace del placebo nel trattamento della gonartrosi.
Queste le conclusioni di un lavoro presentato nel corso della sessione annuale dell’Osteoarthritis Research Society International (OARSI) World Congress.

Come è noto, lo svolgimento di esercizi fisici è raccomandato nei pazienti affetti da gonartrosi; tuttavia il dolore cronico al ginocchio può essere causa di impedimento allo svolgimento di questa utile attività.
La somministrazione intra-articolare di CS è una strategia raccomandata nel trattamento dell’OA, dal momento che la riduzione dello stato infiammatorio è in grado di aumentare la mobilità articolare.

Gli autori del nuovo studio hanno concentrato la loro attenzione su 263 pazienti con segni clinici e radiologici di gonartrosi. Dopo verifica dei criteri di inclusione, il team di ricercatori ha randomizzato 100 pazienti al trattamento con 1 ml di metilprednisolone acetato + 4 ml di lidocaina (10 mg/ml) o con 1 ml di soluzione isotonica allo stesso volume del trattamento con CS e l’aggiunta di lidocaina.

Il programma di esercizi fisici ha avuto inizio, invece, 2 settimane dopo il trattamento intra-articolare, un ritardo volutamente inserito nel protocollo di studio, in concordanza con alcune osservazioni di letteratura che documentano un effetto massimale della terapia infiltrativa con CS somministrati 2-6 settimane prima l’inizio del programma di esercizi fisici.

I pazienti randomizzati nei due gruppi erano sovrapponibili alla partenza dello studio per quanto riguarda le caratteristiche demografiche (sesso, età, altezza, peso e BMI), come pure relativamente al grado di severità dell’OA documentato per via radiografica. Il tasso di adesione al programma previsto di esercizi fisici è stato pari al 79%, senza rilevazione di differenze apprezzabili tra i 2 gruppi. Quanto al punteggio KOOS relativo alla sottoscala “dolore”, questo era pari, alla randomizzazione, rispettivamente a 53,3 ne gruppo trattato con CS e a 55,2 nel gruppo placebo.

Dei 100 pazienti randomizzati al trattamento farmacologico con CS, 93 hanno completato il programma di esercizi fisici a 14 settimane, mentre 89 hanno completato il programma fino alla fine del periodo di osservazione dello studio (26 settimane).

L’outcome primario dello studio era costituito dalla variazione media del punteggio KOOS (Knee injury and Osteoarthritis Outcome Score) riportato sulla sottoscala dolore alla 14esima settimana dall’inizio del trattamento. Lo studio prevedeva anche la valutazione dei punteggi KOOS relativi alla sintomatologia, allo svolgimento delle attività quotidiane e alla qualità della vita.

I risultati del trial hanno documentato una variazione media del punteggio KOOS relativo alla sottoscala dolore pari a 13,6 nel gruppo trattato con CS e a 14,8 nel gruppo placebo. La differenza media tra i due punteggi, pari a 1,2 unità, non è risultata statisticamente significativa (p=0,64). Stesso trend è stato osservato alla 26esima settimana dall’inizio dello studio.

Quanto ai punteggi KOOS relativi alle attività quotidiane e alla qualità di vita ottenuti a 2,14 e 26 settimane dall’inizio dello studio, anche in questi casi sono risultati sovrapponibili tra i 2 gruppi e la loro differenza non è stata statisticamente significativa, a conferma ulteriore dell’assenza di benefici derivante dalla terapia infiltrativa con CS in questo set di pazienti.

[Evaluation of the Benefit of Corticosteroid Injection Prior to Exercise Therapy in Patients With Knee Osteoarthritis: A Randomised Trial. Abstract 16]

Stando ai risultati di uno studio pubblicato sulla rivista Clinical Neurology and Neurosurgery, le infiltrazioni di acido ialuronico (HA) sarebbero efficaci nel ridurre il dolore e la limitazione della mobilità associate alla gonartrosi. In particolare, lo studio avrebbe documentato un miglioramento della mobilità dell’articolazione del ginocchio fino a 6 mesi dalla fine della terapia. Tuttavia, ciò, al contempo, potrebbe essere deleterio per l’articolazione del ginocchio in questi pazienti perchè potrebbe accelerare il processo di degenerazione articolare.
Studi sulla deambulazione hanno mostrato come il momento di adduzione del ginocchio giochi un ruolo importante nei pazienti con gonartrosi del compartimento mediale.

In particolare è stato osservato come l’aumento del momento di adduzione rappresenti la causa principale di eccesso di carico sull’articolazione del ginocchio. Tra le altre variazioni di andatura, documentate in letteratura a livello dell’articolazione del ginocchio e associate alla gonartrosi, si annoverano cambiamenti della velocità di deambulazione, e una riduzione del momento di flessione del ginocchio. Queste variazioni potrebbero alterare il carico sull’articolazione del ginocchio e, pertanto, dovrebbero essere tenute nel giusto conto come parte delle misure di outcome nei pazienti affetti da gonartrosi.

In letteratura l’efficacia delle infiltrazioni di HA nel trattamento di pazienti affetti da gonartrosi è ampiamente documentata. Tuttavia, gli studi fin qui condotti hanno considerato l’efficacia del trattamenti quasi esclusivamente sulla base di punteggi riportati su scale empiriche di misurazione dell’intensità del dolore e della mobilità, mentre esistono sparute documentazioni sugli effetti a lungo termine della terapia infiltrativa con HA sulle variabili cinetiche associate alle articolazioni del ginocchio.

Di qui il razionale del nuovo studio, volto a verificare l’ipotesi di una variazione significativa della cinetica dell’articolazione, sia a livello delle sezioni frontali che sagittali nei pazienti affetti da gonartrosi, con una durata dell’effetto fino a 6 mesi.
A tal scopo sono stati reclutati 15 pazienti affetti da OA del ginocchio e 15 controlli sani. Questi sono stati sottoposti ad analisi della deambulazione sia prima che dopo il ciclo di infiltrazioni con HA (1 settimana, 3 mesi, 6 mesi).
Come negli altri studi sull’efficacia della terapia infiltrativa con HA, si è valutata l’intensità del dolore percepito a livello del ginocchio e la funzionalità mediante ricorso, rispettivamente, alla scala VAS per la misurazione del dolore e l’indice funzionale di Lequesne (LI). Le variazioni relative alla cinetica articolare sono state analizzate a livello delle sezioni frontali e sagittali.

Lo studio ha innanzitutto confermato il miglioramento dei punteggi VAS e LI nel gruppo di pazienti affetti da gonartrosi dopo infiltrazioni con HA (p<0,001). L'analisi cinetica ha mostrato, a livello della sezione frontale, un incremento significativo del momento di adduzione (p<0,001) dopo trattamento con HA, che si è protratto fino a 6 mesi. A livello della sezione sagittale, invece, sono stati documentati momenti di estensione del ginocchio ridotti in posizione iniziale e momenti di flessione più ampi in posizione terminale dopo completamento del ciclo di iniezioni (p<0,05). In pratica, dopo risoluzione del dolore dopo le infiltrazioni con HA, si mettono in atto delle variazioni della cinetica del ginocchio tali da aggravare il carico sull'articolazione. Per queste ragioni, concludono gli autori dello studio, sono necessari studi ulteriori per confermare se le variazione cinetiche documentate nello studio siano effettivamente pericolose per l'articolazione del ginocchio e se sono necessarie strategie di riduzione dei momenti di adduzione del ginocchio per prevenire i possibili processi di degenerazione articolare dopo infiltrazioni con HA. Tang A C-W et al. Kinetics features changes before and after intra-articular hyaluronic acid injections in patients with knee osteoarthritis. Clinical Neurology and Neurosurgery 129 S1 (2015) S21–S26 Leggi

Nei pazienti affetti da gonartrosi, l’efficacia iniziale delle infiltrazioni intrarticolari di acido ialuronico sembra essere non inferiore a quella dei farmaci antinfiammatori non-steroidei (FANS) orali , con una sicurezza superiore. È questa la conclusione di uno studio multicentrico di autori giapponesi, pubblicato di recente su Arthritis Research & Therapy.

Anche se molti dei trattamenti conservativi comunemente utilizzati per il trattamento dell’artrosi del ginocchio sono di provata efficacia, nel complesso non ci sono ancora evidenze sufficienti disponibili su quest’argomento, scrivono gli autori nell’introduzione.

Tra i trattamenti farmacologici oggi disponibili per la gonartrosi, i FANS agiscono rapidamente e sono tra i farmaci raccomandati dalle linee guida per la gestione dell’osteoartrosi. Tuttavia, questi agenti, come è noto, sono gravati da effetti collaterali che possono essere gravi e frequenti.

Le infiltrazioni intrarticolari di acido ialuronico utilizzate per il trattamento dell’osteoartrosi del ginocchio hanno dimostrato di ridurre il dolore e migliorare la funzionalità articolare. Tuttavia, segnala il gruppo giapponese, finora non erano mai stati fatti studi di buona qualità in cui siano stati confrontati direttamente efficacia e sicurezza delle infiltrazioni di acido ialuronico e dei FANS orali nei pazienti con gonartrosi.

Per colmare questa lacuna, il team nipponico, coordinato da Muneaki Ishijima, della Juntendo University di Tokyo, ha eseguito uno studio randomizzato, in aperto, a gruppi paralleli, su un totale di 200 pazienti affetti da osteoartrosi del ginocchio.

I partecipanti sono stati assegnati in rapporto 1: 1 al trattamento con FANS tre volte al giorno per 5 settimane oppure con infiltrazioni intrarticolari di acido ialuronico una volta alla settimana per 5 settimane. L’endpoint primario dello studio era la variazione percentuale del punteggio del Japanese Knee Osteoarthritis Measure (JKOM), uno strumento di misurazione dell’outcome orientato al paziente. Inoltre tutti i partecipanti sono stati interrogati riguardo a eventuali eventi avversi manifestatisi durante il trattamento. Il margine di non inferiorità era del 10%.

Le analisi sull’endpoint primario hanno riguardato 98 pazienti nel gruppo sottoposto alle infiltrazioni di acido ialuronico e 86 pazienti nel gruppo trattato con FANS orali.

In entrambi i gruppi, il trattamento ha portato a una riduzione significativa del JKOM score rispetto al basale (P <0,001). La variazione percentuale del punteggio è stata pari a -34,7% nel gruppo trattato con l’acido ialuronico e -32,2% nel gruppo trattato con FANS. La differenza tra i due gruppi, pari a-2,5% (IC al 95% da -14 a 9,1), indica che le infiltrazioni di acido ialuronico sono non inferiori ai FANS in termini di efficacia, scrivono i ricercatori. Entrambi i trattamenti, inoltre, hanno alleviato significativamente il dolore al ginocchio (P <0,001). Nei pazienti trattati con l’acido ialuronico, la riduzione percentuale rispetto al basale del punteggio della scala VAS è stata pari al 41,2%, mentre in quelli trattati con i FANS la riduzione è stata del 36%. Nelle sottoanalisi, i ricercatori non hanno trovato differenze significative tra i due bracci in termini di percentuali di pazienti che hanno risposto al trattamento (69,7% con l’acido ialuronico e 62,4% con i FANS; P = 0,283). Sul piano della sicurezza, invece, sia la frequenza degli eventi avversi sia quella degli abbandoni dello studio dovuti agli effetti collaterali sono risultate significativamente più basse nel gruppo sottoposto alle infiltrazioni intrarticolari di acido ialuronico rispetto al gruppo di confronto (rispettivamente P = 0,026 e P = 0,004). Nella discussione, gli autori segnalano alcuni limiti dello studio; primo tra tutti, il disegno in aperto, e non randomizzato, che potrebbe aver sfalsato un po’ i risultati. Inoltre, spiegano, la dimensione del campione è stata calcolata in modo da avere un margine di inferiorità del 10%, scelta che potrebbe essere discutibile. Segnalano, infine, che nelle analisi sui sottogruppi, nei pazienti con artrosi lieve (punteggio pari a 1 della scala di Kellgren-Lawrence) il trattamento con acido ialuronico ha portato a una riduzione del JKOM score, che però non è risultata non significativa. Le ragioni di ciò non sono chiare, scrivono Ishijima e i colleghi, ma, avvertono i ricercatori, l’interpretazione dei risultati è limitata dal basso numero di pazienti di questo sottogruppo (15), e anche questa potrebbe essere una limitazione dello studio. Alessandra Terzaghi M. Ishijima, et al. Intra-articular hyaluronic acid injection versus oral non-steroidal anti-inflammatory drug for the treatment of knee osteoarthritis: a multi-center, randomized, open-label, non-inferiority trial. Arthritis Research & Therapy 2014. leggi

Sono state recentemente pubblicate sulla rivista Cartilage le raccomandazioni di buona pratica clinica del gruppo EUROVISCO (European Viscosupplementation Consensus Group) relative al primo ricorso alla viscosupplementazione (VS) in pazienti con artrosi al ginocchio.

Queste nuove linee guida del gruppo EUROVISCO, giunte alla quinta edizione dal 2015, si sono prefisse l’obiettivo di venire in aiuto ai medici infiltratori per decidere in merito al primo ricorso ad un intervento di VS e comprendono 18 raccomandazioni.

Il Gruppo EUROVISCO
EUROVISCO è un gruppo di lavoro costituito da 11 esperti di osteoartrosi che, regolarmente, a partire dal 2014, si riunisce ogni anno a Lione, in Francia, per scambiare punti di vista, discutere e implementare raccomandazioni su aspetti specifici legati alla VS e la gestione dell’osteoartrosi (OA).

Il board scientifico di questo gruppo è costituito da Key Opinion Leaders provenienti da diversi Paesi europei (Belgio, Francia, Germania, Italia, Spagna, Regno Unito e Turchia) e con
diverso background specialistico.

Il gruppo, infatti, si compone di reumatologi, chirurghi ortopedici, chirurghi di Medicina dello Sport e del ginocchio, come pure da specialisti in Medicina Riabilitativa.

Tutti i membri appartenenti al gruppo sono esperti in metodologia della ricerca clinica nel campo dell’OA e della VS ed hanno esperienze nel campo della medicina accademica e/o della
pratica privata.

L’obiettivo del gruppo EUROVISCO è quello di implementare e pubblicare suggerimenti e raccomandazioni al fine di aiutare la classe medica nella gestione dell’OA e nel miglior impiego della VS nella pratica clinica.

Razionale e obiettivi delle nuove linee guida

La VS è indicata da tempo nelle forme lievi o moderate di OA del ginocchio per ridurre il dolore e migliorare la funzionalità articolare in periodi privi di riacutizzazioni infiammatorie.

Utilizzata da oltre 30 anni, la VS è raccomandata da numerose (ma non tutte) le società scientifiche europee e Usa, principalmente a causa di un livello di evidenza considerato insufficiente.

L’eterogeneità dei risultati è stata ascritta, in primis, alle differenze di efficacia dei prodotti contenenti HA, probabilmente riflesso delle differenze esistenti tra un prodotto e l’altro in termini di peso molecolare, concentrazione, volume iniettato, tempo di permanenza intra-articolare e viscoelasticità.

Anche il profilo della popolazione di pazienti è stato invocato come un fattore in grado di influenzare notevolmente il risultato della VS, come nel caso dell’obesità e del grado radiografico avanzato di malattia.

Nel proporsi di dare delle informazioni pratiche sul ricorso ad un primo trattamento di VS, EUROVISCO ha voluto tenere conto non solo dei fattori sopra menzionati ma anche di quelli che possono influenzare la decisione di eseguire la VS in un paziente che si rivolge al medico per l’OA dolorosa del ginocchio – dalle esigenze e le aspettative del paziente (sollievo dal dolore, pratica di sport ricreativi o agonistici, impegni professionali, rinvio dell’intervento chirurgico), alle sue paure (paura di diventare disabile, paura della chirurgia, paura degli IA, paura dei trattamenti convenzionali); dalla valutazione fatta dal medico del livello di dolore e di disabilità, dei risultati della diagnostica per immagini e dei punteggi del dolore e funzionali alle potenziali controindicazioni legate a farmaci e/o a comorbilità concomitanti.

Cenni sulle modalità di implementazione delle linee guida
Sulla base di una ricerca sistematica della letteratura, i membri della Task Force EUROVISCO hanno dovuto esprimere il loro consenso (o dissenso) relativamente a 112 item, utilizzando il metodo delle consensus Delphi.

In estrema sintesi, i membri del gruppo di lavoro hanno valutato il loro grado di consenso per ciascuno degli item sopra indicati utilizzando la scala Likert graduata da 1 a 9 (esprimendo “disaccordo” con punteggi da 1 a 3, “accordo condizionale” da 4 a 6 e “accordo” con punteggio da 7 a 9. Il voto, espresso mediante voto elettronico, è stato ponderato da un software che ha generato un punteggio mediano per ciascuno degli item sottoposti a votazione.

La forza della raccomandazione è stata classificata come “ELEVATA” se il punteggio mediano era pari a 8-9; “MODERATA” se il punteggio mediano era pari a 8; “RIDOTTA” se il punteggio mediano era pari a 6.

Il grado di consenso è stato calcolato in base al numero di esperti che hanno assegnato un punteggio ≥7 alla domanda posta. È stato classificato come “UNANIME” se 10 esperti su 10 erano d’accordo con la proposta; “ALTO” se 9 o 8 esperti erano d’accordo con la proposta; “MODERATO” e “BASSO” se 7 e 6 esperti, rispettivamente, erano d’accordo con questa proposta. Dopo ogni domanda, il risultato è stato discusso dal gruppo, ogni membro ha presentato le proprie opinioni (contrastanti o meno) e, se possibile, si è cercata una posizione comune.

Elenco delle raccomandazioni implementate
Lasciando al lettore la disamina completa del documento originale per le sue valutazioni e i dovuti approfondimenti, proponiamo di seguito l’elenco delle raccomandazioni implementate, evidenziando in grassetto quelle che hanno ricevuto un consenso “unanime”.

1) Il ricorso a VS è da riservare solo nei pazienti sintomatici (Forza Raccomandazione (SR): Elevata; Livello Consenso (CL): Elevato
2) Il ricorso a VS è da riservare solo ai pazienti con sintomatologia presente da più di 3 mesi (SR: Elevata; CL: Elevato)
3) Potrebbe essere preso in considerazione il ricorso a VS come trattamento di prima linea se il paziente non gradisce assumere analgesici o in caso di controindicazioni a questi ultimi (SR: Moderata; CL: Ridotta)
4) Si raccomanda di valutare il dolore su scala VAS o digitale prima di considerare il ricorso a VS (SR: Forte; CL: Unanime)
5) Può essere preso in considerazione il ricorso a VS nei pazienti con punteggio relativo al dolore compreso tra 3 e 8 su scala digitale a 11 punti (0-10) (SR: Forte; CL: Moderato)
6) Bisogna effettuare un radiografia standard del ginocchio artrosico prima di decidere sul ricorso a VS (SR: Forte; CL: Unanime)
7) La radiografia standard del ginocchio artrosico da effettuare prima di decidere su VS deve essere stata condotta da non più di 12 mesi (SR: Moderata; CL: Moderata)
8) Se la radiografia è normale, la diagnosi di OA deve essere confermata da un esame di risonanza magnetica o da Tac primaa di decidere sul ricorso a VS (SR: Forte; CL: Unanime)
9) La classificazione radiografica di Kellgren Lawrence rappresenta un fattore chiave nella decisione di ricorrere a VS (SR: Forte; CL: Elevato)
10) Bisogna ricorrere a VS allo scopo di alleviare il dolore, migliorare la funzione e ridurre il consumo di FANS (SR: Elevata; CL: Unanime)
11) Si può prendere in considerazione il ricorso a VS al fine di ritardare la chirurgia di sostituzione protesica (SR: Forte; CL: Moderata)
12) Non va preso in considerazione il ricorso a VS allo scopo di trattare una recidiva infiammatoria di OA con effusione (SR: Elevata; CL: Unanime)
13) Non ci sono motivi per somministrazione intra-articolare di un corticosteroide insieme a VS (SR: Elevata; CL: Elevato) (NB: Ciò detto, il board EURIVISCO aggiunge che è possibile iniettare prodotti che combinano HA e triamcinolone, approvati dalle Agenzie regolatorie per questo proposito nella giusta indicazione)
14) Va preso in considerazione il ricorso a VS come trattamento farmacologico di prima linea nei pazienti con controindicazioni all’impiego di FANS o degli analgesici “step 1” e “step 2” (SR: Elevata; CL: Unanime)
15) Va preso in considerazione il ricorso a VS nei pazienti con controindicazioni alla chirurgia di sostituzione protesica (SR: Elevata; CL: Unanime)
16) In presenza di comorbilità severe (diabete, ipertensione, disturbi a carico del tratto gastrointestinale, insufficienza renale…) il ricorso a VS è in grado di evitare trattamenti potenzialmente più pericolosi (SR: Elevata; CL: Unanime)
17) Si può ricorrere a VS del ginocchio anche in presenza di trattamento concomitante con agenti antipiastrinici, antagonisti della vitamina K e inibitori diretti del fattore Xa o della trombina (SR: Elevata; CL: Unanime)
18) Dopo una prima VS del ginocchio, il paziente va attentamente seguito per una valutazione dell’efficacia del trattamento dopo circa 6 mesi dall’infiltrazione (SR: Elevata; CL: Elevato)

Nicola Casella

Bibliografia
Conrozier T et al. EUROVISCO Good Practice Recommendations for a First Viscosupplementation in Patients with Knee Osteoarthritis. Cartilage. 2022 Nov 28:19476035221138958. doi: 10.1177/19476035221138958. Epub ahead of print. PMID: 36443990.
Leggi
https://journals.sagepub.com/doi/full/10.1177/19476035221138958

I nuovi prodotti utilizzati per le infiltrazioni articolari contro l’osteoartrosi, diversi dall’acido ialuronico, non danno le stesse garanzie d’uso. A suggerirlo è un caso clinico, pubblicato su Case Report in Orthopedics, da cui emerge che le infiltrazioni di idrogel di poliacrilammide possono dare effetti avversi importanti e di non facile gestione.

Nell’articolo, gli autori presentano il caso di una donna di 64 anni affetta da gonartrosi bilaterale e con dolore da carico a entrambe le ginocchia, più intenso sul lato destro, riduzione dell’autonomia di marcia e dolore notturno episodico. La paziente era sintomatica di circa 5 anni e i precedenti trattamenti farmacologici e riabilitativi non avevano avuto alcun effetto.

La risonanza magnetica del ginocchio destro ha evidenziato rottura completa del menisco mediale, degenerazione della cartilagine articolare femoro-tibiale e condromalacia della rotula.

La donna è stata quindi sottoposta a meniscectomia mediale parziale e debridement cartilagineo per via artroscopica. Subito dopo l’operazione, sono stati iniettati in entrambe le ginocchia 2,5 ml di idrogel di poliacrilammide (Noltrex, Bioform) al fine di ridurre il danno cartilagineo.

Le infiltrazioni intrarticolari rappresentano una tra le diverse modalità di trattamento conservativo dell’osteoartrosi, sempre più diffusa grazie al fatto di non implicare i possibili effetti collaterali di terapie sistemiche, specie nel lungo periodo.

Gli agenti più utilizzati per la terapia infiltrativa sono i corticosteroidi e l’acido ialuronico; quest’ultimo, com’è noto, è un componente naturale, normalmente contenuto nel liquido sinoviale e presente in concentrazioni ridotte nelle articolazioni artrosiche. Di recente, sono comparsi sul mercato prodotti di sintesi, quali il gel di poliacrilammide, che simulano l’azione di molecole naturali come l’acido ialuronico.

L’impiego di questi prodotti, già ampio negli interventi di chirurgia estetica e urologica, si sta diffondendo anche in ambito ortopedico. Sebbene la loro biocompatibilità e biodisponibilità siano comprovate, ci sono meno dati sulla loro sicurezza e tollerabilità, specie in ortopedia, perché in questo settore sono in uso da meno tempo rispetto agli steroidi e all’acido ialuronico.

L’articolo in questione è, quindi, importante perché riporta il primo caso clinico segnalato di reazioni avverse all’utilizzo del gel di poliacrilammide per la terapia infiltrativa dell’osteoartrosi. Gli autori descrivono gli effetti collaterali osservati e le procedure messe in atto per risolverli.

Dopo l’iniezione del gel, riferisce l’equipe, la paziente ha manifestato rapidamente effetti avversi significativi, per gestire i quali si è dovuto intervenire più volte.

Nelle prime 24 ore, sono comparse classiche reazioni infiammatorie (tumor, dolor, rubor, calor, e functio laesa) a carico del ginocchio destro, considerate dai ricercatori come una reazione sinoviale e trattate con FANS alternati all’applicazione di ghiaccio locale.

Dato l’aggravarsi dei sintomi, la paziente è stata sottoposta ad artrocentesi, dalla quale si è ottenuto un materiale semisolido, semitrasparente, inodore, di colore giallo, rivelatosi il gel iniettato, sul quale, pertanto, non sono state eseguite analisi istologiche, immunologiche o chimiche. Inoltre, da questo materiale non sono stati isolati batteri; ma è stata osservata la presenza di una notevole quantità di leucociti in alcune zone.

In quinta giornata, visto l’ulteriore peggioramento dei sintomi, si è proceduto a un debridement artroscopico, che ha permesso il drenaggio completo del gel residuo ancora presente nell’articolazione ed evidenziato una diffusa ipertrofia sinoviale e macchie emorragiche nella cavità articolare. Di nuovo, non sono stati isolati batteri dal materiale ottenuto dal debridement artroscopico.

A 2 giorni da questo secondo intervento, si sono manifestati dolore e tumefazione a carico di tutta la gamba, soprattutto a livello del cavo popliteo. Un ecocolordoppler venoso degli arti inferiori ha evidenziato la presenza di una cisti di Baker con ecogenicità semisolida, che è stata drenata mediante un catetere posizionato sotto guida ecografica.

Cinque giorni dopo, il gonfiore si è ridotto notevolmente e il catetere è stato rimosso.

I risultati dell’artrocentesi a carico del ginocchio sinistro, nel quale era stata effettuata solo l’infiltrazione di gel, sono apparsi simili a quelli del ginocchio destro.

Dato che la paziente lamentava dolore crescente a carico del ginocchio sinistro, in nona giornata si è eseguito un debridement artroscopico. Anche in questo caso l’esame microbiologico ha dato esito negativo, mentre è stata osservata la presenza di ipertrofia sinoviale e di macchie emorragiche irregolari nell’’articolazione.

Al pari di quanto accaduto per il ginocchio destro, anche a livello del sinistro è stata evidenziata una cisti di Baker. Tale ciste si è rotta dopo 12 ore e il suo contenuto si è propagato lungo i muscoli crurali posteriori. Dopo 24 ore di follow-up, durante il quale la gamba è stata tenuta elevata e si è applicato ghiaccio locale, è stato eseguito un drenaggio da cui si è ottenuto un liquido sieroematico.

Il sesto giorno il gonfiore era diminuito notevolmente e la donna era in grado di camminare zoppicando leggermente e usando un deambulatore, che ha dovuto utilizzare per circa 3 mesi dalla prima infiltrazione.

Questo caso clinico, concludono gli autori, evidenzia, per la prima volta, che le infiltrazioni intrarticolari di gel di poliacrilammide possono dar luogo a eventi avversi importanti, il cui trattamento non è così facile da trattare quanto si pensava.

Inoltre, sottolineano, una corretta diagnosi delle complicanze è essenziale per scegliere il trattamento più appropriato ed evitare interventi chirurgici inappropriati. Tuttavia, raccomanda l’equipe, data la biostabilità dei gel di poliacrilammide, in caso di sospetto bisognerebbe eseguire immediatamente una pulitura meccanica per alleviare i sintomi.

M. Tonbul, et al. Intra-articular polyacrylamide hydrogel injections are not innocent. Case Rep Orthop. 2014;2014:150709.

La combinazione di ozonoterapia e acido ialuronico (in somministrazione intra-articolare) determina il raggiungimento di outcome migliori in misura statisticamente significativa, soprattutto dopo 2 mesi di follow-up, rispetto alle singole opzioni di trattamento.

Questi i risultati di uno studio italiano pubblicato sulla rivista Journal of BIOLOGICAL REGULATORS & Homeostatic Agents.
Come è noto, l’osteoartrosi è una malattia in crescita costante nelle società occidentali, che si caratterizza per la progressiva degenerazione della cartilagine articolare, con conseguente aumento di costi sociali (diretti e non).

L’insorgenza di OA è supportata da alcuni fattori di rischio quali l’obesità, l’età avanzata e l’attività lavorativa svolta.
Le terapie conservative tradizionali purtroppo non sono in grado di modificare il decorso della malattia (se non alleviarnei sintomi) e anche la chirurgia artroscopica non sembra dare un reale beneficio rispetto ai trattamenti conservativi.

Le terapie infiltrative rappresentano un’opzione terapeutica alternativa per un controllo efficace della sintomatologia gonartrosica.

Accanto alla terapia intra-articolare a base di acido ialuronico (HA), la cui efficacia è stata documentata in molti studi, un’opzione aggiuntiva di trattamento è data dall’ozono-terapia, che svolge una documentata azione anti-infiammatoria e sembra essere molto efficace nelle fasi iniziali di OA.
Nel corso degli ultimi anni è invalsa la prassi di ricorrere all’ozonoterapia, somministrata in cicli ripetuti di infiltrazioni, associata ad HA, al fine di mettere insieme l’azione anti-infiammatoria dell’ozono con quella lubrificante di HA.

Obiettivo di questo studio, condotto da ricercatori italiani, è stato quello di mettere a confronto gli outcome clinici ottenuti a breve termine con la combinazione di questi interventi (ozonoterapia e terapia infiltrativa con HA) rispetto a quelli ottenuti con gli interventi singoli, in un set di pazienti affetti gonartrosi.

A tal scopo, 70 pazienti (aventi un’età compresa tra I 45 e I 75 anni) sono stati randomizzati a trattamento singolo settimanale e intra-articolare con HA (n=23), ozonoterapia (n=23) o HA+ozonoterapia per 5 settimane consecutive.

L’outcome è stato misurato sulla base delle risposte ottenute al questionario KOOS (the Knee injury and Osteoarthritis Outcome) – avente lo scopo di raccogliere informazioni in merito alla percezione riferita dal paziente sullo stato di salute del ginocchio, in termini di svolgimento delle normali attività quotidiane) – e in base al punteggio VAS, espressione del dolore percepito dal paziente. La misurazione ottenuta con questi due strumenti è avvenuta prima dell’inizio del trattamento, alla fine dello stesso e 2 mesi dopo la fine del ciclo di terapia infiltrativa assegnato.

I risultati non hanno lasciato adito a dubbi: indipendemente dal trattamento utilizzato, il regime di terapia infiltrativa utilizzato è stato in grado di migliorare sia il punteggio KOOS che il punteggio VAS, con indubbi benefici sul dolore, la sintomatologia, lo svolgimento delle attività quotidiane e, in generale, sulla qualità della vita di questi pazienti.

Il gruppo sottoposto a terapia di combinazione (ozonoterapia+HA) è stato quello che ha mostrato i punteggi più alti dei parametri citati, soprattutto durante il follow-up a 2 mesi.
Tali risultati, pertanto, suffragano l’assunto di partenza e il ricorso alla terapia di combinazione nel trattamento dei pazienti con gonartrosi.

Bibliografia

Giombini A et al. Comparison between intrarticular injection of hyaluronic acid, oxygen ozone, and the combination of both in the treatment of knee osteoarthrosis. J Biol Regul Homeost Agents. 2016 Apr-Jun;30(2):621-5.
Leggi

Stando ai risultati di uno studio di recente pubblicazione sulla rivista Journal of Orthopedic Research (1), sia l’obesità che la severità radiologica di malattia influirebbero negativamente sull’efficacia della terapia intra-articolare con acido ialuronico (HA).
Per contro, nè la durata di malattia che la severità dei sintomi avrebbero un ruolo nell’alterare la risposta a questo trattamento.

Razionale dello studio
Nonostante la viscosupplementazione (VS) sia ampiamente utilizzata nel trattamento della gonartrosi, ancora oggi le raccomandazioni provenienti dalla società scientifiche internazionali di tutto il mondo (ACR, EULAR, OARSI, AAOS) sono spesso confliggenti sulle condizioni ottimali di impiego con questa modalità di trattamento.

Ciò – spiegano gli autori nell’introduzione al lavoro – si spiega con l’eterogeneità dei risultati e delle conclusioni delle metanalisi relative al suo impiego. Alcuni esperti hanno espresso riserve o un chiaro disaccordo su tali raccomandazioni, in ragione di un gap riscontrato tra i risultati delle metanalisi e la loro esperienza clinica (da cui lo sviluppo di documenti di consenso per superare il problema della discrepanza dei dati tra le varie raccomandazioni esistenti, per superare I dubbi nella pratica clinica concreta).

Tra i motivi di disaccordo sull’impiego della VS nella gonartrosi abbiamo le variabilità relative alla proprietà intrinseche di HA (origine animale o meno, peso molecolare, concentrazione, cross-linking…), la modalità del trattatamento (infiltrazione a guida fluoroscopica o radiografica, durata dei cicli settimanali di iniezione), il fenotipo dell’osteoartrosi (OA) e la severità clinica o radiologica di malattia.
“Pertanto – aggiungono gli autori – una selezione più accurata dei pazienti eleggibili alla VS potrebbe portare senza dubbio alcune all’ottimizzazione dei risultati”.

Come conseguire questo obiettivo?
Una soluzione praticabile, sostenuta da molti esperti, risiede nell’identificazione di fattori predittivi di outcome della VS, che potrebbe aiutare la selezione dei pazienti che potrebbero trarre il maggiore beneficio dalla VS.

Di qui il nuovo studio che, prendendo le mosse dal trial HAV-2012 (2), uno studio prospettico, nulticentrico, randomizzato, di non-inferiorità, che ha messo a confronto due preparazioni a base di HA nel trattamento infiltrativo della gonartrosi sintomatica, ha consentito di dare l’opportunità di identificare, nello studio appena pubblicato, I fattori demografici antropometrici, clinici o radiografici associati con la risposta alla VS secondo i criteri OMERACT-OARSI.

Le formulazioni di HA utilizzate per la terapia infiltrativa erano rappresentate, in un caso, da una combinazione HA (1.15 Mda, 31 mg/2 ml) – mannitolo 3,5%, e nell’altro, da una preparazione di HA di 2,4-3,6 MDa, 20 mg/2 ml.

Disegno dello studio e risultati principali
Lo studio HAV-2012, all’inclusione, prevedeva la registrazione dei dati demografici, antropometrici, clinici (punteggio WOMAC, valutazione globale del paziente (PGA), presenza di versamento del ginocchio) e radiografici (grado OARSI, coinvolgimento patello-femorale).

La risposta alla VS era definita in base ai criteri di risposta OMERACT-OARSI a 6 mesi.
In quest’analisi post-hoc, sono stati studiati I predittori di risposta in analisi univariate e multivariate.

L’analisi è stata condotta sui dati disponibili per 166 pazienti dello studio.
Dal momento che le caratteristiche iniziali e l’efficacia dei trattamenti erano sovrapponibili nei due gruppi trattati con due diverse formulazioni di HA, si è proceduto ad effettuare un pool dei dati.

I pazienti dello studio avevano un’età media di 65,2 anni (63,7-66,8), erano in prevalenza di sesso femminile (60,8%; n=101) e il 44% di questi mostrava una severa riduzione dello spazio tibio-femorale.

A 6 mesi dall’inizio del trattamento assegnato, è emerso che il 68,1% dei pazienti erano responder al trattamento. L’analisi multivariata ha mostrato che l’obesità (BMI ≥ 30 kg/m2) e la severità radiografica di malattia (grado 3 OARSI) erano associate in modo statisticamente significativo con la mancata efficacia della VS (p=0,001 e p=0,008, rispettivamente).

Inoltre, I ricercatori hanno anche osservato che l’associazione di obesità e riduzione severa dello spazio tibiofemorale aumentavano in modo significativo il rischio di fallimento terapeutico dell’intervento di VS.

L’analisi multivariata, inoltre, ha dimostrato anche che l’intensità iniziale del dolore associato alla gonartrosi e la disabilità funzionale non risultavano associati con la risposta alla VS.

Pregi e difetti dello studio
Nel commentare I risultati, gli autori dello studio hanno tenuto a sottolineare I punti di forza e quelli di debolezza del loro lavoro.
Tra I limiti dello studio, I ricercatori hanno ricordato la natura post-hoc del lavoro, Inoltre, trattandosi di un’analisi post-hoc di un trial di inferiorità, questa ha incluso due gruppi distinti di pazienti sottoposti a trattamento con due formulazioni diverse di HA (anche se l’assenza di differenze significative relative alle caratteristiche di base di ciascuno dei 2 gruppi, nonchè la sovrapponibilità dei dati di efficacia, ha consentito agevolmente la messa in pool dei dati).

Inoltre, l’analisi post-hoc per la determinazione della risposta OMERACT-OARSI è stata possibile solo per 166 dei 205 pazienti iniziali dell’analisi intent-to-treat. Non si può escludere, pertanto, la presenza di un bias di selezione, dovuto a questi dati mancanti, che potrebbe aver influenzato I risultati finali.

Tra I punti di forza, I ricercatori hanno ricordato che l’analisi post-hoc è stata condotta su un trial clinico randomizzato e prospettico, anzichè su uno studio osservazionale. Inoltre, la novità del lavoro consiste nell’aver considerato, per la prima volta, l’indentificazione dei predittori di risposta al trattamento in base ad un outcome validato (criteri OMERACT-OARSI).

Riassumendo
La severità radiografica di malattia, in base al punteggio OARSI, e l’obesità potrebbero essere predittori della mancanza di una risposta rilevante alla terapia infiltrativa con HA. Inoltre, per quanto, dai dati disponibili, sia emerso che il trattamento infiltrativo pregresso con HA o CS e un’età >65 anni non siano risultati associati, in modo statisticamente significativo, con una risposta rilevante alla VS, la loro combinazione con l’obesità e la severità radiografica potrebbe peggiorare l’impatto negativo sulla risposta alla VS, a differenza della durata di malattia e della severità della sintomatologia (che hanno un effetto neutro sulla risposta alla VS).

Pertanto, una selezione più accurata dei pazienti eleggibili per la terapia infiltrativa con HA potrebbe ottimizzare l’efficacia del trattamento e limitare il numero di infiltrazioni nei pazienti con fattori di rischio di outcome negativi.

Tali risultati, concludono gli autori, potrebbero avere presto un impatto sulla pratica clinica ed essere di aiuto nel dare il giusto peso al ricorso alla VS come parte integrante del trattamento della gonartrosi nelle future LG.

Bibliografia
1. Eymard F et al. Obesity and radiological severity are associated with viscosupplementation failure in patients with knee osteoarthritis. J Orthop Res. 2017 Jan 27. doi: 10.1002/jor.23529. [Epub ahead of print] Leggi

2. Conrozier T et al. Safety and efficacy of intra-articular injections of a combination of hyaluronic acid and mannitol (HAnOX-M) in patients with symptomatic knee osteoarthritis. Results of a double-blind, controlled, multicenter, randomized trial. Knee. 2016; 23:842-8
Leggi

L’accurato posizionamento intra-articolare dell’ago in corrispondenza dell’articolazione del ginocchio è un presupposto fondamentale per il successo del trattamento intra-articolare con acido ialuronico (HA), in quanto non solo aumenta l’efficacia del trattamento ma minimizza anche le complicanze associate con la viscosupplementazione.

Ora, uno studio pubblicato su Journal of Clinical and Diagnostic Research (1) ha dimostrato che l’efficacia della viscosupplementazione, nella gonartrosi, è diminuita quando essa avviene, inavvertitamente, al di fuori dell’articolazione, e che la massima accuratezza del posizionamento intra-articolare dell’ago in corrispondenza dell’articolazione del ginocchio si raggiunge attraverso il portale laterale medio-patellare piuttosto che attraverso quello anterolaterale.

La scelta oculata della sede di esecuzione della viscosupplementazione condiziona l’efficacia del trattamento

Come è noto, la gonartrosi è una condizione caratterizzata da infiammazione dello spazio intra-articolare o della membrana sinoviale, da disaggregazione della cartilagine articolare e da sclerosi dell’osso subcondrale.

La terapia infiltrativa con HA, un intervento che ha un effetto viscoelastico e protettivo nei confronti della cartilagine articolare, ripristinando la normale omeostasi articolare, rappresenta una strategia terapeutica molto diffusa nella gestione della gonartrosi, in quanto in grado di ridurre la sintomatologia e di migliorare la qualità della vita dei pazienti che ricorrono ad essa

E’ stato dimostrato come l’efficacia di queste iniezioni intra-articolari diminuisca allorquando queste vengono praticate, accidentalmente, al di fuori dell’articolazione. E’ necessario, pertanto, perchè la viscosupplementazione raggiunga il massimo beneficio desiderato, che le formulazioni di HA iniettate per via intra-articolare raggiungano direttamente lo spazio articolare del ginocchio, pena la ridotta efficacia del trattamento (pressochè nulla se la terapia infiltrativa è praticata in corrispondenza del tessuto peri-articolare).

Di qui il razionale del nuovo studio, che si è proposto di individuare il corretto posizionamento dell’ago utilizzato nella terapia infiltrativa, all’interno dell’articolazione del ginocchio, prima dell’esecuzione della viscosupplementazione mediante guida fluoroscopica, utilizzando un mezzo di contrasto.

L’accuratezza delle iniezioni intra-articolari di HA è maggiore per quelle praticate in corrispondenza del portale laterale medio-patellare anziché in quelle praticate a livello del portale anterolaterale.

Per rispondere alle domande dello studio, i ricercatori si sono serviti di una casistica di 94 iniezioni al ginocchio eseguite in 94 pazienti consecutivi senza segno clinico di versamento articolare. Tutte le infiltrazioni praticate sono state condotte, in corrispondenza del portale anterolaterale o di quello laterale medio-patellare, da un singolo chirurgo ortopedico. La siringa utilizzata era dotata di un ago avente una lunghezza di 5 cm e uno spessore di 21 gauge.

Il posizionamento dell’ago a livello dell’articolazione del ginocchio è stato confermato mediante fluoroscopia con mezzo di contrasto.

I risultati hanno mostrato che i tassi di accuratezza delle iniezioni intra-articolari di HA, eseguite in corrispondenza del portale laterale medio-patellare e di quello anterolaterale sono stati inferiori al

tasso atteso del 100%.

Nello specifico, 43 iniezioni su 47, eseguite in corrispondenza del portale laterale medio-patellare, sono risultatate essere correttamente eseguite a livello intra-articolare, per un tasso di accuratezza stimato pari al 91,5%.

Per quanto riguarda, invece, le infiltrazioni eseguite a livello del portale anterolaterale, il tasso di accuratezza si è ulteriormente ridotto, attestandosi intorno all’87,4% (41 iniezioni su 47).

Lo studio, in pratica, ha documentato un tasso di accuratezza dell’iniezione intra-articolare di HA superiore per le infiltrazioni effettuate in corrispondenza del portale laterale medio-patellare rispetto a quelle eseguite in corrispondenza del portale anterolaterale, per quanto la differenza tra i due gruppi non abbia raggiunto la significatività statistica, posta per un valore di p>0,05 (p=0,503)

I ricercatori, inoltre, non sono stati in grado di documentare l’esistenza di differenze significative del tasso di accuratezza dell’iniezioni intra-articolari di HA praticate in relazione alla severità radiografica dell’OA (espressa mediante la scala Kellgren-Lawrence).

Limiti e implicazioni dello studio

Lo studio ha analizzato il tasso di accuratezza delle iniezioni intra-articolari con HA praticate in 2 sedi anatomiche delle 3 disponibili – portale anterolaterale, anteromediale e laterale medio-patellare. Di conseguenza, sarebbe interessante disporre di dati di accuratezza della viscosupplementazione anche in corrispondenza del portale anteromediale, non considerato nello studio in qestione.

Inoltre, i ricercatori non sono stati in grado di documentare l’esistenza di un’associazione tra la severità radiologica di OA (espressa sulla scala K-L) e il tasso di accuratezza delle iniezioni intra-articolari di HA. Ciò, secondo gli autori, potrebbe rappresentare un fattore limitante alla interpretazione dei risultati, in quanto l’accuratezza dell’approccio alla terapia infiltrativa potrebbe variare a seconda della severità del danno articolare da gonartrosi.

Nel complesso, però, i risultati, vanno nella direzione di quanto già raccomandato lo scorso anno nel corso di una consensus europea sull’impiego della viscosupplementazione: la migliore tecnica di infiltrazione a livello dell’articolazione del ginocchio è quella eseguita in sede laterale medio-patellare (2).

Inoltre, la sua esecuzione mediante guida fluoroscopica (per quanto associata a costi extra e a tempi più lunghi di esecuzione, di cui tener presente), migliora l’accuratezza della viscosupplementazionem riducendo l’esecuzione di iniezioni extra-articolare, con indubbi vantaggi i n termini di efficacia del trattamento.

Bibliografia

1. Telikicherla M et al. Accuracy of Needle Placement into the Intra- Articular Space of the Knee in Osteoarthritis Patients for Viscosupplementation.

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2. Henrotin Y et al. Consensus statement on viscosupplementation with hyaluronic acid for the management of osteoarthritis.

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Il trattamento infiltrativo con una formulazione brevettata a base di acido ialuronico (HA) e condroitin solfato (CS) rappresenta un’opzione terapeutica sicura ed efficace per i pazienti affetti da gonartrosi.

Queste le conclusioni di uno studio italiano pubblicato sulla rivista Journal of Othopaedics and Traumatology.
La terapia intra-articolare con HA rappresenta un’opzione di trattamento ormai consolidata nel trattamento della gonartrosi.

“L’obiettivo della viscosupplementazione è quello di sopperire al deficit qualitativo-quantitativo di HA associato all’osteoartrite (OA) – ricordano gli autori nell’introduzione al lavoro. – HA è un polisaccaride ed è il principale costituente della cartilagine e del fluido sinoviale. E’ responsabile delle proprietà meccaniche articolari garantendo l’assorbimento degli shock meccanici, la lubrificazione e la protezione articolare. Nei pazienti con OA, l’HA sinoviale è depolimerizzato ed elimitato a tassi superiori a quelli degli individui non affetti da OA a causa dell’instaurarsi di processi infiammatori”.

“CS, invece – continuano gli autori – è un importante componente strutturale della matrice cartilaginea extracellulare (…) che contribuisce alla protezione dei tessuti cartilaginei.”

Trial clinici preliminari hanno già dimostrato l’efficacia della somministrazione intra-articolare di HA-CS. La formulazione testata brevettata è costituita da 40 mg di ciascun composto in 2 mL.

Obiettivo di questo studio prospettico, multicentrico, in aperto, è stato quello di valutare l’efficacia di 3 iniezioni intra-articolare di questa formulazione nel trattamento sintomatico della gonartrosi.

A tal scopo sono stati inclusi nella sperimentazione 120 pazienti di ambo i sessi (ma con preponderanza di donne – 66%), di età superiore ai 40 anni e documentazione di OA, con punteggio WOMAC A (severità dolore) >25. I pazienti reclutati nello studio sono stati sottoposti a 3 infiltrazioni settimanali della formulazione HA-CS sopra menzionata e l’efficacia del trattamento è stata valutata mediante osservazione dei punteggi WOMAC A riportati ad 1, 3 e 6 mesi dall’ultima infiltrazione.

Passando in rassegna i risultati principali dello studio, è emerso che il punteggio medico WOMAC A (±SD) si è ridotto da 52,1 (±15,2) all’inizio dello studio e 20,5 (±19,7) a 6 mesi (p<0,0001). Il punteggo WOMAC medio si è ridotto, comunque, in modo statisticamente significativo già ad un mese dall'ultima infiltrazione (25,7; p<0,0001). Non solo: i ricercatori hanno potuto anche documentare una riduzione consistente sia del dolore percepito che del consumo di farmaci analgesici – eventi valutati, in entrambi i casi, mediante scala VAS. Inoltre, i ricercatori hanno espresso soddisfazione/forte soddisfazione sull'efficacia terapeutica del trattamento testato nel ridurre il dolore associato all'OA (77%), migliorare la mobilità (78%) e ridurre il consumo di analgesici (74%). Quanto agli eventi avversi (AE), è stato documentato solo un caso di tumefazione articolare occorso in un paziente dello studio. Nel commentare i risultati, gli autori dello studio ricordano come da tempo si discuta in ambito clinico sulla possibilità di evitare, o quanto meno, procrastinare il ricorso alla chirurgia nella gonartrosi: “Il ripristino della viscoelasticità del fluido sinoviale al fine di proteggere la cartilagine, se possibile nelle prime fasi di malattia, rappresenta, pertanto, un'opzione terapeutica attrattiva – argomentano gli autori nella discussione del lavoro”. “Inoltre – aggiungono – una studio di valutazione economica ha mostrato come, insieme ai benefici clinici, i costi della gonartrosi si siano ridotti a seguito dell'impiego della terapia infiltrativa in ragione della ridotta necessità di ricorrere a trattamenti alternativi”. In conclusione, fino a quando gli studi prospettici sull'efficacia di HA nel ritardare il ricorso all'artroplastica del ginocchio non saranno completati, il trattamento intra-articolare deve essere considerato come una strategia aggiuntiva non chirurgica per alleviare la sintomatologia associata alla gonartrosi. “E' necessario, ora – aggiungono gli autori – che tali risultati, ottenuti in uno studio in aperto, siano confermati in uno studio randomizzato e controllato”. Bibliografia Rivera F et al. Effectiveness of intra-articular injections of sodium hyaluronatechondroitin sulfate in knee osteoarthritis: a multicenter prospective study. J Orthop Traumatol. 2015 Nov 14. [Epub ahead of print] leggi

Il ricorso alla terapia infiltrativa eco-guidata a base di acido ialuronico (HA) potrebbe migliorare la risposta ad alcuni indici clinici in pazienti affetti da gonartrosi.

Queste le conclusioni di uno studio pubblicato su the International Journal of Rheumatic Diseases che aggiungono nuove evidenze dell’importanza della precisione dell’esecuzione delle iniezioni intra-articolari in questo contesto.

 

Razionale e obiettivi dello studio

L’ecografia ha conquistato un ruolo di rilievo in reumatologia, avendo reso possibile in miglioramento della precisione degli interventi terapeutici e diagnostici a livello delle strutture musculoscheletriche, ricordano gli autori nell’introduzione al lavoro. Per queste ragioni, il ricorso alle tecniche ecografiche sta diventando, sempre di più, parte integrante della pratica reumatologica quotidiana.

Ciò, detto, per quanto alcuni studi abbiano effettivamente dimostrato che il ricorso alla terapia infiltrativa eco-guidata potrebbe migliorare in modo significativo la precisione degli interventi reumatologici, ancora oggi non vi è unanimità di opinioni in merito all’effettiva importanza clinica di queste iniezioni eco-guidate.

Di qui il nuovo studio che si è proposto di mettere a confronto l’effetto clinico delle iniezioni intra-articolari standard di HA vs quelle eco-guidate in pazienti con gonartrosi primaria, sulla base di questionari clinici validati, ovvero la scala WOMAC (Western Ontario and McMaster Universities scale), la scala KOOS (Knee Injury and Osteoarthritis Outcome Score) e una scala VAS graduata da 0 a 10-cm, che ha misurato l’effetto dell’intervento a riposo e dopo deambulazione (50 piedi =all’incirca 15 metri).

Lo studio, inoltre, si è proposto di valutare l’insorgenza di alcuni eventi avversi (AE) possibili e le complicanze associate a ciascuno dei due metodi di iniezioni sopra citati.

 

Disegno dello studio e risultati principali

Sono stati reclutati 61 pazienti con gonartrosi primaria, aventi un’età media di 61,52±9,09 anni; tredici di questi erano di sesso maschile (21,3%) e 48 (78,6%) erano di sesso femminile.

 

Questi sono stati randomizzati al trattamento intra-borsale di HA (eco-guidato o meno) per 3 settimane.

 

I ricercatori hanno calcolato la differenza degli indici WOMAC, KOOS e VAS dopo 6 e dopo 12 settimane rispetto ai valori iniziali, per fare il confronto successivo di efficacia tra i due gruppi.

 

Riassumendo i principali risultati ottenuti, è emerso che, tra tutti i punteggi e gli indici considerati, sono variati in modo significativo (sia nel breve che nel lungo termine) i punteggi WOMAC delle scale “dolore” e “funzione”.

 

Le differenze medie del punteggio WOMAC “dolore” documentate nei pazienti sottoposti a terapia infiltrativa eco-guidata sono risultate significativamente più elevate di quelle osservate nei pazienti sottoposti a terapia infiltrativa standard dopo 6 e dopo 12 settimane.

 

Inoltre, la media delle differenze rilevate su scala VAS (sia a riposo che dopo deambulazione -15 metri) è risultata statisticamente significativa a 6 settimane, mentre la significatività statistica di questi valori si è persa dopo 12 settimane.

Implicazioni e limiti dello studio

I risultati di questo studio suffragano il ruolo della terapia infiltrativa eco-guidata nel miglioramento di alcuni indici clinici.

 

Quanto alla safety, entrambe le tecniche di iniezione sono risultate sicure e ben tollerate.

 

Di qui la raccomandazione dei ricercatori si integrare nei curriculum formativi dei reumatologi la conoscenza delle tecniche ecografiche principali e dell’interpretazioni dei dati di imaging sotto forma di protocollo standardizzato.

 

Per quanto riguarda i limiti metodologici intrinseci dello studio, i ricercatori hanno ricordato che i risultati ottenuti si basano su informazioni riferite dai pazienti, non oggetto di esame obiettivo.

 

Sarebbe opportuno, inoltre, concludono, che si procedesse nel prossimo futuro all’implementazione di studi confermativi basati sul matching dei gruppi in base alla severità radiografica della gonartrosi.

 

Bibliografia

Kianmehr N et al. A randomized blinded comparative study of clinical response to surface anatomy guided injection versus sonography guided injection of hyaloronic acid in patients with primary

knee osteoarthritis. International Journal of Rheumatic Diseases 2018; 21: 134–139

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L’OA rappresenta la forma più comune di artrite nel mondo occidentale, ed è causa di disabilità nel 10% della popolazione adulta di età superiore a 55 anni.
L’eziologia del dolore associato ad OA è complessa, ma la comprensione della patofisiologia dello sviluppo del dolore è utile per comprendere il ruolo di HA nel suo trattamento.
Le articolazioni sinoviali sono innervate da nervi che hanno origine nei neuroni sensoriali primari localizzati a livello dei gangli della radice dorsale. La patofisiologia di OA prevede il rilascio di un numero elevato di mediatori infiammatori e questi agiscono direttamente sulle terminazioni nervose e abbassano la soglia di percezione dolorifica con conseguente incremento del rilascio di impulsi nervosi che sono percepiti come stimoli dolorosi.

La terapia infiltrativa con HA è in grado di ridurre il dolore da OA. Gli attuali regimi di trattamento prevedono cicli di 3-5 iniezioni a cadenza settimanale.
E’ peraltro noto come la terapia infiltrativa con HA, benchè efficace, si accompagni a problemi di compliance nei pazienti che si sottopongono ad essa.
Tra le ragioni che limitano la compliance vi sono lo sviluppo di reazioni locali nel sito di iniezione, generalmente di entità lieve e con tendenza a risolversi spontaneamente entro 1-3 giorni, oppure di prurito post-iniezione, cefalea o dolore al polpaccio (1).
Va peraltro detto che gli AE locali sopra menzionati osservati dopo viscosupplementazione non sono così potenzialmente seri come gli AE sistemici che possono essere riscontrati a seguito dell’impiego dei FANS e dei COX-2 inibitori nel trattamento del dolore da OA (2); inoltre, sembrano essere più legati alla corretta esecuzione dell’infiltrazione piuttosto che alla sostanza iniettata (3).

In ragione di quanto appena detto, limitare il numero delle iniezioni praticate potrebbe rappresentare una strategia per limitare la probabilità di insorgenza di AE e migliorare la compliance dei pazienti.
Scopo del nuovo studio, pubblicato online sulla rivista Journal of Knee Surgery (4) è stato quello di saggiare in modo preliminare l’efficacia e la sicurezza di un nuovo regime di somministrazione intra-articolare di HA basato su 3 iniezioni a cadenza quindicinale. Il prodotto a base di HA utilizzato è stato Ostenil® (sodio ialuronato all’1% ottenuto da fermentazione batterica e peso molecolare di 1-2 Mdalton).
Gli autori dello studio hanno effettuato le infiltrazioni di HA su 91 ginocchi e misurato la riduzione del dolore percepito, parametrato su scala VAS da 0 a 100 mm.

I risultati hanno documentato una riduzione significativa del dolore OA di partenza già nel corso delle prime 24-48 dalla prima iniezione (prima dell’iniezione: 68,8 mm su scala VAS; 2 giorni dopo iniezione: 48,9 mm su scala VAS; p<0,001). Tali effetti sono stati mantenuti fino a 6 mesi. Lo studio, inoltre, non ha documentato l'emergenza di AE, a suffragare la sicurezza del nuovo regime di trattamento. Pertanto, alla luce di questi risultati, si può concludere che il nuovo regime di viscosupplementazione proposto sembra sicuro ed efficace nel ridurre il dolore da gonartrosi. E' necessario, ora, allestire uno studio randomizzato e controllato vs placebo ad hoc per confermare questi dati. 1) Goldberg VM et al. Pseudoseptic reactions to hylan viscosupplementaion: diagnosis and treatment. Clin Orthop Relat Res 2004;419:130–137. Leggi

2) Waddell DD et al. An open-label study of a second course of hylan G-F 20 for the treatment of pain associated with knee osteoarthritis. Curr Med Res Opin 2003;19 (6):499–507.
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3) Brockmeier SF et al. Viscosupplementation therapy for osteoarthritis. Sports Med Arthrosc Rev 2006;14(3):155–162.
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4) Yiasemidou M et al. Efficacy and Safety of a Biweekly Viscosupplementation Regimen for Knee Osteoarthritis. J Knee Surg. 2014 DOI: 10.1055/s-0034-1394300
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Adesso sono i risultati di una metanalisi pubblicata sulla rivista experimental and therapeutic medicine a confermarlo: nel combattere il dolore associato a gonartrosi, la terapia infiltrativa con acido ialuronico (HA), inizialmente efficace quanto la terapia infiltrativa con corticosteroidi (CS), mostra un effetto più prolungato nel tempo (6 mesi).

Non solo: tale effetto a lungo termine si palesa in assenza di differenze di incidenza di eventi avversi (AE) con la terapia infiltrativa di confronto. La comprensione della diversa durata nel tempo dell’efficacia clinica dei due trattamenti, in assenza di differenze di incidenza di AE, può, dunque, migliorare la capacità dei clinici di ottimizzare il regime di trattamento per questa categoria di pazienti.

Come è noto, il trattamento della gonartrosi prevede una varietà di opzioni terapeutiche aventi l’obiettivo di alleviare il dolore e migliorare la funzionalità fisica. Quando il dolore persiste nonostante la prescrizione di riposo, farmaci, e il fallimento di altri interventi non invasivi, ecco che allora, prima dell’opzione chirurgica, si ricorre alla terapia infiltrativa con alcune sostanze, quali HA, CS e diclofenac.

“Le infiltrazioni con HA si sono dimostrate efficaci nel trattamento dell’osteoartrosi (OA), grazie ai benefici in termini di miglioramento della lubrificazione delle articolazioni e della viscosità del liquido sinoviale, normalizzazione della sintesi di ialuronato, inibizione della degradazione dei proteoglicani e documentazione di effetti analgesici ed anti-infiammatori – ricordano gli autori della metanalisi – Esistono ancora dati contrastanti, tuttavia, sulla sicurezza del trattamento in ragione di alcune osservazioni episodiche che avrebbero dimostrato come l’impiego di HA potrebbe essere in grado di aumentare il rischio di eventi avversi seri o di reazioni locali”
“Quanto alle iniezioni intra-articolari di CS – continuano gli autori – queste sono state impiegate soprattuto nello scorso decennio nel trattamento dell’OA e sembrano relativamente sicure. CS posseggono proprietà anti-infiammatorie in virtù dell’inibizione di citochine infiammatorie come dell’inibizione di alcuni pathways che stimolano il loro funzionamento. Tuttavia, la durata dell’effetto di CS è notevolmente inferiore all’intervallo di tempo raccomandato tra le dosi, mentre gli effetti a lungo termine richiedono la necessità di allestire nuovi studi”.

La limitata numerosità di studi comparativi sull’effetto di HA e CS in terapia infiltrativa ha sollecitato la messa a punto di questa metanalisi, avente lo scopo di determinare quale delle due opzioni di trattamento fosse più efficace e verificare se la terapia infiltrativa con HA fosse associata ad una minore incidenza di AE rispetto a quella con CS.

Si è proceduto, pertanto, ad una ricerca sistematica della letteratura presente sull’argomento, mediante ricorso a database bibliografici biomedici (Pubmed, EMBASE, The Cochrane Register of Controlled Trials).
Ciò ha portato alla selezione di 7 trial clinici randomizzati (583 pazienti) che riportavano gli effetti della terapia infiltrativa con HA e CS nel trattamento della gonartrosi e che soddisfacevano specifici criteri di inclusione.

Per monitorare l’andamento del sintomo “dolore” e della funzione fisica nei pazienti dei trial inclusi nella metanalisi si sono presi in considerazione alcuni parametri quali la scala VAS, l’indice algo-funzionale di Lequesne, il KSS (Knee Society Clinical Rating System) – un altro sistema di valutazione algo-funzionale basato su punteggio. Inoltre sono stati considerati nell’analisi metanalitica la massima flessione e gli AE legati a gonartrosi.

I risultati della metanalisi hanno mostrato, ad un mese dalla terapia infiltrativa con uno dei due agenti farmacologici summenzionati, che la differenza media del punteggio riportato sulla scala VAS dolore era pari a 1,66 (IC95%: 0,90, 4,23), a suggerire un’eguale efficacia di HA e CS.
Dopo 3 mesi, tuttavia, la differenza media del punteggio riportato sulla scala VAS dolore era pari a -12,58 (IC95%: -17,76, – 7,40), mentre dopo 6 mesi la differenza era pari a -9,01 (IC95%= CI; -12,62, – 5,40). In entrambi i casi, dunque, l’efficacia analgesica di HA era superiore a CS.
Quanto agli altri parametri algo-funzionali e all’incidenza di AE, invece, non sono state documentate differenze di efficacia statisticamente significative tra i 2 trattamenti, a confermare la sicurezza di impiego di entrambi.
Nello specifico, gli AE erano di entità lieve e rappresentati da artralgia, dolore al sito di iniezione, tumefazione articolare ed edema al sito di iniezione.

Lo studio non era esente da alcune limitazioni: in primo luogo il numero di trial inclusi nella metanalisi era ridotto e ciò potrebbe avere sottostimato i risultati positivi di efficacia pur documentati. In secondo luogo, la metanalisi era in parte inficiata dall’eterogeneità di preparazioni di HA utilizzate nei singoli studi sottoposti ad analisi statistica. Il problema è stato in parte aggirato con la messa a punto di un’analisi di sensitività.

Pertanto, se i risultati della metanalisi depongono per un vantaggio evidente nel lungo termine della terapia infiltrativa con HA vs CS nel contrasto del dolore da gonartrosi, sono auspicabili nuovi trial, qualitativamente ben disegnati in termini di durata del follow-up e di numerosità del campione, per confermare quanto osservato.

Wang F et al. Intra-articular hyaluronic acid and corticosteroids in the treatment of knee osteoarthritis: A meta-analysis. EXPERIMENTAL AND THERAPEUTIC MEDICINE 9: 493-500, 2015
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L’esecuzione di cicli ripetuti di trattamento infiltrativo con acido ialuronico (HA) è una prassi sicura e si associa ad un allungamento fino a 3 anni del tempo ad intervento di artroplastica. Lo dimostrano i risultati di uno studio pubblicato recentemente su the American Journal of Orthopedics.

Come è noto, la gonartrosi rappresenta una delle cause principali di disabilità nell’anziano.

L’intervento di artroplastica totale di ginocchio totale (TKR) rappresenta, invece, un metodo chirurgico efficace e specifico per trattare la gonartrosi severa.

Tuttavia, la TKR si accompagna anche ad un rischio potenziale di complicanze serie e di costi elevati.

Il ricorso, pertanto, a terapie alternative a basso rischio è in grado di ritardare o rendere inutile o a procrastinare nel tempo al ricorso alla chirurgia.

HA, per il noto effetto condroprotettivo, in somministrazione intra-articolare, rappresenta un’opzione terapeutica sicura ed efficace per migliorare il dolore, la funzione e la longevità del ginocchio, possedendo, pertanto, quelle caratteristiche necessarie per ritardare o rendere inutile il ricorso all’intervento di TKR.

L’obiettivo di questo studio è stato quello di valutare la sicurezza e l’efficacia di cicli ripetuti di HA sul tempo alla TKR in un periodo di 3 anni, utilizzando i dati di un database amministrativo sanitario USA di erogazione prestazioni sanitarie.

A tal scopo, è stata condotta un’analisi retrospettiva di dati (quadriennio 2007-2010) relativi a pazienti con gonartrosi sottoposti a cicli di terapia infiltrativa con HA.

Sono stati presi in considerazione i dati relativi a 50.389 pazienti con gonartrosi, sottoposti a terapia infiltrativa con HA.

Dai risultati è emerso che il ricorso a cicli terapeutici ripetuti si associava ad un buon profilo di safety e a proporzioni più ampie di pazienti senza necessità di ricorso alla TKR fino a 3 anni dall’inizio del trattamento infiltrativo.

Più in dettaglio, l’analisi multivariata ha mostrato che l’esecuzione di cicli ripetuti di iniezioni intra-articolari di HA era in grado di ridurre in modo significativo il tasso di TKR (95% dei pazienti senza chirurgia con più di 5 cicli di terapia vs. 71,6% con un ciclo di terapia; HR=0,138; p<0,0001).

In conclusione, lo studio ha dimostrato che l’esecuzione di cicli ripetuti di terapia infiltrativa con HA è in grado di ritardare la necessità di ricorrere alla TKR fino a 3 anni, in maniera dose-dipendente.

Sono ora necessari nuovi studi che siano in grado di valutare l’effetto di cicli ripetuti di HA nel procrastinare il tempo alla TKR fino a più di 3 anni, rispetto a quanto già osservato.

 

Bibliografia

Dasa V et al. Real-World Evidence for Safety and Effectiveness of Repeated Courses of

Hyaluronic Acid Injections on the Time to Knee Replacement Surgery. Am J Orthop

(Belle Mead NJ). 2018 Jul;47(7). doi: 10.12788/ajo.2018.0058.

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Le infiltrazioni a base di corticosteroidi (CS) sono ampiamente utilizzate nel trattamento della gonartrosi. A tal riguardo, i risultati di una survey condotta negli USA ha mostrato come più del 95% dei reumatologi ricorra all’impiego della terapia infiltrativa con CS nel trattamento di questa condizione (1). Esistono, però, ancora pareri contrastanti in merito alla scelta della preparazione a base di steroidi più efficace. Le infiltrazioni di triamcinolone esacetonide (TH) e metilprednisolone acetato (MA) rappresentano, in quest’ambito, le preparazioni di impiego più comune e quelle tra le più studiate (2,3), ma solo un trial le ha messe a confronto diretto, dimostrando una maggior efficacia di TH a 3 settimane dall’inizio della terapia, e di MA a 8 settimane.

Tali risultati, pertanto, non sono conclusivi sul vantaggio di una preparazione rispetto all’altra (4).
Di qui il razionale di uno studio recentemente pubblicato sulla rivista The Journal of Rheumatology (5), che ha voluto mettere a confronto l’efficacia delle due preparazioni a 4, 12 e 24 settimane, in una popolazione di pazienti affetti da gonartrosi sintomatica.

Per essere inclusi nello studio, i pazienti dovevano soddisfare i criteri di inclusione seguenti: diagnosi di gonartrosi secondo i criteri ACR; classificazione della gonartrosi come OA di grado II o III secondo la scala Kellgren-Lawrence per la determinazione radiografica della severità dell’OA; dolore al ginocchio riportato su scala VAS 0-100 pari ad almeno 40 mm; età >40 anni; non-responder ad analgesici o FANS (sia prima che dopo la partenza dello studio).
I pazienti che soddifacevano i requisiti sopra menzionati sono stati randomizzati, secondo uno schema di randomizzazione 1:1, al trattamento intra-articolare con TH o con MA.

L’outcome primario dello studio era rappresentato dalla variazione del dolore percepito dal paziente dalle condizioni iniziali a 4 settimane dall’inizio del trattamento. Tra le misure di outcome secondario, invece, vi erano la valutazione globale dello stato di malattia fatto dal paziente e dal medico curante, nonché gli score riportati relativi ad alcuni indici quali l’indice WOMAC (Western Ontario and McMaster Universities Osteoarthritis Index) – risultante dalla compilazione da parte del paziente di un questionario di 24 domande relativo a dolore, rigidità articolare e funzione fisica in presenza di malattia; l’indice di Lequesne – un indice algofunzionale, espressione della gravità della gonartrosi, nonchè la risposta al trattamento definita in base ai criteri OMERACT-OARSI (Outcome Measures in Rheumatology Clinical Trial and Osteoarthritis Research Society International).

La popolazione intention-to-treat ha incluso 100 paziente, equamente suddivisi nei 2 gruppi di trattamento. I risultati hanno documentato un miglioramento significativo del dolore percepito a 4 settimane dall’inizio dello studio (outcome primario) sia nel gruppo trattato con TH che in quello trattato con MA (p<0,0001) nonché l'assenza di differenze tra i 2 gruppi (p=0,532). Tale miglioramento si è mantenuto inalterato fino alla 24esima settimana di trattamento. Quanto agli outcome secondari, lo studio ha documentato un miglioramento significativo, rispetto alle condizioni di partenza, di tutti i parametri sopra menzionati (valutazione globale dello stato di salute da parte del paziente e del medico curante, indici WOMAC e LI). Anche in questi casi non sono emerse differenze di outcome tra i 2 gruppi di trattamento. Inoltre, i criteri di risposta OMERACT-OARSI sono stati raggiunti nel 74% dei pazienti trattati con TH e nel 72% dei pazienti trattati con MA. Nel commentare i risultati, gli autori dello studio sottolineano come il loro lavoro abbia fornito forti evidenze della simil efficacia delle terapia infiltrative a base di TH e di MA nel ridurre il dolore al ginocchio e promuovere un miglioramento funzionale nei pazienti affetti da gonartrosi che erano non-responder al trattamento con analgesici o FANS nel controllare la sintomatologia. Lo studio, però, era affetto da alcune limitazioni metodologiche: tra le più importanti, meritano una menzione l'assenza di un gruppo di controllo (per ragioni etiche), un punteggio iniziale VAS più elevato rispetto a quello documentato in studi clinici simili e, soprattutto, la differenza di risultati osservata rispetto agli studi condotto nell'artrite reumatoide, dove è stata dimostrata la superiorità di TH rispetto a MA. A tal riguardo, gli autori dello studio ricordano come “...OA e AR presentino meccanismi fisiopatologici distinti e come gli studi di istologia sinoviale, che si avvalgono di sistemi di classificazione della gravità delle sinoviti basate su punteggi, rivelino come la sinovite legata all'OA presenti un grado di severità inferiore rispetto alla sinovite legata all'AR. Inoltre, il riscontro clinico o radiografico di sinovite non sembra essere un predittore della risposta alle infiltrazioni di CS nella gonartrosi. (…) Di qui la necessità di nuovi studi che si focalizzino sulla ricerca di altri predittori della risposta al trattamento”. Bibliografia 1. Hochberg MC et al. Preferences in the management of osteoarthritis of the hip and knee: results of a survey of community-based rheumatologists in the United States. Arthritis Care Res 1996;9:170-6. 2. Centeno LM et al. Preferred intraarticular corticosteroids and associated practice: a survey of members of the American College of Rheumatology. Arthritis Care Res 1994;7:151-5. 3. Gossec L, Dougados M. Do intra-articular therapies work and who will benefit most? Best Pract Res Clin Rheumatol 2006; 20:131-144. 4. Barranjard Vannucci Lomonte A et al. Efficacy of Triamcinolone Hexacetonide versus Methylprednisolone Acetate Intraarticular Injections in Knee Osteoarthritis: A Randomized, Double-blinded, 24-week Study. J Rheumatol 2015 epub ahead of print Leggi

Un’iniezione di acido ialuronico cross-linkato (Crespine® Gel) riduce il dolore e la rigidità associati alla gonartrosi e migliora la funzionalità fisica dell’articolazione, con un ottimo profilo di sicurezza, specialmente in confronto ai FANS e agli inibitori della COX-2.È quanto emerge da un studio multicentrico post-marketing pubblicato di recente sulla rivista Drug Design, Development and Therapy.

Obiettivo dello studio era valutare efficacia, sicurezza e durata dell’effetto della viscosupplementazione con il gel di acido ialuronico in un arco di tempo pari a 9 mesi.

Il lavoro ha coinvolto in totale 104 pazienti di almeno 40 anni affetti da gonartrosi (di grado 1-4) nel compartimento tibio-femorale, ciascuno sottoposto a un’iniezione intrarticolare del prodotto in studio. I partecipanti sono stati quindi visitati 3, 6 e 9 mesi dopo l’iniezione, e valutati telefonicamente dopo 1, 2, 4, 5, 7 e 8 mesi.

Ad ogni valutazione è stato loro somministrato il questionario WOMAC per calcolare il punteggio delle sottoscale relative a dolore (endpoint primario dello studio), rigidità e funzionalità articolare (endpoint secondari). Inoltre, gli autori hanno valutato con un questionario la sicurezza del trattamento 72 ore dopo l’iniezione.

L’analisi completa ha coinvolto in totale 84 partecipanti, che hanno dato il loro consenso e fatto tutte le visite iniziale e di follow-up necessarie per valutare l’efficacia e la sicurezza del trattamento.

L’età media dei pazienti era di 55,83 anni, la maggior parte erano uomini di origine mediorientale (lo studio è stato fatto in Giordania) e molti (il 30,68%) avevano altre malattie muscolo-scheletriche, oltre la gonartrosi.

I punteggi basali delle sottoscale WOMAC erano pari a 11 (su 20) per quanto riguarda il dolore, 3,8 (su 8) per la rigidità e 34 (su 68) per la funzionalità fisica.

Già dopo un mese dall’iniezione, gli autori hanno osservato miglioramenti statisticamente significativi dei punteggi delle tre sottoscale, scesi rispettivamente a 4,8, 1 e 16,2, dopo l’infiltrazione intrarticolare del gel di acido ialuronico (P < 0,0001 per ognuno). Il miglioramento massimo si è osservato a 5 mesi dopo l'iniezione, quando i punteggi del dolore, della rigidità e delle performance fisiche si sono ridotti ulteriormente, arrivando rispettivamente a 2,60, 0,33 e 9,90. Miglioramenti significativi rispetto alla situazione di partenza erano ancora evidenti 9 mesi dopo l'iniezione, a dimostrazione del fatto che la viscosupplmentazione con acido ialuronico ha un’efficacia che perdura per diversi mesi, al contrario di quanto accade con le infiltrazioni di corticosteroidi, il cui effetto è di breve durata. Nell’ultima valutazione di follow up, infatti, il punteggio del dolore è risultato pari a 3,36, quello della rigidità pari a 0,42 e quello della funzionalità fisica pari a 11,5 (P < 0,0001 per ognuno) Inoltre, la maggior parte dei partecipanti ha risposto al trattamento. I pazienti che hanno avuto una risposta del 20% secondo i criteri OARSI (un miglioramento del 20%) sono stati l’83,99%, mentre quelli che hanno mostrato una risposta del 50% sono stati l’82% e il 75% ha avuto una risposta del 70%. Tutti gli effetti avversi sono stati lievi, per lo più locali (dolore, gonfiore e arrossamento nella sede dell’iniezione) e transitori. L’incidenza del dolore è stata del 39%. Dei 33 pazienti che hanno lamentato dolore dopo l’infiltrazione, sette hanno mostrato anche arrossamento del ginocchio, cinque gonfiore e quattro sia rossore sia gonfiore. Tutti questi effetti collaterali si sono risolti spontaneamente o con un trattamento sintomatico con analgesici orali. Sulla base di questi risultati, gli autori concludono che la viscosupplementazione con acido ialuronico è un’opzione terapeutica valida per il trattamento dell’osteoartrosi del ginocchio. Attualmente, osservano i ricercatori nella discussione, società scientifiche come l’OARSI e l’ACR collocano le infiltrazioni di acido ialuronico in seconda linea dopo le terapie non farmacologiche nei pazienti che non rispondono o sono intolleranti al paracetamolo o ai FANS. Tuttavia, sottolineano, “ci sono evidenze a supporto di un impiego più precoce dell’acido ialuronico nel paradigma di trattamento dell’osteoartrosi”. Inoltre, ricordano, l’acido ialuronico si è dimostrato efficace almeno quanto i FANS, se non più efficace, ma molto più sicuro di questi agenti e degli inibitori della COX-2. Alla luce di queste considerazioni, sostiene il team, l’impiego dell’acido ialuronico andrebbe incoraggiato come alternativa o in aggiunta agli analgesici orali, in quanto permetterebbe di ridurre le dosi di questi farmaci e ritardare un possibile intervento chirurgico. Infine, concludono gli autori, bisognerebbe valutare con studi ad hoc se combinare l’acido ialuronico con i prodotti attualmente in uso per il trattamento dei pazienti con osteoartrosi possa dare effetti sinergici. K. Bashaireh, et al Efficacy and safety of cross-linked hyaluronic acid single injection on osteoarthritis of the knee: a post-marketing Phase IV study. Drug Des Devel Ther. 2015;9:2063-72.

I risultati di una rassegna sistematica di metanalisi aventi per obiettivo il confronto tra la terapia infiltrativa con acido ialuronico (IA-HA) ed altre opzioni non chirurgiche di trattamento della gonartrosi hanno documentato, con il livello di evidenza più elevato, la superiorità della viscosupplementazione rispetto alle altre opzioni di trattamento. Nello specifico, il ricorso ad IA-HA determina un miglioramento tangibile sia del dolore che della funzionalità del ginocchio che persiste fino a 26 settimane. Inoltre, IA-HA si caratterizza per un buon profilo di safety e dovrebbe essere considerata, stando ai risultati ottenuti, nelle prime fasi di malattia.

La review è stata pubblicata online ahead-of-print sulla rivista Arthroscopy.
Entrando nei dettagli dello studio, è stata condotta un’analisi sistematica della letteratura per l’individuazione selettiva delle metanalisi che avevano esaminato l’impiego di IA-HA vs FANS, infiltrazioni di corticosteroidi, di PRP, oppure di placebo. Si è quindi proceduto all’estrazione dei dati clinici e alla valutazione qualitativa delle metanalisi, applicando l’algoritmo di Jadad per determinare quale delle metanalisi individuate presentasse il livello di evidenza clinica più elevato.

L’analisi della letteratura ha portato all’individuazione di 14 metanalisi che soddisfacevano i requisiti di inclusione e presentavano un livello di evidenza compreso tra il livello I e il livello IV.
Su 20.049 pazienti, 13.698 erano in trattamento con IA-HA, 355 con FANS, 294 con corticosteroidi somministrati per via intra-articolare e 5.702 con placebo.
Dieci metanalisi su 14 hanno esaminato gli effetti di IA-HA vs. placebo; di questi, 5 hanno documentato come IA-HA migliorasse la sintomatologia dolorosa mentre 4 hanno dimostrato come IA-HA fosse in grado di migliorare la funzionalità del ginocchio.

Non sono state documentate differenze clinicamente rilevanti in termini di efficacia di IA-HA vs FANS relativamente ai due outcome sopra menzionati.
Quanto al confronto tra IA-HA vs IA-PRP, IA-HA ha migliorato la funzione del ginocchio a 2 e a 6 mesi dall’infiltrazione; tuttavia gli effetti sono risultati meno robusti di quelli osservati con IA-PRP.

Dal confronto tra IA-HA vs infiltrazioni di CS, invece, è emerso un maggior effetto di IA-HA da 5 a 13 settimane dall’inizio del trattamento, con una persistenza di efficacia documentata fino a 26 settimane.
Infine, dopo applicazione dell’algoritmo di Jadad, sono state selezionate due metanalisi di evidenza elevata, entrambe concordi nel documentare la superiorità del beneficio clinico di IA-HA vs placebo, in termini di miglioramento del dolore e della funzione.

Campbell KA et al. Is Local Viscosupplementation Injection Clinically Superior to Other Therapies in the Treatment of Osteoarthritis of the Knee: A Systematic Review of Overlapping Meta-analyses.

Arthroscopy. 2015 May 18. pii: S0749-8063(15)00257-1. doi: 10.1016/j.arthro.2015.03.030. [Epub ahead of print]

Il ricorso alla terapia infiltrativa con acido ialuronico (HA) e corticosteroidi (CS) si associa, in entrambi i casi, ad un miglioramento della sintomatologia associata alla gonartrosi. Cambia però il pattern di risposta al trattamento ad un anno, con un vantaggio di HA vs CS.
Queste le conclusioni di un trial clinico randomizzato di recente pubblicazione online sulla rivista Open Access Rheumatology: Research and Reviews da un’equipe di ricercatori messicani.

Come è ormai noto, le infiltrazioni a base di CS sono utilizzate con successo da ormai 60 anni nel trattamento della gonartrosi, e varie Linee Guida (LG), come quella dell’ACR (American College of Rheumatology) e dell’OARSI (Osteoarthritis Research Society International) ne raccomandano l’impiego.
Anche le infiltrazioni di HA sono oggi largamente impiegate nel trattamento non chirurgico della gonartrosi. “HA è una molecola chiave nella biomeccanica articolare – spiegano gli autori nell’introduzione al lavoro – in quanto il trattamento con HA esogeno contribuisce al ripristino della proprietà viscoelastiche del fluido sinoviale, con conseguente riduzione della sintomatologia dolorifica e miglioramento funzionale dell’articolazione.”

“Inoltre – continuano gli autori – alcuni studi hanno confermato la capacità di HA di interagire con alcune molecole mediatrici di infiammazione e con il turnover di matrice del tessuto articolare, nonché di ridurre l’apoptosi dei condrociti ed esercitare, quindi, un effetto condroprotettivo.”
La presenza di studi comparativi contrastanti sul vantaggio derivante da una delle due terapie infiltrative ha sollecitato il disegno di questo nuovo studio, nel corso del quale sono state reclutati 200 pazienti affetti da OA di grado II-III documentata radiograficamente. Questi pazienti sono stati randomizzati al trattamento con 5 iniezioni intra-articolari settimanali di HA o con 2 iniezioni mensili di betametasone dipropionato. La maggioranza dei pazienti reclutati nel trial era di sesso femminile, con un’età media pari a 63 anni. Il BMI di partenza era significativamente più elevato nel gruppo trattato con HA (28,3 versus 26,3 kg/m2, P=0,002), con una preponderanza di soggetti obesi (40,2% versus 24,5%).

All’inizio dello studio, i punteggi relativi al dolore erano più elevati nel gruppo trattato con CS (6,6 versus 6,1, P=0.004), mentre quello relativo allo stato funzionale, riportato sulla sottoscala WOMAC (Western Ontario McMaster University Osteoarthritis) era peggiore nel gruppo sottoposto a terapia infiltrativa con HA (53,2 versus 48,4, P=0,001).

A 3 mesi dal trattamento, è stata documentata nei pazienti sottoposti ad infiltrazioni con CS una riduzione del dolore del 66,3% (IC95%= 63,3-69,3), mentre nei pazienti trattati con HA la riduzione del dolore è stata del 48,5% (IC95%= 45,8-51,3). Tuttavia, a 12 mesi, le cose cambiano: a fronte di una riduzione del dolore del 33,6% (IC95%= 31,1-36,1) nel gruppo trattato con HA, la riduzione del dolore nel gruppo trattato con CS è stata solo del 8,2% (IC95%= 5,2-11,1) (P<0.0001), con un chiaro vantaggio della terapia intra-articolare con HA vs quella con CS. Quanto ai punteggi WOMAC relativi alla sfera funzionale, invece, il vantaggio della terapia infiltrativa con HA si è palesato già a 3 mesi e confermato a 6, 9 e 12 mesi, con un miglioramento medio percentuale del 47,5% (IC95%= 45,6-49,3) alla fine del follow-up rispetto al 13,2% registrato nel gruppo sottoposto ad infiltrazioni con CS (IC95%= 11,4-14,9) (P<0,0001). Sul fronte della safety, il solo evento avverso (AE) documentato in entrambi i gruppi di trattamento è stato il dolore in corrispondenza del sito di iniezione, mentre nel gruppo sottoposto a terapia infiltrativa con HA è stato osservato anche un caso di eritema. Unico limite riconosciuto allo studio è rappresentato dall'esistenza di differenze in partenza tra i 2 gruppi di trattamento in relazione al BMI e all'obesità. Tale bias di partenza, infatti, potrebbe aver avuto qualche effetto sulla qualità del processo di randomizzazione. Trueba Davalillo CA et al. Clinical efficacy of intra-articular injections in knee osteoarthritis: a prospective randomized study comparing hyaluronic acid and betamethasone. Open Access Rheumatology: Research and Reviews 2015:7 9–18 Leggi


Intervista al Dott. Giuseppe Santè, Presidente ASON

La sinovite rappresenta un tratto caratteristico della gonartrosi. In artroscopia, la sinovite è documentata in circa il 50% della ginocchia dei pazienti con osteoartrite dolorosa e in percentuali maggiori all’imaging a risonanza magnetica (1).
 
L’iniezione intra-articolare di acido ialuronico (HA) esogeno rappresenta un trattamento efficace del dolore al ginocchio legato all’osteoartrite (OA).
 
Ma è possibile che il tasso di diluizione dell’agente utilizzato per la viscosupplementazione (VS) nel fluido sinoviale possa influenzarne l’efficacia?
Sembra proprio di sì, stando ai risultati di uno studio di recente pubblicazione sulla rivista American Journal of Physical Medicine & Rehabilitation (2), che si è proposto di osservare se l’aspirazione del fluido sinoviale dell’articolazione del ginocchio colpita da OA, rispetto alla mancata aspirazione, effettuata prima e dopo un ciclo di iniezioni intra-articolari settimanali di HA, potesse migliorare sia il dolore articolare che la funzione fisica.
 
Sono stati reclutati allo scopo 180 pazienti con gonartrosi, randomizzati a procedura di artrocentesi (n=92) o non sottoposti a drenaggio del liquido sinoviale (n=88).
 
Nei pazienti sottoposti a procedura di artrocentesi, i pazienti erano sottoposti a drenaggio intensivo di fluido sinoviale prima di ciascuna infiltrazione. Nell’altro gruppo, invece, non era effettuato il drenaggio del liquido succitato.
Tutti i pazienti dello studio sono stati sottoposti ad un ciclo di infiltrazioni settimanali di HA per 5 settimane e sono stati seguiti per 25 settimane.
 
Tra le misure di outcome previste vi erano la valutazione del dolore percepito dal paziente (misurato mediante scala analogica VAS graduata a 0 a 100 mm nel corso di in test di deambulazione), nonché la funzione fisica (mediante punteggi WOMAC – Western Ontario McMaster University Osteoarthritis Index) e un indice di efficacia complessiva (riferita dai pazienti e dai clinici), parametrato su una scala graduata da 0 (nessuna efficacia) a 6 (massima efficacia).
 
I risultati hanno documentato, nel gruppo sottoposto a procedura di artrocentesi, un miglioramento significativamente maggiore (da zero a 25 settimane) sia del dolore percepito dal paziente (misurato su scala VAS) (p<0,001) che dei punteggi WOMAC relativi alla funzione fisica (p<0,001) rispetto al gruppo non sottoposto ad artrocentesi.
 
Va rilevato, tuttavia, che le differenze sulla valutazione di efficacia (riferite dai pazienti e dai clinici) non hanno raggiunto la significatività statistica, probabilmente in ragione di un effetto placebo dovuto all’iniezione intra-articolare per se.

 

Bibliografia
 
1) Roemer FW, Javaid KM, Guermazi A, et al. Anatomical distribution of synovitis in knee osteoarthritis and its association with joint effusion assessed on non-enhanced and contrast-enhanced MRI. Osteoarthritis Cartilage 2010;18:1269–74. doi:10.1016/j.joca.2010.07.008 [PubMed]  
2) Zhang Q et al. Effect on Pain and Symptoms of Aspiration Before Hyaluronan Injection for Knee Osteoarthritis: A Prospective, Randomized, Single-blind Study. Am J Phys Med Rehabil. 2016 May;95(5):366-71.
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Il pre-trattamento, in singola iniezione periarticolare, con una combinazione a base di lidocaina e corticosteroide (CS) potrebbe alleviare il dolore associato a gonartrosi in maniera più tempestiva rispetto a quanto osservato con una terapia intra-articolare a base di acido ialuronico, da sola.
Lo dimostrerebbero i risultati di uno studio pubblicato sulla rivista Knee Surg Sports Traumatol Arthroscopy.
 
“La durata del dolore rappresenta un fattore cruciale nella gestione della gonartrosi – argomentano gli autori nell’introduzione allo studio – soprattutto in quanto i pazienti richiedono un ritorno rapido alle attività lavorative e sociali”.
 
“In una recente review sistematica della letteratura, è stata confermata l’efficacia a breve termine della somministrazione intra-articolare di CS nella gonartrosi, ma la durata dell’effetto sembra essere inferiore a quella delle preparazioni a base di HA. Inoltre, l’impiego di CS intra-articolari sembra caratterizzarsi per l’insorgenza di possibili eventi avversi”.
 
Di qui la ricerca di una soluzione ideale per l’eliminazione rapida del dolore associato a gonartrosi.
In letteratura esistono studi che hanno dimostrato una gestione migliore e più tempestiva del dolore associato a gonartrosi grazie all’aggiunta di CS o di lidocaina al trattamento infiltrativo con HA, ricordano gli autori.
 
In particolare, esistono studi che dimostrano come il trattamento peri-articolare con lidocaina e CS (PALCI) in un’area mediale peri-articolare del ginocchio sia in grado di migliorare il dolore regionale muscolo-scheletrico, al punto da essere attualmente raccomandato come terapia aggiuntiva della gonartrosi.
 
E’ stato ipotizzato, pertanto, che la combinazione di PALCI e di terapia infiltrativa con HA determini una risoluzione dell’algia più efficace e tempestiva rispetto alla sola terapia intra-articolare con HA.
 
Per verificare la giustezza di questa ipotesi, è stato messo a punto un trial randomizzato in singolo cieco, avente lo scopo di valutare l’efficacia analgesica aggiuntiva di PALCI alla terapia infiltrativa con HA in uso.
 
A tal scopo, sono stati reclutati 70 pazienti con gonartrosi, randomizzati secondo uno schema 1:1. Un gruppo è stato sottoposto a sola terapia infiltrativa con HA (ciclo costituito da 5 infiltrazioni settimanali), mentre un secondo gruppo è stato sottoposto, oltre che a viscosupplementazione con HA nel modo appena indicato, a trattamento combinato iniziale con una singola iniezione periarticolare di lidocaina-CS.
 
L’outcome considerato, il dolore, è stato misurato, in cieco, mediante scala VAS e mediante punteggi WOMAC e HSS sia all’inizio dello studio che a distanza, rispettivamente, di 1, 3, 6, 12, 26 e 52 settimane.
 
I risultati hanno mostrato che, nel corso delle prime 3 settimane di trattamento, i pazienti sottoposti a terapia combinata PALCI-terapia infiltrativa con HA mostravano una migliore risoluzione del dolore (documentata da tutti i parametri utilizzati per la sua misurazione) rispetto alla sola terapia infiltrativa con HA (p<0,01). Tuttavia, il vantaggio osservato ha perso la significatività statistica a 6, 12, 26 o 52 settimane.
 
Nel commentare i risultati, gli autori dello studio hanno sottolineato come quanto osservato possa dipendere dal fatto che la sorgente del dolore nei pazienti con gonartrosi potrebbe originare non solo dalla patologia intra-articolare ma anche di disordini peri-articolari, per quanto non sia possibile, allo stato attuale, identificare in modo accurato le lesioni peri-articolari.
 
La rilevanza clinica di questo studio, invece, risiede, secondo gli autori, nel fatto che, durante le prime tre settimane di trattamento, l’aggiunta di PALCI alla terapia infiltrativa con HA migliora il dolore e la funzione rispetto alla sola viscosupplementazione.
 
“Un recente studio – argomentano i ricercatori – ha dimostrano come un dolore al ginocchio di durata superiore a 2 mesi rappresenti l’indicatore prognostico più consistente di un recupero inadeguato del ginocchio. Pertanto, è molto importante promuovere un intervento precoce per massimizzare il potenziale di una prognosi positiva. Il vantaggio della tempestiva azione analgesica potrebbe aumentare la compliance dei pazienti al trattamento. Inoltre, è stato documentato un numero inferiore di AE nel gruppo sottoposto a trattamento combinato PALCI-terapia infiltrativa con HA”.
 
In conclusione, PALCI si configura come un’opzione aggiuntiva utile rispetto alla sola viscosupplementazione con HA nel trattamento della gonartrosi.
 
Sono necessari, adesso, nuovi studi che siano in grado di approfondire i meccanismi del dolore delle lesioni peri-articolari associate con la gonartrosi sintomatica.
 
Bibliografia
Erturk C et al. Will a single periarticular lidocaine–corticosteroid injection improve the clinical efficacy of intraarticular hyaluronic acid treatment of symptomatic knee osteoarthritis? Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc (2016) 24:3653–3660
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Chi c’era al congresso ANTIAGE quest’anno? Chi erano i relatori? Scoprilo guardando la nostra fotogallery.

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I temi più significativi del congresso di Roma riassunti in 14 video interviste ad alcuni dei clinici più rappresentativi. Buona visione.

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Intervista al Dott. Luca Sconfienza, Radiologia, Università di Milano


Relazione integrale del Dott. Giovanni Boni

Nel documento si trova una sintesi delle tematiche di maggiore interesse clinico di cui si è parlato in occasione del V Simposio nazionale dell’Associazione Nazionale per la Terapia Intraarticolare dell’Anca con Guida Ecografica ANTIAGE che si è svolto a Roma il 2-3 ottobre 2014.

Gli articoli di questo numero danno una sintesi delle relazioni più significative della VIa edizione del Simposio Nazionale ANTIAGE (Associazione Nazionale Terapia Intra-Articolare Anca Guida Ecografica) svoltosi a Roma nel mese di ottobre del 2016.
Particolare rilievo è stato dato alla gestione dell’artrosi precoce, alla mancanza di una sua definizione standardizzata, alla necessità di identificare precocemente i pazienti che svilupperanno la malattia, per poter intervenire sui fattori modificabili e attuare degli interventi più efficaci, quando i sintomi sono ancora poco frequenti e di ridotta intensità.
Degne di nota sono state le sessioni relative alle problematiche sull’impiego dei prodotti per la terapia infiltrativa in Medicina Sportiva, con particolare riferimento al doping.

Questo documento fornisce una sintesi dei contenuti più interessanti del secondo “International Symposium Intra Articular Treatment” (ISIAT 2013). Si trova anche una intervista al professor Alberto Migliore, dell’UOS di Reumatologia, Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli di Roma e Presidente dell’Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare dell’Anca con Guida Ecografica (ANTIAGE).

Questo speciale contiene il report del IV Congresso ISIAT (International Symposium Intra Articular Treatment) che si è svolto a Budapest, l’1-3 ottobre 2015
Sono stati presentati i risultati di due consensus, una europea, la seconda italiana, che hanno rispettivamente fatto il punto sul livello di consenso relativo alle tematiche di efficacia e di sicurezza della tecnica e scattato un’istantanea dello stato dell’arte della terapia infiltrativa nel nostro Paese.

È giunto alla quarta edizione. È oramai diventato un appuntamento importante per tutti gli specialisti che in Italia e all’estero si occupano di terapia infiltrativa intrarticolare, sia clinici sia ricercatori. Stiamo parlando dell’ISIAT, l’International Symposium on Intra-Articular Treatment, che quest’anno si è svolto a Praga dal 5 al 7 ottobre.
Nel Magazine si parla della gestione dell’infiammazione nell’osteoartrosi, del position statement dell’American Medical Society for Sport Medicine circa la viscosupplementazione, dell’indice PASS, della combinazione di AI cross-linkato e steroide ancillare del recupero dell’atleta post-trauma muscolo-scheletrico e del ruolo della terapia infiltrativa in medicina sportiva e di molto altro ancora.

Dolore cronico: cenni su tipologie e meccanismi coinvolti. Differente contesto, differente dolore. Treat-to-target: un nuovo metodo per gestire l’osteoartrosi. Non tutti i prodotti con acido ialuronico sono uguali
Sono solo alcune delle relazioni che abbiamo selezionato dall’interessante programma del 2° congresso nazionale della società italiana G.U.I.D.A. per far parte di questo Magazine.

In questo speciale del 3 congresso GUIDA che si è svolto a Roma parliamo di algodistrofia, cronicizzazione del dolore, terapia del dolore cronico ai tempi del COVID-19, dolore nei bambini, dolore post-chirurgico , dolore muscoloscheletrico e Covid-19 e di low back pain


Intervista al prof. Alberto Migliore UOC Reumatologia Ospedale San Pietro Fatebenefratelli-Roma e presidente congresso ISIAT

Intervista al Prof. Bruno Frediani, Dipartimento di Medicina Clinica e Scienza Immunologiche, Sezione di Reumatologia, Università degli Studi di Siena, realizzata in occasione del IV simposio ANTIAGE svoltosi a Roma dal 3 al 5 ottobre 2012

I principali condroprotettori orali utilizzati sono il condroitin solfato, la glucosammina solfato e la diacereina. La loro azione è diretta alle strutture articolari osteoartrosiche ed hanno effetto principalmente sintomatologico. Il loro impiego in concomitanza alla terapia di viscosupplementazione potrebbe avere un’azione sinergica di rallentamento dei processi osteoartrosici, anche se, ad oggi, sono ancora pochi gli studi che ne confermano il razionale d’impiego.

Intervista realizzata al Prof. Alberto Migliore, dell’UOS di Reumatologia, Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli di Roma e Presidente dell’Associazione Nazionale per la Terapia  Intra-articolare dell’Anca con Guida Ecografica (ANTIAGE), in  occasione del Congresso ISIAT 2013


Intervista al Prof. Alberto Migliore, UOS di Reumatologia, Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli

La società italiana G.U.I.D.A. (per la Gestione Unificata e Interdisciplinare del Dolore muscolo-scheletrico e dell’Algodistrofia) ha recentemente implementato un form di consenso informato per la terapia infiltrativa.
Con questo strumento disegnato ad hoc, G.U.I.D.A. si propone di mettere il medico infiltratore nelle condizioni migliori per fornire al paziente l’informazione più idonea sulle prospettive e le eventuali alternative terapeutiche, e le prevedibili conseguenze della scelta operata, facilitandone la comprensione e, in tal modo, promuovendo la massima adesione alla proposta diagnostica e terapeutica.

In questo numero speciale, che, per il formato più grande e le tante immagini, abbiamo chiamato MAGAZINE si parla del nuovo sito terapiainfiltrativa.it, del progetto dei Medici Infiltratori Italiani, della nascita di G.U.I.D.A. una nuova società scientifica dedicata al dolore muscoloscheletrico di 4 lavori clinici da non perdere.

In questo secondo numero del MAGAZINE si parla del prossimo congresso ISIAT che si terrà a Praga dal 5 al 7 Ottobre, della prima community italiana di Medici Infiltratori e dei congressi G.U.I.D.A e IOF appena terminati.

Intervista al Prof. Giovanni Abatangelo, Università di Padova Dipartimento di Istologia, Microbiologia e Biotecnologie Mediche

Il Prof. Abatangelo ha vissuto la storia dell’acido ialuronico fin dall’inizio, e in questa intervista, illustra gli impieghi clinici di questa sostanza presente in numerosi distretti del nostro organismo.
In particolare, a livello articolare, l’acido ialuronico svolge un’azione di ripristino delle caratteristiche fisico/chimiche del liquido sinoviale che nell’osteoartrosi sono modificate.
Gli effetti dell’acido ialuronico dipendono dal suo peso molecolare ed in particolare, a livello cartilagineo gli acidi ialuronici a più alto peso molecolare, permanendo più a lungo nell’articolazione, sono in grado di apportare benefici sul dolore e sulla funzionalità che possono permanere fino ad un anno.

 

Intervista realizzata al Dott. Giorgio Pisani, Presidente e CEO IBSA Farmaceutici Italia, in occasione di un incontro svoltosi a Milano il 16 maggio 2012 dal titolo “L’acido ialuronico ed i suoi usi visti da vicino”.

IBSA farmaceutici è una società svizzera nata a Lugano 25 anni fa.
L’azienda è presente in Italia dal 2001 ed è uno dei più importanti produttori di acido ialuronico.
La sostanza viene prodotta per l’uso in terapia infiltrativa, medicina estetica, dermatologia, urologia e ginecologia.


Intervista a Prof. Alberto Migliore, Responsabile UOS di Reumatologia, Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli, Roma, Presidente dell’Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare dell’Anca con Guida Ecografica (ANTIAGE)

Intervista al Dott. Emanuele Bizzi, Divisione di Reumatologia, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, Roma

Intervista alla Prof.ssa Andrea J. Boon, Associate Professor of Physical Medicine, Rehabilitation and Neurology Mayo Clinic, Rochester Usa

Il razionale d’uso della tossina botulinica risiede nella capacità di questa sostanza di prevenire il rilascio di Acetilcolina e altri neurotrasmettitori, che intervengono nel processo di contrazione muscolare, trasmissione del dolore e infiammazione.
Ad oggi l’impiego nelle infiltrazioni intra-articolari è limitato a studi sugli animali ed a diversi casi clinici nell’uomo che risultano promettenti.

L’equipe della dott.ssa Boon ha testato l’uso intra-articolare su 60 pazienti affetti da artrosi di ginocchio.
I pazienti sono stati divisi in tre gruppi: un gruppo è stato trattato con infiltrazione di corticosteroidi, gli altri due con la tossina botulinica al dosaggio di 100 e 200 U rispettivamente.
L’infiltrazione è stata effettuata il giorno 1, i pazienti sono stati seguiti per 6 mesi, mentre la valutazione del principal outcome è stata effettuata a 2 mesi.

I ricercatori hanno riscontrato un miglioramento in termini di dolore in tutti e tre i gruppi.
Sebbene i risultati siano promettenti, sono necessari ulteriori studi per validare l’impiego di questa sostanza, soprattutto in considerazione del rapporto costo/beneficio, essendo, ad oggi, un trattamento abbastanza costoso.


Intervista al Dott. Salvatore De Roberto, Fisiatra e medico dello Sport, Ospedale San Lazzaro di Alba

Intervista al Dott. Vincenzo Ieracitano, Consigliere Federale, Federazione Medico-Sportiva italiana (FMSI), Presidente Commissione Medica, Federazione Italiana Rugby (FIR), Responsabile medico squadra nazionale italiana di rugby

L’impingement, o conflitto, femoro acetabolare è l’esito di una serie di patologie congenite o acquisite dell’anca che ha come elemento patogenetico principale un contatto abnorme tra le sue due componenti articolari dell’anca (acetabolo e la parte prossimale del femore).

Questo conflitto si esacerba nei giovani e negli sportivi. Il dolore subdolo nella zona inguinale e l’usura della cartilagine sono i problemi più frequenti. Quando intervenire chirurgicamente lo ha spiegato il Dott. Michele Calderaro.

La relazione, che in questo video si può vedere integralmente, si è tenuta a Roma il 2-3 ottobre 2014 in occasione del V Simposio nazionale dell’ANTIAGE (Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare eco-guidata dell’Anca con Guida Ecografica).

Intervista al Dott. Andrea Delle Sedie, Unita Operativa di Reumatologia, Università di Pisa

Quando infiltrare l’acido ialuronico nel gomito? Quali sono le condizioni cliniche in cui questa tecnica può essere maggiormente utile? Come fa praticata l’infiltrazione? Qual è il ruolo dell’acido ialuronico?

A questa e altre domande risponde la relazione della Prof. Silvana Giannini, Responsabile del Servizio di Radiologia e Diagnostica per Immagini, Casa di cura Villa Stuart, Roma.

La relazione, che in questo video si può vedere integralmente si è tenuta a Roma il 2-3 ottobre 2014 in occasione del V Simposio nazionale dell’ANTIAGE (Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare eco-guidata dell’Anca con Guida Ecografica).

Intervista alla Prof.ssa Silvana Giannini, Responsabile del Servizio di Radiologia e Diagnostica per Immagini, Casa di cura Villa Stuart, Roma

Intervista al Prof. Alberto Migliore, UOC Reumatologia Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, Roma Canadese

Intervista alla Dott.ssa Antonella Adinolfi Università degli Studi di Siena

Intervista al Dott. Sebastiano Tropea, Rete reumatologica ASP 7 di Ragusa

I risultati di uno studio pubblicato online ahead-of-print sulla rivista Molecular Diagnosis & Therapy hanno dimostrato come il pattern di microRNA espressi nel liquido sinoviale sia modificato nei pazienti affetti da osteoartrite dopo trattamento intra-articolare con acido ialuronico (HA).

Ciò implica che una proporzione rilevante di microRNA e dei processi biologici cellulari coinvolti potrebbe giocare un ruolo importante nella patogenesi dell’OA e nel trattamento con infiltrazioni di HA nei pazienti affetti da OA.

“La terapia infiltrativa con HA ha recentemente acquisito un posto non trascurabile nell’armamentario terapeutico contro il dolore da OA – ricordano gli autori nell’introduzione al lavoro. – HA è responsibile delle proprietà viscoelastiche del fluido sinoviale, che contiene concentrazioni ridotte di HA a più basso peso molecolare nelle articolazioni colpite da OA rispetto a quelle sane. (…) I meccanismi esatti alla base dell’azione analgesica di HA somministrato per via intra-articolare non sono, però, ancora noti”.

Molecole endogene di RNA non codificante a singolo filamento di piccole dimensioni, presenti nel trascrittoma di piante, animali ed alcuni virus, i microRNA sono polimeri codificati dal DNA nucleare eucariotico, implicati nei processi di regolazione dell’espressione genica a livello trascrizionale e post-trascrizionale.

“Altamente conservati nel corso dell’evoluzione – continuano gli autori – alcuni di essi presentano pattern di espressione tessuto-specifici, associati ad alcune patologie dell’uomo, come l’artrite reumatoide (AR) e l’OA.”

I risultati di uno studio condotto su cellule mononucleari periferiche del sangue (PBMCs) provenienti da pazienti con malattia articolare hanno documentato alterazioni di espressione di alcuni microRNA in pazienti affetti da AR rispetto ai controlli sani.

“Considerando l’OA come una malattia immunitaria sistemica nella quale PBMCs si accumulano in tessuti sinoviali osteoartritici, con conseguente degenerazione della cartilagine e formazione di osteofiti, è ipotizzabile – affermano gli autori – che vi possano essere differenze di espressione di alcuni microRNA a livello delle PBMCs di pazienti affetti da OA rispetto a soggetti sani.”
Comunque, ancora oggi il ruolo dei microRNA in presenza di OA non è stato ancora ben caratterizzato e ancora non è dato di sapere se l’espressione di microRNA sia alterata in presenza di OA.

Di qui il razionale dello studio, avente l’obiettivo di esaminare se l’espressione aberrante di microRNA a livello del fluido sinoviale sia coinvolta nello sviluppo di gonartrosi e, inoltre, di studiare i pattern alterati di espressione di questi microRNA nel liquido sinoviale di pazienti affetti da OA al ginocchio dopo trattamento con infiltrazioni di HA.

A tal scopo, 12 pazienti con gonartrosi, reclutati in accordo con i criteri di classificazione di Kellgren-Lawrence specifici per questa condizione, sono stati sottoposti a terapia infiltrativa con HA a cadenza settimanale per 5 settimane e valutati in base all’indice WOMAC al basale. E’ stato condotto un saggio genetico ad hoc per valutare il pattern di espressione dei microRNA estratti da pazienti affetti da OA prima dell’inizio della terapia infiltrativa e al termine della stessa dopo 5 settimane.

Focalizzando l’attenzione sui risultati principali, è stato osservato che 43 micro-RNA (21 sovraespressi e 22 sottoespressi) erano espressi in modo differenziato nei pazienti con OA prima e dopo il trattamento intra-articolare con HA.

Lo studio ha documentato anche come l’espressione di alcuni micro-RNA che partecipano alla patogenesi di OA si sia ridotta dopo trattamento con HA.

“Nel complesso – concludono gli autori – i risultati dello studio dimostrano come, sia l’alterazione del pattern di espressione dei microRNA presenti nel fluido sinoviale proveniente da pazienti con OA, sia l’alterazione dei pathway di trasduzione del segnale coinvolti, possano giocare un ruolo importante nello sviluppo di gonartrosi. Nonostante il significato clinico di queste scoperte necessiti di ulteriori conferme, i dati ottenuti hanno importanti implicazioni sia per la comprensione dei meccanismi di sviluppo di OA al ginocchio che per la messa a punto di nuove strategie di intervento terapeutico”.

Xu J-F et al. Altered microRNA Expression Profile in Synovial Fluid from Patients with Knee Osteoarthritis with Treatment of Hyaluronic Acid. Mol Diagn Ther DOI 10.1007/s40291-015-0155-2
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Intervista al dr. Salvatore Denaro, direttore UOC Riabilitazione ASP Siracusa

Intervista al Dott. Orazio De Lucia UOC Divisione e Cattedra di Reumatologia, Istituto Ortopedico G. Pini, Milano realizzata in occasione del IV simposio ANTIAGE svoltosi a Roma dal 3 al 5 ottobre 2012

La caviglia, a differenza del ginocchio, presenta una cartilagine articolare più compatta, risponde meglio agli stimoli pressori ed ha una capacità rigenerativa 10 volte superiore a quella del ginocchio. L’osteoartrosi della caviglia, che generalmente insorge in seguito ad una patologia di ordine traumatico o infiammatorio (es artrite), risulta la condizione patologica per la quale si ricorre più spesso ad un’infiltrazione. I prodotti maggiormente utilizzati sono l’acido ialuronico e i cortisonici ed i risultati migliori si ottengono se l’infiltrazione è eseguita sotto guida ecografica. Ad oggi sono pochi i dati disponibili sulle infiltrazioni alla caviglia, che, proprio per la sua particolare struttura andrebbe meglio studiata per comprendere sempre più il trattamento e la tecnica migliore da applicare.

Intervista al Dr. Giovanni Mascheroni, Medico di Medicina Generale Carate Brianza-Milano

I risultati di una nuova metanalisi rivalutano, negli USA, il ricorso alle infiltrazioni a base di acido ialuronico (HA) nell’OA al ginocchio. Il loro impiego, infatti, sarebbe in grado di migliorare performance fisica e dolore nell’osteoartrite (OA) al ginocchio di entità lieve moderata in modo significativo rispetto al placebo.

La nuova metanalisi è stata pubblicata sull’ultimo fascicolo della rivista Clinical Medicine Insights: Arthritis and Musculoskeletal Disorders (1) ed è in contrasto con uno studio pubblicato lo scorso anno che aveva preso in considerazione, tuttavia, studi condotti con molte formulazioni a base di HA non approvate dalla FDA e non disponibili negli USA (2).

Come è noto, l’OA è una patologia degenerativa di comune riscontro nella popolazione, anziana, caratterizzata da dolore articolare e disfunzione dovuta a danno progressivo della cartilagine articolare e dell’osso sub condrale.

“L’HA è parte integrante del fluido sinoviale ed agisce da lubrificante delle articolazioni. – si legge nell’introduzione della metanalisi. – In presenza di OA del ginocchio, si ha una riduzione marcata sia della concentrazione che del peso molecolare dell’HA endogeno, con conseguente riduzione delle proprietà viscoelastiche del fluido sinoviale e l’innesco di processi pro-infiammatori. Di qui il razionale d’impiego di HA esogeno mediante iniezioni intra-articolari per rimpiazzare il deficit di HA indotto dall’OA e stimolare la produzione di HA endogeno. Tali azioni potrebbero in tal modo alleviare i sintomi dell’OA al ginocchio attraverso più meccanismi, quali la stimolazione del metabolismo dei condrociti, la sintesi di componenti della matrice della cartilagine articolare e l’inibizione di enzimi condrodegradativi e dei processi infiammatori.”

Negli USA – continuano gli autori – l’iniezione intrarticolare di HA (IAHA) è classificata come “medical device” ed è regolata dalla FDA. Dal momento che i medical devices sono regolati da organismi regolatori competenti differenti nei diversi paesi, il profilo di sicurezza ed efficacia di tali prodotti deve essere valutato caso per caso a seconda del paese considerato. L’American Academy of Orthopedic Surgeons ha recentemente raccomandato nelle ultime LG per il trattamento dell’OA al ginocchio di non impiegare le formulazioni di HA in questo contesto. Tale raccomandazione, tuttavia, si basa anche su dati provenienti da studi che avevano incluso formulazioni di HA non commercialmente disponibili (3).

Alla luce di queste osservazioni e di dati contraddittori di safety relativi all’impiego dell’IAHA, è stata messa a punto questa metanalisi di studi randomizzati vs placebo per dirimere la questione della sicurezza e dell’efficacia di IAHA per il trattamento dell’OA sintomatica del ginocchio, limitatamente alle formulazioni autorizzate negli USA.

Innanzi tutto è stata condotta una ricerca bibliografica esperta, condotta sui principali database bibliografici (MEDLINE ed EMBASE), che ha portato all’identificazione di 29 trial clinici randomizzati che avevano reclutato, nel complesso, 4.866 pazienti (2.673 allocati a trattamento con IAHA e 2.193 a placebo). Su questi studi è stata condotta l’analisi statistica mediante metodologia metanalitica.

I risultati hanno chiaramente documentato un vantaggio dell’IAHA sia in termini di riduzione del dolore da OA che di miglioramento della condizione di disabilità fisica. Più in dettaglio, la misura dell’effetto del trattamento vs i valori iniziali dei parametri sopra citati, indicata nella metanalisi dalla DMS (differenza media standardizzata), era compresa tra 1,07 e 1,37 (p<0,001).
Rispetto al placebo, inveve, le DMS ottenute con l’IAHA erano comprese, rispettivamente, tra 0,38 e 0,43 per il dolore al ginocchio e tra 0,32 e 0,34 per la funzionalità del ginocchio (P<0,001).

Quanto invece alla safety, non sono state rilevate differenze statisticamente significative tra il gruppo di trattamento attivo e il placebo relativamente all’incidenza di eventi avversi seri (SAEs) (P=0,12), di SAEs legati al trattamento (P=1) o in relazione alla sospensione dello studio per qualunque ragione (P=1) o a causa di AEs (P=0,46).

Nel discutere i risultati della metanalisi, gli autori dello studio non hanno nascosto l’esistenza di alcuni limiti. Tra questi sono da annoverare: 1) la mancata inclusione di molti soggetti con OA al ginocchio allo stadio finale; 2) la mancata valutazione della differente efficacia delle varie formulazioni di HA utilizzate negli studi che sono stati considerati per la metanalisi e 3) la presenza di bias di pubblicazione relativi agli outcomes relativi al dolore da OA.

“Nonostante questi limiti, però, – concludono – i risultati di questa metanalisi di trial randomizzati vs placebo, nel complesso, confermano come le infiltrazioni di prodotti a base di HA approvati negli USA siano sicure ed efficaci nei pazienti con OA sintomatica al ginocchio”.

BIBLIOGRAFIA
1) Miller LE et al. US-Approved Intra-Articular Hyaluronic Acid Injections are Safe and Effective in Patients with Knee Osteoarthritis: Systematic Review and Meta-Analysis of Randomized, Saline-Controlled Trials. Clinical Medicine Insights: Arthritis and Musculoskeletal Disorders 2013:6 57–63. doi: 10.4137/CMAMD.S12743. Leggi

2) Rutjes AW et al. Viscosupplementation for osteoarthritis of the knee: a systematic review and meta-analysis. Ann Intern Med. 2012 Aug 7;157(3):180-91. doi: 10.7326/0003-4819-157-3-201208070-00473. Leggi

3) American Academy of Orthopaedic Surgeons. Treatment of osteoarthritis of the knee: evidence-based guideline. 2013

Cosa fare di fronte ad artrosi dell’articolazione trapezio metacarpale? Le infiltrazioni di acido ialuronico possono essere di beneficio? Si tratta di una forma di artrosi abbastanza frequente nella donna in età perimenopausale e dunque è importante sapere come affrontarla.

A questa e altre domande risponde la relazione della Dott.ssa Antonella Adinolfi Università degli Studi di Siena
La relazione, che in questo video si può vedere integralmente, si è tenuta a Roma il 2-3 ottobre 2014 in occasione del V Simposio nazionale dell’ANTIAGE (Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare eco-guidata dell’Anca con Guida Ecografica).

Intervista al Dott. Andrea Delle Sedie Unita Operativa di Reumatologia, Università di Pisa realizzata in occasione del IV Simposio ANTIAGE svoltosi a Roma dal 3 al 5 ottobre 2012.

Molte sono le patologie della mano che si possono trattare attraverso infiltrazioni, dal tunnel carpale, a tutte le forme infiammatorie sia tendinee che articolari, rizartrosi o dito a scatto.
I prodotti maggiormente impiegati sono l’acido ialuronico e il cortisone anche se per patologie specifiche, quali il morbo di Dupuytren, si ricorre ad infiltrazioni di collagenasi.
Per le infiltrazioni alla mano, così come in altri distretti anatomici, il supporto di una guida ecografica è utile per migliorare l’accuratezza dell’esecuzione.

Intervista al Dott. Belarmino Gonçalves, Angiography Section Chief Instituto Português de Oncologia, Porto, Portugal

Una metanalisi di recente pubblicazione sulla rivista Seminars in Arthritis & Rheumatism (1) ha dimostrato che le infiltrazioni di acido ialuronico potrebbero rappresentare una buona opzione alternativa al trattamento con FANS nel trattamento dell’osteoartrite al ginocchio.

La pubblicazione di questo lavoro avviene a quasi due mesi di distanza dalla pubblicazione di un’altra metanalisi USA che aveva rivalutato il ricorso alle infiltrazioni a base di acido ialuronico (HA) nell’OA al ginocchio, in quanto in grado di migliorare performance fisica e dolore nell’osteoartrite (OA) al ginocchio di entità lieve moderata in modo significativo rispetto al placebo (2).

Come è noto, l’OA è una patologia degenerativa di comune riscontro nella popolazione, anziana,  caratterizzata da dolore articolare e disfunzione dovuta a danno progressivo della cartilagine articolare e dell’osso sub condrale.

Obiettivo della metanalisi è stato quello di mettere a confronto due opzioni disponibili per il trattamento della sintomatologia legata all’OA: le infiltrazioni di acido ialuronico e i FANS.

A tal scopo, è stata condotta una ricerca bibliografica di tutti i trial randomizzati che avevano messo a confronto le due opzioni terapeutiche e che avevano come outcome di trattamento almeno uno legato al dolore. La ricerca di letteratura, condotta sui principali database bibliografici biomedici (Medline, EMBASE, Google Scholar, ISI Web of Science, e Cochrane Database), ha portato all’identificazione di 5 trial randomizzati, pubblicati tra il 1995 e il 2012, per un totale di 712 pazienti.

Nel dettaglio, i trial avevano randomizzato 357 pazienti ad infiltrazioni settimanali di formulazioni di HA approvate dalla FDA (2) o a placebo, mentre 355 pazienti erano stati randomizzati al trattamento con un FANS (diclofenac, naprossene, loxoprofene) o a placebo.

Tre dei 5 trial impiegati per la metanalisi erano stati condotti in doppio cieco mentre un trial della durata di 5 settimane non era controllato vs placebo. Il campione di pazienti era costituito in prevalenza da donne (36%-68%) con un’età compresa tra 61 e 67 anni.

I risultati della metanalisi non hanno documentato l’esistenza di differenze significative tra I 2 gruppi di trattamento a 4 e a 12 settimane in relazione all’outcome “funzione” o “rigidità” articolare. Quanto agli eventi avversi,  quello di più frequente riscontro nel gruppo trattato con infiltrazioni di HA è stato il dolore presso il sito di infiltrazione, mentre AEs gastrointestinale sono stati più frequentemente osservati nel gruppo trattato con FANS (secondo le attese).

Nonostante alcuni limiti intrinseci alla metanalisi, quali l’’inclusione solo di trial con follow-up breve, il loro numero ridotto e il mancato approfondimento sugli outcome legati alle diverse formulazioni di HA e sui FANS impiegati nei trial, i risultati di questa metanalisi confermano, nel complesso, come le infiltrazioni di HA possano rappresentare una valida alternativa al trattamento con FANS dell’OA al ginocchio, soprattutto nei pazienti più anziani, a maggior rischio di AEs sistemici.

1) Bannuru RR et al. Relative efficacy of hyaluronic acid in comparison with NSAIDs for knee osteoarthritis: A systematic review and meta-analysis. Semin Arthritis Rheum. (2013) Oct 14. pii: S0049-0172(13)00206-0. doi: 10.1016/j.semarthrit.2013.10.002. [Epub ahead of print] Leggi

2) http://www.pharmastar.it/index.html?cat=search&id=12274

La viscosupplementazione con acido ialuronico è un trattamento di provata efficacia e sicurezza per la gestione dell’artrosi, ma il suo impiego nel trattamento delle patologie tendinee è meno diffuso.

Un gruppo di ricercatori italiani dell’Università di Chieti, guidato da Michele Abate, ha quindi effettuato una revisione sistematica della letteratura, pubblicata di recente sulla rivista BioMed Research International per fare il punto sulle conoscenze attuali sull’argomento, valutando sia studi sperimentali sia studi clinici.

I dati ad oggi disponibili, concludono gli autori, suggeriscono che l’acido ialuronico è efficace nel prevenire le aderenze dopo gli interventi chirurgici, soprattutto a carico dei flessori delle dita, e al momento sono allo studio prodotti diversi e procedure differenti per definire quale sia l’opzione migliore. Inoltre, si evince dalla letteratura, sono stati ottenuti risultati positivi, ma non conclusivi, nel trattamento delle tendinopatie croniche.

Praticamente in tutti gli studi sperimentali effettuati dopo procedure chirurgiche per la riparazione di lesioni tendinee (maggiormente per lo più tendini di scorrimento, ovvero provvisti di guaina sinoviale) o per il trattamento di tendinopatie croniche – studi in cui si sono utilizzati modelli sperimentali diversi e preparazioni differenti di acido ialuronico – si sono ottenuti risultati positivi e si è osservata una minore formazione di adesioni e di tessuto di granulazione dopo la riparazione del tendine, meno aderenze e una minore resistenza allo scivolamento, nonché un miglioramento della guarigione del tessuto.

In questo caso, l’efficacia sembra in qualche modo essere correlata al tipo di acido ialuronico usato. Infatti, quello nativo sembra avere un effetto limitato in quanto l’emivita è troppo corta e l’eliminazione troppo rapida perché possa fungere da barriera fisica tra il tendine e la guaina sinoviale . Risultati migliori sono stati ottenuti usando un acido ialuronico cross-linkato ad alto peso molecolare (Hylan G-F 20), che ha un’emivita superiore.

I pochi studi eseguiti ad oggi sull’uomo, su tendini umani isolati confermano i risultati degli studi sull’animale e suggeriscono che il trattamento della superficie tendinea con l’acido ialuronico (modificato chimicamente o addizionato con lubricina) possano ridurre la resistenza all’escursione nella puleggia tendinea e nei tendini intra ed extrasinoviali facilitando la riabilitazione post-operatoria e migliorando gli outcome clinici. Nell’insieme, questi studi, suggeriscono che l’acido ialuronico diminuisce la resistenza all’escursione dopo la riparazione del tendine e può essere utile per la prevenire le aderenze.

Gli studi sperimentali suggeriscono che nella pratica clinica è possibile iniettare l’acido ialuronico nella guaina dei tendini flessori nel periodo post-operatorio . Tuttavia, ci sono pochi studi in letteratura sull’impiego delle infiltrazioni di acido ialuronico nella pratica clinica in questo setting.

Studi sull’effetto di questo trattamento dopo interventi sui tendini flessori indicano che le infiltrazioni di acido ialuronico hanno portato un aumento del movimento attivo complessivo e della funzionalità delle dita, che hanno consentito un recupero più veloce e un ritorno più rapido alle normali attività quotidiane e lavorative, senza influire sulla guarigione del tendine o della ferita, né aumentare le complicanze.

Analogamente, studi preliminari su pazienti sofferenti di disturbi dei tendini della spalla, del gomito e del ginocchio (tendine rotuleo ), sottoposti alle iniezioni intrarticolari di acido ialuronico, mostrano che la procedura ha portato a un riduzione del dolore e un miglioramento della funzionalità tendinea.

Per esempio, uno studio prospettico e randomizzato su 165 pazienti sofferenti del cosiddetto ‘gomito del tennista’ (epicondilite laterale cronica) e trattati con 2 infiltrazioni di acido ialuronico o placebo hanno mostrato una riduzione significativa del dolore sia a riposo sia dopo prove di funzionalità dopo 30 giorni, 3 mesi e un anno. Il trattamento è stato giudicato molto soddisfacente dai pazienti e ha permesso un ritorno più rapido all’attività sportiva.

L’esperienza sull’uso dell’acido ialuronico nelle patologie dolorose della spalla è più consistente, sebbene gli studi non presentino un elevato rigore metodologico. Pazienti con diversi disturbi della cuffia dei rotatori sono stati trattati con acido ialuronico confrontato con placebo o con trattamenti attivi.

In generale, questi studi hanno mostrato un effetto terapeutico superiore rispetto al placebo, mentre non hanno evidenziato differenze significative rispetto agli altri trattamenti attivi, come le infiltrazioni di steroidi o la terapia fisica.

In linea generale, osservano Abate e i colleghi, l’effetto benefico dell’acido ialuronico può essere attribuito alla sua attività antinfiammatoria ed antinocicettiva, oltre all’azione di lubrificazione sulla superficie di scivolamento del tendine.

Tuttavia, segnalano gli autori, in alcuni studi, soprattutto nei pazienti affetti da tendinopatia degenerativa, il farmaco non è stato iniettato direttamente all’interno del tendine degenerato, ma nelle vicinanze e/o nello spazio articolare. Pertanto, scrivono, “si può ipotizzare che le modificazioni del liquido sinoviale possano esercitare un effetto positivo sul tendine stesso, ma non si può escludere che il miglioramento clinico possa essere secondario all’effetto positivo sull’artrosi, che spesso è associata ai disturbi tendinei”.

Alessandra Terzaghi

M. Abate, et al. The Use of Hyaluronic Acid after Tendon Surgery and in Tendinopathies. BioMed Research International 2014; doi:
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Intervista al Dott. Francesco Freddo, Medico di Medicina Generale, Ancona.


Intervista al Prof. Giancarlo Rando, Fisiatria e Medicina dello Sport, Ospedale Pietro e Michele Ferrero di Verduno ASL CN2

Le iniezioni intra-articolari di steroidi non sono efficaci a lungo termine nel prevenire il danno strutturale legato alla gonartrosi.
Il responso proviene da un trial randomizzato durato 2 anni e presentato nel corso del congresso annuale dell’ACR (American College of Rheumatology), tenutosi quest’anno a S. Francisco.

In letteratura è ormai noto come nell’osteoartrite (OA) sia presente un certo grado di infiammazione ed alcuni studi hanno suggerito come l’infiammazione sembri essere in grado di predire la progressione strutturale del danno.
“I CS intra-articolari sono già utilizzati estesamente nel trattamento della gonartrosi in funzione analgesica nel breve termine, ma fino ad ora non erano stati testati in modo specifico gli effetti di questa classe di farmaci nella progressione strutturale del danno – ricordano gli autori nell’abstract presentato al Congresso”.

Inoltre, un altro interrogativo riguarda la sicurezza della procedura, dal momento che in letteratura sono presenti case-report di pazienti con infiltrazioni ripetute di cortisone che sono andati incontro a rapida progressione strutturale del danno o ad artropatia analgesica.
Per chiarire questi dubbi, gli autori dello studio hanno deciso di verificare la giustezza dell’ipotesi di un vantaggio della terapia intra-articolare con steroidi nel ridurre la progressione strutturale del danno in un trial clinico randomizzato che ha utilizzate tecniche di imaging a risonanza magnetica per individuare l’esistenza di cambiamenti strutturali.

Lo studio ha incluso 140 pazienti, con una leggera preponderanza di donne. Un terzo del campione era costituito da soggetti non Caucasici, mentre il BMI medio era pari a 31,2 kg/m2.

I pazienti reclutati nello studio sono stati randomizzati al trattamento intra-articolare con 40 g di triamcinolone o placebo a cadenza trimestrale per un totale di 8 iniezioni.

Il danno cartilagineo evidenziato mediante imaging a risonanza magnetica è stato valutato mediante l’indice validato CDI, che si focalizza sulle regioni articolari maggiormente esposte al danno.

I risultati dello studio non hanno documentato l’esistenza di differenze significative tra i pazienti sottoposti ad infiltrazioni di triamcinolone a cadenza trimestrale e quelli trattati con placebo in termini di variazione del dolore, valutato in base alle variazioni registrate dell’indice WOMAC (the Western Ontario and McMaster University Arthritis Index).

Oltre al dolore, risultati simili tra i 2 gruppi sono stati ossercati anche per la funzione fisica, con una variazione del punteggio WOMAC pari a -7,1 nel gruppo trattato con triamcinolone e a -9,2 nel gruppo placebo.

E, mentre lo studio ha rilevato l’esistenza di variazioni più significative dell’indice CDI (Cartilage Damage Index) nei pazienti trattato con steroidi rispetto al placebo (-52,1/anno vs -17,8/anno), la differenza alla fine dello studio è stata minima tra i 2 gruppi, essendo pari solo all’1%.

In conclusione, il trattamento intra-articolare con CS utilizzati al dosaggio di 40 mg per 2 anni non ha un effetto rilevante sulla struttura articolare – sia deleterio che scheletrico – e non sembra migliorare gli outcome riferiti dai pazienti relativi alla funzione fisica.
Tra i limiti riconosciuti allo studio sono stati ricordati l’impiego di una sola dose di steroide – la qual cosa non permette di escludere del tutto l’esistenza di un effetto a dosaggi maggiori – e la mancata misurazione dei benefici del trattamento a breve termine associati con le infiltrazioni di steroidi.

Bibliografia
Driban J, et al “Intra-articular corticosteroids are safe and have no major effect on structural progression of synovitic knee OA: a 2-year randomized controlled trial of 3-monthly triamcinolone hexacetonide” ACR 2015; Abstract 897.
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Intervista al Dott. Simone Parisi Reumatologo AOU Città della Salute e della Scienza di Torino

Intervista al Dr. Italo Paolini, Coordinatore area ecografica SIMG e al Dr. Fabio Fichera, Coordinatore area ecografica SIMG

Intervista alla Dr.ssa Romina Casaretto, Medico di Medicina Generale SIMG, Chiavari (GE)

Secondo uno studio osservazionale USA, presentato nel corso del  congresso annuale dell’American College of Rheumatology, recentemente tenutosi a San Diego, il ricorso ad iniezioni di acido ialuronico (HA) sarebbe in grado di ritardare di più di 2 anni la progressione dei pazienti verso l’intervento di sostituzione totale del ginocchio.
Ciò potrebbe essere rilevante soprattutto nei pazienti più giovani, in quanto l’intervento chirurgico non è totalmente risolutivo e non esclude il ricorso dopo alcuni anni alla chirurgia di revisione.

L’osteoartrosi (OA) al ginocchio è una condizione clinica molto frequente e dolorosa che altera la qualità della vita per la disabilità ad essa associata.
“Numerosi sono gli agenti non farmacologici e farmacologici raccomandati per alleviare il dolore e l’infiammazione associati a questa condizione e per migliorare la funzione fisica – si legge nell’abstract del lavoro presentato al Congresso”.

“Quando i pazienti rispondono in maniera insufficiente alle terapie – continuano gli autori – è opportuno il ricorso alla viscosupplementazione mediante iniezioni di HA, un intervento che aiuta a ripristinare le proprietà viscoelastiche del fluido sinoviale a livello del ginocchio, con conseguente riduzione del dolore e miglioramento degli outcomes clinici”.

La decisione di sottoporre il paziente ad intervento di sostituzione totale del ginocchio è complicata, può essere influenzata dalla severità di malattia e dalle aspettative dei pazienti e, di solito, rappresenta l’extrema ratio. Obiettivo dello studio, pertanto, è stato quello di esaminare l’impatto derivante dall’impiego di iniezioni di HA nel ritardare il ricorso alla chirurgia in pazienti con OA al ginocchio.

A tal scopo, sono stati passati al setaccio i dati provenienti da un database amministrativo commerciale relativi a più di 7 milioni di individui registrati nel periodo 2007-2011.
Di questi, sono stati selezionati i dati relativi a 26.627 pazienti con diagnosi di OA e sottoposti ad intervento di sostituzione del ginocchio, 7.000 dei quali erano stati trattati anche con almeno un’iniezione di HA.

Dal gruppo di 19.627 pazienti non sottoposti ad iniezione, invece, ne sono stati scelti 6.891 come controlli secondo il metodo propensity-score matching, per aggiustare l’effetto causale del trattamento in base ad alcune caratteristiche di base dei pazienti trattati e non trattati con HA.
I 2/3 del campione dello studio erano costituiti da donne, mentre l’età media era compresa tra i 55 e i 59 anni.
Il 79% del campione era stato sottoposto ad una singola iniezione di HA, il 16% a due, il 4% a 3 e l’1% a 4 o più iniezioni di HA.

I risultati ottenuti hanno chiaramente dimostrato l’esistenza di un effetto dose-risposta. Infatti, il numero mediano di giorni all’intervento di sostituzione totale del ginocchio è stato pari a 162 giorni (IC95%= 151-172) con una iniezione, di 343 giorni (IC95%= 328-355) con due iniezioni, di 584 giorni (IC95%= 564-613) con tre iniezioni, di 740 giorni (IC95%= 656-838) con quattro iniezioni e di 975 giorni (IC95%= 781-1072) con più di 4 iniezioni di HA.

Lo studio, tuttavia, per ammissione degli stessi autori, non era esente da limiti metodologici: “Sebbene l’analisi – argomentano gli autori – abbia cercato di aggiustare i dati in base alla severità di malattia mediante la tecnica statistica del propensity score matching, non è possibile escludere l’esistenza di altre differenze tra la popolazione trattata e quella non trattata con HA che potrebbero influenzare i risultati ottenuti”.
Di qui la necessità di attendere nuove conferme da studi di dimensioni e disegno più appropriati rispetto all’attuale.

Abbott T et al. Abstract 2139: Do Hyaluronic Acid Injections Delay Total Knee Replacement Surgery? Presented at: the 2013 American College of Rheumatology Annual Meeting; Oct. 26-30, San Diego.


Intervista al Dott. Biagio Zambogna, Ortopedia e Traumatologia, Fondazione P.U. Campus Bio-Medico


Intervista al Prof. Yves Henrotin, Professeur à l’Université de Liège, Ddirecteur de l’Unité de Recherche sur l’Os et le Cartilage (UROC)

Trieste 14-16 giugno 2012


Relazione integrale della Dott.ssa Laura Creemers


Relazione integrale del Dott. Thiru M Annaswamy


Relazione integrale del Prof. Alberto Migliore


Relazione integrale del Dott.Frances Humby

Intervista al Dott. Alberto Migliore, UOS di Reumatologia Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli, Roma – Presidente  Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare dell’Anca con Guida Ecografica (ANTIAGE)

ll primo congresso ISIAT ( International Symposium Intra Articular Treatment) è stata un’interessante occasione di confronto sui principali temi legati alla terapia infiltrativa (350 partecipanti da 24 nazioni).
La presenza di  importanti relatori internazionali ha permesso interessanti aggiornamenti e un approfondimenti sui prodotti e  le tecniche utilizzati, le novità  e le prospettive future.
Il Prof. Alberto Migliore ha tenuto una lettura magistrale sullo stato dell’arte della Viscosupplementazione in corso di artrosi dell’anca presentando i dati derivanti dagli studi randomizzati controllati presenti in letteratura.

Intervista al Dott. Sandro Tormenta, Dipartimento di Diagnostica per immagini  Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli, Roma  Vice Presidente Associazione nazionale per la terapia intra-articolare dell’anca con guida ecografica (ANTIAGE)

Grazie all’introduzione dell’ecografia è oggi possibile visualizzare dettagliatamente le articolazioni e, in fase di infiltrazione, l’ago e il prodotto che si sta iniettando.
L’iniezione effettuata con il supporto di un ecografo costituisce un controllo importante per la corretta esecuzione dell’iniezione e, rispetto alla fluoroscopia, non impiegando radiazioni, può essere ripetuta ciclicamente.

Intervista realizzato al Prof. Alberto Migliore, UOS di Reumatologia Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli, Roma e Presidente Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare dell’Anca con Guida Ecografica (ANTIAGE), in  occasione del congresso CROI 2013 tenutosi a Montesilvano (PE) dal 9 all’11 maggio 2013

Il prossimo convegno ISIAT (International Symposium Intrarticular Treatment) si svolgerà quest’anno a Barcellona e sarà un’occasione unica per esperti e ricercatori del settore della terapia infiltrativa, per discutere ed aggiornarsi sulle principali tematiche ad essa correlate.

Nel corso del congresso sono previsti corsi pratici di terapia infiltrativa ecoguidata sulle principali articolazioni (anca, spalla, caviglia, ginocchio), approfondimenti su tecniche e acquisizioni consolidate, ma anche aggiornamenti su nuovi prodotti, nuovi studi e nuovi trattamenti.

Tra gli autori stranieri che interverranno ci sarà il dott Evans della Harvard University che tratterà della terapia genica, il dott. De Bari dell’università di Aberdeen che parlerà di cellule staminali, la dott. Bonn della Mayo clinic che farà un aggiornamento sull’uso della tossina botulinica in ambito infiltrativo e numerosi altri ricercatori ed esperti provenienti da tutto il mondo.

Congresso ISIAT

Londra 21-22 aprile 2012-01-09
Link al congresso: http://www.isokinetic.com/index.cfm?page=centro_studi/prossimo_congresso

l termine del ciclo di trattamento intraartico9ilare con acido ialuronico può rivelarsi utile una condro-sincronizzazione, cioè un “coordinamento” del ruolo dei condrociti e delle cartilagini, attraverso l’utilizzo di farmaci a base di glucosamina e condroitin solfato, sostanze di supporto che risultano tra i principali componenti costitutivi della cartilagine articolare, in grado di conferire elasticità alle cellule ancora presenti all’interno dell’articolazione.

Perché fare la condro sincronizzazione e come farla lo ha spiegato il Dr Michele Abate, Università degli studi di Chieti.

La relazione, che in questo video si può vedere integralmente, si è tenuta a Roma il 2-3 ottobre 2014 in occasione del V Simposio nazionale dell’ANTIAGE (Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare eco-guidata dell’Anca con Guida Ecografica).

Nel suo articolo, il Prof. Fabio M. Donelli (Università di Brescia) spiega le valutazioni cliniche che il medico deve fare prima di procedere con una infiltrazione e fornisce una serie di utili suggerimenti per quanto concerne il consenso informato. Infine, spiega la responsabilità medico legale cui va incontro il medico infiltratore.

È da poco stata pubblicata la nuova edizione di Ultrasound guided intra-articular hip injection: technique and clinical applications di Alberto Migliore eSandro Tormenta, entrambi operanti all’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma e ideatori di un metodo (che da loro prende nome: Migliore-Tormenta) per l’iniezione intra-articolare ecoguidata nell’anca di acido ialuronico o cortisone. “Ormai da circa 20 anni si fanno iniezioni di acido ialuronico nel ginocchio per migliorare l’artrosi. La terapia iniettiva del ginocchio si è diffusa anche perché questa articolazione è semplice da individuare, in quanto molto superficiale” spiega Migliore. “Successivamente è nata l’idea di fare la stessa cosa nell’anca, articolazione portante colpita dall’artrosi. Qui però c’era da superare il problema costituito dalla profondità dell’articolazione, posizionata accanto a vasi e nervi che non dovevano essere lesi. Dagli ortopedici è stata descritta una tecnica di iniezione basata solo su punti di repere anatomici, ma con essa non si è mai realmente sicuri di posizionare la punta dell’ago nell’articolazione. Con l’ecografia invece possiamo vedere e posizionare bene l’ago e, in caso di necessità, possiamo anche aspirare del materiale. Siamo dunque riusciti con la guida bioptica associata all’ecografia, in altre parole con una metodica senza radiazioni, ad iniettare con sicurezza e precisione l’acido ialuronico nell’articolazione dell’anca”.

Passiamo ad esaminare il volume, composto di 10 capitoli. Qual è il suo scopo? “Il libro serve per spiegare la tecnica e le applicazioni cliniche delle iniezioni intra-articolari ecoguidate. Il primo capitolo tratta della diagnosi differenziale del dolore all’anca e quindi della possibile selezione delle malattie che possono giovarsi delle infiltrazioni intra-articolari. In pratica, distingue le malattie in cui si deve usare l’acido ialuronico da quelle in cui invece (come quelle infiammatorie) bisogna usare il cortisone”.

Il secondo capitolo riguarda il problema della tecnica. “Ne esistono, infatti, diversi tipi: a mano libera, con l’uso di radiazioni, oppure eco-assistite (si guarda dove va inserito l’ago, poi si toglie l’apparecchio); la nostra invece è una guida ecografica che permette di vedere realtime costantemente cosa succede, in altre parole la traiettoria dell’ago quando è inserito ed il farmaco quando è iniettato. Inoltre la guida bioptica, con un software dedicato, ci permette di raggiungere con assoluta precisione e con rapidità il punto preciso dello spazio articolare che abbiamo scelto per iniettare il liquido. Quindi anche all’interno delle diverse tecniche ecografiche esistono sottili differenze e la nostra tecnica si è rivelata la più rapida, la più indolore e la più precisa”.

“Abbiamo quindi esaminato se la tecnica fosse sicura, o se al contrario si rilevassero problemi o condizioni d’avversità o effetti collaterali dovuti all’iniezione. Abbiamo riportato i dati del nostro registro relativi ad oltre 8.000 iniezioni effettuate, dai quali si vede che c’è un’ottima tollerabilità e che l’avvento avverso più grave (con frequenza di circa 1 caso su 1.000) è l’edema transitorio della testa del femore. Di solito comunque la tollerabilità è ottima, con una sensazione di dolore che può durare per qualche ora, fino a 3-4 giorni nel 5-6% dei casi, trattata con un analgesico minore senza problemi”.

Il quinto capitolo analizza l’efficacia del trattamento dell’artrosi con acido ialuronico. “Abbiamo preso in rassegna tutti gli studi che sono stati fatti e che evidenziano una riduzione dei sintomi nel 40-60% dei casi. Il trattamento deve essere ciclico: nell’85% dei casi va fatta una iniezione ogni 6 mesi; nei rimanenti casi, se i sintomi si ri-presentano prima, può essere fatta una iniezione ogni 4 o 3 mesi a seconda delle necessità del paziente”.

Dal punto di vista economico, questa tecnica è vantaggiosa? “Si è visto che i pazienti, per la riduzione del dolore, consumano meno antinfiammatori e quindi hanno minori effetti collaterali e ricoveri per problemi gastrointestinali o cardiaci dovuti agli antinfiammatori stessi. Si ha un risparmio quindi sia come consumo netto di antinfiammatori sia come costi indiretti da conseguenze cliniche”.

“C’è anche una riduzione della frequenza di protesizzazione” prosegue Migliore, analizzando i temi trattati nel volume. “Circa l’80% dei pazienti a 24 mesi ha ancora la propria anca e, in questo senso, si ha un ritardo di protesizzazione, anche se gli studi devono essere maggiormente approfonditi”.

“È stato inoltre esaminato se esistessero immagini o un pattern ecografico che potesse dire, oltre alla radiologia, se la patologia dell’anca fosse più o meno grave. Sembra che tale relazione ci sia , ma occorrono ulteriori studi. In ogni caso sembra che l’aspetto ecografico regolare abbia una prognosi migliore rispetto a varianti più irregolari con prognosi peggiore”.

Nel terzultimo capitolo sono affrontate “le altre malattie per lo più infiammatorie che possono colpire l’anca tra cui la spondilite anchilosante, l’artrite reumatoide, l’artrite sieronegativa e altre artriti per vedere quanto l’anca è coinvolta in queste patologie (nell’artrosi lo è molto). E’ stato quindi valicato l’uso di  questa tecnica anche per la terapia iniettiva a base di cortisone”.

Il nono capitolo affronta il tema delle future applicazioni: “la terapia genica, le cellule staminali, altri prodotti biologici per i quali” sottolinea Migliore “sarà necessaria la guida ecografica in quanto molto costosi e potenzialmente lesivi se collocati fuori dell’articolazione”.

Nell’ultimo capitolo “abbiamo presentato l’esperienza della nostra fondazione ANTIAGE (Associazione nazionale per la terapia intra-articolare guidata dell’anca, http://www.antiagefbf.it), nata nel 2004, e che costituisce la prima esperienza in Italia di questo tipo con 20 centri e 160 medici coinvolti”.

Il conclusione, questa pubblicazione costituisce un utile strumento per quanti vogliono approcciarsi alla terapia infiltrativa intra-articolare, tenendo presente che l’esecuzione di una corretta infiltrazione costituisce il presupposto essenziale per un buon esisto del trattamento.

copertina Migliore


Intervista al Dott. Davide Integlia, Economista sanitario, Roma

La terapia infiltrativa può essere utilizzata come terapia di fondo dell’artrosi?

Lo abbiamo chiesto a tre esperti: il prof Bruno Frediani, il Dott Paolo Scapato e il Dr. Alberto Migliore.

Questi esperti hanno presentato le loro argomentazioni nel corso di una tavola rotonda che si è svolta a Roma il 2-3 ottobre 2014 in occasione del V Simposio nazionale dell’ANTIAGE (Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare eco-guidata dell’Anca con Guida Ecografica).


Intervista al dott. Pietro Boni, Medico veterinario, Cannara, Umbria


Intervista al Prof. Alberto Migliore, Responsabile UOS di Reumatologia, Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli, Roma

Presidente dell’Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare dell’Anca con Guida Ecografica (ANTIAGE)

Quali sono i farmaci da utilizzare nella terapia sistemica dell’artrosi? I prodotti sono tanti ma tutti riconducibili alla categoria dei farmaci antiinfiammatori (paracetamolo, FANS e Coxib) insieme agli opioidi.

Questi farmaci presentano pro e contro e ne ha parlato il Dott. Mauro Granata, responsabile UOD, Direttore ff UOC Medicina II, ACO San Filippo NBeri Roma

La relazione, che in questo video si può vedere integralmente, si è tenuta a Roma il 2-3 ottobre 2014 in occasione del V Simposio nazionale dell’ANTIAGE (Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare eco-guidata dell’Anca con Guida Ecografica).

La lubricina è una proteina presente nel liquido articolare che ricopre la superficie ossea e che serve per favorire la mobilità e diminuire l’attrito all’interno dell’articolazione; la funzione svolta dal liquido è simile a quella di un cuscinetto che ammortizza e protegge le parti in movimento.
Nella terapia intrarticolare dell’artrosi si sta sperimentando l’utilizzo della lubricina. Pe rora gli studi sono stati condotti solo sull’animale. Si spera quanto prima di poterla testare clinicamente anche nell’uomo.

Questa nuova tecnica è stata spiegata dal Dott. Umberto Massafra, Divisione di Reumatologia, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli – Roma.

La relazione, che in questo video si può vedere integralmente, si è tenuta a Roma il 2-3 ottobre 2014 in occasione del V Simposio nazionale dell’ANTIAGE (Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare eco-guidata dell’Anca con Guida Ecografica).

Intervista al Dott. Antonio Frizziero, Ricercatore Universitario presso la SC medicina fisica e riabilitativa, Università degli Studi di Padova.

Nel suo articolo, il Dott. Luigi Paolo Spreafico (Istituto Auxologico italiano) parla delle classificazioni più usate per descrivere le funzionalità delle articolazioni maggiori che sono la scala WOMAC (Western Ontario and McMaster Universities Arthritis Index) per anca e ginocchio, la HHS (Harris Hip Score) per l’anca, la KSS (Knee Score Society) per il ginocchio e per la spalla e l’arto superiore in generale la CONSTANT SHOULDER SCORE e la DASH (Disability of Arm Shoulder and Hand).

Il Secondo Convegno di Traumatologia Clinica e Forense, “Le Complicanze in ortopedia e traumatologia”, presieduto dai Proff.ri G. Dell’Osso, F.M. Donelli e G. Varacca, si svolgerà a Salsomaggiore Terme il 23 e 24 novembre prossimi. Tra i temi dell’evento: problematiche cliniche, biomeccanica funzionale, imaging, riabilitazione del paziente “young/old” e due specifiche sessioni di Medicina Legale.


Intervista al Prof. Alberto Migliore, Responsabile UOS di Reumatologia, Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli, Roma

Presidente dell’Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare dell’Anca con Guida Ecografica (ANTIAGE)


Intervista alla Dott.ssa Noemi Fiaschini, Biologa PhD Università Tor Vergata – Roma, collaboratrice di Nanofaber Srl

Intervista al Prof. Alberto Migliore, UOC Reumatologia Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, Roma

Le infiltrazioni articolari si sono recentemente arricchite di nuove possibilità terapeutiche: cellule staminali, plasma arricchito di piastrine (PRP) e altre terapie innovative. Esse richiedono particolari attenzioni, anche di tipo medico legale, che sono state spiegate da un esperto, il prof. Fabio Donelli, ortopedico e medico legale.

Intervista al Dr. Alessandro Quaglia, Ortopedico dell’UO di ortopedia del ginocchio e traumatologia dello sport, Istituto Clinico Humanitas Irccs – Rozzano

Le lesioni cartilaginee del ginocchio sono molto comuni, soprattutto tra coloro che praticano sport, hanno un potenziale molto limitato per la riparazione e, se non trattate, possono predisporre verso la degenerazione articolare. Può l’acido ialuronico avere un ruolo in questo tipo di condizione?

È quanto indagato da un recente studio pubblicato sulla Revista Española de Cirugía Ortopédica y TraumatologíaLa gestione delle lesioni acute della cartilagine prevede diverse opzioni di trattamento, tra cui la perforazione subcondrale, le microfratture, gli autoinnesti osteocondrali e impianti di condrociti autologhi, in alcuni casi con scarsi risultati.

Per prevenire lo sviluppo di osteoartrosi in seguito alle lesioni condrali focali, sono raccomandate nuove opzioni terapeutiche, compresi i farmaci sintomatici ad azione lenta per l’osteoartrosi come la glucosamina e la condroitina solfato, e le iniezioni intra-articolari di acido ialuronico con un effetto di protezione delle articolazioni.

L’acido ialuronico (AI) è un mucopolisaccaride ad alto peso molecolare (5-7 × 106 Da) responsabile delle proprietà viscoelastiche del liquido sinoviale, essenziale per la normale funzione articolare. L’AI ha un effetto meccanico e riparatorio sulle cellule della cartilagine e sulla membrana sinoviale.
È stato dimostrato che nei pazienti con osteoartrosi la concentrazione dell’AI è ridotta di 2-3 volte e anche il suo peso molecolare diminuisce ai minimi livelli (2 × 105 Da); inoltre le iniezioni di AI alleviano il dolore e migliorano la funzione articolare nei pazienti con osteoartrosi.
Alcuni studi sperimentali hanno evidenziato che l’AI riduce le metalloproteasi (Mmp) e l’interleuchina-1 (Il-1) nel liquido sinoviale, oltre a prevenire i cambiamenti dei proteoglicani (Pg) della matrice cellulare, riducendo l’infiammazione sinoviale e aumentando il contenuto dei Pg.

I dottor Figuaroe e i suoi colleghi, nello studio condotto, ipotizzavano che l’utilizzo dell’ acido ialuronico aumentasse la rigenerazione della cartilaginea ialina nelle lesioni condrali focali, e che l’utilizzo di 3 iniezioni di acido ialuronico aumentasse la rigenerazione del tessuto; “Tuttavia, ha dichiarato l’autore, lo scopo del nostro studio era di valutare la rigenerazione acuta, a tutto spessore, delle lesioni condrali in un modello animale attraverso due differenti protocolli di trattamento con l’acido ialuronico. ”.

I ricercatori hanno indotto delle lesioni cartilaginee a tutto spessore nei condili femorali di 15 conigli neozelandesi. A seconda della lesione generata e del trattamento, i condili dei conigli sono stati suddivisi in 4 gruppi:
• Gruppo 1, normale (n=12): non è stato creato nessun difetto e non è stato applicato nessun trattamento
• Gruppo 2, ferito ma non trattato (n=6): è stato creato un difetto condrale ma non è stato applicato nessun trattamento
• Gruppo 3, ferito e trattato (n=6): è stato creato un difetto condrale ed è stato applicato un trattamento costituito da una singola dose di AI (Hylan GF 20®, 3,5 mg / 0,5 ml).

• Gruppo 4, ferito e trattato (n=6): è stato creato un difetto condrale ed è stato applicato un trattamento costituito da 3 dosi di AI (Hylan GF 20®).
Al termine dello studio non è stata registrata alcuna complicanza e gli animali sono stati sacrificati solo al termine dello studio, cioè dopo 12 settimane; i condili recuperati sono stati analizzati sia macroscopicamente, sia istologicamente mediante la scala International Cartilage Repair Society (ICrs) scala per valutare la riparazione della cartilagine.

Macroscopicamente il gruppo 1 aveva un tessuto lucido e semitrasparente; il gruppo 2 presentava un tessuto fine e irregolare, con aspetto ruvido e una zona lesionata ben definita. Nel gruppo 3, trattato con una singola iniezione di AI, il tessuto risultava sottile, trasparente ma con aree depresse ed esposizione subcondrale dell’osso; il gruppo 4, trattato con 3 iniezioni di AI, presentava un tessuto neoformato leggermente irregolare e sottile, simile a quello del gruppo 3.

La valutazione istologica ha permesso di osservare che i condili del gruppo 1 presentavano una superficie regolare e condrociti e matrice ben organizzati; la maggior parte dei condili appartenenti al gruppo 2 presentavano una superficie irregolare così come anche la matrice e i condrociti.
Nel gruppo 3, la maggior parte dei campioni presentano una superficie irregolare, con una prevalenza della matrice ialina ma con una distribuzione cellulare ammassata. Infine, i condili nel gruppo 4 hanno mostrato una superficie irregolare e una variabilità considerevole nella distribuzione delle cellule (alcune in maniera irregolare e altre ammassate).

L’analisi quantitativa dei dati istologici ha mostrato che la vitalità cellulare, il coinvolgimento dell’osso subcondrale e la mineralizzazione della cartilagine non presentavano differenze significative tra i gruppi 3 e 4.

Sebbene siano presenti alcuni dati che evidenziano miglioramenti significativi nel trattamento delle lesioni acute con acido ialuronico, gli autori concludono dicendo che “Non siamo riusciti a dimostrare nei conigli che il trattamento delle lesioni condrali, a tutto spessore, con acido ialuronico possa migliorare migliora significativamente la rigenerazione della cartilagine articolare a 3 mesi”. Ulteriori studi sono necessari per indagare meglio il ruolo dell’acido ialuronico in questo tipo di condizione.

Monica Guarini

Figueroa D. et al. Treatment of acute full-thickness chondral defects with high molecular weight hyaluronic acid: An experimental model. Rev Esp Cir Ortop Traumatol. 2014;58(5):261-266.

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Intervista al Prof. Luca Maria Sconfienza, Responsabile UO di Radiologia Diagnostica e Interventistica IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi, Professore associato di Diagnostica per immagini e Radioterapia presso l’Università degli Studi di Milano

Intervista al Dott. Umberto Massafra, Divisione di Reumatologia, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli – Roma

I risultati di uno studio cinese recentemente pubblicato sulla rivista Clinical Rheumatology hanno dimostrato l’efficacia e la buona tollerabilità sia del trattamento intrarticolare di acido ialuronico (IAHA) sia di glucosamina solfato (GS) orale, rispetto a placebo, nel trattamento del dolore al ginocchio dovuto alla malattia di Kashin-Beck (KBD), un’osteoartrosi rara. A differenza di GS, però, l’effetto di IAHA sarebbe più precoce e di maggiore durata, mentre non vi sarebbero differenze significative tra i due trattamenti in termini di insorgenza di eventi avversi (AE).

KBD è una patologia cronica ingravescente ed invasiva che colpisce il tessuto osseo e la cartilagine articolare. E’ un’osteoartrosi rara, endemica in alcune aree geografiche della Siberia, della Corea e della Cina, la cui eziologia ancora oggi è sconosciuta ma che si ipotizza sia di natura multifattoriale.
Dolore articolare, rigidità mattutina, deformazioni delle dita e a carico delle articolazioni costituiscono i primi sintomi della malattia, con conseguente degradazione della matrice cartilaginea che esita in osteoartrosi (OA) secondaria.

Se non trattata in modo appropriato, la malattia progredisce gradualmente fino a portare a rigidità articolare, deformità e disabilità.
Il trattamento di questa condizione ha mutuato, fino ad ora, dall’armamentario terapeutico disponibile per le OA in generale (prevalentemente FANS). Accanto ai FANS, però, esistono altre opzioni terapeutiche, rappresentate dall’IAHA e dalla GS orale.

“Alcune metanalisi hanno suffragato l’efficacia di IAHA nell’alleviare il dolore e la migliorare la funzionalità fisica in pazienti affetti da OA al ginocchio – ricordano gli autori dello studio nell’introduzione al lavoro – nonché l’assenza di seri problemi di safety legati a questa tipologia di trattamento. Peraltro – continuano gli autori – esistono studi al contempo che hanno documentato l’efficacia di GS nell’alleviare il dolore e ritardare la progressione a lungo termine dell’OA al ginocchio in termini di mutazioni della struttura articolare e di sintomatologia”.

L’efficacia di queste due opzioni terapeutiche, poco studiata, finora, nel caso specifico della KBD, ha sollecitato la messa a punto di questo nuovo studio, avente l’obiettivo di valutare efficacia e sicurezza di IAHA e GS vs placebo nell’alleviare la sintomatologia e migliorare la funzionalità fisica in pazienti affetti dalla malattia.
A tal scopo, sono stati reclutati 150 pazienti con KBD e randomizzati al trattamento con IAHA per 4 settimane, GS orale per 12 settimane o placebo per 12 settimane.

L’outcome primario dello studio era rappresentato dalla risposta al trattamento da 0 a 20 settimane, misurata dal raggiungimento di una riduzione del 20% e del 50% della sintomatologia dolorosa rilevata mediante decremento del punteggio complessivo WOMAC (Western Ontario and McMaster Universities Osteoarthritis). Le misure di outcome secondario consistevano, invece, nella variazione media del punteggio WOMAC normalizzato e delle sue tre sottoscale (funzione, dolore e rigidità a 8 settimane di follow-up. Il WOMAC è un questionario strutturato validato (24 domande) per la valutazione delle variazioni della sintomatologia e della disabilità associate all’OA. Comprende 3 sottoscale: funzione (17 domande), dolore (5 domande) e di rigidità (2 domande). Un punteggio WOMAC inferiore indica un minor numero di sintomi, in tal modo il miglioramento è mostrato come un valore negativo; valori negativi di grande portata sono indicativi di una maggiore efficacia.

I risultati dello studio hanno documentato l’efficacia di entrambi i trattamenti nel raggiungere l’outcome primario della riduzione del 20% e del 50% della sintomatologia dolorosa, misurata dal punteggio WOMAC complessivo, rispetto al placebo, da 0 a 20 settimane. Nello specifico il tasso di risposta pari ad una riduzione del 20% del punteggio WOMAC legato alla sintomatologia dolorosa è risultato più elevato per entrambi i gruppi di trattamento vs placebo (-43,5% per IAHA, -25,4% per GS) e di entità superiore per IAHA vs GS (-18,1%). Identica situazione è stata rilevata per il tasso di risposta pari ad una riduzione del 50% del punteggio WOMAC legato alla sintomatologia dolorosa: questo è risultato più elevato per entrambi i gruppi di trattamento vs placebo (-43,4% per IAHA, -26,9% per GS. In questo caso però, nonostante l’entità numericamente superiore, il vantaggio di IAHA vs GS non è stato significativamente significativo (-16,5%).

Quanto all’outcome secondario, il trattamento con IAHA è risultato significativamente superiore vs placebo nel ridurre il punteggio WOMAC normalizzato (p<0,001), e delle tre sottoscale WOMAC (dolore, rigidità e funzione) (p<0,001) a 8 settimane. Anche il trattamento con GS ha migliorato i punteggi sopra menzionati vs placebo. Tuttavia, la riduzione dei punteggi in questione è risultata superiore in modo statisticamente significativo per IAHA vs GS. Passando, infine alla safety, non sono stati rilevanti AE seri, e l'incidenza di AE di lievi è risultata pressochè sovrapponibile tra i 2 gruppi di trattamento, mentre non sono stati documentati AE nel gruppo placebo. Alla luce di questi risultati, gli autori dello studio ritengono che “...tali scoperte potrebbero suffragare un razionale d'impiego di questi trattamenti basato sull'assunzione preferenziale di IAHA in pazienti con dolore cronico al ginocchio e di GS come terapia adiuvante.” “Sono ora necessari – concludono - studi di maggiore dimensione numerica e più lunga durata per confermare quanto da noi osservato” Xia CT et al. Hyaluronic acid and glucosamine sulfate for adult Kashin-Beck disease: a cluster-randomized, placebo-controlled study. Clin Rheumatol. 2014 Nov 12 (Epub ahead of print) Leggi

Da pochi giorni sul sito TerapiaInfiltrativa.it sono disponibili cinque file in formato PDF dei relativi Supplementi realizzati negli ultimi 18 mesi e finora disponibili solo il formato cartaceo.

Questi supplementi sono stati realizzati con il contributo educazionale di Abiogen Pharma al fine di fornire al medico che si occupa di terapia infiltrativa alcuni approfondimenti su una serie di tematiche cliniche, organizzative e normative di potenziale loro interesse.

I supplementi sono visibili nella sezione “Pdf Supplementi” cui si accede dal menù azzurro oppure cliccando sul seguente LINK .

Qui di seguito i temi dei cinque supplementi e una sintesi dei loro contenuti.

HIGHLIGHTS CONGRESSO ISIAT 2013
Questo documento fornisce una sintesi dei contenuti più interessanti del secondo “International Symposium Intra Articular Treatment” (ISIAT 2013). Si trova anche una intervista al professor Alberto Migliore, dell’UOS di Reumatologia, Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli di Roma e Presidente dell’Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare dell’Anca con Guida Ecografica (ANTIAGE).
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LA MEDICINA LEGALE IN TERAPA INFILTRATIVA
Nel suo articolo, il Prof. Fabio M. Donelli (Università di Brescia) spiega le valutazioni cliniche che il medico deve fare prima di procedere con una infiltrazione e fornisce una serie di utili suggerimenti per quanto concerne il consenso informato. Infine, spiega la responsabilità medico legale cui va incontro il medico infiltratore.
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LE CLASSIFICAZIONI CLINICHE IN ORTOPEDIA
Nel suo articolo, il Dott. Luigi Paolo Spreafico (Istituto Auxologico italiano) parla delle classificazioni più usate per descrivere le funzionalità delle articolazioni maggiori che sono la scala WOMAC (Western Ontario and McMaster Universities Arthritis Index) per anca e ginocchio, la HHS (Harris Hip Score) per l’anca, la KSS (Knee Score Society) per il ginocchio e per la spalla e l’arto superiore in generale la CONSTANT SHOULDER SCORE e la DASH (Disability of Arm Shoulder and Hand).
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TERAPIA INFILTRATIVA ANTIINFAMMATORIA: PROSPETTIVE CLINICHE
Nel suo articolo, il Dott. Orazio De Lucia (Istituto Ortopedico Gaetano Pini, Milano) parla del ruolo delle infiltrazioni con corticosteroidi che, nella pratica clinica quotidiana, sono utilizzate per ridurre l’infiammazione articolare nell’ambito di numerose patologie del sistema muscolo scheletrico.
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TERAPIA INFILTRATIVA: COME E COSA INFILTRARE
Nel suo articolo il dott. Andrea Delle Sedie, dell’Università di Pisa, fa un esame della letteratura per fornire le evidenze sulle migliori vie di accesso per la terapia infiltrativa e su quali sostanze sia più opportuno infiltrare.
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Intervista al Dott. Orazio De Lucia, Specialista in Reumatologia, ASST Gaetano Pini CTO – Milano


Intervista al Dott. Giovanni Boni, Medico dello Sport, presidente della Federazione Medico Sportiva regione Umbria

Secondo una nuova analisi pubblicata da Transparency Market Research, il mercato mondiale dell’acido ialuronico dai 5,32 miliardi del 2012 nel 2019 raggiungerà i 9,85 miliari di dollari, con un tasso di crescita annuale composto (CAGR) del 9,2%.

Il mercato dell’acido ialuronico è segmentato in base ai diversi prodotti, applicazioni e modalità di somministrazione. Esistono, infatti, prodotti che richiedono una singola iniezione, un ciclo di tre iniezioni o un ciclo di cinque iniezioni.

Ad oggi, la fetta più grande di mercato è occupata dai prodotti che richiedono un ciclo di cinque iniezioni, anche se negli ultimi anni sta aumentando l’utilizzo dei prodotti a singola iniezione o a tre iniezioni per l’aumento della preferenza dei pazienti per i trattamenti di breve durata.

Per quanto riguarda le diverse applicazioni, l’acido ialuronico che sta registrando il più elevato tasso di crescita annuale composito (CAGR) è quello utilizzato per la terapia del reflusso vescico-ureterale. Il CAGR per questo prodotto è pari al 12,0% nel periodo considerato nell’analisi, dal 2013 al 2019. Per questa indicazione, l’acido ialuronico sembra essere, infatti, il trattamento di prima scelta in quanto molto efficiente e minimamente invasivo.

Geograficamente, il mercato dell’acido ialuronico è suddiviso in diverse aree (Nord America, Europa, Asia-Pacifico e Resto del mondo), quella più attrattiva è l’area Asia-Pacifico. Asia, Cina e Giappone saranno, infatti, i principali mercati per i prodotti a base di acido ialuronico, anche se l’utilizzo di questa sostanza è in aumento un po’ in tutto mondo.

L’acido ialuronico è un glicosaminoglicano con multiple funzioni. La particolare struttura chimica dona a questa sostanza numerose proprietà che lo rendono particolarmente utile sia in campo medico che estetico.

Stimolando la formazione di collagene e tessuto connettivo l’acido ialuronico protegge l’organismo da virus e batteri, aumenta la plasticità dei tessuti e garantisce l’ottimale idratazione cutanea. Ha inoltre proprietà cicatriziali ed antinfiammatorie. L’acido ialuronico è un componente importante degli ingredienti farmaceutici attivi per il trattamento dell’osteoartrosi, del reflusso vescico-ureterale, è utilizzato in chirurgia oftalmica e contro l’invecchiamento della pelle.

L’aumento dell’invecchiamento della popolazione a livello mondiale, delle conoscenze sulle procedure anti-invecchiamento, della consapevolezza dei pazienti circa gli effetti collaterali dei vari prodotti e la crescita della domanda di procedure chirurgiche mini invasive, sono alcuni dei fattori che contribuiscono alla crescita del mercato dell’acido ialuronico.


Relazione integrale del Dott. Antonio Rinaldi

Dopo due edizioni londinesi il prossimo XXIII Congresso internazionale di Riabilitazione e Traumatologia Sportiva rientrerà in Italia, più precisamente a Milano. Si svolgerà dal 22 e 23 Marzo 2014 ed il tema sarà: Football Medicine Strategies for Joint and Ligament Injuries.

Le precedenti edizioni, tenutesi a Londra, nel 2012 al Chelsea Stadium e nel 2013 al Wembley Stadium, hanno dato all’evento una dimensione internazionale, con oltre mille partecipanti provenienti da settanta diversi paesi.

Per il prossimo anno il congresso vuole mantenere la sua internazionalità e portarla a Milano. Come nelle passate edizioni sarà un’occasione per riunire la Football Medicine Community internazionale e affrontare con un approccio multidisciplinare i temi legati alla salute del calciatore. La lingua ufficiale sarà l’inglese e ci sarà la traduzione simultanea in italiano.

Visita il sito istituzionale: http://www.isokinetic.com/it/

Intervista al Prof. Calogero Foti, Ordinario in Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli Studi Tor Vergata di Roma

La tecnica di esecuzione prevede due momenti principali: il protocollo di preparazione (nel quale vengono predisposte le condizioni ideali per l’effettuare l’atto terapeutico) e il procedimento dell’iniezione vero e proprio. In entrambi i casi si distinguono vari passaggi obbligati, volti a conseguire il migliore risultato in totale sicurezza per il paziente. Tali passaggi sono identici sia per le iniezioni intra-articolari sia per quelle periarticolari o in altre aree anatomiche, ma possono differire (in riferimento al farmaco utilizzato) per la modalità di ricerca del sito di iniezione e per la tecnica di inserzione dell’ago.


Protocollo di preparazione
Le precedure propedeutiche all’iniezione sono distinte in quattro fasi.

1) Preparazione del paziente:

– discutere preliminarmente le opzioni terapeutiche, le modalità di iniezione e i potenziali effetti secondari;

– ottenere un esplicito consenso al trattamento;

– mettere in posizione distesa e confortevole il soggetto, con accessibilità del punto d’iniezione.

2) Preparazione del materiale:

– tenere a disposizione i flaconi dei farmaci (cortisonici, acido ialuronico, anestetici locali, etc.);

– verificare i nomi delle molecole, le dosi e le date di scadenza;

– tenere pronte siringhe e aghi per aspirazione e infiltrazione;

– avere sempre pronte preparazoni cutanee all’alcol o allo iodio;

– tenere pronte siringhe di ricambio e un contenitore sterile per un’eventuale aspirazione, se necessaria.

3) Preparazione del sito d’iniezione:

– indentificare le strutture e tirare con forza la pelle entro il pollice e l’indice; in particolare, nel caso delle iniezioni intra- e peri-articolari, occorre trovare un punto osseo di repere mediante palpazione e quindi, in riferimento a esso, individuare il punto di iniezione; nel caso invece di terapia infiltrativa per la gestione del dolore con anestetici locali occorre individuare – premendo l’indice sulla pelle del paziente – il punto dolente (cosiddetto trigger), dove sarà inserito l’ago;

– marcare il sito d’iniezione con l’estremità bloccata di un tappo di ago sterile o con un pennarello per la pelle, segnando una crocetta rossa;

– pulire la pelle con la preparazione adatta, con un movimento a spirale verso l’esterno;

– lasciar seccare la pelle per un minuto.

4) Assemblaggio dei materiali:

– lavarsi le mani per un minuto con una soluzione adatta e asciugarle bene con una salvietta;

– preparare una siringa di dimensioni adeguate aspirandovi il farmaco da iniettare e innestandovi un ago di calibro selezionato sulla base del prodotto e dell’area da infiltrare (questa fase può non essere necessaria nel caso di preparati forniti in siringhe pre-riempite).


Procedimento dell’iniezione
– Tirare la pelle pulita sul sito d’iniezione e inserire rapidamente l’ago perpendicolarmente alla pelle, così da evitare una puntura dolorosa; nel caso di terapia infiltrativa del dolore con anestetici locali, la pelle va tenuta tesa tra due dita, in mezzo alle quali deve scendere perpendicolarmente l’ago con la massima precisione sul punto trigger;

– Orientare correttamente l’ago puntandolo verso l’area lesa;

– Tirare indietro il pistone della siringa per assicurarsi che l’ago non sia dentro una vena o un’arteria;

– Effettuare l’iniezione in bolo nelle articolazioni (i volumi e le dosi sono variabili, in rapporto alla grandezza dell’articolazione ed al tipo di prodotto utilizzato) e nelle borse oppure “a ventaglio” nei tendini e nei legamenti, assicurandosi una buona ripartizione della soluzione;

– Ritirare rapidamente l’ago, comprimendo il sito con un tampone di cotone allo scopo di minimizzare il sanguinamento ma anche di prevenire un’atrofia grassosa o una depigmentazione cutanea;

– Gettare immediatamente l’ago e la siringa dentro contenitori appropriati, per evitare lesioni da ago;

– Prendere nota del nome dei farmaci, delle dosi e dei numeri dei lotti. Annotare le raccomandazioni per l’uso e il monitoraggio della risposta e conservare dossier completi.

– Riesaminare il paziente per valutare gli effetti del trattamento sul dolore, la forza e l’ampiezza dei movimenti, così da poter valutare e considerare con più precisione il posizionamento dell’ago.

– Far attendere il paziente per 30 minuti dopo l’iniezione, allo scopo di riconoscere un’eventuale reazione allergica o un effetto secondario.


Ausilio ecografico

L’impiego di una sonda ecografica oltre a essersi imposto per lo studio delle cavità articolari e la diagnosi e la localizzazione delle lesioni a loro carico, è divenuto uno strumento spesso indispensabile al clinico che ricorre alla terapia infiltrativa. Infatti nei casi più complessi (tipicamente le grandi articolazioni come quella dell’anca in cui l’accesso a un’area patologica profonda è più incerto se basato solo sull’esperienza tattile), o laddove si voglia avere la certezza del rilascio del farmaco nella sede della lesione, si ricorre all’iniezione ecoguidata: è cioè possibile visualizzare l’ago nel suo percorso attraverso le strutture anatomiche, così da correggerne l’inclinazione o la direzione fino a raggiungere l’area desiderata dove si inietterà il farmaco.


Relazione integrale della Dott.ssa Isabel Andia

Intervista al Dott. Giovanni Boni, Medico dello Sport, presidente della Federazione Medico Sportiva regione Umbria


Relazione integrale del Dott. João Eurico Cabral da Fonseca

Una nuova metanalisi pubblicata sulla rivista Annals of Internal Medicine (1) corrobora precedenti documentazioni relative all’efficacia della terapia infiltrativa con acido ialuronico nel trattamento dell’osteoartrosi (OA) al ginocchio. La nuova metanalisi ha documentato, nello specifico, la superiore efficacia della viscosupplementazione con HA rispetto al placebo orale, ad un FANS e soprattutto, rispetto a paracetamolo nel trattamento della gonartrosi.

La complessità della dinamica del dolore da OA rappresenta da sempre una sfida per la ricerca clinica data l’ipotizzata marcata eterogeneità dell’eziopatogenesi del dolore nei pazienti affetti da OA al ginocchio. Tale eterogeneità potrebbe rendere conto anche del contrasto tra i risultati provenienti da trial clinici randomizzati, qualitativamente ben condotti, e le scelte terapeutiche operate dai pazienti nel mondo reale.

“Un esempio di questo contrasto è dato dall’impiego controverso della terapia infiltrativa con HA nonostante decenni di ricerca – spiega in un editoriale di accompagnamento al lavoro pubblicato (2) la dr.ssa Lisa Mandl, della Weill Cornell Medical School di New York.”

“Una metanalisi recentemente pubblicata – ricorda l’autrice dell’editoriale – ha infatti concluso che, in pazienti con gonartrosi, la viscosupplementazione è associata ad un beneficio di ridotta entità e clinicamente irrilevante nonché ad un incremento del rischio di eventi avversi (AE).”

Negli USA, l’iniezione intrarticolare di HA è classificata come “medical device” ed è regolata dalla FDA. Dal momento che i medical devices sono regolati da organismi regolatori competenti differenti nei diversi paesi, il profilo di sicurezza ed efficacia di tali prodotti deve essere valutato caso per caso a seconda del paese considerato.

L’American Academy of Orthopedic Surgeons ha raccomandato nelle LG 2013 per il trattamento dell’OA al ginocchio di non impiegare le formulazioni di HA in questo contesto. Tale raccomandazione, tuttavia, si basa anche su dati provenienti da studi che avevano incluso formulazioni di HA non commercialmente disponibili (3).

Ciò nonostante, i pazienti continuano a richiedere attivamente questo tipo di terapia.

Addentrandosi nella spiegazione delle cause di questa dicotomia di risultati tra il mondo ideale dei trial e il mondo reale, l’autrice del commento si azzarda a fare alcune ipotesi:”E’ probabile che, pur con tutti i nostri sforzi, i pazienti con gonartrosi reclutati nei trial clinici randomizzati e controllati non siano semplicemente rappresentativi dei pazienti del mondo reale. (…) Oppure è probabile che, come suggerito nella metanalisi appena pubblicata (1), tutti i placebo non siano creati in maniera uguale”.

La metanalisi in questione, che si è proposta di valutare quali siano i trattamenti più efficaci per il trattamento della gonartrosi, è, tecnicamente, una metanalisi “a rete” (o network metanalisi).

Cosa vuol dire? Che mentre le metanalisi tradizionali riescono a confrontare due trattamenti uno contro l’altro (anche in presenza di un numero elevatissimo di trial) ma non sono in grado di analizzare i casi in cui i trattamenti da confrontare sono tre o più di tre, la metanalisi “ a rete” è in grado di fare confronti multipli indiretti. Il vantaggio è quello di ampliare la platea di dati disponibili sui quali effettuare le valutazioni statistiche tipiche della metanalisi.

Grazie a questa metodologia, gli autori dello studio,dopo ricerca sistematica della letteratura, hanno sottoposto ad analisi statistica i dati relativi a 137 studi (per un totale di 33.243 partecipanti) mettendo a confronto multiplo indiretto i soggetti trattati con paracetamolo, diclofenac, ibuprofen, naprossene, celecoxib, infiltrazioni di corticosteroidi, infiltrazioni di HA, placebo orale e placebo per via intra-articolare.

I risultati della metanalisi hanno confermato vecchie osservazioni e fornito anche qualche sorpresa. Infatti i risultati hanno mostrato come paracetamolo, spesso raccomandato come opzione terapeutica di prima linea nel trattamento della gonartrosi, mostrasse la più ridotta differenza delle medie standardizzate (effect size) rispetto al placebo orale [0,18 (IC95%= 0,04-0,33)]. Al contrario, la terapia infiltrativa con HA presentava la maggiore differenza delle medie standardizzate [0,63 (IC95%= 0,39-0,88)], superiore di 1,5 volte l’”effect size” di naprossene [0,38 (IC95%= 0,27-0,49)]

Gli autori ipotizzano che dietro il peso di efficacia della terapia infiltrativa con HA possa nascondersi un effetto placebo intra-articolare di cui tener conto: infatti, la differenza delle medie standardizzate del placebo intra-articolare era di tutto rispetto rispetto al placebo orale [0,38 (IC95%= 0,27-0,49)]. Tale effetto non è quantificabile con le metanalisi tradizionali e, pertanto, potrebbe essere rilevante nel prendere decisioni cliniche nel mondo reale.

Anche questa metanalisi non era esente da limiti quali la mancanza di dati a lungo termine, un reporting inadeguato dei dati di safety, la possibile presenza di bias di pubblicazione e di un numero ridotto di confronti testa-a-testa.

In attesa di necessarie conferme, un aiuto a dissipare definitivamente i dubbi relativi l’impiego della terapia infiltrativa con HA potrà venire, in parte, dall’accumularsi di dati che suffragano un ruolo di questa opzione terapeutica nel ritardare il ricorso all’artroplastica del ginocchio (4), con inevitabili ricadute positive sia dal punto di vista clinico che dei costi sanitari.

1. Raveeendhara R et al. Comparative effectiveness of Pharmacologic Interventions for Knee Osteoarthritis. A Systematic Review and Network Meta-analysis. Ann. Intern Med. 2015;162(1):46-54.
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2. Mandl LA et al. Relative efficacy ok Knee Osteoarthritis Treatments: Are all Placebos created equal? Ann Intern Med. 2015;162(1):71-72.
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3. American Academy of Orthopaedic Surgeons. Treatment of osteoarthritis of the knee: evidence-based guideline. 2013.
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4. Bhattacharyya S. Do Hyaluronic Acid Injections Delay Total Knee Replacement Surgery?
Abstract: #2139; ACR/ARHP Annual Meeting 2013
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Intervista al dr. Giuseppe Santè, presidente ASON

Una tecnica mista che combina l’elettromiografia e l’ecografia può essere utile nella diagnosi di particolari patologie del sistema nervoso periferico.

Questa nuova tecnica è stata spiegata dal Dott. Georgios Filippou, Specialista in Reumatologia, Policlinico Le Scotte – Siena
La relazione, che in questo video si può vedere integralmente, si è tenuta a Roma il 2-3 ottobre 2014 in occasione del V Simposio nazionale dell’ANTIAGE (Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare eco-guidata dell’Anca con Guida Ecografica).


Intervista al Dott. Umberto Massafra, Specialista in Reumatologia, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli – Roma

Le tecniche di imaging hanno un ruolo molto importante nella diagnosi e nel monitoraggio dell’artrosi.
In particolare, la RM ci può dare una buona valutazione dello stato della cartilagine.
Oggi vi sono nuove tecniche di risonanza magnetica quantitativa che ha spiegato il Dott. Giovanni Serafini, Radiologo Ospedale S. Corona Pietra Ligure (Sv).
La relazione, che in questo video si può vedere integralmente, si è tenuta a Roma il 2-3 ottobre 2014 in occasione del V Simposio nazionale dell’ANTIAGE (Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare eco-guidata dell’Anca con Guida Ecografica).

L’esecuzione di un’infiltrazione intra-articolare richiede esperienza e adeguati accorgimenti. Pertanto, l’esperienza di esperti del settore è di fondamentale importanza sia per quanti si avvicinano per la prima volta a questo argomento, sia per chi voglia approfondire le sue conoscenze .


Intervista al Prof. Alberto Migliore, Specialista in Reumatologia, Presidente ANTIAGE – Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare dell’Anca con Guida Ecografica

Uno studio pubblicato sulla rivista American Journal of Sport Medicine ha dimostrato come il trattamento intra-articolare eco-guidato di PRP (plasma ricco di piastrine) sia più efficace e sicuro da solo nel trattamento del dolore associato all’OA d’anca rispetto alla sua combinazione con acido ialuronico (HA) o al trattamento con HA da solo.

Lo studio in questione è un trial randomizzato e controllato, nel corso del quale sono stati reclutati 111 pazienti adulti (età 18-65 anni), precedentemente sottoposti a chirurgia in day hospital, affetti da OA d’anca ed intensità della sintomatologia dolorosa >20 su scala VAS per la valutazione empirica del dolore percepito dal paziente.

Una storia pregressa di chirurgia estesa, la presenza di deformità eccessive o di malattie reumatiche, infettive, CV o del sistema immunitario erano considerate cause di esclusione dal trial.
I pazienti reclutati nello studio sono stati randomizzati al trattamento con 3 infiltrazioni settimanali di PRP (44 pazienti), PRP+HA (31 pazienti) o HA da solo (36 pazienti).

L’outcome primario dello studio era rappresentato dalla variazione dell’intensità del dolore percepito, valutata mediante punteggio sulla scala VAS a 2 mesi, 6 mesi e ad un anno dall’inizio del trattamento assegnato.

Tra gli outcome secondari valutati vi erano, invece, il punteggio riportato all’Harris Hip Score (?), il punteggio WOMAC, nonché la concentrazione dei fattori di crescita in seno al PRP utilizzato nel trattamento e la loro correlazione con gli outcome clinici.

Analizzando i risultati principali dello studio, è stato osservato come, in corrispondenza di tutti time-point considerati, i pazienti sottoposti a trattamento intra-articolare con PRP mostrassero i punteggi VAS più bassi rispetto agli altri gruppi.

Nello specifico, il punteggio medio VAS a 6 mesi è stato pari a 21 (IC95%= 15-28) nel gruppo trattato solo con PRP, 35 (IC95%= 26-45) nel gruppo PRP+HA e 44 (IC95%=36-52) nel gruppo HA (p<0,0005 PRP vs HA e p=0,007 PRP vs PRP+HA).
 
Non solo: il punteggio WOMAC del gruppo PRP è risultato migliore sia a 2 mesi (punteggio medio=73; IC95%= 68-78) che a 6 mesi (punteggio medio 72; IC95%= 67-76) ma non a 12 mesi.
 
I ricercatori hanno documentato l’esistenza di una correlazione moderata, ma statisticamente significativa, tra i livelli di IL-10 e le variazioni osservate del punteggio VAS (r=0,392; p=0,04).
L’entità del miglioramento nella riduzione del dolore percepito e della QoL è risultata statisticamente significativa nel gruppo trattato solo con PRP.
 
In conclusione, i risultati del trial hanno dimostrato la superiorità del trattamento intra-articolare con PRP rispetto al trattamento di combinazione con HA e al trattamento con HA da solo, con un beneficio clinico che si è mantenuto stabile fino a 12 mesi rispetto alle altre opzioni terapeutiche testate. Inoltre, il trial ha dimostrato la sostanziale inefficacia del trattamento di combinazione nell’alleviare la sintomatologia dolorosa.

Bibliografia
Dallari D et al. Ultrasound-Guided Injection of Platelet-Rich Plasma and Hyaluronic Acid, Separately and in Combination, for Hip Osteoarthritis: A Randomized Controlled Study. Am J Sports Med. 2016 Jan 21. pii: 0363546515620383. [Epub ahead of print] Leggi

Uno studio italiano, pubblicato online sulla rivista Osteoarthritis and Cartilage, suggerisce un effetto antinfiammatorio della terapia infiltrativa con HA, che si esplicherebbe attraverso la modificazione del metabolismo delle articolazioni del ginocchio e dell’anca in pazienti con OA , con conseguente riduzione delle concentrazioni di cellule T proinfiammatorie. La viscosupplementazione di HA, in pratica, sarebbe in grado di ridurre l’infiammazione sinoviale e ripristinare, in tal modo, le proprietà reologiche del liquido sinoviale.

“Per quanto ancora oggi non siano state ancora pienamente comprese sia l’eziologia che la patofisiologia dell’osteoartrosi (OA), si ritiene che alcune molecole infiammatorie secrete (citochine proinfiammatorie e adipochine) rappresentino i mediatori critici dei processi alterati implicati nella patofisiologia di questa condizione. – scrivono gli autori nell’introduzione allo studio. – Non solo: anche i meccanismi legati all’immunità cellulare e a quella umorale sembrano coinvolti nella patofisiologia di questa condizione: il tessuto sinoviale di pazienti con OA mostra infiltrati di cellule immunitarie, quali linfociti B, linfociti T e macrofagi. Dati presenti in letteratura, inoltre, hanno evidenziato un ruolo primario dei linfociti T (e del sottotipo Th17 in particolare) e delle loro citochine nell’attivare i processi infiammatori sottesi ad alcune malattie reumatiche come l’artrite reumatoide (AR) o l’OA.”

“Oltre ad un mero effetto meccanico, dovuto alla viscosità del prodotto – continuano gli autori – la viscosupplementazione intra-articolare di HA sembra essere dotata di altre azioni biologiche, compresa l’azione anti-infiammatoria.”

Scopo di questo studio, pertanto, è stato quello di vagliare l’ipotesi se la terapia con HA fosse in grado di sopprimere non solo il milieu proinfiammatorio locale intra-articolare, ma di ridurre anche la risposta infiammatoria citochinica complessiva.

Obiettivo primario del lavoro è stato quello di valutare i livelli circolanti di linfociti CD4+ e CD8+ attivati in pazienti con OA rispetto a un gruppo di controlli sani. Obiettivo secondario, invece, è stato quello di valutare le variazioni dei livelli linfocitari a 3 mesi da un ciclo di infiltrazioni con HA e la loro efficacia in termini di variazione dell’indice algo-funzionale di Lequesne, un indice costituito da 18 quesiti relativi a 3 aree principali: dolore e fastidio (5 quesiti), massima distanza percorsa (9 quesiti) e attività quotidiane (4 quesiti).

 

Lo studio ha reclutato pazienti con OA del ginocchio o dell’anca allo stadio iniziale in base ai criteri ACR. Questi sono stati suddivisi in 2 gruppi: un gruppo A (49 pazienti, dei quali 21 con OA al ginocchio e 28 con OA all’anca), non sottoposto ad alcun trattamento e un gruppo B (37 pazienti, dei quali 24 con OA al ginocchio e 13 con OA all’anca), trattato con un ciclo di 3 infiltrazioni settimanali di HA. A questi due gruppi si è aggiunto un terzo, costituito da 23 soggetti sani non trattati. Tutti i soggetti reclutati nello studio sono stati seguiti per 3 mesi e sono stati sottoposti a prelievo ematico all’inizio e alla fine del periodo di osservazione ai fini dell’analisi citometrica delle sottopopolazioni di cellule T presenti, per documentare eventuali variazioni.

 

I risultati hanno documentato livelli maggiori di cellule T CD4+, Th2+ e Th1+ al basale per i gruppi A e B rispetto al gruppo di controllo. Dopo ciclo di infiltrazioni di HA, invece, i livelli di cellule T attivate erano più bassi nel gruppo B (pazienti sottoposti a terapia infiltrativa) che non nel gruppo A (pazienti non sottoposti a terapia infiltrativa) (p=0,01). Inoltre, i livelli di cellule Th17 al basale erano più elevati al basale per i gruppi A e B rispetto al gruppo di controllo e livelli più bassi di queste cellule sono stati rilevati nel gruppo B dopo terapia infiltrativa con HA. Non sono state osservate, invece, differenze significative di pattern cellulare al basale e dopo 3 mesi nei controlli sani, a suggerire l’assenza di variazioni spontanee nel corso del tempo.

Infine, per quanto riguarda l’indice algo-funzionale Lequesne, è stata documentata per il gruppo B una riduzione significativa a 3 mesi di questo parametro, sia considerando i pazienti in toto che in base alla specifica OA (al ginocchio o all’anca).

Nel commentare i risultati, gli autori dello studio hanno rimarcato la peculiarità del loro lavoro, il primo specificamente concepito per misurare le variazioni nel tempo del pattern di cellule T in pazienti con OA.

Sono ora necessari nuovi trials prospettici, randomizzati, controllati vs placebo in larga scala, che mettano insieme le conoscenze sui biomarkers e le tecniche di imaging per confermare quanto osservato ed approfondire il potenziale effetto modificante la malattia di HA postulato nello studio.

 

Lurati A. et al. Effects of hyaluronic acid (HA) viscosupplementation on peripheral Th cells in knee and hip osteoarthritis. Osteoarthritis and Cartilage. XXX (2014): 1-6

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L’aggiunta di una singola iniezione periarticolare di lidocaina-corticosteroide (PALCI) ad infiltrazioni di acido ialuronico (HA) migliora l’efficacia di queste ultime, stando ad uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Knee Surg Sports Traumatol Arthrose da due ricercatori turchi. La terapia combinata PALCI+HA sarebbe in grado di determinare un più precoce sollievo dal dolore rispetto alla sola terapia infiltrativa con HA in pazienti affetti da osteoartrosi (OA) al ginocchio.

“In letteratura è documentato da tempo come l’efficacia delle infiltrazioni di HA sia paragonabile a quella dei FANS in pazienti con OA al ginocchio – ricordano gli autori nell’introduzione al lavoro – e come sia stata osservata una migliore e più tempestiva gestione della sintomatologia algica se alle iniezioni intrarticolari di HA si aggiunge un corticosteroide (CS) o lidocaina. Per contro – aggiungono gli autori – il ricorso alle infiltrazioni di HA resta ancora oggi un’opzione di trattamento controversa dell’OA al ginocchio, soprattutto a causa dell’insorgenza ritardata del dolore e del miglioramento della funzionalità fisica.”

Il dolore al ginocchio può avere origine sia da strutture intrarticolari che periarticolari. Iniezioni locali di CS sono comunemente utilizzate per trattare lesioni del tessuto molle periarticolare. In aggiunta, si procede di solito a combinare un CS con un anestetico locale, con indubbi vantaggi in termini di minore disagio operativo, conferma della diagnosi mediante osservazione della rapida risoluzione del dolore nonché incremento del volume dell’iniezione, che consente una più ampia dispersione dei principi attivi.

“E’ stato osservato – ricordano gli autori – come il ricorso alla PALCI a livello periarticolare del ginocchio migliori il dolore regionale muscolo-scheletrico: tale pratica iniettiva è attualmente raccomandata come terapia aggiuntiva nell’OA del ginocchio”.

Al fine di testare l’ipotesi di un vantaggio, in termini di rapidità ed efficacia analgesica, derivante dall’associazione di PALCI ad infiltrazioni di HA in pazienti con OA al ginocchio, 70 pazienti sono stati randomizzati secondo un rapporto 1:1 al trattamento combinato PALCI+HA o a sola terapia infiltrativa con HA. Più in dettaglio, nel gruppo trattato con PALCI, la somministrazione di quest’ultima era singola ed avveniva dopo la somministrazione della prima di una serie di 5 infiltrazioni settimanali di HA. Il gruppo di confronto, invece, era trattato solo con 5 infiltrazioni settimanali di HA.

L’outcome primario del dolore al ginocchio era misurato mediante scala VAS per la misurazione dell’intensità di dolore, graduata da 0 a 100 mm. Il punteggio VAS riportato era riferito alla risoluzione del dolore al ginocchio alla deambulazione. Tra le misure secondarie di efficacia, invece, si è fatto ricorso ai punteggi WOMAC (quello totale e quelli relativi alle tre sottoscale – dolore, rigidità, funzione) registrati sulla scala Likert, graduata da 0 a 4, che misurano dolore e disabilità. Le rilevazioni di questi punteggi VAS e WOMAC sono avvenute sia all’inizio dello studio che nel corso del follow-up (dopo 1, 3, 6, 12, 26 e 52 settimane).

I risultati hanno documentato, già nel corso delle prime 3 settimane, un vantaggio statisticamente significativo (p<0,01) del trattamento combinato PALCI+HA vs HA sia in termini di riduzione del punteggio VAS (intensità di dolore percepito) che dei punteggi WOMAC (totale e relativo alle tre sottoscale – dolore, rigidità, funzione). Tali differenze, pur simili nei trend, non si sono dimostrate statisticamente significative a 6, 12, 26 e 52 settimane. Nel commentare i risultati, gli autori sottolineano come la rilevanza clinica dello studio risieda nel fatto che già durante le prime 3 settimane di trattamento, l'aggiunta di PALCI alle infiltrazioni di HA sia in grado di migliorare il dolore al ginocchio nonché i punteggi funzionali legati alla viscosupplementazione:”In uno studio recente – argomentano gli autori – è stato osservato come una durata del dolore al ginocchio superiore a 2 mesi rappresenti l'indicatore prognostico più consistente di un recupero inadeguato dell'individuo dall'OA. Pertanto – aggiungono gli autori nella discussione dei risultati – è molto importante promuovere un intervento precoce per massimizzare la possibilità di andare incontro a prognosi positiva.” Non va dimenticata, inoltre, la safety del trattamento in termini di incidenza di AE. “Pertanto - concludono gli autori - alla luce di queste considerazioni i risultati di questo studio suffragano l'impiego di PALCI come utile modalità di trattamento aggiuntiva alla viscosupplementazione standard nel trattamento dell'OA al ginocchio. Sono però necessari studi ulteriori che approfondiscano i meccanismi algogeni delle lesioni periarticolari associati con l'OA al ginocchio.” Ertuck C et al. Will a single periarticular lidocaine-corticosteroidi injection improve the clinical efficacy of intraarticular hyaluronic acid treatment of symptomatic knee osteoarthritis? Knee Surg Sports Traumatol Arthrose. DOI: 10.1007/s00167-014-3398-2 Leggi

Barcellona 26-29 aprile 2012

link al congresso: http://2012.oarsi.org/

Una singola iniezione articolare di una formulazione di acido ialutonico (AI) ad elevato peso molecolare è efficace nell’OA dell’anca dal terzo mese in poi. Non solo: gli effetti del trattamento si mantengono stabili e continuano a migliorare fino ad un anno.

Queste le conclusioni di uno studio italiano pubblicato sulla rivista Journal of Orthopaedics and Traumatology (1)
Che le infiltrazioni di IA a livelli dell’anca siano sicure e ben tollerate è noto da tempo, ricorda l’autore nell’introduzione al lavoro.

Ancora oggi, però, l’evidenza disponibile è limitata ad un numero sparuto di trial clinici randomizzati.
Non solo: i dati di una metanalisi di studi sulla gonartrosi hanno suggerito come l’eterogeneità osservata nei vari trial utilizzati per l’analisi potrebbe essere dovuta alla presenza di formulazioni di AI ad elevato peso molecolare dimostratesi più efficaci (2).

Le formulazioni di AI disponibili possono essere genericamente classificate in base al peso molecolare e al tipo di formulazione in: soluzioni a basso peso molecolare (500-1200 kDa), soluzioni ad elevato peso molecolare (6.000 kDa) soluzioni crosslinked e soluzioni stabilizzate di derivazione non animale (NASHA).

Alla luce di queste considerazioni, obiettivo di questo studio prospettico è stato valutare l’efficacia e la sicurezza di una singola iniezione intra-articolare di IA ad elevato peso molecolare (2.800 kDa) in pazienti affetti da OA d’anca.

A tal scopo sono stati reclutati 107 pazienti, aventi un’età media di 67 anni, trattati con singola iniezione intra-articolare di una formulazione di sodio ialuronato al 2,5% (75 mg/3mL) all’anca mediante guida fluoroscopica.
I pazienti sono stati valutati sia prima dell’infiltrazione (t0) che dopo 3, 6 e 12 mesi. La riduzione del dolore è stata valutata in base al punteggio riportato al questionario BPI II (Brief Pain Inventory II), all’Harris Hip Score e al punteggo VAS (scala dolore percepito).

I risultati hanno mostrato variazioni dell’outcome dolore molto significative dal punto di vista statistico (p<0,001) per quanto riguarda il punteggio BPI di severità del dolore tra la visita precedente il trattamento intra-articolare e le tre visite successive. Non solo: le variazioni del punteggio relativo al dolore rispetto alla visita precedente erano statisticamente significative sia in relazione al dolore di entità peggiore sperimentato nel secondo quadrimestre post-iniezione e per il dolore medio sperimentato nel secondo semestre post-iniezione. Anche le variazioni del punteggio Harris Hip Score sono risultate molto significative dal punto di vista statistico (p<0,001) tra la visita t0 e le visite di controllo successive. In questo caso, però, dopo una variazione significativa del punteggio tra la visita t0 e a 3 mesi, il punteggio è rimasto stabile. L'evoluzione del punteggio VAS dolore, inoltre, ha documentato un miglioramento statisticamente significativo del dolore percepito (p<0,001) tra la visita t0 e quella a 3 mesi, per poi mantenersi stabile a partire dal primo quadrimestre post-intervento. Sul fronte della safety, infine non sono stati documentati eventi avversi seri. Degni di nota sono stati solo 12 casi di sintomatologia dolorosa associata a sinovite transitoria. Nel commentare i risultati nella discussione del lavoro, l'autore ha ricordato come la guida fluoroscopica rappresenti una delle possibili guide radiologiche, quando si ha a che fare con la terapia infiltrativa dell'anca: “In ragione del ridotto spazio intra-articolare – spiega l'autore – l'esecuzione di un'infiltrazione “al buio” non è raccomandabile.” “La guida ecografica – aggiunge l'autore – non necessita di mezzo di contrasto e può essere ripetuta senza causare problemi di carico di radiazioni sia per il paziente che per l'operatore. Tuttavia, va anche detto che l'esposizione alle radiazioni durante la fluoroscopia è minima e non ci sono differenze di velocità di esecuzione dell'iniezione intra-articolare tra le due tecniche, quando eseguite da mani esperte”. “La scelta tra guida ecografica e fluoroscopica – conclude l'autore - si basa sull'esperienza dell'operatore. Ad ogni modo, quando si esegue un'infiltrazione mediante guida fluoroscopica, è opportuno che la quantità di agente di contrasto radio-opaco sia ridotta il più possibile per evitare la diluizione dell'agente utilizzato per la viscosupplementazione”. Bibliografia

1) Rivera F. Single intra-articular injection of high molecular weight hyaluronic acid for hip osteoarthritis. J Orthop Traumatol. 2015 Oct 8. [Epub ahead of print] leggi

2) Kotevoglu N et al. A prospective randomised controlled clinical trial comparing the efficacy of different molecular weight hyaluronan solutions in the treatment of knee osteoarthritis. Rheumatol Int. 2006 Feb;26(4):325-30. Epub 2005 Jun 15.
leggi

Uno studio totalmente italiano, pubblicato su Frontiers in Pharmacology suffraga osservazioni precedenti secondo le quali il ricorso alla viscosupplementazione ecoguidata rappresenterebbe una opzione di trattamento efficace e ben tollerata nei pazienti con osteoartrosi sintomatica all’anca. Il beneficio osservato sembra essere indipendente dal peso molecolare della formulazione di acido ialuronico (HA) impiegata mentre, invece, diventa additivo in concomitanza con trattamenti multipli.

I presupposti dello studio
“L’osteoartrosi rappresenta una delle cause più frequenti di dolore coxo-femorale negli adulti, soprattutto negli individui in età avanzata – ricordano i ricercatori nell’introduzione al lavoro”.

“Le raccomandazioni OARSI per la gestione dell’OA all’anca del 2010 suffragano l’impiego della terapia intra-articolare a base di steroidi e HA in aggiunta alla terapia standard – continuano i ricercatori – L’anca è un’articolazione difficile da sottoporre a infiltrazione e molti studi di letteratura riportano risultati migliori per precisione e sicurezza quando la terapia infiltrativa è ecoguidata. Di solito, si utilizzano molti AI con caratteristiche differenti, pur privilegiando le formulazioni ad elevato peso molecolare”.

Resta ancora da chiarire, tuttavia, se le differenze di peso molecolare si associno ad effetti terapeutici diversi sulla durata dell’azione analgesica e sulla mobilità funzionale.

L’obiettivo dello studio è stato quello di valutare l’efficacia e la tollerabilità nella pratica clinica reale di due trattamenti infiltrativi ecoguidati nel trattamento dell’OA all’anca (Synvisc® 2 ml, a high MW HA, and Hyalubrix® 2 ml, an intermediate MW HA) rispetto alla somministrazione standard di analgesici/FANS e di valutare l’esistenza di parametri predittivi di risposta al trattamento.

Bias di selezione corretti mediante approccio basato su “propensity score”
Lo studio, di disegno osservazionale retrospettivo, prevedeva la valutazione delle cartelle cliniche relative a 3 coorti: 122 individui trattati con intermediate MW HA o high MW HA e 20 individui (gruppo di controllo) che avevano assunto FANS/analgesici.

Gli outcome valutati sono stati il punteggio VAS “dolore”, il punteggio WOMAC, il consumo di FANS/analgesici e le cause di sospensione in concomitanza con diversi endpoint rispetto al primo intervento effettuato (1, 6, 12 e 24 mesi).

Essendo notoriamente afflitti tutti gli studi retrospettivi osservazionali da un bias di selezione, si è ricorsi ad un approccio basato sul “propensity score” per “mimare” un processo simile alla randomizzazione dei pazienti. Grazie a questo aggiustamento, è stato possibili effettuare confronti tra gruppi bilanciati di trattamenti.

Tutti i pazienti allocati a terapia infiltrativa sono stati sottoposti ad un ciclo di trattamento basato su 3 infiltrazioni ecoguidate mensili di high MW HA o di intermediate MW HA, seguite da infiltrazioni a cadenza semestrale fino a 2 anni.

Endpoint primario soddisfatto indipendente dal peso molecolare della formilazione di HA utilizzata e dipendente dalle somministrazioni ripetute
L’endpoint dello studio (riduzione dei punteggi VAS e WOMAC) è stato soddisfatto dalle due formulazioni di HA impiegate indipendentemente dal grado radiografico di malattia (p<0,001). I pazienti del gruppo controllo, invece, hanno sperimentato solo una riduzione lieve e di entità variabile del punteggio VAS. Non solo: la riduzione osservata del punteggio VAS a seguito del trattamento di viscosupplementazione si è mantenuta nel tempo per ampliarsi successivamente in concomitanza di ciascun trattamento infiltrativo successivo (riduzione VAS= 50-70% alla fine del follow-up). “Tale risultato – hanno sottolineato gli autori dello studio – suffraga la validità della prassi del ri-trattamento per consolidare i benefici ottenuti con l’infiltrazione singola di HA nella gonartrosi”. Lo studio ha anche dimostrato che l’efficacia delle due terapie infiltrative a base di HA a 2 anni era pressochè sovrapponibile “…a conferma di alcuni studi che avevano messo a confronto l’efficacia di formulazioni diverse di HA con diverso PM”. Riduzione eventi avversi legati a FANS/analgesici
Il profilo di safety delle due formulazioni di HA utilizzate per la terapia infiltrativa ecoguidata dell’anca conferma i dati positivi già presenti in letteratura e indica che le iniezioni intra-articolari di HA riducono l’assunzione di FANS/analgesici, rendendo possibile l’eliminazione delle complicanze più frequentemente associate al loro impiego (complicanze renali/GI e innalzamento della mortalità CV).

Limiti e punti di forza dello studio
Nel commentare i risultati, gli autori hanno sottolineato alcuni punti di forza dello studio, quali la dimensione del campione complessivo di pazienti e la durata dello studio, superiori alla maggior parte degli altri presenti in letteratura sull’argomento.

L’approccio basato sul “propensity score”, inoltre, ha permesso di ridurre i bias legati a fattori confondenti, consentendo una stima più corretta dell’effetto delle terapie studiate.

Tra i limiti metodologici riconosciuti, invece, vi sono la ridotta rappresentatività del gruppo di controlli (pazienti in trattamento con FANS/analgesici – parzialmente corretto da modello matematico ad hoc – e la limitata valutazione del dolore misurato con strumenti di facile utilizzo (VAS, WOMAC) che necessiterebbero di essere affiancati da altre misure in grado di consentire una valutazione più completa dei pazienti considerati.

L’auspicio degli autori dello studio è che vengano condotti studi prospettici meglio dimensionati, sia per numerosità dei pazienti che per durata del follow-up) che siano in grado di migliorare la stima dell’effetto del trattamento con HA su pazienti con caratteristiche cliniche e demografiche differenti, insieme alla valutazione di outcome ulteriori come l’esecuzione di radiografie alla fine del trattamento o la misura del tempo necessario al ricorso all’artroplastica.

Bibliografia

De Lucia O et al. Effectiveness and Tolerability of Repeated Courses of Viscosupplementation in Symptomatic Hip Osteoarthritis: A Retrospective Observational Cohort Study of High Molecular Weight vs. Medium Molecular Weight Hyaluronic Acid vs. No Viscosupplementation. Front Pharmacol. 2019; 10: 1007. Published online 2019 Sep 24. doi: 10.3389/fphar.2019.01007
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Alcune caratteristiche radiografiche potrebbero avere un ruolo importante nella decisione di avviare pazienti con osteoartrosi (OA) d’anca alla viscosupplementazione (VS).
Queste le conclusioni di uno studio francese, sponsorizzato dalla Società Francese di Reumatologia e pubblicato su BMC Musculoskeletal Disorders.

Razionale dello studio
L’OA d’anca rappresenta una delle cause più frequenti di OA ed ha un impatto significativo sulla qualità della vita, rispetto ai soggetti sani.
“ Il suo riscontro è frequentemente associato ad un incremento della mortalità per tutte le cause e di quella CV – ricordano gli autori nell’introduzione al lavoro”.

“L’artroplastica totale sostitutiva dell’anca (THR), – continuano – che spesso rappresenta la sola soluzione disponibile per alleviare il dolore nelle fasi avanzate di malattia, è stata responsabile dell’impennata dei costi legati all’OA d’anca nell’ultimo decennio”.

Nei pazienti con OA d’anca di grado moderato-severo, e in quelli che non accettano o presentano controindicazioni alla chirurgia, la gestione del sintomo dolore si basa sull’impiego di analgesici, FANS, farmaci sintomatici per l’OA ad azione lenta (detti anche condroprotettori), fisioterapia, riabilitazione, iniezioni intra-articolari di steroidi e VS.

Obiettivo di questo studio osservazionale e prospettico, messo a punto dal gruppo dell’OA della Società Francese di Reumatologia, è stato quello di approfondire, nella pratica clinica reale, i fattori clinici, radiografici e tecnici che potrebbero influenzare (in senso positivo o negativo) la risposta alla VS in pazienti affetti da OA d’anca.

Disegno dello studio e risultati principali
PREVICOX, questo il nome dello studio, ha incluso pazienti con OA d’anca trattati con una singola iniezione intra-articolare di acido ialuronico (HA) cross-linked combinato con mannitolo (HAnox-M-XL), mediante guida ecografica.

Sia all’inizio dello studio che a distanza di 90 giorni, i ricercatori hanno rilevato i punteggi relativi ai domini ‘dolore’ e ‘funzione’ su scala WOMAC ed effettuato una valutazione globale del paziente (PGA).

Alle radiografie dell’anca effettuate all’inizio dello studio è stato attribuito un punteggio, utilizzando sia il grado Kellgren-Lawrence che la classificazione OARSI.

Si è fatto ricorso a modelli di analisi univariata per valutare le associazioni esistenti tra le caratteristiche cliniche e radiografiche e la risposta alla VS (intesa come miglioramento >50% del sintomo dolore a 90 giorni).

Successivamente, sono stati utilizzati modelli di regressione logistica, corretti in base alla presenza di fattori confondenti.

Su 97 pazienti iniziali inclusi nella popolazione ITT (intent-to-treat), costituita da 97 pazienti (57 di sesso femminile, età media 63), 90 hanno portato a termine lo studio.

Dai dati clinici e radiografici completi (riferiti ad 80 pazienti), è emerso che il 47,8% di questi aveva risposto alla VS.

I risultati dell’analisi univariata hanno mostrato che il solo outcome clinico, associato negativamente e in modo statisticamente significativo alla risposta alla VS era rappresentato dalla valutazione globale iniziale del paziente (p=0,047).

Dal punto di vista radiografico, invece, è stato osservato che la risposta alla VS correlava negativamente con il punteggio legato alla riduzione della rima articolare (JSN: < 2 vs. JSN ≥ 2,
p = 0,01) e correlava con i pattern di migrazione del collo femorale (p=0,008).

All’analisi multivariata, invece, solo il punteggo di JSN è rimasto associato in modo significativo ad una cattiva risposta alla VS (p=0,03).

Implicazioni dello studio
I risultati di questo studio pilota, avente lo scopo di identificare i fattori predittivi di risposta ad una singola iniezione intra-articolare di HA cross-linked, combinato con mannitolo, in pazienti con OA d’anca, hanno chiaramente sottolineato il ruolo della severità dell’OA come predittore di efficacia.

Lo studio, insomma, sembra dimostrare come, più del grado KL, che rappresenta un indice composito che prende in considerazione sia il punteggio di JSN che la presenza di osteofiti, sia la severità del punteggio di JSN a predire in maniera più efficace la risposta al trattamento di VS.

Infatti, nei pazienti con una JSN classificata come OARSI 2 e OARSI 3, il tasso di successo del trattamento era inferiore rispetto a quelli con una JSN classificata come OARSI 0 e 1.

In conclusione, nonostante alcuni limiti metodologici intrinseci quali la ridotta numerosità del campione di pazienti preso in esame, lo studio, condotto nella pratica clinica reale, ha dimostrato che la VS con HA cross-linked, combinato con mannitolo, allevia il dolore da OA d’anca in un paziente su 2.

La migliore risposta terapeutica alla VS è stata ottenuta in pazienti con JSN lieve-moderata, in quelli con dolore e disabilità moderati e in caso di migrazione superomediale e assiale del collo femorale.

I risultati, inoltre, hanno suggerito che i migliori risultati sono ottenuti in presenza di “conflitto femoro acetabolare”(ovvero in presenza di un contatto anomalo a tra le due componenti articolari dovuta ad una alterazione anatomica delle stesse) o di “coxa profunda” (condizione nella quale la testa del femore è completamente coperta dall’acetabolo), anziché di displasia dell’anca (uno sviluppo anomalo dell’articolazione dell’anca)

Lo studio apre la strada, pertanto, all’implementazione di un trial controllato vs placebo, avente l’obiettivo di determinare la reale efficacia di questo intervento.

Bibliografia
Eymard F et al. Predictors of response to viscosupplementation in patients with hip osteoarthritis: results of a prospective, observational, multicentre, open-label, pilot study. BMC Musculoskeletal Disorders (2017) 18:3
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Intervista al Dr. Giancarlo Rando Fisiatra e medico dello sport Ospedale di Alba

Sebbene le iniezioni di acido ialuronico rappresentino un trattamento sicuro ed efficace contro l’osteoartrosi (OA) della caviglia, per massimizzare i risultati è opportuna un’attenta selezione dei pazienti basata sulla presenza di fattori prognostici di risposta favorevoli. È questo il messaggio chiave che emerge da uno studio retrospettivo pubblicato sul Yonsei Medical Journal, volto, appunto, ai identificare i fattori prognostici basali di un buon outcome dopo la viscosupplementazione con acido ialuronico.

Diversi lavori, infatti, hanno mostrato buoni outcome a breve termine a seguito di infiltrazioni intrarticolari di acido ialuronico nei pazienti affetti da OA alla caviglia. Tuttavia, spiegano gli autori nell’introduzione, le indicazioni ottimali del trattamento non sono ancora state ben definite.

Lo studio ha coinvolto 40 pazienti consecutivi con una diagnosi clinica di OA alla caviglia e un’età media di 60,6 anni, di cui 21 uomini e 9 donne. I partecipanti sono stati sottoposti a tre iniezioni intrarticolari di acido ialuronico (20 mg/2 m) nella caviglia, con cadenza settimanale, e seguiti in media per 13 mesi.

Come fattori prognostici, gli autori hanno considerato il genere, l’età, la durata dei sintomi, il grado radiografico, la presenza radiografica di cisti subcondrali e la storia di frattura, e come outcome principale hanno valutato l’intensità del dolore (misurata con la scala VAS) una settimana dopo la terza iniezione e poi 3, 6 e 12 mesi dopo la prima. In base al risultato, i pazienti sono stati suddivisi in due categorie: con outcome ‘positivo’ (pazienti con una riduzione almeno del 50% del punteggio VAS rispetto al valore basale) e con outcome ‘negativo’ (pazienti con una riduzione inferiore al 50% del punteggio VAS rispetto al valore basale).

Come outcome secondario, invece, hanno analizzato il grado di soddisfazione dei pazienti con la scala Likert a 4 punti: quelli con un risultato pari a 1 o 2 sono stati classificati come ‘soddisfatti’ e quelli con risultato pari a 3 o 4 come ‘non soddisfatti’.

L’infiltrazione di acido ialuronico nella caviglia artrosica ha mostrato un’efficacia significativa nel ridurre il dolore sia nel breve sia nel lungo termine. Al basale, il punteggio medio della scala VAS era pari a 8,1 (DS 1,533). Dopo una settimana dalla terza iniezione è sceso a 3,17 (DS 2,2 P < 0,001) e dopo 3 mesi dalla prima iniezione è risultato pari a 3,6 (DS 2,54, P < 0,001) dopo 6,mesi pari a 4,33 (DS 2,9; P < 0,001) e dopo 12 mesi pari a 5,3 (SD 2,7; P = 0,0071). Dopo 12 mesi di follow up, il 40% dei pazienti si è dichiarato ‘completamente soddisfatto’, il 12,5% ‘soddisfatto’, il 12,5% ‘abbastanza soddisfatto’ e il 35% ‘non soddisfatto’. L’analisi di regressione logistica ha evidenziato uno stadio precoce di malattia come fattore prognostico indipendente associato a un outcome positivo in termini di riduzione del dolore sia dopo 3 mesi (P = 0,0032) sia dopo 6 mesi (P = 0,005). Una malattia in fase precoce è risultata un fattore prognostico indipendente anche di maggiore soddisfazione del paziente dopo 12 mesi dalla prima iniezione, così come un dolore insorto da stadio precoce e un dolore insorto da meno di un anno, Lo studio evidenzia quindi come, nel trattamento dell’OA della caviglia con infiltrazioni di acido ialuronico, sia importante per ottenere il massimo beneficio dal trattamento selezionare bene i pazienti tenendo conto dei fattori prognostici favorevoli identificati nel lavoro, specie lo stadio iniziale della malattia. Stando a questi risultati, dunque, gli outcome migliori si possono ottenere nei soggetti con malattia in stadio iniziale; viceversa, sottolineano gli autori, in quelli con OA più avanzata e sintomatici per più di un anno si potrebbero avere risultati subottimali. Han SH, et al. Prognostic factors after intra-articular hyaluronic acid injection in ankle osteoarthritis. Yonsei Med J. 2014;55(4):1080-6.

L’iniezione di acido ialuronico per osteoartrosi della caviglia si conferma un trattamento sicuro ed efficace, ma bisognerebbe sempre farla precedere da un’accurata selezione dei pazienti in accordo con specifici fattori predittivi di outcome favorevole.

È questa la conclusione alla quale sono giunti tre esperti sudcoreani (due chirurghi ortopedici e un anatomista coordinatore dello studio, Do Young Park, del Dipartimento di Anatomia della Scuola di Medicina dell’Università Ajou di Suwon). Gli stessi studiosi hanno identificato i fattori prognostici di outcome al basale nei pazienti con osteoartrosi della caviglia dopo iniezione intrarticolare di acido ialuronico. Quest’ultimo, ricordano gli autori, «rimpiazza l’acido ialuronico mancante nell’articolazione artrosica, fornendo sollievo sintomatico e migliorando le funzioni biomeccaniche. Molti autori hanno riportato risultati favorevoli a breve termine dopo iniezione intrarticolare di acido ialuronico in pazienti con caviglia osteoartrosica.

Le indicazioni ottimali per questo trattamento, peraltro, non sono state ancora definite. L’obiettivo di questo studio» affermano «è stato quello di identificare i fattori prognostici predittivi in questa categoria di pazienti, fattori che fossero facilmente verificabili nel setting clinico ambulatoriale». Gli autori della ricerca hanno rivisto retrospettivamente una serie di pazienti interessati alla caviglia da osteoartrosi e trattati con iniezione intrarticolare di acido ialuronico. Ogni paziente aveva ricevuto settimanalmente le iniezioni per 3 settimane. Sono stati valutati sei fattori predittivi, quali sesso, età, durata dei sintomi, stadio radiografico dell’osteoartrosi, presenza radiografica di cisti subcondrale, storia di frattura. Come misure di outcome sono state impiegate la Visual Analog Scale (VAS) e la soddisfazione del paziente.

Questi predittori e le misure di outcome sono stati inclusi in un modello di regressione logistica per analisi statistica. Complessivamente sono stati arruolati nello studio 40 pazienti consecutivi (21 maschi e 19 femmine).

L’età media era di 60,6 anni e il periodo medio di follow-up di 13 mesi. Il VAS medio registrato 3, 6 e 12 mesi dopo la prima iniezione si è attestato, rispettivamente, a 3,6 (p<0,001), 4,33 (p<0,001) e 5,3 (p=0,0071) quando confrontato con la VAS basale. La malattia allo stadio precoce (stadio Takakura 1 e 2) e la più breve durata dei sintomi (

Arturo Zenorini

Han SH, Park Do Y, Kim TH. Prognostic factors after intra-articular hyaluronic Acid injection in ankle osteoarthritis. Yonsei Med J, 2014;55(4):1080-6.

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Intervista al prof. Alberto Migliore, UOC Reumatologia Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, Roma e presidente congresso ISIAT

La terapia infiltrativa con acido ialuronico (HA) sembra essere efficace nel trattamento dell’osteoartrosi scapolo-omerale. Ciò nonostante il vantaggio rispetto al placebo non raggiunge un vantaggio clinico rilevante in nessuno dei time point considerati (nonostante la raggiunta significatività statistica).

Queste le conclusioni di una metanalisi pubblicata sulla rivista International Journal of Shoulder Surgery che, al contempo, suggerisce la messa a punto di trial clinici ad hoc in grado di dare robustezza clinica a quanto osservato in questo studio.
L’OA scapolo-omerale si caratterizza per un graduale e progressivo deterioramento meccanico e biochimico della cartilagine articolare e di altri tessuti articolari, quali il tessuto osseo e la capsula articolare. I pazienti affetti da questa condizione possono sperimentare dolore notturno, soprattutto se coricati con la spalla sottoposta a questo processo degenerativo.

“L’OA scapolo-omerale dolorosa è di difficile trattamento – ricordano gli autori nell’introduzione al lavoro. In questo contesto, l’artroplastica della spalla si è dimostrata efficace nel ridurre il dolore e migliorare la libertà di movimento, anche se non è infrequente il manifestarsi di alcune complicanze, quali le fratture periprotesiche, le infezioni o l’instabilità dell’articolazione”.

Il trattamento farmacologico conservativo di questa condizione prevede l’impiego di paracetamolo, FANS, analgesici e infiltrazioni di corticosteroidi (CS) o acido ialuronico (HA).
Se il ricorso alla terapia infiltrativa con CS o HA è ben documentato in letteratura per l’OA al ginocchio, non altrettanto può dirsi, invece, per l’OA scapolo-omerale.
Di qui il razionale della messa a punto di questa metanalisi, che ha voluto valutare le poche evidenze disponibili relative all’efficacia delle diverse opzioni di terapia infiltrativa disponibili per il trattamento dei pazienti affetti da OA scapolo-omerale.

E’ stata effettuata, in primo luogo, una ricerca sistematica esperta della letteratura sull’argomento grazie all’impiego dei principali database bibliografici biomedici. La ricerca prevedeva l’inclusione di tutti gli studi (da quelli con livello di evidenza più basso a quelli con livello più alto), con la sola esclusione della letteratura grigia (abstract congressuali, opinioni di esperti) e delle reviews.

La ricerca ha portato all’individuazione di 1492 articoli. Dopo scrematura della letteratura reperita (lavori che avevano messo a confronto un trattamento infiltrativo a base di CS o HA o plasma ricco di piastrine) con un altro trattamento attivo o con placebo, sono stati individuati 8 studi per la successiva metanalisi, per un totale di 895 pazienti. Di questi, 579 erano stati sottoposti a terapia infiltrativa con una formulazione di HA, 33 a CS e 283 pazienti a placebo.

I risultati della metanalisi hanno documentato per la terapia infiltrativa con HA una differenza delle medie standardizzate rispetto alle condizioni iniziali (effect size) pari, rispettivamente, a 2,07, 2,02 e 2,11 dopo 6, 12 e 26 settimane di follow-up. Anche i valori dell’”effect size” del placebo sono rimasti sostanzialmente invariati nel tempo, essendo pari, rispettivamente, a 1,60, 1,82 e 1,68 dopo 6, 12 e 26 settimane di follow-up.
Inoltre, è stato osservato un rapido decremento dell’ “effect size” relativo all’impiego di CS (1,08, 0,43 e 0,19 dopo 6, 12 e 26 settimane di follow-up).

Per contro, nonostante fosse staticamente significativa, la differenza massima degli “effect size” tra la terapia infiltrativa con HA e il placebo è risultata pari solo a 0,43, con valori assoluti compresi tra 2 e 6,4 su scala VAS graduata da 0 a 100 per la misurazione del dolore percepito.
Nel commentare i risultati, gli autori della metanalisi hanno sottolineato che, nei pazienti con OA scapolo-omerale, nonostante la differenza di efficacia analgesica osservata tra il trattamento intrarticolare con HA e placebo sia piccola, questa è comunque da considerare buona nei primi 6 mesi di follow-up (forza di evidenza di grado A) per cui la viscosupplementazione con HA si configura come un trattamento conservativo utile in questi pazienti.

“Dal momento che – concludono – il trattamento con CS analizzato dalla metanalisi è riportato in uno solo degli 8 studi considerati ed è, peraltro, di bassa qualità (forza di evidenza di grado B), concordiamo con le linee guida AAOS (the American Academy of Orthopedic Surgeons) secondo le quali non esistono ad oggi raccomandazioni chiare sull’impiego di questa opzione di trattamento nell’OA scapolo-omerale”
Sono pertanto necessari, adesso, nuovi trial clinici di dimensioni numeriche appropriate in grado mettere a confronto l’efficacia di HA, CS, placebo e altre terapie infiltrative nei pazienti affetti da OA scapolo-omerale.

Colen S et al. Intra-articular infiltration therapy for patients with glenohumeral osteoarthritis: A systematic review of the literature. International Journal of Shoulder Surgery. 2014;8(4):114-121. doi:10.4103/0973-6042.145252.
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Uno studio italiano pubblicato sulla rivista Muscles, Ligaments and Tendons Journal suggerisce come l’adozione di una terapia infiltrativa con acido ialuronico (PM 500-730 KDa) potrebbe rappresentare una valida opzione terapeutica nell’indurre una remissione prolungata e sostenuta della sintomatologia dolorifica nonché un miglioramento della mobilità e della qualità della vita in pazienti sofferenti di osteoartrosi trapeziometacarpale (TMCJ OA) refrattari o con controindicazioni al trattamento con FANS, prima del ricorso alla chirurgia. Tali risultati, pertanto, suffragherebbero l’impiego di HA come opzione terapeutica di prima linea in caso di precedente fallimento di semplici interventi analgesici o non farmacologici.

 

“L’osteoartrosi (OA) della mano, una condizione di frequente riscontro nei paesi Occidentali, è una condizione multifattoriale nella quale l’età, il sesso e alcuni fattori genetici giocano un ruolo importante – ricordano gli autori nell’introduzione al lavoro. – In particolare, nel caso di TMCJ OA, si stima una prevalenza di questa condizione compresa tra l’8% e il 12% della popolazione generale e del 33% nelle donne in post-menopausa. TMCJ OA si riscontra con maggiore frequenza nella mano non dominante e l’attività fisica potrebbe proteggere dall’OA alla mano”.

“Le opzioni terapeutiche attuali hanno come obiettivo primario quello di ridurre il dolore e migliorare la funzione articolare mediante agenti sintomatici – continuano gli autori. – Tra le varie opzioni, una di queste prevede il ricorso ad iniezioni intraarticolari di HA (PM 500-730 Kda)”.

La presenza di dati discordanti sulla superiore efficacia della terapia infiltrativa con HA vs CS in pazienti con OA e di una sola review sistematica specifica in pazienti con TMCJ OA a favore della terapia infiltrativa con HA come opzione di trattamento efficace e a basso rischio in pazienti refrattari alle opzioni terapeutiche standard ha sollecitato il disegno di questo studio retrospettivo che ha voluto valutare l’efficacia e la tollerabilità delle infiltrazioni di HA (PM 500-730 KDa) in termini di risoluzione del dolore e miglioramento della funzione fisica della mano.

A tal scopo, sono stati inclusi nell’analisi retrospettiva 58 pazienti affetti da TMCJ OA, 50 di sesso femminile e 8 di sesso maschile, di età compresa tra 40 e 75 anni. Tutti i pazienti reclutati nello studio soddisfacevano i criteri diagnostici di OA secondo le raccomandazioni EULAR ed erano stati sottoposti ad un ciclo di 3 infiltrazioni settimanali di HA (PM 500-730 KDa) dal 2000 al 2002.

 

Un endpoint primario era costituito dall’efficacia della terapia infiltrativa mediante valutazione del dolore percepito dal pazienti nel corso della giornata, sia a riposo sia durante l’esecuzione di movimenti passivi o volontari della mano (flessione, estensionem adduzione e rotazione). L’intensità del dolore percepito era riportata su una scala VAS graduata da 0 a 10 cm.

Un secondo endpoint primario era rappresentato dalla forza di presa laterale (detta anche key pinch, perchè è la tipica presa usata per girare una chiave nella toppa), misurata mediante dinamometro.

Altri endpoint primari, inoltre, erano rappresentati dalla durata della condizione di rigidità di movimento mattutina e dal consumo di FANS, valutati mediante registrazione dei dati su apposito questionario.

 

I risultati dello studio hanno documentato ad 1, a 3 e a 6 mesi dall’inizio delle osservazioni, un miglioramento statisticamente significativo (p<0,0001) del punteggio VAS relativo al dolore percepito dai pazienti associato all’esecuzione di movimenti passivi e volontari della mano rispetto alle condizioni di partenza.

Non solo: i dati relativi all’assunzione di FANS hanno evidenziato una riduzione statisticamente significativa (p<0,017) del consumo di questa classe di farmaci rispetto alle condizioni di partenza. Inoltre, l’analisi della varianza dei movimenti della mano e della durata della condizione di rigidità mattutina ha evidenziato un costante miglioramento statisticamente significativo rispetto alle condizioni iniziali (p<0,001).

L’incidenza di eventi avversi (AE) è stata pari al 21% e limitata all’insorgenza di sintomi locali come il dolore legato all’infiltrazione.

Nel commentare i risultati, gli autori dello studio ammettono che un limite del loro lavoro deriva dalla mancata inclusione nel disegno di un gruppo di controllo sottoposto a iniezione intra-articolare senza HA. Di qui la necessità, da loro sollecitata, di avviare trial randomizzati e controllati vs placebo con follow-up di maggiore durata per suffragare le loro osservazioni sul vantaggio di impiego di infiltrazioni di HA (PM500-730 KDa) nel controllare il dolore locale e l’infiammazione associati a TCMJ OA e nell’indurre remissione di malattia a lungo termine.

 

Frizziero A et al. Six-months pain relief and functional recovery after intra-articular injections with hyaluronic acid (MW 500-730 KDa) in trapeziometacarpal osteoarthritis. Muscles, Ligaments and Tendons Journal 2014; 4(2): 256-261

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Intervista al Dott. Marco Paoloni Ricercatore in Fisiatria, Sapienza – Università di Roma

Intervista al Prof. Yves Henrotin Professeur à l’Université de Liège, Directeur de l’Unité de Recherche sur l’Os et le Cartilage (UROC)


Intervista al Dott. Giovanni Boni, Presidente della Federazione Medico Sportiva, Comitato Regionale Umbria


Intervista al Dott. Matteo Baldassarri, Ortopedico, Chirurghi Ortopedici Associati – COA, Rimini, Olimpic Team Bologna


Intervista al Dott. Michele Calderaro, Ortopedico, Chirurgo della mano, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, Roma


Dott. Giovanni Boni, Medico dello Sport, presidente della Federazione Medico Sportiva regione Umbria


Intervista al Dott. Umberto Massafra, Divisione di Reumatologia, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, Roma


Intervista al Dott. Angelo De Cata, Responsabile Unità di Immuno-Reumatologia IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza, Presidente del Collegio dei Reumatologi Italiani (CReI)

Intervista al Dott. Roberto Cardelli
Fisiatra, Ambulatorio di Fisiochinesiterapia e Terapia Fisica, Imola

L’Ozonoterapia è una terapia medica che prevede l’uso di una miscela di gas formata da Ossigeno e Ozono in opportune concentrazioni, volumi e vie di somministrazione, per il trattamento di numerose patologie.

A livello articolare tale miscela mostra attività antiedemigene, antiinfiammatorie e neoangiogeniche e può essere utilizzata in associazione diversi prodotti per la terapia infiltrativa intra-articolare.
Nel trattamento dell’osteoartrosi, i risultati migliori si ottengono quando l’ossigeno-ozono viene associato all’acido ialuronico, con risultati positivi nel 70-80 % dei casi.
Ad oggi l’impiego maggiore di tale tipo di trattamento è nell’osteoartrosi del ginocchio e dell’anca, ma sono in corso studi per testarne l’efficacia anche in altre articolazioni.

Intervista al Dott. Giancarlo Rando, Fisiatra e medico dello sport, Ospedale San Lazzaro di Alba.

Scansione longitudinale polare della seconda metacarpo falangea destra: il video illustra come con l’ecografia sia possibile analizzare la conformazione anatomica e funzionale di questa porzione della mano.


Dott.ssa Rita Guitaldi, Medico Chirurgo, specializzata in Medicina Fisica e Riabilitazione, Casa di cura Villa Stuart, Roma


Prof. Silvana Giannini, Responsabile del Servizio di Radiologia e Diagnostica per Immagini, Casa di cura Villa Stuart, Roma


Dott.ssa Rita Guitaldi, Medico Chirurgo, specializzata in Medicina Fisica e Riabilitazione, Casa di cura Villa Stuart, Roma

Negli ultimi 5 anni l’utilizzo di terapie a base di plasma autologo ricco di piastrine (PRP) ha conosciuto una diffusione senza precedenti, in particolare negli ambiti ortopedico e della medicina sportiva.

Ricco di molti fattori di crescita che hanno importanti implicazioni nella guarigione, il PRP è potenzialmente in grado di rigenerare il tessuto tramite diversi meccanismi.

Le più diffuse applicazioni cliniche e chirurgiche comprendono il trattamento di condropatie, artrosi del ginocchio, tendinopatie, tensioni muscolari, lesioni acute e croniche dei tessuti molli.

L’utilizzo del PRP sembra inoltre risultare utile nel promuovere la guarigione dopo interventi di ricostruzione dei legamenti; ne sono testimoni le leggende del golf e del basket Tiger Woods e Kobe Bryant.

Tuttavia, per molte delle condizioni sopra citate, l’evidenza clinica è limitata e non consente di guidare gli operatori sanitari verso un utilizzo appropriato e sicuro di questa metodica. Di conseguenza, i suoi costi rimangono elevati e le assicurazioni o i sistemi sanitari poco disposti a rimborsarli.

Inoltre, i prodotti in commercio risultano soggetti ad una variabilità tale da richiedere che siano quanto prima sviluppati sistemi di classificazione e identificazione dei prodotti ottenuti attraverso le varie metodiche di preparazione utilizzate, atti a comprendere al meglio le implicazioni di tale variabilità e guidare al meglio le scelte terapeutiche.

Di recente, tuttavia, una review pubblicata sul Journal of the American Academy of Orthopaedic Surgeons ci offre delle valide raccomandazioni per un utilizzo razionale ed efficace di tale trattamento in determinate condizioni muscoloscheletriche ed in quali altre sono invece necessarie più ricerche che ne comprovino l’effettiva utilità (1).

La review ha analizzato e discusso numerosi studi di livello I, II e III, suddivisi in base alle diverse applicazioni (fusione e innesti ossei, riparazioni di cartilagini, trattamento di tendinopatie croniche, e riparazione chirurgica di lesioni acute a carico di tessuti molli quali la ricostruzione del legamento crociato anteriore, della cuffia dei rotatori e del tendine di Achille).

Un campione di sangue del paziente viene centrifugato due volte, attraverso il metodo noto come plasmaferesi, e arricchito della componente che precipita, ovvero le piastrine. Il preparato ottenuto, privo dell’aggiunta di altre sostanze chimiche, viene così nuovamente iniettato nel soggetto, in prossimità della zona da trattare.

Trattandosi di una pratica sicura – o quantomeno priva di effetti indesiderati documentati – l’interesse nei confronti del plasma autologo ricco di piastrine è da sempre stata anteposta alle evidenze della ricerca scientifica.

Tuttavia, variando alcuni parametri della metodica è possibile ottenere preparati dalla differenti caratteristiche biochimiche (contenuto delle diverse frazioni leucocitarie e fattori di crescita di derivazione piastrinica) e cliniche.

Più di 40 sistemi di preparazione di PRP sono ad oggi in commercio, ed i numerosi fattori che contribuiscono alla variabilità del preparato influenzano, di conseguenza, la sua efficacia nel trattare le diverse condizioni, anche in relazione alle caratteristiche del paziente stesso (età e comorbidità).

“Sebbene l’evidenza suggerisca che il PRP migliori la riparazione dei tessuti danneggiati, abbiamo osservato che il successo del trattamento varia in relazione al metodo di preparazione e alla composizione, alla condizione medica, alla localizzazione corporea e alla tipologia di tessuto da trattare” – spiega il Dr. Hsu, autore dell’articolo. Sistemi classificativi validati di tali preparati sono dunque necessari per comparare gli studi fra di loro.

L’evidenza clinica supporta attualmente il PRP nel trattamento di condizioni che includono le lesioni osteocondrali dell’astragalo e l’epicondilite laterale.

Nel caso delle lesioni dell’astragalo, le evidenze sono ancora scarse, seppur promettenti, con un solo studio clinico caso-controllo di II livello pubblicato.

Nel caso dell’epicondilite, invece, gli autori hanno discusso i risultati di 4 studi pubblicati, concordi nel sostenere che le formulazioni di PRP contenenti leucociti migliorano gli outcome clinici riferiti dai pazienti (VAS dolore) rispetto alle iniezioni locali di anestetici, sangue intero o corticosteroidi.

Tuttavia, prima di raccomandarne l’utilizzo in altre condizioni – quali a esempio l’osteoartrosi del ginocchio o le lesioni del tendine di Achille, delle cuffia dei rotatori e altre tendinopatie croniche – sono necessari ulteriori e approfonditi studi.

Inoltre il PRP sembra non avere effetti positivi negli interventi di fusione o in altre procedure di innesto osseo.

Infatti, sebbene il PRP abbia dimostrato proprietà osteogeniche in alcuni studi in vitro e preclinici, dei 4 studi clinici discussi nella review di Hsu e colleghi, soltanto uno studio osservazionale prospettico di II livello riferiva una riduzione del tasso di non unione rispetto a quello noto dalla letteratura. In tale studio tuttavia non vi era omogeneità nel distretto trattato (caviglia, avampiede, retropiede e mesopiede) e nel tipo di innesto osseo applicato.

“Siamo fiduciosi che i nostri risultati possano servire da roadmap per un utilizzo appropriato di PRP in ortopedia”, ha affermato il Dr. Terry. “Ora che abbiamo una migliore comprensione di quando questa terapia è efficace, possiamo adattare la metodica ad altre applicazioni. Ad esempio, se l’evidenza clinica supportasse l’uso del PRP nell’artrosi di caviglie e ginocchia, ha senso iniziare a guardare al suo utilizzo nel trattamento dell’osteoartrosi dell’anca”.

Grazie al supporto scientifico, il costoso trattamento a base di plasma autologo ricco di piastrine potrebbe dunque diventare, in un prossimo futuro, più alla portata di tutti.

Francesca Sernissi

Riferimenti bibliografici

1. Hsu WK, Mishra A, Rodeo SR, Fu F, Terry MA, Randelli P, Canale ST, Kelly FB. Platelet-rich plasma in orthopaedic applications: evidence-based recommendations for treatment. J Am Acad Orthop Surg. 2013 Dec;21(12):739-48

Il trattamento intra-articolare con plasma ricco di piastrine è un’opzione da considerare nei pazienti che presentano osteoartrosi precoce del ginocchio. È quanto emerge da uno studio pubblicato di recente sull’European Journal Orthopaedic Surgery Traumatology.

L’osteoartrosi è una malattia articolare frequente negli adulti; essendo una patologia non curabile, è molto importante lavorare sulla prevenzione e il trattamento mira ad alleviare i segni e i sintomi della patologia e a ridurre la progressione. Il 6% degli adulti presenta l’osteoartrosi del ginocchio e la prevalenza aumenta del 40% nella popolazione più anziana (>70 anni).

Tra le terapie farmacologiche utilizzate per l’osteoartrosi, l’iniezione intra-articolare si è dimostrata efficace soprattutto nell’osteoartrosi del ginocchio.

Gli agenti comunemente utilizzati nel trattamento intra-articolare sono i corticosteroidi e l’acido ialuronico (Ai) ma, negli ultimi periodi, stanno guadagnando terreno anche altri agenti somministrati intra-articolarmente come i fattori di crescita autologhi, i radioisotopi, la tossina botulinica di tipo A, il tropisetron, il tanezumab e il plasma ricco di piastrine (Prp).

Questi prodotti, che dalle prime analisi risultano efficaci, hanno però bisogno di conferme.

“Il presente studio ha lo scopo di confrontare gli outcome clinici a breve termine tra i trattamenti intra-articolari con il plasma ricco di piastrine e l’acido ialuronico, nei pazienti in fase iniziale della gonartrosi” hanno scritto gli autori del dipartimento di Ortopedia e Traumatologia, Kanuni Sultan Suleyman Training Hospital, Istanbul, in Turchia.

I dati dei pazienti con gonartrosi, sia di grado 1 che di grado 2 secondo la classificazione di Kellgren-Lawrence, basata sulla valutazione delle radiografie standard in anteroposteriore e sotto carico bipodalico, sono stati ottenuti in maniera retrospettiva dai registri ospedalieri.

I pazienti sono stati sottoposti a trattamento intra-articolare con Prp o con Ai tra febbraio 2011 e novembre 2012.

I pazienti hanno ricevuto il trattamento (con Prp o con Ai) per tre volte a intervalli di una settimana. Al basale e dopo il secondo e il sesto mese dalla fine del trattamento, i pazienti sono stati valutati utilizzando il punteggio della scala analogica visiva (Vas) e della Knee Society Score (Kss), punteggio costituito dalla valutazione dell’esame clinico del ginocchio e della sua funzione.

Sono stati inclusi nello studio un totale di 132 pazienti (di età media di 55.06 ± 8.41 anni); a 63 pazienti (86 ginocchia) è stato somministrato l’acido ialuronico, mentre 69 pazienti (89 ginocchia) hanno ricevuto le iniezioni di Prp. I due gruppi sono stati confrontati in termini di punteggi Vas e Kss, prima e dopo il trattamento.

Il coinvolgimento del ginocchio era unilaterale in 89 pazienti e bilaterale in 43.

“Non è stata rilevata nessuna complicanza legata alle iniezioni” hanno detto gli autori dello studio “Si è solo verificato un gonfiore temporaneo in 5 ginocchi nei trattati con Prp e in 8 ginocchi nei trattati con Ai”.

La variazione del punteggio Kss nel corso del tempo e le differenze tra i gruppi di trattamento in termini di cambiamento nel punteggio Kss nel corso del tempo erano significative (entrambi p<0,001). È stato osservato un aumento significativo nel punteggio Kss dal basale al secondo mese dopo il trattamento (p<0,001); questo aumento è risultato più elevato nel gruppo Prp rispetto al gruppo Ai (p<0,001). Anche l’aumento del punteggio Kss dal secondo mese al sesto mese dopo il trattamento era significativo (p<0,001) ed anche questo aumento è risultato più elevato nel gruppo Prp rispetto al gruppo Ai (p=0,008). Sia al secondo che al sesto mese successivo al trattamento, i punteggi Vas erano significativamente più bassi nel gruppo trattato con Prp rispetto al gruppo trattato con Ai. La variazione dei punteggi VAS nel tempo e la differenza tra i gruppi di trattamento in termini di cambiamento dei punteggi VAS nel corso del tempo erano significative (entrambi p<0,001). La diminuzione dei punteggi VAS dal basale al secondo mese dopo il trattamento era significativa (p<0,001) e tale riduzione era maggiore nel gruppo Prp rispetto al gruppo Ai (p<0,001). Anche la riduzione dei punteggi di Vas dal secondo mese al sesto mese dopo il trattamento era significativo (p<0,001) ma questa riduzione non presentava differenze nei due gruppi (p=0,161). “Nel presente studio abbiamo comparato l’acido ialuronico, utilizzato come trattamento tradizionale nell’osteoartrosi del ginocchio, con il plasma ricco di piastrine, un nuovo trattamento che ha attirato di recente un interesse crescente” hanno scritto gli autori, ammettendo “Ci sono alcune limitazioni in questo studio: la prima è data dalla natura retrospettiva dello studio che lo rende scientificamente meno valido, la seconda è data dall’esiguo numero di casi e dal follow-up breve”. Ma, nonostante queste limitazioni, gli autori concludono che il trattamento intra-articolare con plasma ricco di piastrine sembra essere, nello stadio precoce della gonartrosi, una valida opzione. Monica Guarini

Guler O. et al. Comparison of short-term results of intraarticular platelet-rich plasma (PRP) and hyaluronic acid treatments in early-stage gonarthrosis patients. Eur J Orthop Surg Traumatol. 2014 Aug 2. [Epub ahead of print] leggi

Intervista al Dott. Xavier Chevalier Department of Rheumatology, Universitè Paris XII Hopital Henri Mondor, Creteil, France

Intervista a Prof. Alberto Migliore, Responsabile UOS di Reumatologia, Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli, Roma, Presidente dell’Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare dell’Anca con Guida Ecografica (ANTIAGE)


Intervista al Prof. Cosimo De Bari, Arthritis and Regenerative Medicine Laboratory, Università di Aberdeen UK


Intervista al Dott. Sandro Tormenta, Specialista in Radiologia, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli – Roma

La terapia infiltrativa si avvale essenzialmente di pochi prodotti:

– acido ialuronico per via intra-articolare, ad azione antidolorifica e lubrificante/ammortizzante
– cortisonici per via intra-articolare o peri-articolare, ad azione antinfiammatoria e antidolorifica
– anestetici locali soprattutto per iniezione peri-articolare (tendini, legamenti, muscoli), a scopo antidolorifico
– adrenalina per via intramuscolare, da avere sempre a disposizione e da iniettare immediatamente nei rari casi in cui si sviluppi uno shock anafilattico nel paziente.

 

L’ACIDO IALURONICO

Le indicazioni terapeutiche
L’impiego di infiltrazioni intra-articolari di acido ialuronico in corso di patologia osteoartrosica è finalizzato alla riduzione del dolore ed al miglioramento funzionale della funzionalità articolare. È noto che in un soggetto artrosico il liquido sinoviale non è più in grado di proteggere in modo ottimale l’articolazione, in quanto le sue proprietà reologiche (elasticità e viscosità) risultano notevolmente diminuite a causa di una produzione di acido ialuronico a peso molecolare più basso ed a concentrazione ridotta. L’acido ialuronico è il principale responsabile delle proprietà reologiche del liquido sinoviale, pertanto, il suo razionale d’impiego risiede proprio nella possibilità di reintegrarlo in quelle articolazioni in cui esso è carente, allo scopo di ripristinare una condizione quanto più vicina a quella fisiologica. L’azione dell’acido ialuronico all’interno di un’articolazione sinoviale si esplica ad un duplice livello: un’azione meccanica di lubrificazione e di shock absorber delle sollecitazioni meccaniche articolari (viscosupplementazione) e dall’altra un’attività di tipo più strettamente biologica sulle strutture articolari (viscoinduzione).

Gli effetti del trattamento
In generale, una terapia con acido ialuronico è consigliabile nei seguenti casi:
– dolore persistente e resistente nell’artrosi di grado moderato
– trattamento di 2° livello dopo una sinovite
– artrosi dolorosa quando una protesi è controindicata o rifiutata dal paziente
– in alternativa ai Fans se questi ultimi sono controindicati, non tollerati o inefficaci.
Il trattamento, dopo 2-5 settimane, provoca vari effetti che persistono nel tempo (da 6 mesi a 1 anno):
– normalizzazione reologica del liquido sinoviale
– ripristino della composizione chimica dell’ambiente pericellulare
– duratura riduzione del dolore
– miglioramento della mobilità aticolare
– riduzione del versamento articolare.


I CORTISONICI

Da alcuni anni l’uso della terapia tramite iniezione intra-articolare di cortisone ha preso sempre più piede per una serie di ragioni: il farmaco iniettato localmente agisce proprio nella sede di infiammazione, viene assorbito molto poco per cui i suoi effetti a distanza sono praticamente nulli e in tal modo viene ridotto notevolmente l’uso di FANS per bocca.

I corticosteroidi sono una classe di composti ad azione anti-infiammatoria. È noto che le infiltrazioni intra-articolari di steroidi sono in grado di ridurre il numero di linfociti, macrofagi e mastociti e, di conseguenza, limitare la fagocitosi, il rilascio di enzimi litici e il rilascio di mediatori pro-infiammatori. In particolare, i corticosteroidi sono in grado di ridurre i livelli di interleuchina-1, leucotrieni e prostaglandine, i principali mediatori responsabili dei sintomi associati al processo flogistico (dolore, gonfiore, edema e calore).
L’azione dei corticosteroidi intra-articolari si esplica in tempi rapidi e permane da una a 4 settimane; il loro impiego è consigliato per brevi periodi nel trattamento di stati flogistici articolari e le principali linee guida suggeriscono di somministrarli non più di 3-4 volte l’anno per scongiurare il pericolo di danni cartilaginei legati ad un loro uso eccessivo e aspettare almeno 3-4 settimane fra un trattamento e l’altro.

Le formulazioni
In commercio esiste un ampio numero di formulazioni a base di glucorticoidi per infiltrazioni intra-articolari. A seconda della solubilità della molecola, è possibile trovare formulazioni in forma di soluzione o di sospensione. La principale differenza tra questi due tipi di formulazioni risiede nel fatto che il tempo di permanenza articolare di glucocorticoidi poco solubili (utilizzati in sospensione) è più alto rispetto a quello di analoghi più solubili che vengono più facilmente eliminati dall’articolazione e quindi sono efficaci per tempi più brevi.
In tutti i casi, l’efficacia delle infiltrazioni passa attraverso l’effetto di piccole quantità di medicamento attivo che viene a contatto dei tessuti infiammatori e successivamente dalle cellule sinoviali prima di essere progressivamente assorbito dal sangue, e poi eliminato.

Le indicazioni terapeutiche
I cortisonici vengono impiegati – per il loro potere antinfiammatorio – nelle malattie infiammatorie sistemiche, quali la poliartrite reumatoide, la psoriasi reumatica e la gotta; si usano inoltre per la loro capacità di sopprimere le intensificazioni flogistiche delle artriti degenerative (in cui la componente dell’usura e quella dell’infiammazione spesso sono rese distinguibili solo dal trattamento).

Le molecole di maggiore impiego
Sono tre i principi attivi maggiormente utilizzati in terapia infiltrativa:
– il triamcinolone acetonide, di facile somministrazione, utilizzabile in piccole quantità e quindi ideale per le piccole articolazioni. La formulazione Retard, utile per rilasciare grandi volumi, ha una durata d’effetto di circa 3 settimane.
– il metilprednisolone acetato ha un’azione 5 volte più potente rispetto all’idrocortisone e più prolungata essendo ancora attivo 40 giorni dopo l’infiltrazione intra-articolare. Il suo impiegopuò determinare dolori post-iniettivi più marcati rispetto al triamcinolone acetonide e, pertanto,è spesso disponibile in forma miscelata con un anestetico locale in dose fissa.
– l’idrocortisone, molto solubile, che ha la durata d’azione più breve tra i cortisonici citati; il suo impiego consigliabile nelle donne magre, a pelle scura, in cui vi sia il rischio di depigmentazione o di atrofia grassosa locale.


GLI ANESTETICI LOCALI

Le modalità d’uso
Si distinguono quattro modalità principali di impiego di questi farmaci in caso di terapia del dolore tramite iniezione in sede peri-articolare (muscoli, tendini, legamenti):
– analgesico: pur avendo un effetto temporaneo, questi farmaci possono rendere meno sgradevole l’intervento al paziente e aumentare la sua confidenza con il terapeuta. Solitamente è preferibile utilizzare la bupivacaina al posto della lidocaina, ma molti professionisti utilizzano miscele di anestetici locali a media e lunga durata d’azione.
– diagnostico: l’attenuazione del dolore dopo un’iniezione conferma il sospetto diagnostico e la buona localizzazione del punto d’iniezione. Anche il professionista più esperto e preparato può non sapere con certezza quale sia il tessuto patologico all’origine del dolore: in questi casi va iniettata una piccola quantità d’anestetico nel punto più verosimilmente responsabile, poi occorre attendere qualche minuto prima di riesaminare il paziente. Se il dolore è diminuito vuol dire che è stata trovata l’origine del dolore e il trattamento sarà orientato con precisione, altrimenti occorre riprovare.
– diluizione: la faccia interna delle articolazioni e delle borse è estremamente ampia, a causa di importanti circonvoluzioni del bordo sinoviale con numerose villosità: ad esempio, un aumento del volume della soluzione di cortisonico iniettato aiuta a diffonderlo su tutta questa superficie senza aumentare il dosaggio complessivo.
– distensione: allo scopo di ottenere un effetto benefico sul volume delle articolazioni e delle borse, occorre tirare la capsula o la borsa ottenendo la rottura fisica delle aderenze. La distensione non è invece raccomandata nelle iniezioni tendinee, dove va usato il volume minore possibile: in caso contrario si corrono vari rischi, quali la rottura delle fibre tendinee, la compromissione dell’apporto arterioso o l’insorgenza di dolore causata dall’estensione stessa.

Le molecole di maggiore impiego
Sono quattro gli anestetici locali più utilizzati in terapia infiltrativa:
– la lidocaina idrocloruro è l’anetestico locale più utilizzato in assoluto e agisce in modo più rapido e costante rispetto agli altri. L’effetto compare in pochi secondi e il blocco persiste per circa mezz’ora.
– la bupivacaina ha la caratteristica di una comparsa d’azione relativamente lenta (circa 30 minuti per un effetto completo), ma il blocco può persistere per 8 ore o più. È l’agente farmacologico principalmente impiegato per le anestesie spinali. Non è molto usato a livello ambulatoriale a causa del ritardo d’azione che impedisce la possibilità diagnostica immediata offerta dalla lidocaina.
– la prilocaina è poco tossica, come la lidocaina, ma è meno utilizzata.
– la procaina è pure poco utilizzata ultimamente: ha comparsa d’azione simile a quella della lidocaina, con una durata  intermedia.


L’ADRENALINA

Si tratta di un vasocostrittore che agisce sui recettori della noradrenalina, facendo scomparire subito in modo fisiologico i sintomi di broncospasmo, edema della laringe e ipotensione che si verificano in caso di reazione anafilattica agli anestetici locali. Anche se quest’ultima possibilità è rara, è indispensabile disporre sempre di adrenalina durante un’infiltrazione e fare in modo che il suo accesso sia sempre rapido e comodo, così da poter far fronte tempestivamente all’eventuale emergenza.


ALTRI FARMACI

Ulteriori farmaci di meno frequente impiego, specie per la terapia intra-articolare dell’artrosi, sono: antibiotici, immunosoppressori, farmaci biologici, acido osmico, ittrio 90.

Intervista al Dott. Stephen G. Cavallino
Medicina d’urgenza presso l’Ospedale San Sebastiano di Correggio (RE)

Approccio intra-articolare

Articolazione del polso

In caso di poliartrite reumatoide o traumatismo, si può sviluppare una capsulite acuta con sintomatologia dolorosa e limitazione funzionale della motilità. Dato che l’articolazione del polso non è continua ma anzi contiene vari setti che la dividono in compartienti separati, l’iniezione non va eseguita in un solo punto ma prevede molteplici zone d’infilitrazione, alle quali si accede attraverso un solo punto d’entrata. La tecnica d’esecuzione prevede che il paziente metta i palmi delle mani verso il basso, con un certo grado di flessione del polso; che si identifichi la parte intermedia del carpo a monte della depressione più profonda dell’uncinato, che si inserisca l’ago nella parte mediana del carpo, infine, che si inietti in differenti punti attraverso i dossi del polso e, se possibile, tra i legamenti e nella capsula. Quindi, l’articolazione va messa a riposo con una stecca fino alla scomparsa del dolore; poi si riprendono esercizi di mobilizzazione dolci. Attenzione: se l’articolazione è gravemente edematosa, può essere necessario utilizzare un ago più lungo per poter raggiungere tutte le aree vicine ed eventualmente bisognerà effettuare molteplici iniezioni in più punti.

Articolazione radiocarpica

L’infiltrazione nell’articolazione radiocarpica è indicata per l’artrosinovite radiocarpica. Il polso deve essere prono e leggermente flesso. Quindi, si identifica la rima articolare tra radio prossimalmente e scafoide/emilunare distalmente. Il sito di iniezione corrisponde allo spazio compreso tra radio, scafoide e semilunare. L’ago va inserito in direzione perpendicolare rispetto al piano della superficie cutanea. Questa medesima area, in caso di artrite reumatoide o degenerativa post-traumatica, può essere impiegata per iniettare anestetici locali.

Articolazione radio-ulnare inferiore

L’articolazione radio-ulnare inferiore può essere oggetto di capsulite cronica o di rottura acuta del menisco. Le patologie in causa sono l’artrosi o la poliartrite reumatoide, o fenomeni traumatici. La sintomatologia è rappresentata da dolore all’estremità dell’avambraccio, sul lato ulnare. Quando il palmo della mano è rivolto verso il basso, l’articolazione si stende per un terzo del polso, appena all’interno del dosseo costituito dall’estremità dell’ulna. Si identifica l’interlinea articolare facendo scorrere uno contro l’altra le estremità del radio e dell’ulna o palpando lo spazio tra il processo stiloide dell’ulna e il piramidale. Il paziente deve trovarsi assiso, con le palme orientate verso il basso. Va identificato il processo stiloideo dell’ulna e si inserisce l’ago appena distalmente allo stiloide, mirando trasversalmente al radio, poi va attraversato il legamento collaterale ulnare per poi penetrare dentro la capsula. Quindi, va iniettata la soluzione in bolo. Successivamente, va raccomandato al paziente il riposo di una settimana, evitando le attività di flessione/deviazione ulnare.

Articolazione trapezio-metacarpale

La terapia infiltrativa in questa zona è indicata nell’artrosi della prima articolazione carpometacarpica. Il polso deve essere prono, quindi si identifica la rima articolare fra trapezio e primo osso metacarpale con leggera trazione. Il sito di iniezione è costituito dallo spazio compreso fra trapezio e primo osso metacarpale circa, al centro dell’articolazione. L’ago va inserito perpendicolarmente rispetto al piano della cute. La rima articolare dee essere identificata attraverso movimenti di flesso-estensione; eventualmente va abdotta la mano o posto in trazione il pollice.

Approccio peri-articolare

Guaina dell’abduttore lungo ed estensore breve del pollice

Questa via di accesso è indicata nella sindrome di De Quervain e nella tendinite dell’abduttore lungo e dell’estensore breve del pollice. Il paziente deve trovarsi in posizione seduta e tenere i gomiti in flessione. I punti di repere sono rappresentati dai tendini dell’abduttore lungo e dell’estensore breve del pollice, i quali formano una guaina sinoviale comune a livello dello stiloide radiale, che costituisce il bordo della tabacchiera anatomica. Quest’ultima rappresenta esattamente il sito di iniezione. L’ago va inserito con un’inclinazione di 25-30° rispetto al piano della cute e va rivolto in direzione prossimale lungo il tendine. Occorre evitare l’infiltrazione in direzione distale, in quanto più dolorosa; inoltre, se si incontra resistenza all’infiltrazione, allo scopo di evitare l’iniezione di farmaco all’interno del tendine, è opportuna la retrazione dell’ago.

Tunnel carpale

Nella sindrome del tunnel carpale oltre all’approccio periarticolare di pertinenza dell’area anatomica della mano (scheda n.11), si può ricorrere all’accesso dal polso. In questo caso, la mano deve essere supina, in estensione. Il punto di repere è costituito dal tendine del muscolo palmare lungo, evidente come il più centrale e superficiale quando il polso è flesso contro resistenza. Il sito di iniezione è rappresentato dal tunnel carpale, in profondità rispetto al legamento trasverso del carpo e alla guaina dei flessori. L’ago, da inserire con un angolo di circa 45° rispetto al piano cutaneo, va diretto distalmente. Per individuare il tendine del muscolo palmare lungo si invita il paziente a flettere il polso.

Canale di Guyon

Per sindrome del canale di Guyon si intende la sindrome compressiva del nervo ulnare a livello del canale di Guyon. Va chiesto al paziente di tenere la mano supina, in estensione. Il punto di repere è costituito dal tendine del muscolo ulnare anteriore. Il canale di Guyomoè rappresentato da un tunnel osteofibroso delimitato dalla depressione fra il pisiforme e l’uncino dell’uncinato e dal legamento piso-uncinato. Il sito di iniezione è costituito dal canale di Guyon: l’ago va inserito in direzione obliqua di 45° rispetto al piano cutaneo, poi rivolto in direzione distale.

Introduzione

La mano può essere colpita da fenomeni patologici di vario genere. Di solito la terapia infiltrativa intra-articolare è riservata a patologie reumatiche o infiammatorie a carico delle articolazioni, mentre quella extrarticolare riguarda le tendiniti o sintomatologie algiche.

Approccio intra-articolare

Articolazione metacarpo-falangea

L’articolazione metacarpo-falangea può essere colpita da artrite reumatoide o altra osteoartropatia infiammatoria. In questi casi, va chiesto al paziente di tenere la mano prona. Il punto di repere è la rima articolare: l’ago va inserito perpendicolarmente al piano cutaneo, 1 cm circa sotto la nocca (individuata facendo flettere ed estendere il dito).

Articolazione del polso

Una capsulite acuta o cronica a carico della prima articolazione metacarpo-falangea, ovvero quella del pollice, tra primo osso metacarpale e trapezio, può essere causata da sovrautilizzazione, traumatismi, poliartrite reumatoide o artrite degenerativa. Il sito di iniezione più semplice è costituito dall’apice della tabacchiera anatomica, sul dorso del pugno. Va identificata l’interlinea articolare flettendo ed estendendo passivamente il pollice mentre si palpa lo spazio articolare tra le due ossa. Il paziente deve stare in piedi con i pollici diretti verso l’alto; si identifica l’incavo dell’interlinea articolare all’apice della tabacchiera anatomica e si inserisce l’ago perpendicolarmente a tale incavo, iniettando la soluzione in bolo. Subito dopo è opportuno avvolgere il dito in modo da immobilizzarlo per quache giorno; il paziente dovrà riprendere la mobilizzazione del pollice in seguito in modo dolce e passivo, e va messo anzi in guardia da un uso eccessivo della falange.

Articolazione interfalangea prossimale

L’articolazione interfalangea prossimale può essere interessata da vari processi patologici: artrite reumatoide, artrosi primaria delle mani, artrosi erosiva delle mani, artrite psoriasica. Il paziente deve stare seduto, con il gomito flesso a 90°, il braccio prono e il polso libero. Una volta identificata la rima articolare (punto di repere individuato facendo flettere ed estendere il dito), l’iniezione va effettuata vicino al tendine estensore lungo del dito, lateralmente o medialmente.

Articolazione interfalangea distale

Per questa articolazione le indicazioni e la tecnica iniettiva sono sovrapponibili a quelle dell’articolazione interfalangea prossimale.

Approccio extra-articolare

Legamenti anulari dei tendini flessori delle dita

Il cosiddetto “dito a scatto” (e anche il “pollice a scatto”) trovano origine da una tenosinovite dei tendini flessori superficiali e profondi della mano, che può essere presente anche in caso di poliartrite reumatoide, in cui è indicata la terapia infiltrativa. Il paziente deve tenere la mano estesa, mentre il punto di repere è rappresentato dal nodulo che si trova lungo il decorso dei tendini citati, in sede prossima all’articolazione metacarpofalangea. L’individuazione del nodulo è facilitata da movimenti di flesso-estensione del dito. Il sito di iniezione è situato sulla piega corrispondente all’articolazione metacarpofalangea; l’ago va inserito in direzione obliqua di circa 45° rispetto alla cute, seguendo la guaina del tendine in direzione prossimale. Il nodulo non va infiltrato, a meno che non si iniettivi cortisonico e anestetico locale, nel qual caso la soluzione va iniettata in bolo nel nodulo, poi si orienta l’ago distalmente lungo la guaina e vi si inietta il resto della soluzione.

Tenosinovite di de Quervain

Dovuta a una sovrautilizzazione dei tendini del pollice (adduttore lungo ed estensore corto), la tenosinovite di de Quervain è caratterizzata da dolore sotto la base del pollice e il processo stiloideo del radio. I due tendini di solito sono contenuti in un’unica guaina, sul lato radiale del polso. Si possono spesso osservare quando il polso è mantenuto in estensione, o si possono palpare alla base del metacarpo. La tecnica iniettiva è la seguente: il paziente deve mettere la mano in posizione verticale, con il pollice tenuto in leggera flessione; si identifica l’incavo tra i due tendini alla base del primo metacarpale; si inserisce l’ago perpendicolarmente nell’incavo, poi si deve avanzare progressivamente dentro i tendini; infine, si inietta la soluzione in bolo all’interno della guaina tendinea. Successivamente il paziente deve tenere la mano a riposo per una settimana, con un bendaggio dei tendini. Bisogna in seguito evitare attività che possano scatenare la sintomatologia e intraprendere un programma di rafforzamento progressivo.

Sindrome del tunnel carpale

Questo disturbo è causato da una compressione del nervo mediano sotto il retinacolo dei flessori, e può essere legato a sovrautilizzazione o traumatismo, ipotiroidismo, acromegalia, poliartrite reumatoide, reumatismo psoriasico. Si manifesta con parestesie nel territorio del nervo mediano, tipicamente di notte. Dal punto di vista anatomico, il retinacolo dei flessori si ancora su quattro punti: il pisiforme e lo scafoide, il gancio dell’uncinato e il trapezio. Ha all’incirca la larghezza del polso nella sua dimensione prossimo-distale, e il suo bordo prossimale si situa alla cresta distale del pugno. Il nervo mediano si situa immediatamente sotto il tendine del lungo palmare nella parte del polso e all’interno del tendine del flessore radiale del carpo. Il paziente deve mettere il palmo della mano verso l’alto; va identificato il punto mediano tra il flessore mediano del carpo e il nervo mediano. In questo punto va inserito l’ago, che poi va inclinato a 45° fino a quando la punta si trovi al centro del retinacolo; infine, va iniettata la soluzione in bolo. Non va mai usato un anestetico, perché la sindrome è una parestesia, non un algia. Il paziente deve rispettare il riposo per una settimana poi può riprendere le sue normali attività.

Rizartrosi e sindromi algiche del giunto a sella del pollice

La terapia infiltrativa con anestetici locali è indicata nelle sindromi dolorose con interessamento dell’adduttore del pollice e dell’articolazione carpometacarpale del pollice. In questo caso si distinguono due punti primariamente indicati per l’iniezione. Nel primo caso, bisogna inserire l’ago verticalmente, mentre il paziente tiene il pollice lievemente abdotto, in un sito ulnare al tendine dell’estensore lungo del pollice, tra il primo metacarpale e l’osso trapezio. Per localizzare la linea di giunzione, la punta dell’ago dovrebbe trovare la propria strada nella capsula articolare. Dopo averla penetrata, l’ago scorre per pochi millimetri e può quindi essere somministrato l’anestetico locale. Il secondo punto di inserzione si trova sopra la voluminosa area dell’adduttore del pollice. Alla fine dell’adduzione del pollice l’ago va inserito posteriormente verso la cresta dell’adduttore del pollice.

I motivi per cui il ginocchio è l’articolazione più trattata con la terapia infiltrativa

L’articolazione del ginocchio rappresenta senza dubbio l’area anatomica maggiormente utilizzata per la terapia infiltrativa. Ciò è dovuto a vari motivi: il ginocchio è il sito più comune di modificazioni degenerative e, qualunque sia la patologia in corso, i pazienti che ne sono affetti tendono a rivolgersi molto presto al terapeuta a causa del dolore; la linea e gli spazi articolari sono facilmente raggiungibili e percepiti attraverso la cute; nel caso delle iniezioni intrarticolari, il farmaco diffonde rapidamente e bagna l’intera superficie sinoviale in quanto le superfici dell’articolazione sono prevalentemente piatte.

Classificazione delle modalità di iniezione

L’articolazione del ginocchio, in linea di principio, è affrontabile per via anteriore/mediale oppure posteriore. Quest’ultima, comunque, se non strettamente necessaria per casi specifici (come per esempio il trattamento di cisti sinoviali posteriori), non viene solitamente utilizzata in quanto tecnicamente più complessa, senza apportare particolari vantaggi terapeutici.

A seconda delle indicazioni, nel ginocchio sono molti i punti di repere da riconoscere per poter effettuare efficacemente le iniezioni, che possono appartenere a due grandi categorie: intrarticolari (che prevedono cioé l’entrata dell’ago nella capsula articolare dove viene rilasciato il farmaco) oppure periatricolari; in quest’ultimo caso il farmaco può essere iniettato a livello di strutture muscolari, tendinee, legamentose, nervose oppure in sede sottocutanea.

A) Iniezioni intrarticolari

1- Via laterale

Questa via di accesso si utilizza in caso di dolore, versamento o ridotta mobilità. Si fa distendere supino il paziente con il ginocchio in estensione e si ricercano il polo superiore della patella e il margine dorsale del condilo femorale laterale. Il punto di minore resistenza tra quest’ultimo e la parte superiore della rotula – circa 1 cm sotto il margine supero-esterno della rotula – costituisce il sito di iniezione. L’ago (19G) va inserito perpendicolarmente alla superficie cutanea, circa 1-2 cm sotto il margine superiore laterale rotuleo. Può essere utile effettuare una sublussazione della rotula, in modo che l’ago penetri interamente attraverso la cute senza che il paziente senta dolore.

2 – Via anteriore

L’accesso anteriore è indicato nei pazienti affetti da gonartrosi, artrite e lesioni interne post-traumatiche del ginocchio. Il paziente può stare supino con il ginocchio flesso a 90° oppure rimanere seduto sul bordo del lettino. Il sito di iniezione è rappresentato dal punto di minore resistenza all’interno del punto di repere, costituito da legamento rotuleo, dal margine inferiore del condilo femorale laterale e dal margine superiore del piatto tibiale. L’ago (18G o 21G) va inserito poco sopra e parallelamente al piatto tibiale, lievemente inclinato medialmente, verso la gola intercondiloidea. Occorre fare attenzione a non urtare la cartilagine femorale, in quanto si causerebbe dolore al paziente, persitente per qualche giorno e a volte accompagnato da gonfiore. Un’altra modalità indicata per identificare il sito di iniezione è il seguente: al paziente seduto vengono palpate e segnate le linee articolari mediali e laterali che risultano idelamente unite dalla “prima linea ausiliaria”. Quindi si palpa l’area posta 1 cm lateralmente (o medialmente) il tendine rotuleo: il sito d’iniezione si trova all’intersezione della linea parapatellare e della linea ausiliaria orizzontale; l’ago va inserito verticalmente e fatto avanzare per 3 cm. Non bisogna mai forzare la somministrazione del farmaco.

B) Iniezioni periarticolari

1) Borsa prepatellare

È facilmente individuabile, in quanto posta superficialmente rispetto alla rotula. Rappresenta al contempo il punto di repere e il sito di iniezione indicato per il trattamento della borsite prepatellare. Il paziente deve essere posto in posizione supina, con l’articolazione estesa. L’ago va inserito in modo perpendicolare rispetto al piano della cute.

2) Borsa sovrapatellare

In caso di borsite sovrapatellare, il punto di repere, al di sopra della patella, è costituito dalla borsa sovrarotulea. L’iniezione, con il paziente nella medesima posizione sopra descritta e al quale bisogna chiedere di rilassare il quadricipite, va eseguita in tale borsa, prendendo come riferimento i margini superolaterale e superomediale rotulei. In questo caso l’ago va inserito parallelamente al piano cutaneo, appena sopra il margine superiore della patella. In caso di presenza di essudati occorre aspirarli prima di inettare il farmaco, operazione da non effettuare qualora l’aspirato apparisse infetto.

3) Tendine della zampa d’oca e borsa anserina

Nei pazienti affetti da tendinite e tendino-borsite della zampa d’oca, per effettuare l’iniezione nel tendine occorre utilizzare, come punto di repere, la linea articolare mediale del ginocchio, sotto cui si localizza la cosiddetta zampa d’oca, ossia l’inserzione dei muscoli sartorio, gracile e semitendinoso.Con il paziente in posizione supina e ginocchia estese, si inserisce l’ago inclinato di 30-45° rispetto al piano cutaneo. Il farmaco va iniettato in vicinanza dell’inserzione tendinea dei muscoli sartorio, gracile e semitendinoso, e in profondità vicino al muscolo semimembranoso. In caso di borsite cronica (tipica delle danzatrici e dei corridori), invece, il paziente supino deve tenere le ginocchia flesse e il terapeuta deve palpare la parte mediale della cresta tibiale sotto la rotula, in modo da apprezzare l’inserzione della zampa d’oca: la borsa anserina si trova tra quest’ultima e l’inserzione del legamento collaterale mediale del ginocchio alla tibia, in una zona molto sensibile, leggermente prossimale. L’ago va fatto penetrare fino in fondo, al centro della zona sensibile, attraversando i tendini fino al contatto osseo cui va fatta seguire l’iniezione in bolo.

4) Gestione della sindrome patellofemorale

Nella sindrome dolorosa patellofemorale possono essere in causa vari fenomeni: l’irritazione del legamento patellare e dell’area distale del quadricipite femorale, una condropatia rotulea con artrosi dell’articolazione del ginocchio, una tendinite della zampa d’oca, una tendinite patellare, un’irritazione del nervo infrapatellare. In questi casi si distinguono alcuni punti primari di iniezione e altri complementari. Si inizia inserendo l’ago (0,4 x 40 mm) sulla linea mediana anteriore del ginocchio, al di sotto della punta patellare facilmente palpabile e facedolo penetrare per circa 1-1,5 cm. Altre iniezioni vanno effettuate, ad articolazione estesa, circa 1-1,5 cm vicino alla linea mediana, sul lato mediale del ginocchio. Infine, ulteriori due iniezioni possono essere effettuate superiormente alla rotula, medialmente e lateralmente al punto di inserzione del retto femorale. I margini muscolari risultano facilmente palpabili facendo sollevare al paziente la gamba tesa.

5) Testa della fibula (bicipite femorale)

Quando si ha dolore sul margine laterale esterno del ginocchio, in corrispondenza della testa della fibula, o a causa di una miotendinite del bicipite femorale, il terapeuta deve individuare la fibula attraverso la palpazione (procedura piuttosto semplice) e inserire l’ago 1 cm sopra tale punto di repere, indirizzandolo appunto verso la testa della fibula, fino a raggiungere il contatto con l’osso prima di iniettare il farmaco.

6) Quadricipite femorale

Quando il dolore coinvolge soprattutto l’area soprastante e sottostante la rotula è probabilmente coinvolto il tendine del quadricipite femorale. Utilizzando un ago 0,4 x 44 mm occorre palpare il margine superiore della rotula per poi eseguire 3 o 4 iniezioni superiormente al margine osseo palpabile, non affondando più di 0,5 cm. La procedura va poi ripetuta nel polo patellare inferiore, in direzione dell’osso, vicino al periostio patellare, con una profondtà di inserzione di 0,5 cm. Infine, appena poco sopra l’area palpabile della tuberosità tibiale l’ago viene fatto avanzare fino al contatto con l’osso, poi retratto di 1 mm prima di iniettare il farmaco.

7) Legamento collaterale mediale

Le iniezioni nel legamento collaterale mediano si effettuano per le seguenti indicazioni: distorsioni del ginocchio, parziale rottura del legamento collaterale, trattamento chirurgico del legamento collaterale. Dopo aver preparato la siringa con un ago 0,4 x 20 mm, si localizza la linea pallpabile mediale del ginocchio. Quindi, lungo il percorso del legamento collaterale mediale, si inserisce l’ago verticalmente, fino al contatto con l’osso, in due punti: 2 cm sopra e 2 cm sotto la linea articolare. Infine si ritrae l’ago di 1 mm e si inietta il farmaco.

8) Legamento collaterale laterale

In questo caso le indicazioni sono: distorsione del legamento collaterale laterale, parziale rottura e condizioni successive a un trattamento chirurgico, adiuvante in una tendinite. Sempre con un ago 0,4 x 20 mm, si palpa la linea laterale dell’articolazione. Facendo flettere lievemente il ginocchio, il legamento scorre dalla testa della fibula all’epicondilo laterale del femore. L’ago va inserito all’incirca 2 cm sotto alla linea articolare palpabile, superiormente alla testa della fibula, fino al contatto con l’osso. Si ritrae poi l’ago di 1 mm e si inietta il farmaco. La medesima procedura va ripetuta 2 cm sopra la linea articolare.

9) Nervo infrapatellare

L’iniezione diretta di farmaco nel nervo infrapatellare (o più precisamente nella branca infrapatellare del nervo safeno) è indicata in caso di condropatia rotulea e nelle sindromi dolorose della tuberosità tibiale; inoltre può essere impiegata come trattamento adiuvante nelle lesioni del menisco mediale e nella gonartrosi mediale. Il nervo origina subito sopra la tuberosità tibiale e si muove lungo una linea pressoché orizzontale rispetto alla linea articolare del ginocchio. L’ago (0,4 x 40 mm) va inserito caudalmente rispetto al nervo, anteriormente alla fine palpabile del sartorio e inferiormente alla linea articolare. Dopo che l’ago è stato fatto avanzare di 3 cm, si inietta il contenuto della siringa mano a mano che questa viene retratta.

10) Menisco mediale

Nella gonartrosi mediale così come nella degenerazione del menisco, si può ricorrere a varie iniezioni in sede sottocutanea (ago: 0,4 x 20 mm) distanziate di 2 cm l’una dall’altra lungo la linea articolare palpabile del ginocchio, inieziando in sede pararotulea e proseguendo sul lato mediano del ginocchio.

11) Menisco laterale

Nelle sindromi dolorose del menisco laterale, si effettua una procedura del tutto analoga a quella descritta sopra, con la differenza che si iniziano a effettuare le iniezioni lateralmente al legamento patellare per poi procedere a infiggere l’ago ogni 2 cm seguendo il piano articolare lungo i lato esterno dell’articolazione.

12) Articolazione tibiofibulare superiore

Il coinvolgimento di questa articolazione si ha nelle capsuliti acute e coniche, e più precisamente in caso di traumatismi (cadute in rotazione mediale forzate e in varismo su un ginocchio flesso), e di dolore sul margine laterale del ginocchio. Dopo preparazione di una siringa con ago 23G x 25 mm, viene fatto sedere il paziente con il ginocchio ad angolo retto; si identifica la testa della fibula e si segna l’interlinea articolare situata verso l’interno in rapporto alla testa; si inserisce l’ago a metà strada dell’interlinea articolare e lo si dirige obliquamente verso l’esterno allo scopo di penetrare dentro la capsula, quindi si inetta la soluzione in bolo. In questi casi va raccomandato un riposo variabile da una settimana a un mese prima di riprendere le normali attività.

13) Legamenti coronari

In caso di rotazione forzata del ginocchio con o senza rottura del menisco si può avere uno stiramento dei legamenti. Il dolore in questi casi è situato abitualmente sull’interlinea articolare mediale. Va fatto sedere il paziente con il ginocchio tenuto ad angolo retto con i piedi in appoggio plantare posti in rotazione laterale. Il terapeuta deve identificare e segnare un punto sensibile del piatto tibiale, quindi inserire verticalmente l’ago (25G 16 mm) verso il basso, sul piatto e quindi iniettare il farmaco.

14) Borsa infrapatellare

Quando si ha un dolore anteriore del ginocchio, sotto la rotula, possono essere in gioco traumatismi (colpi diretti o cadute) oppure sovrautilizzazioni (corsa di fondo o posizione ingnocchiata prolungata). Il paziente, disteso, deve avere gli arti inferiori in estensione, con le ginocchia lievemente sollevate. Va quindi identificata e marcata un’area sensibile sulla parte mediana del tendine. A questo punto va inserito l’ago (23G) orizzontalmente al bordo laterale del legamento patellare, appena sopra la tuberosità tibiale, assicurandosi che l’ago non penetri all’nterno del tendine e raggiunga invece la borsa infrapatellare sottostante al tendine stesso. Quindi va iniettata la soluzione in bolo.

15) Borsa del tratto ileotibiale

Una borsite cronica da sovrautilizzazione dell’articolazione (tipica dei corridoni di fondo) può causare un dolore sul lato esterno del ginocchio, sopra il condilo femorale laterale, in profondità del tratto ileo-tibiale dove si trova la borsa infiammata. Il trattamento prevede in questi casi l’uso di un ago 23G, da utilizzare dopo aver chiesto al paziente di distendersi e tenere le ginocchia lievemente sollevate: dopo aver identificato e marcato l’area sensibile sul margine laterale del femore, si inserisce l’ago nella borsa oltre ai tendini, fino al contatto osseo, e si inietta il farmaco in bolo.

16) Tendine infrapatellare

Una tendinite cronica può interessare atleti come saltatori e corridori, che sovrautilizzano e sottopongono a stree meccanici il tendine infrapatellare, determinando un dolore sottorotuleo. L’infiammazione spesso si localizza nel punto di origine del legamento, ovvero sul bordo inferiore della rotula. Il paziente deve stare in posizione distesa, con le ginocchia sollevate in estensione. Va posto il palmo della mano cefalica sul polo superiore della rotula e va inclinato quello inferiore verso l’alto, per poi identificare e segnare la zona sensibile all’origine del tendine, posta all’estremità distale della patella. Quindi va inserito l’ago (23G 30 mm) a metà strada dell’origine del tendine, con un angolo di 45° e poi iniettare la soluzione a ventaglio. Occorre essere certi di non iniettare il farmaco dento l’articolazione né nel corpo del tendine.

Un’articolazione piccola ma molto importante

Questa piccola articolazione svolge una funzione importantissima, ossia regola i movimenti della bocca nella masticazione e nella fonazione. È evidente come qualsiasi patologia che, attraverso il meccanismo del dolore, ne inneschi un blocco antalgico, determina una forte sensazione di malessere che richiede benessere immediato ed in questi casi la terapia infiltrativa rilevanti può trovare utili applicazioni.

Iniezioni intra-articolari

1- Capsulite acuta o cronica

Alla base del dolore in questa sede vi possono essere molteplici cause:

– un traumatismo (spesso sopo un incidente automobilistico o una rottura meniscale)

– artrosi, malallineamento dentario, digrignamento dentale notturno

– dolore subarticolare

– dolore durante la masticazione

– cefalee

In questi casi occorre palpare lo spazio articolare temporomandiblare subito davanti all’orecchio, con il paziente che deve tenere aperta e ferma la bocca. L’articolazione contiene un menisco e l’ago (25 G, 16 mm) va introdotto sotto tale menisco per penetrare nello spazio articolare. L’infiltrazione nell’articolazione è più facile quanto più la bocca è aperta.

La tecnica prevede che il paziente sia disteso con la testa appoggiata dal lato non malato, e la bocca aperta; va identificato e marcato lo spazio articolare; occorre quindi inserire l’ago verticalmente nel compartimento inferiore dello spazio articolare e va iniettata la soluzione in bolo (ad esempio cortionico).

In seguito va raccomandato al paziente di evitare il movimento eccessivo delle sezioni profonde della gola, come nel caso della deglutizione di una mela o di alimenti duri.

2- Malattie reumatiche

Quando la sintomatologia è caratterizzata da dolore, versamento o ridotta mobilità dell’articolazione e si punta a una terapia con acido ialuronico, si può adottare una tecnica differente dalla precedente.

Il paziente deve essere in posizione seduta, con il sito di iniezione costituito dalla cavità temporomandibolare. Dopo aver invitato il paziente ad aprire e chiudere la bocca per localizzare l’articolazione, si inserisce l’ago 25G perpendicolarmente al piano cutaneo, a circa 1,5 cm dal trago.

Iniezione peri-articolare

Dolore nell’area del massetere

Nell’ambito della terapia riflessa del dolore con anestetici locali, un settore di rilievo è costituito dal dolore che origina dal massetere e si irradia nella mandibola inferiore e all’angolo mandibolare, con risentimenti nell’arcata dentaria. Se in causa è una patologia dell’articolazione mandibolare sarà caratterizzata da dolore durante la masticazione.

La tecnica prevede inizialmente la preparazione di un ago 0,4 x 20 mm e di 1-2 mL di anestetico locale per il massetere, e di 1 mL per l’articolazione mandibolare. Quest’ultima va palpata davanti al meato acustico esterno a livello del trago. Con i movimenti della bocca, l’articolazione diventa chiaramente distinguibile. L’ago va inserito verticalmente per 0,5-1,0 cm, in due punti distinti lungo l’arco zigomatico.

Iniezioni intra-articolari

1- Capsulite acuta o cronica

Si ricorre alla via laterale in caso di artropatie degenerative, infiammatorie o traumatiche che determinano dolore all’interno e intorno al gomito, con limitazione della motilità, più nel senso della flessione che dell’estensione.

Il paziente deve essere in posizione seduta e con il gomito flesso a 90°. Occorre riconoscere il capitello del radio nell’area più esterna del gomito, quindi si identifica posteriormente l’interlinea tra omero e radio, ricorrendo a movimenti di prono-supinazione. Dopo avere determinato i margini dell’epicondilo dell’omero, il processo olecranico e la testa del radio, occorre effettuare l’iniezione al centro del triangolo che si è delineato, iserendo la siringa con un’inclinazione di 25-30° rispetto alla superficie cutanea.

Dopo alcuni giorni il paziente dovrebbe cominciare ad aumentare l’ampiezza del movimento, in particolare quello flessorio.

Iniezioni peri-articolari

1- Borsa olecranica

L’iniezione in quest’area va fatta in caso di borsite acuta o cronica, che può essere causata da una compressione prolungata o da un trauma sotto il gomito, oppure da poliartrite reumatoide o gotta, da processi infettivi. È una forma a volte definita come “gomito dello studente”. Si caratterizza da dolore alla superficie posteriore dell’articolazione del gomito, con dolore sia alla flessione sia all’estensione. Spesso la borsa appare evidentemente tumefatta.

Il paziente deve trovarsi seduto, a gomito esteso; va localizzata la borsa olecranica, sottocutanea, posta alla faccia posteriore del gomito e approssimativamente della grandezza di una pallina da golf. Va identificato il centro della zona sensibile della borsa e occorre inserire l’ago al centro della zona sensibile, con un’inclinazione di circa 45° rispetto al piano cutaneo, e iniettare la soluzione in bolo direttamente nella borsa.

In caso di gonfiore, occorre sempre aspirare prima di iniettare il farmaco; nel caso si riscontri liquido sospetto, non va fatta l’infiltrazione fino al termine delle analisi dell’aspirato. Nel caso una borsite emorragica dovuta a un traumatismo, la terapia consiste nell’aspirare immediatamene tutto il sangue prima dell’infiltrazione.

2- Epicondilo (gomito del tennista)

L’indicazione è una epicondilite o tendinite dei muscoli estensori (brachioradiale, estensore radiale del carpo, estensore ulnare del carpo), dovuta a sovrautilizzazione.

Il soggetto deve essere in posizione seduta, con il gomito flesso a 90°. Il punto di repere è costituito dall’epicondilo e dal punto laterale su cui nascono i tendini. Il sito di iniezione deve corrispondere al punto più doloroso; il farmaco va poi distribuito in modo uniforme in prossimità dei tendini del muscolo estensore delle dita e dell’estensore radiale breve del carpo. L’ago va mosso a ventaglio iniettando 0,1-0,2 ml di steroide in ogni punto doloroso per circa 180° (tecnica pepper pot).

3 – Epitroclea (gomito del golfista)

In questo caso l’indicazione è costituita dall’epitrocleite ovvero dalla tendinite dei flessori (flessore radiale del carpo, flessore superficiale delle dita, flessore ulnare e del carpo, palmare lungo). Anche qui la causa è una sovrautilizzazione dell’arto, che determina dolore alla faccia mediale del gomito aggravata dal sollevamento.

Il paziente deve essere in posizione seduta, con gomito flesso a 90°. Si localizza l’epitroclea e si identifica il sito di iniezione, corrispondente a quello più doloroso (va chiesto al paziente di flettere la mano contro una resistenza).

Dopo aver inserito l’ago, va distribuito il farmaco vicino all’inserzione del pronatore rotondo piccolo e grande palmare, flessore radiale del carpo, flessore superficiale delle dita e flessore ulnare del carpo.

Per questa indicazione, vi è anche una tecnica che prevede una via d’accesso anteriore (e non posteriore, come quella appena descritta). In tal caso il paziente è disteso con il braccio in estensione e vanno identificate le faccette anteriore dell’epicondilo mediale, da dove trae origine il tendine flessore comune. Va quindi inserito l’ago perpendicolarmente alle faccette, fino al contatto osseo, con diffusione a ventaglio della soluzione nel tendine.

4 – Inserzione del tendine del bicipite

Dolore al gomito da sovrautilizzazione, con dolore alla flessione contro resistenza e alla supinazione del gomito. Sono le caratteristiche di questa indicazione, dove l’iniezione interessa una piccola borsa sulla faccia anteromediale del radio, facilmente infiammata in caso di lesione del bicipite o del suo tendine.

Il paziente va posto in decubito ventrale, con gli arti superiori estesi e le palme a piatto sul tavolo. Fissato l’omero sul tavolo e posto l’avambraccio passivamente in pronazione, si può identificare la tuberosità radiale, due dita a valle della testa radiale; va inserito l’ago perpendicolarmente , fino al contatto osseo e inserita la soluzione a ventaglio nel tendine o in bolo nella borsa, o in entrambi se necessario. Se si ritiene si tratti di una doppia lesione, occorre iniziare il trattamento dalla borsa.

Dopo la terapia infiltrativa, va rispettata una settimana di riposo prima di intraprendere programmi di rinforzo progressivo.

Accesso peri-articolare

Spazio subacromiale – via anteriore

Questo accesso è indicato in caso di dolore o versamento o ridotta mobilità articolare. Il paziente deve trovarsi in posizione seduta, con le braccia rilassate e ad avambraccio flesso. I punti di repere sono costituiti dal margine inferiore dell’acromion e dall’articolazione acromio-claveare. L’ago va inserito perpendicolarmente al piano cutaneo, sotto il margine dell’acromion (circa a 1 cm dalla coracoide), e va mantenuta una lieve inclinazione verso l’alto e l’esterno della rima gleno-omerale.

Spazio subacromiale – via posteriore

Questo approccio è indicato in presenza di dolore concentrato a livello del tendine del muscolo sovraspinato. Il paziente deve stare seduto, a braccia rilassate e ad avambraccio flesso. Il punto di repere è costituito dal margine inferiore posterolaterale dell’acromion, mentre il sito d’iniezione – dove infiggere l’ago è rappresentato dall’inizio della curvatura anteriore dell’acromion, dove va cercato il punto di minore resistenza.

Spazio subacromiale – via laterale

Sei vi è una borsite subacromiale si ricorre a questo approccio. Il paziente deve stare seduto, con avambraccio flesso. Occorre localizzare il solco acromio-omerale. Il sito di iniezione è rappresentato dall’inizio della curvatura anteriore dell’acromion, cercando il punto di minore resistenza. L’ago va inserito perpendicolarmente al piano cutaneo e si deve mantenere una lieve inclinazione di pochi gradi in direzione craniale.

Tendine del capo lungo del bicipite

In presenza di una tendinite bicipitale, si fa sedere il paziente, con il gomito esteso e il braccio extraruotato. Quindi, si localizza il punto più dolente a livello della gola bicipitale e vi si inserisce l’ago con un’inclinazione di 10-15° rispetto al piano cutaneo, in direzione prossimale, parallelamente alla gola bicipitale. Attenzione: l’ago va retratto se si incontra resistenza all’infiltrazione per non correre il rischio di iniettare la soluzione dentro il tendine.

Area del processo coracoideo

La presenza di dolore in quest’area può essere dovuto a tendinite dell’inserzione del pettorale minore e del coracobrachiale, ma anche a sintomi da dolore proiettato alla sinistra dello stomaco e del cuore o da zone riflesse a destra del colon ascendente e dell’area del fegato. Si deve percepire una grossa protuberanza localizzaa circa 1-2 cm sopra la clavicola: è il processo coracoideo. L’ago va inserito verticalmente 2-3 cm sotto il margine inferiore della protuberanza palpabile e la soluzione contenuta nella siringa va somministrato a ventaglio, anche nel periostio.

Nervo sovrascapolare

La terapia infiltrativa mirata al nervo sovrascapolare è indicata in caso di capsulite acuta o cronica dell’articolazione gleno-omerale. Tale processo infiammatorio può essere dovuta a traumatismi, artrosi o poliartrite reumatoide, ma può anche essere secondario ad affezioni neurologiche o a diabete. Si manifesta con dolore nella regione del deltoide che può irradiarsi verso il basso e verso la mano. Il nervo sovrascapolare attraversa l’incisura sovrascapolare nella fossa sovraspinata e si dirige lateralmente per contornare il collo della spina della scapola, terminando nella fossa sottospinata. Innerva il sovraspinato e il sottospinato ed emette rami verso l’articolazione della spalla e l’acromioclavicolare. Le iniezioni a questo livello sono utili quando le iniezioni intra-capsulari non hanno avuto successo. La tecnica: il paziente deve essere seduto, appoggiato sulle braccia in posizione neutra; va identificata l’estremità laterale della spina della scapola, ci si sposta medialmente di un terzo della sua lunghezza e si segna un punto a un dito al di sotto della fossa soprascapolare; si inserisce l’ago perpendicolarmente alla fossa e si entra a contatto con l’osso; si inietta la soluzione in bolo.

Borsa subacromiale

Questa borsa si situa essenzialmente sotto l’acromion, ma la sua grandezza è molto variabile, e può estendersi distalmente all’inserzione del deltoide. La borsa può comunicare con la capsula dell’articolazione gleno-omerale. In caso di borsite cronica – causata da sovrauso prolungato o traumatismo – si ha dolore della regione del deltoide, spesso di scarsa intensità ma molto prolungato. La terapia infiltrativa prevede che il paziente stia seduto, con le braccia rilasciate sui fianchi per allontanare l’omero dall’acromion; identificare il bordo laterale dell’acromion; inserire l’ago nel punto mediano dell’acromion e orientarlo leggermente verso l’alto, sotto l’acromion, per introdurlo per tutta la sua lunghezza; ritirare leggermente l’ago e iniettare in bolo quando non si trova più resistenza. È importante dopo bendare la spalla in posizione di retrazione per due settimane; in seguito, quando il dolore sarà sparito, si potranno iniziare esercizi di rotazione laterale. I risultati di questo intervento – considerato il più diffuso in medicina ortopedica – sono considerati eccellenti. In caso di calcificazioni nella borsa, percepite come resistenza dura, si può ricorrere a un ago di grosso calibro con anestetico locale.

Tendine del sovraspinato

Il tendine del sovraspinato si inserisce sulla faccia superiore della grande tuberosità dell’omero che si situa in linea diretta con l’epicondilo laterale del gomito. Una linea che unisce i due punti attraversa il tendine che, in caso di tendinopatia cronica da sovraimpiego, causa dolore della regione deltoidea. La tecnica: il paziente è seduto, con gli avambracci rivolti medialmente; si identifica il tendine nell’incrocio tra l’acromion e la tuberosità, in linea diretta con l’epicondilo laterale; si inserisce l’ago perpendicolarmente attraverso il tendine, fino a contatto con l’osso; si inietta la soluzione a ventaglio, perpendicolarmente dentro il tendine (anche se molti non sono d’accordo su tale pratica). In seguito va osservato un riposo di almeno 2 settimane; quindi si potranno riprendere esercizi progressivi di controllo della postura.

Tendine del sottospinato

I tendini del sottospinato e del piccolo rotondo si dirigono vero l’alto e lateralmente e si inseriscono insieme nelle faccette medie e inferiori della faccia posteriore della grande tuberosità dell’omero. La tendinopatia cronica da sovrautilizzo porta a dolore nella regione del deltoide. La tecnica: il paziente è seduto o disteso, con le braccia sostenute ad angolo retto e mantenute in adduzione completa e in rotazione laterale; si identifica l’angolo posteriore dell’acromion: l’inserzione tendinea si situa allora a 45° sotto e lateralmente, in allineamento diretto con l’epicondilo laterale del gomito; si inserisce l’ago nel punto mediano del tendine, a livello della sua inserzione; si attraversa il tendine, fino a contatto con l’osso; si inietta la soluzione a ventaglio in due raggi in alto e in basso, lungo la giunzione osteotendinea. Consigliato poi un riposo di 2 settimane. A volte la lesione più che sulla giunzione osteotendinea si situa nel corpo del tendine: occorre allora inserire l’ago più medialmente, in corrispondenza di un’area sensibile. Inoltre, può capitare che coesista una borsite subacromiale: in questi casi è meglio infiltrare prima la borsa e solo in seguito, se i sintomi persistono, infiltrare il tendine.

Tendine e borsa del sottoscapolare

Il tendine del sottoscapolare si inserisce sul bordo mediale della piccola tuberosità dell’omero. È costituito da una struttura fibrosa di consistenza ossea alla palpazione. La borsa sottoscapolare è posta in profondità del tendine, davanti al collo della scapola e comunica solitamente con la capsula articolare della spalla. È sempre molto sensibile alla palpazione, anche quando non è infiammata. In caso di tendinopatia o borsite acuta o cronica da sovrautilizzo o traumatismo, si ha dolore nella regione del deltoide o davanti alla spalla. Il paziente deve stare seduto con le braccia lungo i fianchi, tenute a 45° di rotazione laterale; si identifica il processo coracoideo; ci si sposta lateralmente per percepire la piccola protuberanza della piccola tuberosità, facendo girare passivamente il braccio; si deve segnare la faccia mediale della tuberosità e si inserisce l’ago in questo punto, con una lieve angolazione laterale, fino al contatto osseo all’inserzione del tendine o in un piano sagittale attraverso il tendine per penetrare dentro la borsa. In seguito, va mantenuto il riposo per una settimana. In caso di infiammazione congiunta della borsa e del tendine, si possono infiltrare entrambi nello stesso momento, cominciando con un’iniezione a ventaglio nel tendine, da attraversare per poi infiltrare la borsa.

Capo lungo del bicipite

Il capo lungo del bicipite si situa in una guaina, nel solco bicipitale tra la grande e la piccola tuberosità. Si può palpare con le dita poste sul solco, domandando al paziente di contrarre il muscolo. La tendinopatia cronica, causata di solito da sovraimpiego, si manifesta con dolore della parte superiore e anteriore dell’omero. Tecnica infiltrativa: far mettere il paziente seduto, con i gomiti ad angolo retto; identificare la zona sensibile del tendine; inserire l’ago perpendicolarmente alla superficie cutanea nella parte più alta della zona sensibile, poi orientare l’ago verso il basso, parallelamente al tendine; iniettare la soluzione in bolo entro il tendine e la guaina. Raccomandare il riposo per una settimana.


Accesso intra-articolare

Articolazione acromio-claveare

L’infiltrazione in questa articolazione si effettua nei pazienti affetti da artrosinovite acuta (artrite reumatoide, osteoartrite, condrocalcinosi). Con il paziente seduto, si individuano la linea articolare superiore della spalla e l’estremità distale della clavicola. Il sito di iniezione è rappresentato dallo spazio articolare tra processo acromiale e clavicola. L’ago, verticale, va inserito perpendicolarmente al piano cutaneo.

Articolazione scapolo-omerale

Sempre in caso di artrosinovite acuta, si può ricorrere a questa via. Il paziente dev’essere seduto, mentre vanno cercati i punti di repere: l’acromion, la clavicola e l’apice del processo coracoideo. Il sito di iniezione, in cui l’ago deve penetrale verticalmente e perpendicolarmente al piano cutaneo, è esattamente laterale e prossimale a tale processo, circa 1-2 cm sotto la clavicola. Per evidenziarlo, tenere il braccio abdotto e porre in trazione l’omero verso l’esterno per aprire lo spazio tra omero e glena omerale.

Articolazione gleno-omerale

La cosiddetta “spalla congelata” è costituita da una capsulite acuta o cronica che interessa l’articolazione gleno-omerale. Di solito è determinata da un trauma oppure da artrosi o poliartrite reumatoide. Determina dolore nella regione del deltoide che può irradiarsi in basso verso la mano. Una linea obliqua immaginaria si muove in avanti dall’angolo posteiore dell’acromion verso il processo coracoideo attraverso l’articolazione della spalla. L’ago, su questa linea, attraversa il deltoide, il sottospinato e la capsula posteriore. La tecnica infiltrativa: il paziente è seduto, con le braccia conserte sul petto in modo che si aprano gli spazi articolari posteriori; si identifica l’angolo posteriore dell’acromion con il pollice e il processo coracoideo con l’indice; si inserisce l’ago direttamente sotto l’angolo e lo si fa progredire obliquamente in avanti, verso il processo coracoideo, fino a che l’ago entri in contatto della cartilagine intra-articolare; si inietta la soluzione in bolo. Di solito una iniezione è sufficiente, ma possono servire ripetizioni: ricorrere allora a intervalli crescenti (1 settimana, 10 giorni, 2 settimane) fino a 6 iniezioni in 2 mesi circa.

Accesso peri-articolare
 

Borsa trocanterica
Questo accesso è indicato nella borsite trocanterica (o trocanterite). Il paziente deve trovarsi in decubito laterale, con l’arto in flessione e il controlaterale steso. I punti di repere sono rappresentati dal grande trocantere e della borsa trocanterica. Come sito di iniezione bisogna fare riferimento al punto più doloroso. L’ago va inserito perpendicolarmente alla cute.

Borsa glutea
Le borse glutee sono di numero, forma e taglia variabili. Possono situarsi in profondità dei muscoli.


Intervista a Prof. Alberto Migliore, Responsabile UOS di Reumatologia, Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli, Roma, Presidente dell’Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare dell’Anca con Guida Ecografica (ANTIAGE)


Intervista al Dott. Orazio De Lucia, Dipartimento di Reumatologia e Scienze Mediche, UOC di Reumatologia Clinica, ASST Centro Traumatologico Ortopedico G. Pini-CTO


L’azione antinfiammatoria della miscela di Ossigeno e Ozono ha determinato il suo uso anche a livello articolare, soprattutto per i pazienti con gonartrosi cioè artrosi a livello dell’articolazione del ginocchio. La somministrazione deve avvenire con guida ecografica. Il Dott. Mauro Martinelli, Responsabile UOC di Medicina all’Ospedale San Pietro FBF Roma, ci spiega i risultati di un ampio studio condotto nel suo centro. Lo abbiamo incontrato a Lisbona per il congresso ISIAT 2019.


Intervista al Dott. Giovanni D’Avola, Responsabile servizio di Reumatologia, Ospedale San Luigi ASP Catania

Considerando le tre grandi categorie di farmaci utilizzati (acido ialuronico, cortisonici, anestetici locali) e le due principali classi di terapia infiltrativa (iniezioni intra-articolari ed extrarticolari) si può affermare nel complesso che:

  • il razionale della metodologia consiste nello sfruttare la specifica azione farmacologica dell’agente impiegato in modo locale e selettivo sull’area patologica e/o dolente.
  • il vantaggio conseguente è quello di potenziare l’effetto benefico, garantendo la massima concentrazione di principio attivo solo dove serve, evitandone una distribuzione sistemica e prevenendo così sia un uso aspecifico della sostanza iniettata, sia possibili effetti collaterali.

I cortisonici
I cortisonici iniettabili utilizzati abitualmente in terapia infiltrativa sono analoghi sintetici del cortisolo (idrocortisone), glucocorticoide surrenalico secreto dallo strato interno (la cosiddetta zona reticolare) della corteccia surrenalica.
Il cortisolo svolge numerosi effetti importanti, soprattutto a livello del metabolismo glucidico e proteico, ma ha anche un’azione antinfiammatoria dovuta agli effetti esercitati sulla migrazione dei polinucleati e dei macrofagi, e sulla soppressione della risposta immunologica dei linfociti.
In particolare, a livello della sinovia, i cortisonici esercitano i loro numerosi effetti essenzialmente modulando la trascrizione di molteplici geni e, in particolare, agendo direttamente sui recettori nucleari dei cortisonici per controllare il tasso di sintesi di mRna; l’intervento sulla sintesi delle proteine modifica la produzione di numerosi mediatori proinfiammatori, quali le citochine e altri enzimi. È utile sottolineare che i cortisonici, proprio per la loro specifica azione anti-infiammatoria, sono da utilizzarsi in tutti quei casi in cui c’è un processo infiammatorio in atto nell’articolazione, infatti, dopo il trattamento con cortisonico si nota quasi sempre una diminuzione del gonfiore articolare e del dolore. Pur non essendo stata dimostrata chiaramente la capacità delle iniezioni cortisoniche ripetute e/o prolungate di danneggiare le strutture articolari, a scopo precauzionale si lasciano sempre passare da due a quattro settimane tra un’iniezione e un’altra, e comunque il trattamento deve avere un tempo finito (da notare, poi, che secondo molti autori le segnalazioni si riferirebbero all’azione dell’anestetico presente nella miscela iniettata). In ogni caso, qualora dopo la prima iniezione di cortisonico non si notasse alcun beneficio sintomatologico, è buona norma non ripetere il trattamento e percorrere altre strategie.

Gli anestetici locali
Si tratta di farmaci stabilizzatori di membrana che agiscono inducendo un blocco reversibile della conduzione lungo le fibre nervose. Tra queste ultime sono le più piccole a essere maggiormente sensibili: pertanto è possibile effettuare un blocco diversificato qualora le piccole fibre veicolino il dolore e gli influssi autonomi, e siano risparmianti i tronchi più grossi e il movimento. La maggior parte degli interventi effettuati consiste in anestesie regionali e le concentrazioni plasmatiche arteriose d’anestetico locale necessarie all’effetto desiderato sono raggiunte in circa 15-20 minuti. Si possono avere ripercussioni sul paziente ambulatoriale nel caso in cui vengano iniettati volumi significativi di soluzione.

L’acido ialuronico
Il liquido sinoviale è un fluido viscoso che si trova all’interno delle cavità delle articolazioni sinoviali. Il suo ruolo principale è quello di ridurre la frizione fra i capi articolari e proteggere l’articolazione dagli stress meccanici. Le caratteristiche viscoelastiche del fluido sinoviale dipendono dal suo contenuto in acido ialuronico, in particolare, le sue proprietà reologiche (elasticità e viscosità) dipendono dal peso molecolare e dalla concentrazione dell’acido ialuronico in esso presente. Nelle patologie artrosiche la capacità di lubrificazione e ammortizzamento degli urti da parte del liquido sinoviale è solitamente ridotta a causa della diminuita concentrazione di acido ialuronico e del suo peso molecolare. Acido ialuronico con peso molecolare di 6 MDalton (caratteristico delle articolazioni sinoviali di un giovane sano) ed una concentrazione variabile fra 2-4 mg/ml, conferiscono al liquido sinoviale proprietà reologiche ottimali (viscosità ed elasticità), in grado di fornire una protezione efficace dell’articolazione, sia in termini di lubrificazione che ammortizzazione degli urti quando sottoposta a stress meccanici, siano essi di lieve entità (cammino) che più intensi (corsa, salto, allenamento sportivo).

È noto che l’acido ialuronico è in grado di svolgere anche  molteplici effetti biologici , aggiuntivi a quelli di tipo meccanico di shock-absorber (ovvero legati al potere lubrificante e ammortizzante) ovvero:

  • protezione dalla perdita di proteoglicani, dagli effetti citotossici dei radicali liberi dell’ossigeno e dall’apoptosi indotta dal monossido d’azoto
  • influsso su adesione, proliferazione, migrazione e fagocitosi leucocitaria
  • soppressione della degradazione della matrice cartilaginea
  • incremento della densità e vitalità dei condrociti
  • riduzione dell’infiammazione sinoviale
  • ripristino di una corretta morfologia sinoviale

Questi effetti biologici cellulo-mediati sono più marcati per le molecole di acido ialuronico a basso peso molecolare, mentre quelli di tipo meccanico sono più evidenti nei preparati con peso molecolare maggiore.
Oltre a regolare l’ambiente biochimico articolare ed a garantire al liquido sinoviale proprietà reologiche ottimali, l’acido ialuronico è un fattore fisiologico indispensabile per mantenere il corretto trofismo della cartilagine, infatti esso costituisce gli assi intorno a cui si aggregano i proteoglicani e regola i rapporti tra questi ultimi, i condrociti e il collagene cartilagineo.


Intervista al Prof. Fabio Donelli, Università degli Studi di Milano

Intervista al Dott. François Bailleul, V.P. Medical Affairs Biosurgery EU & Intl Genzyme, a Sanofi company

In questa intervista il dott Bailleul illustra le caratteristiche dell’acido ialuronico e il razionale d’impiego nell’osteoartrosi, focalizzando sulle proprietà e e le peculiarità degli acidi ialuronici cross-linkati.


Relazione integrale del Dott. Aditya Khemka

Intervista al Prof. Valter Santilli, Professore Ordinario di Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza- Università di Roma.

Una metanalisi di recente pubblicazione online ahead-of-print sulla rivista Joint Bone Spine (1) avrebbe evidenziato un vantaggio delle terapia intra-articolare con acido ialuronico (HA) nel migliorare la capacità funzionale e di quella con corticosteroidi (CS) nel ridurre il dolore associato alla rizartrosi.

sarebbe da approfondire il beneficio derivante dalla somministrazione concomitante dei due trattamenti, considerati singolarmente nella metanalisi in questione.
La rizartrosi è una condizione di frequente riscontro nelle donne ultre65enni, con una prevalenza pari al 30%. L’impatto sulla qualità della vita e la disabilità associate alla rizartrosi sono significative.

Secondo le raccomandazioni congiunte EULAR-ACR, la gestione ottimale della rizartrosi dovrebbe prevedere una combinazione di misure non farnacologiche, come l’applicazione locale di calore o di stecche, e di alcune modalità di trattamento farmacologico, con una predilezione per i trattamenti locali in luogo di quelli sistemici (2,3).
“Per quanto riguarda le iniezioni intra-articolari, le opinioni degli esperti divergono in merito alla loro applicazione nelle rizartrosi – scrivono gli autori nell’introduzione al lavoro.”

Nella rizartrosi, le infiltrazioni con CS sono raccomandate e quelle con HA potrebbero essere utili, secondo gli esperti EULAR (3). Invece, le due modalità di terapia intra-articolare non vengono raccomandate dagli esperti ACR (2).
Scopo di questa metanalisi è stato quello di valutare l’efficacia a breve e a medio termine delle due terapie infiltrative, prese singolarmente, su dolore, capacità funzionale e forza applicata per la presa di precisione.
Si è proceduto, pertanto, ad una ricerca esperta della letteratura sull’argomento, limitando la ricerca ai trial clinici controllati.
Sono stati individuati 6 trial che sono serviti per la messa a punto di 3 analisi metanalitiche: la prima sull’effetto di HA vs placebo, la seconda sull’effetto di CS vs placebo, e la terza sull’effetto di HA vs CS.
E’ stata calcolata la risposta media standardizzata (SRM) per ciascuno degli studi considerati, allo scopo di valutare la magnitudo dell’effetto del trattamento.
Le SRM in pool sono state calcolate, invece, in base a metodo ad hoc applicato alla singola metanalisi.

Tra i 429 pazienti inclusi nei 6 trial utilizzati per le 3 metanalisi, 169 erano trattati con HA, 147 con CS e 74 con placebo. La metanalisi sull’effetto di HA vs placebo (2 trial, 148 pazienti) ha documentato, a 12 settimane dal trattamento, una migliore capacità funzionale nei pazienti sottoposti ad infiltrazioni di HA (SRM −1,14 [−1,69;−0,60]) e nessuna differenza sulla percezione del dolore. Mentre la metanalisi sull’effetto di CS vs placebo (2 trial, 164 pazienti) non ha mostrato alcun beneficio del trattamento attivo sia in termini di dolore che di funzione, nella metanalisi che ha messo a confronto la terapia infiltrativa con HA con quella con CS (4 trial, 304 pazienti) non sono state evidenziate differenze nei due gruppi di trattamento attivo sia i termini di dolore che di funzione a 12 settimane dal trattamento. A 24 settimane, invece, il trattamento con CS ha determinato una riduzione significativa della percezione di dolore (SRM 1,44[0,14; 2,74]) rispetto ad HA, mentre la forza applicata per la presa di precisione è stata sensibilmente superiore nel gruppo trattato con HA (SRM −0,75 [−3,87; −1,97]).

Nel commentare i risultati, gli autori riconoscono che il loro lavoro era limitato, oltre che dal numero ridotto di studi controllati e di pazienti considerati per le metanalisi successive, da un’elevata eterogeneità per quanto riguarda gli outcomes, la lunghezza del follow-up, il numero di iniezioni e le tecniche impiegate per le infiltrazioni. Ciò ha reso difficoltoso un confronto diretto tra i singoli studi. Inoltre, la maggior parte degli studi impiegati per le metanalisi non erano di buona qualità metodologica, sottolineando le difficoltà legate al disegno di studi validi sulla terapia infiltrativa.

Tra i pregi dello studio, invece, gli autori hanno menzionato l’efficienza metodologica della ricerca di letteratura e l’applicazione di modelli metanalitici ad hoc che tenessero contro dell’eterogeneità dei risultati edella metodologia impiegata nei singoli studi.
“Nel complesso – concludono gli autori – i dati fin qui disponibili suggeriscono un qualche beneficio derivante dalla terapia infiltrativa con HA e CS nella rizartrosi, anche se la valutazione di efficacia è stata influenzata della’eterogeneità dei risultati osservati. Sono pertanto necessari nuovi studi di numerosità adeguata per confermare questi valori di tendenza osservati nel presente studio”
Sarebbe da approfondire, inoltre, il beneficio derivante dalla somministrazione concomitante dei due trattamenti, considerati singolarmente nella metanalisi in questione.

1. Trellu S et al. Intra-articular injections in thumb osteoarthritis: A systematic review and meta-analysis of randomized controlled trials. Joint Bone Spine (2015), http://dx.doi.org/10.1016/j.jbspin.2015.02.002
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2. Hochberg MC, Altman RD, April KT, et al. American College of Rheumatology2012 recommendations for the use of nonpharmacologic and pharmacologictherapies in osteoarthritis of the hand, hip, and knee. Arthritis Care Res (Hobo-ken) 2012;64:465–74
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3. Zhang W, Doherty M, Leeb BF, et al. EULAR evidence based recommandationsfor the management of hand osteoarthritis: report of a Task Force of the EULARStanding Commitee for International Clinical Studies Including Therapeutics(ESCISIT). Ann Rheum Dis 2007;66:377–88.
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HA e betametasone sono entrambi efficaci e ben tollerati nella gestione della rizartrosi, stando ai risultati di un trial di efficacia comparativa dei due trattamenti a 6 mesi, pubblicato ahead-of-print sulla rivista Joint Bone Spine. La terapia infiltrativa con HA, però, sarebbe da preferire al trattamento con CS nei pazienti con sintomatologia più severa, stando ai risultati ottenuti su un sottogruppo di pazienti più compromessi.

 

Come è noto, la rizartrosi è una condizione di frequente riscontro nelle donne ultracinquantenni ed è spesso bilaterale. “La prevalenza di questa condizione, documentata per via radiografica, è stimata intorno al 7% nel sesso maschile e al 15% nel sesso femminile, se si correggono i dati in base all’età – ricordano gli autori nell’introduzione al lavoro. – Negli ultra40enni di ambo i sessi, invece, la prevalenza della rizartrosi è pari al 21%, per salire al 35% nelle donne in post-menopausa.”

 

In alcuni pazienti, l’evoluzione della malattia si caratterizza per l’assenza di dolore al punto da passare probabilmente non diagnosticata nella comune pratica clinica. In altri, invece, è la progressione degli episodi comporta rigidità e deformità delle dita, con conseguente disabilità funzionale e dolore.

 

Mentre l’utilità della terapia infiltrativa con HA è ampiamente documentata nel trattamento della sintomatologia dolorifica legata all’OA che colpisce altre articolazioni, il suo impiego nella rizartrosi è limitato, anche se i risultati preliminari ottenuti sono promettenti.

“A tutt’oggi, comunque – continuano gli autori dello studio – la superiorità della terapia infiltrativa con HA come alternativa al trattamento con corticosteroidi (CS) nel trattamento della rizartrosi è ancora tutta da dimostrare, in quanto le evidenze disponibili derivate da piccoli trial clinici randomizzati non sono risolutive”.

 

Su questi presupposti è nato questo nuovo studio, un trial randomizzato e controllato disegnato allo scopo di determinare efficacia e sicurezza della terapia infiltrativa con HA di basso peso molecolare rispetto alle iniezioni con CS.

A tal scopo sono stati reclutati 88 pazienti (11 uomini e 77 donne, aventi un’età media di 62,8 anni) con rizartrosi in base ai criteri ACR (American College of Rheumatology). Questi sono stati randomizzati al trattamento intra-articolare eco-guidato con HA oppure con betametasone. Lo studio prevedeva 3 iniezioni locali nell’arco temporale di una settimana e valutazione degli endpoint a 7, 14, 30, 90 e 180 giorni.

L’endpoint primario di efficacia era rappresentato dal miglioramento clinico determinato sulla base del punteggio VAS (dolore percepito) e FIHOA (Functional Index For Hand Osteoarthritis) rilevati alla fine del follow-up rispetto all’inizio dello studio. Tra i parametri secondari di efficacia considerati nello studio vi erano, invece, l’analgesia, le variazioni dei punteggi riportati sul questionario validato sullo stato di salute SF-36 (relativamente al dominio fisico – PCS 36 – e mentale – MCS 36), nonché una valutazione delle condizioni complessive condotta sia dai pazienti stessi (autovalutazione) che dai medici ricercatori.

I risultati hanno documento, in entrambi i bracci di trattamento, una riduzione statisticamente significativa dei punteggi VAS e FIHOA nel corso del follow-up rispetto alle condizioni iniziali. Non sono state rilevate invece, differenze statisticamente significative nel confronto tra i 2 gruppi di trattamento. A 90 giorni, però è stato documentato mediante l’indice funzionale FIHOA un più rilevante miglioramento clinico con la terapia infiltrativa a base di HA (p=0,077).

Una sottonalisi condotta su pazienti con malattia più severa (punteggi VAS and FIHOA >5) ha mostrato, anche in questo caso, un vantaggio della terapia infiltrativa vs CS, come documentato dall’indice FIHOA (P=0,004), già rilevato a 14 giorni. In questo gruppo di pazienti, il punteggio VAS (dolore percepito) è anch’esso migliorato in modo statisticamente significativo rispetto al gruppo di confronto a 6 mesi (P=0,02)

Dal punto di vista della safety, entrambi i trattamenti sono risultati ben tollerati e non hanno determinato insorgenza di AE seri tali da interrompere il trattamento.

Solo 10 pazienti (5 trattati con CS e 5 con HA) hanno lamentato presenza di dolore locale di intensità minore o moderata a seguito dell’iniezione.

 

In conclusione, i risultati dello studio rimarcano l’osservazione secondo la quale la terapia infiltrativa con HA potrebbe rappresentare una buona alternativa in quei casi dove le strategie convenzionali non sortiscono effetti – come dimostrato dall’analisi del sottogruppo di pazienti con rizatrosi di maggiore gravità. Ciò, dunque, secondo gli autori del lavoro, apre nuove prospettive nella gestione di questa malattia.

Monfort J et al. Comparative efficacy of intra-articular hyaluronic acid and corticoid injections in osteoarthritis of the first carpometacarpal joint: Results of a 6-month single-masked randomized study. Joint Bone Spine. 2014 Oct 10. pii: S1297-319X(14)00200-0. doi: 10.1016/j.jbspin.2014.08.008. [Epub ahead of print]

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Intervista realizzata al Dott. Giovanni D’Avola Responsabile di Reumatologia e Ambulatorio di Osteoporosi, AUSL 3 di Catania in occasione del XLIX Congresso Nazionale della Società Italiana di Reumatologia (SIR)

Nel corso dell’intervista il dott. D’Avola ha parlato di una nuova tecnica infiltrativa applicata nell’infiltrazione in caso di rizartrosi. La tecnica prevede l’impiego di un supporto ecografico per individuare il punto di repere e l’impiego di un ago spinale per effettuare l’infiltrazione. Ad oggi la tecnica è stata utilizzata in 80 pazienti ed i risultati sembrano entusiasmanti.

Se si mettono a confronto il trattamento intra-articolare con acido ialuronico con quello con PRP o con steroidi, la prima opzione di terapia infiltrativa ha la meglio nel lungo termine rispetto alle altre opzioni disponibili.

Ciò è quanto emerge da uno studio pubblicato recentemente sulla rivista Ortopedia, Traumatologia Rehabilitacja.

Razionale e disegno dello studio
L’artrosi alla base del pollice rappresenta una condizione problematica per i clinici in ragione dell’efficienza limitata delle opzioni di trattamento disponibili.

Le iniezioni locali rappresentano una buona scelta di trattamento di questa condizione sia in ragione del quadro ridotto di effetti collaterali sistemici che per il rapido miglioramento della sintomatologia associata.

L’obiettivo di questo studio è stato quello di mettere a confronto l’efficacia nella pratica clinica reale delle iniezioni intra-articolari di PRP vs. quelle a base di acido ialuronico (HA) vs quelle con steroidi nell’artrosi dell’articolazione carpo-metacarpale del pollice, sulla base di alcune misure di outcome clinico e funzionale.

A tal scopo, sono stati reclutati 45 pazienti con artrosi alla base del pollice, valutata mediante palpazione per classificare la dolenza articolare. I gradi dolenza considerati erano 4:

Grado 1 (dolenza lieve)
Grado 2 (dolenza lieve con smorfia)
Grado 3 (dolenza severa con ritiro pollice)
Grado 4 (ritiro pollice da applicazione stimoli non nocivi)

Tra le scale di valutazione clinica utilizzate vi erano:

La scala VAS per la valutazione del dolore a riposo, compresa tra 0 (assenza di dolore) e 10 (peggior dolore sperimentato)

L’indice AUSCAN (The Australian Canadian Osteoarthritis Hand In -dex) per la valutazione della funzione della mano. Composto da 3 sottoscale (dolore, rigidità e dolore)

I test di valutazione della forza di presa della mano

Previa randomizzazione, questi pazienti sono stati assegnati in 3 gruppi uguali per numero di pazienti:

Il gruppo 1 è stato sottoposto a trattamento intra-articolare con PRP
Il gruppo 2 è stato trattato con infiltrazioni di HA
Il gruppo 3 è stato sottoposto a trattamento infiltrativo con steroidi

I pazienti dello studio sono stati rivalutati, dopo l’inclusione nella sperimentazione clinica, a distanza di 4 e di 12 settimane.

Risultati principali
Con riferimento alla classificazione della dolenza dopo 4 settimane dall’effettuazione dell’infiltrazione, si è avuto un miglioramento significativo di questo outcome in tutti i gruppi trattati (con la scomparsa del grado più severo di dolenza). Dopo 12 settimane, invece, solo i pazienti sottoposti a terapia infiltrativa con HA hanno mostrato un miglioramento significativo di questo outcome, mentre i pazienti degli altri due gruppi di trattamento hanno sviluppato di nuovo dolenza.

Passando all’indice AUSCAN di valutazione della funzione della mano, questo è migliorato in modo statisticamente significativo a 4 settimane (p= 0,0001) rispetto alla situazione di partenza, con le mediane (IQR) relative al punteggio funzionale prima dell’iniezione pari a 24 (22-25), 23 (20-25) e 22 (20-25), rispetto a 20 (18-20), 16 (14-18) e 16 (14-20), rispettivamente, a 4 settimane.

Il punteggio totale prima dell’iniezione è risultato pari a 35 (32-37), 33 (26-39) e 33 (29-35), rispetto a 28 (26-30), 22 (18-26) e 25 (21-26), rispettivamente, per i 3 gruppi a 4 settimane.

Tuttavia, la sottoscala funzionale e il punteggio totale sono andati incontro a peggioramento, a 12 settimane, nei paziento del gruppo 1 e del gruppo 3 (infiltrazioni di PRP e steroidi, rispettivamente), mentre sono migliorati nel gruppo 2 (infiltrazioni di HA), con le mediane (IQR) relative ai punteggi funzionali pari a 21 (18-22), 14 (12-16) e 22 (20-23), rispettivamente.

Un’analisi post-hoc ha mostrato un miglioramento significativo per i pazienti trattati con HA a 12 settimane.

Da ultimo, il trend osservato per l’indice AUSCAN è stato riproposto anche con riferimento al punteggio VAS e al test della forza prensile della mano.

Riassumendo
In conclusione, i risultati dello studio hanno dimostrato che il trattamento intra-articolare con PRP, HA o steroidi è in grado di indurre buoni risultati nell’artrosi alla base del pollice, con riferimento al dolore e alla funzione della mano. Solo HA, tuttavia, ha mostrato un effetto duraturo e migliori risultati relativi al dolore e alla funzione.

E’ opportuno, a questo punto, confermare tali risultati in nuovi studi che superino alcuni limiti metodologici intrinseci del lavoro, ammessi dagli stessi autori, quali la breve durata del follow-up che non ha consentito di determinare la massima durata dell’effetto osservato con HA.

Nicola Casella

Bibliografia
Abdelsabor Sabaah HM et al. A Comparative Study for Different Types of Thumb Base Osteoarthritis Injections: A Randomized Controlled Interventional Study.
Ortop Traumatol Rehabil. 2020 Dec 31;22(6):447-454. doi: 10.5604/01.3001.0014.6055.
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Nella prestigiosa cornice del centro convegni di Domus Mariae Palazzo Carpegna, il prossimo 3-5 ottobre si svolgerà a Roma la quarta edizione del congresso ANTIAGE, Associazione Nazionale per la Terapia Intra-Articolare eco-Guidata dell’Anca.

Incentrato sulla terapia infiltrativa e sulle nuove acquisizioni in questo settore e organizzato dai Dottori Albero Migliore e Sandro Tormenta , il convegno è oramai diventato un punto di riferimento nel panorama, italiano e non solo, di tutti coloro che si interessano di terapia intra-articolare.

«Questa nuova edizione è stata ampliata rispetto alla precedente – ha affermato il dott Migliore –  ci saranno i corsi pratici sulla terapia infiltrativa per tutte le articolazioni. Si parlerà di nuove terapie, come ad esempio la tribosupplementazione (a base di lubricina) e verranno forniti numerosi aggiornamenti sulle altre terapie. Un intero simposio sarà dedicato a una metanalisi bayesiana, ovvero la presentazione di un nuovo modello statistico di calcolo probabilistico per stimare l’efficacia dei vari trattamenti intra-articolari. Per quanto concerne gli iscritti possiamo già dire che il congresso è un successo. Abbiamo già raggiunto i 200 iscritti ai quali vanno aggiunti 60 docenti, contando le iscrizioni dell’ultima ora, penso che arriveremo a superare quota 300».

Nell’ambito del IV Simposio Nazionale, saranno messe a confronto le esperienze dei centri nazionali relativi ai prodotti utilizzati per la terapia intra-articolare, al loro dosaggio, agli effetti collaterali e alla loro efficacia nell’ambito delle malattie reumatiche con interessamento dell’anca quali artrosi, artrite reumatoide, e così via.

Sarà dato anche spazio alle diverse metodiche di imaging in rapporto alla diagnosi e all’outcome clinico nelle diverse patologie reumatiche.

Saranno anche presentate nuove prospettive terapeutiche con farmaci in via di sperimentazione. L’evento, di natura interdisciplinare, è indirizzato ai Soci e a tutti gli specialisti reumatologi, fisiatri, ortopedici, radiologi, internisti, terapisti del dolore, medici dello sport.

«La terapia intra-articolare è sempre più praticata dai clinici – conclude il dott Migliore – anche la tecnica sta raggiungendo sempre maggiore perfezione scientifica.  Sono anche all’orizzonte nuove possibilità terapeutiche che arriveranno nel medio o lungo termine, come la terapia genica e quella con cellule staminali». Non resta che darci un arrivederci a Roma per ANTIAGE 2012.

Tra pochi giorni, il 2 e 3 ottobre, prenderà il via il V simposio nazionale dei soci dell’ANTIAGE (Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare eco-guidata dell’Anca con Guida Ecografica). Si svolgerà nella sua sede ormai tradizionale, il The Church Palace, ed è organizzato dai Prof.ri Alberto Migliore e Sandro Tormenta.

Saranno messe a confronto le esperienze dei centri nazionali relative ai prodotti utilizzati per la terapia intra-articolare, al loro dosaggio, agli effetti collaterali e all’efficacia nell’ambito delle malattie reumatiche con interessamento dell’anca quali artrosi, artrite reumatoide, ecc. Sarà dato anche spazio alle diverse metodiche di imaging in rapporto alla diagnosi e all’outcome clinico nelle diverse patologie reumatiche.

Inoltre, saranno presentate nuove prospettive terapeutiche con farmaci in via di sperimentazione. Sono previsti otto corsi pratici di infiltrazione eco-guidata rispettivamente di anca, caviglia, mano, gomito, spalla, sacroiliaca, ginocchio e sulla mesoterapia nella patologia muscolo scheletrica.

“Tra i momenti a mio parere più vivi del convegno –dice il prof. Migliore– vi saranno le tavole rotondo in cui si parlerà della sinergia tra viscosupplementazione e terapia riabilitativa e quella in cui si discuterà se e come la terapia con acido ialuronico possa diventare una vera e propria terapia di fondo per l’artrosi. Altro momento particolarmente importante –prosegue Migliore- sarà la rivisitazione critica delle Linee guida internazionali per la terapia dell’artrosi, non sempre benevole verso la viscosupplementazione”

Una lettura sarà dedicata alla presentazione e allo stato di applicazione della legge 38 sul dolore, come contributo istituzionale alla maggiore attuazione della suddetta legge mentre una rotonda educazionale affronterà la tematica relativa alla sequenza dei trattamenti biologici nelle artriti infiammatorie.
Infine, una lettura di speciale rilievo sarà dedicata ai trattamenti sequenziali dell’osteoporosi, tema caldo in quanto le pazienti hanno bisogno di trattamenti prolungati e quindi di una sequenza terapeutica. L’evento di natura interdisciplinare è indirizzato ai soci e agli specialisti reumatologi, fisiatri, ortopedici, radiologi, internisti, terapisti del dolore, medici dello sport.

GUARDA IL PROGRAMMA DEL CONGRESSO
ANTIAGE Roma 2-3 ottobre 2014

Intervista alla Prof. Silvana Giannini Responsabile del Servizio di Radiologia e Diagnostica per Immagini, Casa di cura Villa Stuart, Roma


Intervista alla Dott.ssa Gaia Spinetti, Biologa ricercatrice, Multimedica, Milano


Intervista alla Prof. Silvana Giannini, Responsabile del Servizio di Radiologia e Diagnostica per Immagini, Casa di cura Villa Stuart, Roma

Intervista al Prof. Alberto Migliore, UOC Reumatologia Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, Roma

Intervista al Prof. Gianfranco Tajana, Ordinario di Istologia & Embriologia, Anatomia Umana Normale Facoltà di Medicina e Chirurgia e Dipartimento Scienze Farmaceutiche  – Università di Salerno

L’acido ialuronico è una molecola presente in tutti i tessuti del nostro organismo dove svolge innumerevoli funzioni.

A oggi  sono noti quattro recettori specifici per l’acido ialuronico che generano una risposta diversa, in base al peso molecolare della molecola di acido ialuronico coinvolta nell’interazione recettoriale.

Negli ultimi anni la responsabilità professionale sanitaria sta diventando una parte importante del contenzioso penale e civile in Italia ed occupa una quota considerevole dell’attività legale e medico-legale. Il terzo convegno di traumatologia clinica e forense, svoltosi a Salsomaggiore Terme dal 23 al 24 Novembre  e presieduto da Giuseppe Dell’Osso, Fabio M. Donelli e Giorgio Varacca, è stata un’occasione per affrontare e discutere questi argomenti di forte attualità.

Al di là degli “addetti ai lavori”, i soggetti interessati dal fenomeno, sia pure in una situazione contrapposta, sono da un lato il medico, dall’altro il paziente. Verosimilmente i medici non sono addentro alle tematiche della responsabilità professionale e vi si accostano solo quando sono chiamati direttamente in causa, ad esempio in occasione di un avviso di garanzia o di una citazione civile.
Purtroppo, le informazioni sull’argomento sono difficilmente accessibili e spesso frammentarie, ma, il soggetto coinvolto necessita di essere informato per poter gestire al meglio la situazione.

Il congresso di Salsomaggiore, è stato strutturato per spaziare dalle problematiche cliniche alle considerazioni medico-legali in ambito ortopedico. Le complicanze in ortopedia e traumatologia sono di particolare attualità in quanto la responsabilità professionale ha assunto un rilievo sempre maggiore dal punto di vista giuridico. In funzione di ciò, la condotta terapeutica dovrà essere attenta e diligente, dal planning pre-operatorio al decorso post-chirurgico, e altrettanto nella verifica del risultato, che dovrà essere oggettivamente documentato. In funzione di ciò, la condotta terapeutica dovrà essere attenta e diligente, dal planning pre-operatorio al decorso post-chirurgico, e altrettanto nella verifica del risultato, che dovrà essere oggettivamente documentato. Il moderno approccio chirurgico multidisciplinare, inoltre, consente di prevenire l’insorgenza delle complicanze nell’approccio pre-operatorio, riconoscendo l’eventuale presenza di condizioni clinico-patologiche che potrebbero rappresentare controindicazioni all’intervento proposto. All’interno della riunione scientifica è stato organizzato il corso di aggiornamento “Dal trauma alla riabilitazione nel gesto sportivo”, con la partecipazione di medici sportivi e di riabilitatori esperti, il corso “La riabilitazione del giovane anziano”, che ha trattato della prevenzione e delle problematiche posturali post-chirurgiche e un workshop sulle patologie e sulla gestione nutrizionale e riabilitativa negli sport da fatica.

Quindi un congresso che è stata un’importante occasione di incontro e confronto su temi che coinvolgono quotidianamente la professionalità del medico. Infatti, il mutamento nella visibilità sociale del professionista sanitario e la vasta normativa che nell’ultimo decennio ha coinvolto il mondo della sanità, ha fatto sì che l’attività sanitaria stessa sia sempre più caratterizzata da tematiche di natura giuridica e medico-legale che impongono l’assunzione di comportamenti adeguati ed altamente professionali.


Intervista al Dott. Raghu Raman, Academic Department of Orthopaedics, Hull and East Yorkshire NHS Trust Castle Hill Hospital, Cottingham, UK


Intervista al Dott. Simone Parisi, Reumatologo AOU Città della Salute e della Scienza di Torino

Napoli dal 10 al 12 ottobre 2012
Link al congresso: http://www.sigascot.com/

Il  simposio internazionale I.S.I.A.T. (International Symposium Intra Articular Treatment) è l’unico evento a dimensione internazionale dedicato esclusivamente alla Terapia Infiltrativa.

Questo evento rappresenta il momento di maggior aggiornamento in ambito di Terapia Infiltrativa.

Il programma prevede approfondimenti sugli argomenti e gli aspetti più recenti, quali:

Nuovi approcci per la terapia infiltrativa degli Acidi Ialuronici; gestione del dolore; terapie a confronto; il ruolo dell’ecografia nella terapia intra-articolare; Acido Ialuronico: le nuove tendenze, corsi pratici di iniezioni intra-articolari

Intervista al Dott. Leonardo Wolenski Reumatologo libero professionista di Cesena

Intervista al Dott. Salvatore Denaro, Direttore Unità Operativa Complessa di Medicina Fisica e Riabilitativa, Ospedale di Siracusa.

Intervista al prof. Beniamino Palmieri Dipartimento Chirurgia Mista Università di Modena

Roma dal 10 al 14 novembre 2012
Link al congresso: http://www.congressosiot.eu/


Intervista al Dott. Luciano Wolenski, Medico Chirurgo, Specialista in medicina fisica e riabilitativa, Cesena


Intervista al Dott. Angelo Baldari, Ortopedico, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli – Roma

L’interessamento dell’articolazione sacro iliaca in corso di spondilite anchilosante è molto frequente.

Nonostante la terapia con biologici il paziente può continuare a presentare dolore e disabilità.

In questi casi può essere indicata una terapia intra articolare con steroidi somministrati con tecnica ecoguidata.

Come farla lo ha spiegato il Dott. Emanuele Bizzi, Divisione di Reumatologia, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, Roma.
La relazione, che in questo video si può vedere integralmente, si è tenuta a Roma il 2-3 ottobre 2014 in occasione del V Simposio nazionale dell’ANTIAGE (Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare eco-guidata dell’Anca con Guida Ecografica).

Per lo svolgimento corretto della terapia infiltrativa, occorre disporre di un ambiente adatto dove effettuare le iniezioni e dotarsi di pochi ma indispensabili dispositivi e strumenti, i quali devono essere disposti in modo ordinato, così da non creare confusione e causare errori.

Mascherina, guanti e telini monouso
Questi semplici ma fondamentali ausili “usa e getta” di piccola chirurgia, che devono essere sempre utilizzati a ogni operazione, rappresentano strumenti fondamentali a garanzia dell’aspepsi, ossia di una condizione igienica ottimale, in corso di terapia infiltrativa. In questo modo si previene quanto più possibile il rischio di causare involontariamente infezioni che, specie se insorte a livello articolare, costituiscono temibili complicanze.

Aghi e siringhe sterili
Questi dispositivi, al contrario del passato, sono da molto tempo monouso, quindi sicuramente sterili appena aperti dalle singole confezioni, e vanno subito gettati negli appositi contenitori dopo il loro impiego. Un aspetto molto importante aggiuntivo è la disponibilità di varie taglie a seconda degli impieghi clinici.
Per quanto riguarda le siringhe, può essere ottimale dotarsi di tipi da 1, 2, 5, 10 e 20 mL, ricorrendo alla siringa di piccolo calibro da 1 mL per infiltrazioni a livello di tendini e legamenti. Inoltre può essere utile avere a disposizione siringhe da 50 mL per effettuare aspirazioni del liquido sinoviale.
Passando agli aghi, va sempre scelto il più sottile e di una lunghezza sufficiente a raggiungere la lesione (meglio usare un ago più lungo del necessario che uno troppo corto ed essere costretti a effettuare due punture). Le dimensioni degli aghi utilizzati in corso di terapia infiltrativa, solitamente variano da 16 a 120 mm di lunghezza per 1,2-0,5 di diametro. Il calibro degli aghi viene identificato con la lettera G (Gauge): all’aumentare del valore di G diminuisce il calibro dell’ago. Inoltre, ogni valore di G è associato ad uno specifico colore; ad esempio, un ago 20 G è contrassegnato dal colore giallo ed ha un diametro di 0.9 mm, un ago 18 G è contrassegnato dal colore rosa ed ha un diametro di 1,2 mm.

Disinfettante, garze, cotone idrofilo, cerotti, pinze, rasoi monouso
Sono dispositivi di primo soccorso molto diffusi che non possono ovviamente mancare nell’ambulatorio, allo scopo di concorrere ad assicurare l’asepsi. Il loro impiego, in particolare, interessa la fase di pulizia della cute prima dell’infissione dell’ago (il rasoio spesso è necessario per effettuare una tricotomia a livello degli arti) e, dopo l’estrazione dello stesso, per “chiudere” immediatamente la lesione di continuo. È importante verificare sempre il costante e adeguato rifornimento di questi ausili, a causa del loro uso pressoché continuo.

Farmaci da iniettare e prodotti per anestesia
Nell’immediatezza dell’arrivo del paziente, o già disposti in quantità utili per le varie esigenze, vanno disposti in modo ordinato sul carrello i farmaci che verranno utilizzati (solitamente acido ialuronico, cortisonici, anestetici locali). Occorre verificare sempre, ovviamente, la data di scadenza dei lotti e che siano state rispettate le indicazioni per la conservazione dei prodotti.

Preparati da emergenza per eventuali reazioni allergiche
In caso di reazione anafilattica dopo iniezione di un farmaco (eventualità rara ma possibile), occorre subito ricorrere a un’iniezione intramuscolare di adrenalina, che deve essere sempre immediatamente disponibile sul carrello (vedi scheda 9).

Provette per esami di laboratorio del liquido sinoviale
Sono strumenti indispensabili nei casi in cui si vogliano approfondire le caratteristiche del liquido sinoviale estratto mediante artrocentesi al di là dell’aspetto macroscopico: dalla conoscenza della concentrazione di neutrofili e globuli bianchi, infatti, è possibile classificare il liquido stesso in quattro tipi, indicativi, rispettivamente, di normalità o di una fra tre grandi categorie patologiche (non infiammatorie, infiammatorie, piartro).

L’ecografo
Un apparecchio ultrasonografico con sonde 3D e sonde multifrequenza, molto utile per lo studio delle patologie articolari, è divenuto uno strumento molto diffuso per l’effettuazione delle infiltrazioni ecoguidate (vedi scheda n.8). Una strumentazione di base ma efficiente può essere rappresentata da un ecografo con almeno una sonda lineare multifrequenza (6-12 Mhz) che consente lo studio sia di strutture superficiali (come i tendini delle dita) sia profonde (come le articolazioni coxo-femorali), con livelli di risoluzione almeno pari alla Rx e alla Tc. Indispensabile è anche un modulo color e power Doppler per verificare la presenza di flussi rallentati dovuti a ipervascolarizzazione flogistica in sede tendinea, muscolare e sinoviale. Gli esami vanno effettuati sul piano trasversale e longitudinale. Se si possiede una sonda 3D si può anche ricostruire il piano coronale. Indispensabili accessori, infine, sono una guaina coprisonda sterile e un gel sterile per poter eseguire in modo sicuro un’artrocentesi o un’infiltrazione in strutture profonde.

La caviglia è un’articolazione che richiede particolari accorgimenti per una corretta infiltrazione. Questo video vuole  vuole essere un supporto didattico all’infiltrazione di questa articolazione in quanto sono filmate e commentate tutte le fasi del trattamento infiltrativo, a partire dalla preparazione degli strumenti all’infiltrazione vera e propria.


Intervista al Dott. Simone Parisi, Reumatologo AOU Città della Salute e della Scienza di Torino

L’articolazione metatarsofalangea per la sua particolare struttura anatomica richiede l’impiego di un ago da insulina e meno di un ml di prodotto da iniettare. L’infiltrazione va eseguita con il ginocchio piegato ed il palmo del piede completamente appoggiato al lettino.

 

Questo video illustra l’infiltrazione del polso in cieco. In questo caso l’impiego della palpazione permette di individuare la zona da infiltrare che si percepisce come un piccolo avvallamento che si individua in maniera più chiara estendendo e piegando il polso.

Una delle patologie più frequenti a carico dell’articolazione trapezio metacarpale è l’artrosi, nota come rizartrosi. Trattandosi di un’articolazione superficiale e stretta, per l’infiltrazione è preferibile utilizzare un ago da insulina ed una quantità di prodotto da iniettare molto piccola, in relazione al volume dell’articolazione.

I video contenuti in questa sezione servono ad illustrare tutte le fasi di un’infiltrazione al ginocchio: dalla preparazione dello strumentario, all’individuazione dei punti di repere, all’esecuzione dell’infiltrazione.

Questo video illustra in modo dettagliato l’infiltrazione all’anca attraverso guida ecografica. La descrizione passo passo di tutti i passaggi necessari per l’infiltrazione, costituisce un’ottima guida per quanti si approcciano per la prima volta a questo tipo di trattamento, ma anche a quanti sono già esperti.

Questo video illustra in modo dettagliato tutte le fasi per eseguire una corretta infiltrazione al gomito.

Questo video illustra nel dettaglio tutti i passaggi per eseguire una infiltrazione  della spalla

L’esecuzione di un’iniezione in modo perfettamente asettico serve a garantire che non si procurino accidentalmente al paziente infezioni tramite inoculazione di germi veicolati dall’esterno mediante procedure non idonee o strumenti in condizioni igieniche non ottimali. Ciò è particolarmente importante nel caso di iniezioni intrarticolari; essendo un’articolazione una cavità chiusa, infatti, può rimanere gravemente danneggiata dall’inserzione di un agente patogeno. Per evitare tali rischi, devono essere predisposte le migliori condizioni ambientali e va ottimizzata la modalità di reperimento degli strumenti, affinché la procedura dell’iniezione avvenga nel minor tempo possibile, così da non esporre inutilmente il paziente a rischi di infezione.

La scelta dell’ambiente
Una premessa indispensabile consiste nell’individuazione di un locale ottimale per effettuare le iniezioni, che cioè risponda a precisi requisiti utili a mantenere le più elevate condizioni igieniche possibili. Questo locale dovrà essere: chiuso; utilizzato per pochi scopi e quindi frequentato da poche persone; oggetto di periodica disinfezione (anche di eventuali filtri di sistemi di aerazione o condizionamento); adatto dal punto di vista igienico (ossia caratterizzato da superfici di facile lavabilità e privo di oggetti sporcabili o che trattengano polveri); adeguatamente illuminato, al fine di conseguire velocemente e con facilità le operazioni del caso.

La predisposizioni dei materiali
Un aspetto fondamentale è costituito dalla preparazione dei materiali sul carrello o vassoio portastrumenti: lo scopo è quello di ridurre quanto più possibile i tempi della procedura, evitando anche contaminazioni accidentali. Pertanto, organizzando la disposizione in modo che tutto sia comodamente raggiungibile al momento opportuno, bisogna predisporre in modo razionale ed efficiente: mascherina, guanti e telini monouso; aghi e siringhe sterili; disinfettante; pinze; garze; prodotti per anestesia; farmaci da iniettare; preparati da emergenza per eventuali reazioni allergiche; provette per esami di laboratorio del liquido sinoviale; cerotti.

L’inserimento dell’ago
Come detto, la procedura di inserimento dell’ago va eseguita nel tempo più rapido possibile anche allo scopo di prevenire possibili infezioni. La sequenza delle operazioni prevede inizialmente, se necessaria, una tricotomia dell’area cutanea del paziente dove sarà inserito l’ago, con la richiesta al/alla paziente di togliere orologi o gioielli (di cui sarà ovviamente privo l’operatore sanitario). Bisognerà poi: individuare e segnare il sito di iniezione, detergere abbondantemente e a lungo la cute on un detergente e lasciar seccare; lavarsi le mani e asciugarle accuratamente (nelle ultime due operazioni è importante lasciar passare almeno un minuto per avere superfici cutanee secche, in quanto le infezioni si trasmettono molto più facilmente su superfici umide); indossare guanti sterili e posizionare il telino; utilizzare aghi e siringhe sterili monouso; cambiare l’ago dopo l’aspirazione del farmaco nella siringa; non toccare la pelle marcata dopo averla resa asettica, né aiutarsi con un dito nella guida dell’ago; estrarre rapidamente l’ago, chiudendo e comprimendo il punto di iniezione; disinfettare e medicare a piatto.

Intervista al Dott. Davide Cucchi, specializzando in Ortopedia, Università degli Studi di Milano

Intervista al Dott. Umberto Massafra Divisione di Reumatologia, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli – Roma

Secondo uno studio tutto italiano appena presentato al convegno annuale della Radiological Society of North America (RSNA), l’infiltrazione sotto guida ecografica di plasma arricchito di piastrine (PRP) migliora la funzionalità e riduce i tempi di recupero negli atleti colpiti da una malattia degenerativa ai tendini.

Il plasma ricco di piastrine (PRP) è, in pratica, un concentrato di piastrine ottenuto a partire dal sangue prelevato dal paziente da trattare. Questo estratto piastrinico può essere poi attivato per permettere il rilascio una serie di molecole e di fattori che vanno a costituire la porzione attiva del preparato. Il prodotto viene quindi iniettato sotto guida ecografica nella zona di destinazione, dove stimola la crescita e la guarigione cellulare.

Negli ultimi tempi, questo trattamento ha acquisto una popolarità crescente tra gli atleti professionisti di svariati sport che cercano di evitare periodi prolungati di recupero o l’intervento chirurgico. Tiger Woods, Peyton Manning, Kobe Bryant e Rafael Nadal, per citarne alcuni, sono solo alcune superstar dello sport che negli ultimi anni si sono sottoposte alla terapia con PRP.

“Il PRP permette la rigenerazione dei tendini e la riduzione del dolore grazie alle sue proprietà rigenerative e antinfiammatorie” ha spiegato la prima firmataria dello studio Alice La Marra, radiologa dell’Università dell’Aquila.

La Marra e i suoi colleghi hanno recentemente valutato l’effetto del PRP in un gruppo di 50 atleti che avevano una tendinosi degenerativa nel tendine di Achille, che collega il muscolo del polpaccio al calcagno, e 30 che avevano una tendinosi del tendine rotuleo, che collega la rotula alla tibia. La tendinosi è comune negli atleti ed è causata dalla reiterazione di un ciclo di danno e riparazione. Inoltre, il tendine di Achille e quello rotuleo sono comuni sedi di tendinosi.

I partecipanti sono stati sottoposti a iniezioni ecoguidate di PRP ogni 21 giorni per un totale di tre trattamenti e lo stato dei tendini è stato valutato mediante risonanza magnetica (MRI) effettuata prima delle iniezioni e 30 giorni e un anno dopo l’ultimo trattamento. Inoltre, i ricercatori hanno utilizzato misure standard della funzionalità e del dolore per determinare la gravità della tendinosi.

I pazienti con tendinosi del tendine di Achille hanno ottenuto nel complesso un miglioramento dell’80% del dolore e del 53% della funzionalità dopo il trattamento con il PRP, mentre quelli con una tendinosi del tendine rotuleo hanno avuto un miglioramento del 75% del dolore e del 50% della funzionalità.

L’intensità del segnale alla MRI, che fornisce una misura dell’integrità del tessuto, si è normalizzata nel 90% dei pazienti trattati con PRP.

“Il nostro studio ha dimostrato che nei pazienti trattati con PRP c’è stato un miglioramento della funzionalità , una diminuzione del dolore e una normalizzazione dell’intensità del segnale nella MRI” ha riferito l’autrice. “Pertanto, la nostra esperienza dimostra che l’infiltrazione di PRP può essere una buona alternativa terapeutica per il trattamento della tendinopatia del tendine di Achille e di quello rotuleo negli atleti”.

L’attuale trattamento per le malattie degenerative questi tendini dipende dalla gravità della lesione, dall’età e dal grado di attività del paziente, ha spiegato La Marra, e le opzioni terapeutiche comuni comprendono la terapia fisica, i corticosteroidi e il chirurgia.

“Il nostro studio ha dimostrato che il PRP è l’opzione migliore. Rispetto alle altre terapie, infatti, permette un recupero più rapido e più efficiente” ha affermato la dottoressa, sottolineando poi che l’uso di corticosteroidi è rischioso per gli atleti professionisti, in quanto può provocare alterazioni dei test anti-doping.

“Considerando i risultati ottenuti in questi anni, ci auguriamo che l’uso del PRP nelle tendinosi diventi routine per i pazienti che praticano attività sportive, anche a livello agonistico” ha concluso l’autrice.


Intervista al Prof. Antonio Frizzerio, Medicina Fisica e Riabilitativa, A.O.U di Parma


Intervista al Prof. Alberto Migliore, UOC Reumatologia, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, Roma

Intervista al Prof. Cosimo De Bari, Professore di Medicina e Primario di reumatologia, Università di Aberdeen, Scozia (Uk)


Intervista al Prof. Demirhan Diracoglu
Pain Medicine Department
Istanbul University

La terapia infiltrativa costituisce uno dei metodi più diffusi per il trattamento di molteplici patologie ortopediche, reumatologiche o di tipici traumatismi sportivi. Le iniezioni sono effettuate solitamente a livello intra-articolare con acido ialuronico o cortisonici o miscele di cortisonici e anestetici, oppure in sede periarticolare con cortisonici o anestetici (o miscele dei due farmaci).
Si distinguono due grandi categorie di patologie trattabili con questa tecnica: le malattie osteo-artro-muscolari e articolari, da un lato, e le patologie dei tessuti molli a origine mesenchimale, dall’altro.

Malattie osteo-artro-muscolari e articolari
In questa categoria rientrano tutte le forme con interessamento micro/macroarticolare e/o mono/poliarticolari dovute ad artrosi o ad artrite e le patologie sistemiche in grado di provocare idrarto. A tale proposito, le possibili cause del versamento possono essere differenti a seconda che il liquido sinoviale aspirato non sia infiammatorio (osteoartrosi, trauma, sinovite, disallineamento articolare), oppure infiammatorio (artrite reumatoide, gotta, condrocalcinosi, artrite psoriasica, spondilite anchilosante, sindrome di Reiter, reumatismo articolare acuto, lupus eritematoso sistemico, polimialgia reumatica, poliarterite nodosa, sarcoidosi, artrite reattiva, etc.) o, ancora, se il liquido è purulento (artriti settiche).

Le patologie a carico dei tessuti molli a origine mesenchimale
In questo caso siamo di fronte a una serie di fenomeni infiammatori che possono interessare vari tipi di strutture che, a seconda del distretto anatomico coinvolto, possono determinare un tipico quadro sintomatologico e di limitazione funzionale. In particolare rientrano in questa categoria: peritendiniti, tendiniti e tendinopatie, entesiti (infiammazioni delle inserzioni muscolari su un osso) ed entesopatie, capsuliti, tenosinoviti, borsiti, fasciti, fibrositi, sindromi radicolari.

I distretti anatomici interessati
Le malattie trattabili con terapia infiltrativa intra-articolare o peri-articolare sono accomunate dalla sintomatologia dolorosa. Ai fini della pratica ambulatoriale è utile la loro suddivisione in base ai distretti anatomici, ai fini sia della diagnosi differenziale sia dell’adozione della più adeguata tecnica terapeutica.

Arto superiore

– capsulite acuta o cronica: gleno-omerale (spalla congelata), acromioclavicolare
sternoclavicolare, del polso, del gomito, radio-ulnare inferiore (o rottura acuta del menisco), del pollice e delle dita
– borsite cronica: sottoacromiale, sottoscapolare, olecranica
– tendinopatia cronica: del sopraspinoso, dell’infraspinoso, del capo lungo del bicipite, dell’estensore comune (epicondilite o gomito del tennista), del flessore comune (epitrocleite o gomito del golfista), dell’inserzione del bicipite
– tenosinovite di De Quervain (del polso)
– noduli dei tendini flessori della mano (dita a scatto o polso a scatto)
– compressione del nervo mediano sotto il reticolo dei flessori


Arto inferiore

– capsulite acuta o cronica: dell’anca, del ginocchio, tibiofibulare superiore
– stiramento: dei legamenti coronari del ginocchio, della caviglia, subtalare
acuto o cronico del legamento collaterale mediale del ginocchio, del quadricipite
del legamento laterale della caviglia
– borsite acuta o cronica: del gluteo, dello psoas, trocanterica, ischiatica, infrapatellare, anserina, del tratto ileotibiale, del tendine d’Achille, delle articolazioni mediotarsiche, degli alluci
– tendinite cronica: degli adduttori, della loggia posteriore della coscia, infrapatellare, del gastrocnemio (tendine d’Achille), peroniera
– cisti sinoviale
– distorsione acuta o cronica del legamento deltoideo
– fascite acuta plantare


Rachide

– capsuliti acuti o croniche: dei processi articolari cervicali, lombari, dell’articolazione sacroiliaca, dell’articolazione temporo-mandibolare
– infiammazione delle radici nervose
– lombalgia acuta o cronica (sciatica)
– stiramento dei legamenti coccigei (sublussazione).

In tutto il mondo il dolore rappresenta la principale causa di richiesta di visita medica. Tanto è vero che è molto più difficile convincere un paziente a seguire una cura se la malattia non è accompagnata da dolore. La possibilità di controllare ed eliminare questo disturbo il più rapidamente possibile rappresenta l’obiettivo più ricercato dai pazienti. In quest’ambito rientra la riflessoterapia, basata su un’efficace stimolazione terapeutica di un’area al di fuori del luogo di origine del dolore: ciò produce una benefica reazione riflessa su tale luogo, con sollievo dal dolore. Un esempio è costituito dalla terapia infiltrativa con anestetici locali, iniettati nei cosiddetti trigger point, equivalenti concettualmente ai punti riflessi o dell’agopuntura.

In terapia del dolore con anestetici locali si distinguono quattro diversi metodi applicativi:

  • terapia segmentale: si basa sul concetto che ogni segmento neurale del midollo spinale è correlato embriologicamente a una zona della pelle e del connettivo (dermotomo), della muscolatura (miotomo) e dello scheletro (sclerotomo). Ciò permette di effettuare contemporaneamente un trattamento che interessi strutture e organi a livello profondo, intermedio e superficiale.
  • terapia locale: è la più usata e prevede l’iniezione dell’anestetico direttamente nel luogo del tessuto o dell’organo danneggiato, per esempio tendini, inserzioni muscolari, capsule articolari.
  • terapia di campo di interferenza: è un variante della precedente e prevede l’iniezione dell’anestetico in aree infiammate o sedi di cicatrici che determinano dolore a distanza senza correlazioni neurali (tipicamente nell’area della bocca-lingua-ipofaringe). Trattando il focus primario spesso scompare il dolore secondario a distanza.
  • blocco della via di conduzione nervosa: in questo caso la conduzione del dolore viene interrotta mediante iniezione dell’anestetico locale nei nervi periferici.

I distretti anatomici trattabili
I distretti trattabili mediante anestetici locali sono molti, come è facile dedurre, essendo potenzialmente interessate tutte le aree muscolari, tendinee e legamentose (ma anche articolari) oggetto di patologie che provocano una sensazione dolorosa. I più importanti sono:

Testa
cefalea (temporo/parietale, occipito/parietale)
– algie in sede temporale
– terapie a carico: del massetere, dell’articolazione temporo-mandibolare
a livello sovra e infraorbitario
– dolore miofasciale (disfunzione frontoparietale e occipitofrontale).

Colonna cervicale

– dolore aspecifico al collo
– artrosi interspinosa
– algie a livello: dell’elevatore della scapola, sternocleidomastoideo, del trapezio, del piccolo e grande nervo occipitale, delle articolazioni vertebrali C4-C6

Arti superiori

dolore della spallaanteriore, subacromiale, del processo coracoideo
– epicondilite laterale e mediale
– terapie a livello dei muscoli: deltoide, romboide, sopraspinato, infraspinato, bicipite, tricipite, supinatore
– terapie a livello: del processo stiloideo del radio e dell’ulna, dei nervi sovrascapolari e mediano
– tenosinovite stenosante
– terapia intrarticolare in sede: gleno-omerale (spalla), omero-radiale/omero-ulnare (gomito), radiocarpale (polso)
– rizartrosi.

Torace e addome

– dolore del triangolo xifoide-sterno-clavicola e interscapolare
– terapia a livello dei muscoli: pettorali maggiori, sternocostali, retto addominale
trasverso dell’addome
– trattamenti sottocutanei per: disturbi gastroduodenali, dolore pancreatico, dismenorrea, dolore epatico e da calcolosi biliare, dolore correlato a disturbi renali o delle vie urinarie, dolore correlato a patologie ovariche o a carico delle tube.

Colonna lombare e pelvi

– lombaggine
– sindrome piriforme
periatrite alle anche
– terapia a livello: degli adduttori ed estensori, delle articolazioni vertebrali lombari, dei nervi otturatore e cutaneo laterale femorale

Arti inferiori

– dolore: patello-femorale, del gracile, della zampa d’oca
– terapia a livello dei muscoli: bicipite, quadricipite, tricipite, peroneo
– terapia a livello del legamento collaterale mediale e laterale
– trattamento a livello dei nervi: infra-patellare, del tunnel tarsale, del compartimento tibiale posteriore, interdigitale
– dolore calcanale
– terapia sottocutanea antalgica: presso il menisco mediale e laterale, lungo la tibia
intorno al ginocchio
– iniezioni intra-articolari: a livello dell’ancadel ginocchio, in sede metatarsale.

Intervista al Prof C.H. Evans, Orthopedic surgery, Harvard Business School

Il lavoro del Prof. Evans ha illustrato i principali risultati ottenuti ad oggi sulla terapia genica intra-articolare.
L’utilizzo della terapia genica nel tessuto articolare è stato pionieristicamente effettuato per il trattamento dell’Artrite Reumatoide.
Il relativo successo di questo approccio terapeutico ha gettato le basi per il suo utilizzo nel trattamento di una patologia degenerativa cronica come l’artrosi.
Il razionale della terapia genica sta nel fatto che nonostante nuove proteine possiedano un grande potenziale nel trattamento dell’articolazione affetta da patologia degenerativo-infiammatoria, non è facile veicolarle nella sede articolare. Le proteine non possono essere assunte per via orale, in quanto metabolicamente labili, dovrebbero essere iniettate a livello dell’articolazione, ad intervalli regolari ed in grandi quantità.
Mediante un vettore, si riesce ad inserire a livello della sinovia geni in grado di codificare proteine con effetto potenzialmente terapeutico, che vanno ad accumularsi a livello della cavità articolare, dove devono espletare il loro effetto.

I risultati sono promettenti anche se sono necessari ulteriori studi per confermarne l’applicazione nell’uomo.

Nel suo articolo, il Dott. Orazio De Lucia (Istituto Ortopedico Gaetano Pini, Milano) parla del ruolo delle infiltrazioni con corticosteroidi che, nella pratica clinica quotidiana, sono utilizzate per ridurre l’infiammazione articolare nell’ambito di numerose patologie del sistema muscolo scheletrico.

La terapia infiltrativa per l’osteoartrosi, effettuata con glucocorticoidi o con acido ialuronico, è in grado di alleviare il dolore associato a questa condizione e, di conseguenza, di migliorare la mobilità articolare di questi pazienti.
Mentre l’analgesia assicurata dagli steroidi insorge tempestivamente ed è di breve durata, quella ottenuta con le infiltrazioni di AI è più tardiva ma anche più duratura.
L’attenzione della ricerca si è focalizzata, allora, alla verifica dell’ipotesi se il raggiungimento dell’analgesia in questi pazienti potesse essere conseguito in modo più efficace aggiungendo all’AI un GC ad azione ancillare.


Intervista al Dott. Sergio Crimaldi, Dirigente medico, U.O. Ortopedia e Traumatologia, Lucca.

Le malattie all’articolazione dell’anca sono molto frequenti nella popolazione adulta e la loro prevalenza aumenta con l’età. Osteoartrosi, artrite reumatoide e conflitto femoro-acetabolare rappresentano le affezioni più comuni che colpiscono l’articolazione dell’anca.

E’ utile la viscosupplementazione (VS) con acido ialuronico (HA) in questo contesto? Con quali finalità? Qual è il tipo di acido ialuronico da utilizzare, la tecnica di iniezione e la frequenza di trattamento ottimali?
A queste domande ha cercato di mettere ordine nella contradditorietà degli studi attualmente disponibili una review italiana pubblicata su Muscles, Ligaments and Tendon Journal.

Dalla ricerca sistematica esperta della letteratura, condotta su Pubmed e Google Scholar, sono stati identificati 26 articoli relativi all’impiego della VS con HA nei disturbi all’anca. L’eterogeneità dei modelli e dei protocolli impiegati ha reso praticamente impossibile effettuare una metanalisi degli stessi, con dati statistici definiti.

Dalla lettura dei lavori identificati, i ricercatori non hanno potuto fare altro che evidenziare, nelle conclusioni, la mancanza, allo stato attuale, di un consenso in merito alla standardizzazione della terapia intra-articolare con HA nell’osteoartrosi all’anca e in altre patologie interessanti questo distretto anatomico.

Nello specifico, non vi è consenso sul numero e sul timing delle iniezioni intra-articolari di HA da praticare, nè sulla tipologia di HA da impiegare.
I ricercatori hanno osservato, in base agli studi disponibili, che l’analgesia indotta dalla VS con HA è più rapida se si associa a trattamento con PRP o CS, anche se non è chiara la persistenza dell’effetto analgesico.

Il solo miglioramento osservato con la VS è stato sul dolore e sulla capacità funzionale (distanza percorsa al test della deambulazione – 6MWD), mentre non sono state documentate variazioni radiografiche nè è cambiata la progressione verso l’opzione chirurgica.
L’efficacia sulla sintomatologia è stata documentata solo nell’OA di grado lieve-moderato, in attesa di nuovi studi sulla malattia all’esordio e sulle popolazioni più giovani di pazienti.

Quanto alle altre condizioni morbose impattanti sull’articolazione dell’anca, gli studi disponibili sul ruolo della terapia infiltrativa con HA nell’AR o nel conflitto femoro-acetabolare sono ancora poco numerosi per trarre evidenze conclusive.
Nel complesso, i dati disponibili non consentono di considerare la VS con HA come un trattamento in grado di modificare la storia naturale dei disturbi all’anca. Quello che si può dire, allo stato attuale, è che questo trattamento si associa ad un miglioramento clinico in termini di alleviamento del dolore.

Bibliografia
Piccirilli E et al. Viscosupplementation with intra-articular hyaluronic acid for hip disorders. A systematic review and meta-analysis. Muscles Ligaments Tendons J. 2016 Jul-Sep; 6(3): 293–299.
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Uno studio di recente pubblicazione sulla rivista Journal of Knee Surgery sembra suffragare osservazioni già presenti in letteratura relative alla capacità della viscosupplementazione con acido ialuronico (HA) di ritardare il ricorso all’intervento di artroplastica totale del ginocchio. Se confermati, questi risultati potrebbero avere importanti implicazioni sia dal punto di vista clinico che economico (in termini di risparmi derivanti dalla procrastinazione del’intervento chirurgico.

Come è noto, la terapia infiltrativa con HA rappresenta una strategia terapeutica molto diffusa nella gestione dell’osteoartrosi (OA), in quanto in grado di ridurre la sintomatologia e di migliorare la qualità della vita dei pazienti affetti da questa patologia.

Non solo: un numero crescente di osservazioni e, da ultimo, i risultati di una consensus italiana sulla gestione del trattamento dell’OA con la terapia infiltrativa, concordano nel suggerire che questo intervento sarebbe in grado di ritardare il ricorso all’artroplastica.

Obiettivo del nuovo studio è stato quello di valutare l’associazione tra la viscosupplementazione con HA e il tempo all’intervento di artroplastica totale del ginocchio in pazienti affetti da gonartrosi.

A tal scopo, sono stati recuperati da un database assicurativo sanitario USA i dati relativi agli interventi di artroplastica totale del ginocchio effettuati in pazienti con gonartrosi, di età compresa tra i 18 e i 64 anni, condotto tra il 2006 e il 2011.

I pazienti recuperati da questa ricerca su database sono stati raggruppati in due coorti sulla base del trattamento pregresso o meno con HA prima del ricorso ad intervento di artroplastica.

Il tempo alla chirurgia, endpoint dello studio, è stato calcolato sulla base del numero totale di giorni intercorrenti dalla data della diagnosi di OA nel corso della prima visita presso un chirurgo ortopedico alla data di esecuzione dell’intervento.

In questo modo sono stati ottenuti risultati relativi a 22.555 pazienti sottoposti ad artroplastica del ginocchio. Di questi, 14.132 non erano mai stati sottoposti a terapia infiltrativa con HA mentre 8.423 sono stati sottoposti a viscosupplementazione.

L’analisi retrospettiva dei dati relativi a questi pazienti ha mostrato come il tempo mediano all’esecuzione dell’intervento di artroplastica totale del ginocchio fosse maggiore nei pazienti precedentemente sottoposti a terapia infiltrativa rispetto agli altri (908 vs 326, per una differenza pari a 582 giorni). Pertanto è emerso che i pazienti precedentemente sottoposti a viscosupplementazione mostravano uno spostamento “in avanti” del tempo alla chirurgia di quasi 1,6 anni rispetto a quelli non supplementati.

Tali risultati, pertanto, suffragano il ricorso alla viscosupplementazione come approccio iniziale al paziente con gonartrosi.

Bibliografia
Altman R et al. Association between Hyaluronic Acid Injections and Time-to-Total Knee Replacement Surgery. J Knee Surg 2015; epub ahead-of-print
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Un commento a cura del Prof. Alberto Migliore di quattro lavori recenti per cercare di fare chiarezza sulle raccomandazioni AAOS, ACR e OARSI. In più, i 10 lavori da non perdere pubblicati nel 2015.

Qual è il ruolo dei corticosteroidi nella terapia infiltrativa intra-articolare? Quali sono le principali caratteristiche dei corticosteroidi nella terapia infiltrativa? Cosa significa e quando utilizzare la terapia infiltrativa ancillare con corticosteroidi? Di questo e altro ancora si parla nel nuovo numero di Terapia Infiltrativa.

Uno studio condotto da ricercatori di Taiwan e USA, pubblicato recentemente sulla rivista Biomaterials, avrebbe dimostrato la capacità della combinazione HA+ PRP di riparare i danni degenerativi indotti da citochine pro-infiammatorie mediante ripristino dei meccanismi molecolari do condrogenesi alterati nell’OA. Lo studio avrebbe dimostrato anche l’efficacia della combinazione HA+PRP in terapia intra-articolare nell’attenuare la progressione della degenerazione cartilagine in un apposito modello animale.

E’ noto come HA, un glicosaminoglicano non solfato (GAG), presente nella matrice extracellulare (ECM) della cartilagine rappresenti un fattore di regolazione chiave nel mantenimento della funzione dei condrociti.

“Studi in vitro hanno documentato come HA abbia effetti anabolici e moduli l’infiammazione nei condrociti articolari e sinoviociti in ragione dell’inibizione specifica di metalloproteinasi di matrice (MMPs). – scrivono gli autori nell’introduzione al lavoro. – Inoltre è noto come la terapia infiltrativa con HA si accompagni a numerosi benefici funzionali quali l’attività anti-infiammatoria, l’inibizione del dolore articolare, il miglioramento della viscoelasticità e la riduzione della degradazione della matrice. (…) Gli effetti sulla rigenerazione sono tuttavia assenti o di piccola entità, per cui è stato ipotizzato che il trattamento con HA dell’OA severa debba essere corroborato dall’aggiunta di altri ausili terapeutici”.

“Anche PRP, un concentrato di fattori di crescita rilasciato da piastrine, trova, al pari di HA, ampio utilizzo in clinica – continuano gli autori dello studio. – e sono noti da tempo gli effetti benefici di PRP sulla rigenerazione della cartilagine. (…) PRP è in grado di aumentare la condrogenesi e la sintesi di ECM nonché di inibire le risposte infiammatorie nel tessuto cartilagineo. Nei processi di rigenerazione del tessuto cartilagineo, il PRP attivato forma anche un tappo di fibrina che fornisce la trama tridimensionale per l’adesione cellulare dei condrociti, con conseguente ricostruzione della cartilagine. Di qui il potenziale vantaggio della somministrazione di PRP nell’ambito dei processi di riparazione tissutale”.

Al fine di approfondire gli effetti terapeutici dell’associazione HA+PRP sul recupero dalla condizione di OA in un’ottica terapeutica futura, è stato condotto questo studio, nel corso del quale si è proceduto, in primo luogo, ad isolare e raccogliere condrociti primari provenienti dalla cartilagine articolare di 5 pazienti affetti da OA. Successivamente, è stato allestito un modello cellulare in vitro per riprodurre la condizione di OA, mediante stimolazione in laboratorio dei processi di dedifferenziazione ed infiammazione. A tal scopo sono state utilizzate per la stimolazione alcune citochine pro-infiammatorie quali IL-1beta e TNFalfa. La rigenerazione cartilaginea è stata indagata in un opportuno modello tridimensionale formato da condrociti incapsulati in una trama di collagene messa in coltura in presenza delle citochine sopra citate. Infine, è stato messo a punto un modello animale ad hoc per verificare l’efficacia pre-clinica del trattamento.

Grazie al saggio MTT di tossicità cellulare, sono state valutate le concentrazioni ottimali di HA e PRP per i condrociti. Successivamente, per esaminare se HA e/o PRP fossero in grado di ripristinare i fenotipi non indotti dall’infiammazione nei condrociti, è stata condotta un’analisi di espressione dei geni condrogenici ed infiammatori mediante RT-PCR. Anche per la valutazione del profilo di espressione di citochine e chemochine indotte dall’OA si è fatto ricorso a RT-PCR mentre con il modello animale murino messo a punto ad hoc, dopo induzione artificiale dell’OA mediante chirurgia, si è intervenuti dopo 4 settimane dal trattamento e 8 settimane dalla chirurgia ad analizzare istologicamente le articolazioni del ginocchio e le cellule ematiche associate all’infiammazione.
I risultati hanno documentato che la combinazione HA+PRP farebbe recuperare ai condrociti articolari la capacità proliferativa, ridotta dalle citochine pro-infiammatorie nonché il ritorno a fenotipi non legati all’OA. L’analisi del profilo di espressione di citochine e chemochine indotte dall’OA ha documentato anche una soppressione di queste citochine e chemochine a seguito del trattamento di combinazione HA+PRP. Non solo: i risultati delle analisi su matrici bi e tri-dimensionali hanno mostrato la capacità di ripristinare la rigenerazione di cartilagine a seguito del trattamento con HA+PRP mentre i risultati del modello in vivo hanno documentato che il trattamento è in grado di garantire il recupero da lesioni meniscali e rotture cartilaginee nonché di ridurre la presenza di cellule immuni legate all’OA.

Tali risultati, nel complesso, depongono a favore dell’impiego della combinazione HA+PRP come futura terapia clinica dell’OA per le proprietà rigenerative della cartilagine ed anti-infiammatorie.

Chen W-H et al. Synergistic anabolic actions of hyaluronic acid and platelet-rich plasma on cartilage regeneration in osteoarthritis therapy. Biomaterials 35 (2014): 9599-9607
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L’AMSSM (The American Medical Society for Sport Medicine), con un position statement pubblicato sulla rivista Clinical Journal of Sports Medicine (1), ha sostanzialmente confermato le raccomandazioni già esistenti in merito all’impiego della viscosupplementazione con acido ialuronico (HA), rispetto al trattamento intra-articolare con corticosteroidi (CS) o placebo, nei pazienti affetti da gonartrosi.
 
La nuova raccomandazione (position statement) è il risultato, in primo luogo, di un’analisi sistematica della letteratura sugli effetti del trattamento in questione in pazienti che soddisfano i criteri OMERACT-OARSI (the Outcome Measures in Rheumatoid Arthritis Clinical Trials–Osteoarthritis Research Society International), considerati più rilevanti dei metodi utilizzati in altre rassegne sistematiche di letteratura che hanno esaminato se le variazioni medie di efficacia osservate nei diversi gruppi di trattamento si traducesse in variazioni clinicamente rilevanti.
 
Nell’elaborare questo nuovo documento, gli esperti dell’AMSSM hanno sottolineato come sia importante guardare agli outcome di miglioramento del singolo paziente, in relazione al trattamento assegnato.
 
Alla rassegna sistematica della letteratura, condotta sui principali database bibliografici biomedici esistenti, è seguita una metanalisi a rete (network meta-analysis). Questa si differenzia dalle metanalisi tradizionali in quanto, mentre queste ultime riescono a confrontare due trattamenti uno contro l’altro (anche in presenza di un numero elevatissimo di trial) ma non sono in grado di analizzare i casi in cui i trattamenti da confrontare sono tre o più di tre, la metanalisi “ a rete” è in grado di fare confronti multipli indiretti. Il vantaggio è quello di ampliare la platea di dati disponibili sui quali effettuare le valutazioni statistiche tipiche della metanalisi.
 
Nel caso specifico, la metanalisi a rete messa a punto dagli estensori del documento AMSSM ha valutato la possibile esistenza di un beneficio derivante dall’utilizzo di formulazioni di HA a peso molecolare elevato o ridotto, utilizzate per la viscosupplementazione, con il trattamento intra-articolare con CS o con placebo.
 
Per fare ciò, è stata messa a confronto la percentuale di soggetti affetti da gonartrosi che sperimentava un miglioramento, documentato dai criteri di risposta OMERACT-OARSI, tra quelli sottoposti, rispettivamente, a terapia infiltrativa con HA, CS o placebo.
 
Sintesi dello studio e dei risultati principali
La ricerca sistematica della letteratura pertinente i fini dello studio, condotta su MEDLINE, EMBASE e Cochrane Central nell’arco temporale 1960-2014, ha portato all’identificazione di 11 articoli che soddisfacevano i criteri di inclusione. I pazienti inclusi negli studi individuati dalla ricerca bibliografica esperta avevano un’età media di 60 anni e, nella maggior parte dei casi, una severità di malattia di grado 2-3 secondo Kellgren-Lawrence.
Questi sono stati classificati, in base al BMI, in pazienti sovrappeso obesi.
 
La maggior parte degli studi individuati dalla ricerca sistematica della letteratura avevano seguito i pazienti per un tempo pari a 6 mesi. Due studi su 11, invece, prevedevano avevano una durata temporale di 12 e 18 settimane, rispettivamente.
 
Il numero di iniezioni variava da una somministrazione singola a 5 iniezioni settimanali, a seconda della preparazione utilizzata.
 
Gli studi avevano un numero medio di pazienti pari a 336, con una preponderanza di individui di sesso femminile.
 
La valutazione dell’esistenza di bias, effettuata con uno strumento Cochrane, non ha dimostrato l’esistenza di questo problema nella maggior parte degli 11 studi e dei domini analizzati. Il riscontro eventuale di bias era da ascrivere, nella maggior parte dei casi, a incompletezza o selettività nel reporting dei dati, oppure all’assenza di cecità nel disegno degli studi.
 
I risultati della metanalisi hanno dimostrato che i pazienti sottoposti a viscosupplementazione con HA a peso molecolare elevato o ridotto, avevano una probabilità superiore, rispettivamente del 15 % e dell’11%, di rispondere al trattamento, in base ai criteri OMERACT-OARSI, di quelli sottoposti a trattamento intra-articolare con CS o placebo (p<0,05 per entrambi i confronti).
 
Il trattamento con HA ha anche ridotto in maniera statisticamente significativa i punteggi WOMAC relativi ai domini “dolore” e “funzione” rispetto ai controlli, come pure i punteggi WOMAC relativi al dominio “funzione” rispetto alla terapia intra-articolare con CS.
 

Non solo: la terapia infiltrativa con HA ha mostrato un trend al miglioramento dei punteggi WOMAC relativi alla funzione “rigidità” rispetto agli altri gruppi, pur in assenza di significatività statistica.
 
Quanto alla safety, tra gli AE di più frequente riscontro sono stati segnalati episodi di artralgia, presenza di tumefazioni e rigidità articolare, equamente distribuiti in tutti i 3 gruppi di trattamento. Solo in uno studio utilizzato per la metanalisi, è stata documentata un’incidenza di artralgia, pari al 17%, nel gruppo sottoposto a viscosupplementazione con HA, ben più alta del 3,2% di incidenza osservato nel gruppo sottoposto a terapia intra-articolare con CS, anche la sintomatologia si è risolta spontaneamente entro 2-3 settimane dalla comparsa dei primi sintomi.
 
Raccomandazioni di trattamento
Alla luce dei risultati della network meta-analysis, l’AMSSM raccomanda il ricorso alla viscosupplementazione con HA nei pazienti affetti da gonartrosi di grado 2-3, secondo Kellgren-Lawrence, di età superiore ai 60 anni. Ciò in ragione dell’evidenza scientifica qualitativamente elevata (come documentato dall’impiego dello strumento GRADE) a favore del beneficio del trattamento, in termini di tassi di risposta OMERACT-OARSI.
 
La viscosupplementazione con HA, invece, è soltanto suggerita, anziché raccomandata, nei soggetti di età inferiore ai 60 anni, in ragione della moderata qualità dell’evidenza scientifica a favore dei benefici del trattamento.
 
L’ASMMS raccomanda, inoltre, il ricorso ai criteri di risposta OMERACT-OARSI per monitorare la risposta individuale dei pazienti alla terapia infiltrativa somministrata, auspicando, al contempo, la messa a punto di studi di qualità metodologica elevata, in grado di rispondere ai punti ancora oscuri relativi al beneficio clinico della viscosupplementazione con HA, soprattutto nella fascia attiva della popolazione (40-60 anni) e di migliorare la predittività di efficacia del trattamento.
 
Bibliografia
Trojian TM et al. AMSSM Scientific Statement Concerning Viscosupplementation Injections for Knee Osteoarthritis: Importance for Individual Patient Outcomes. Clinical Journal of Sport Medicine: January 2016 – Volume 26 – Issue 1 – p 1–11 doi: 10.1097/JSM.0000000000000274
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Intervista al Dott. Paolo Persod, Specialista Reumatologo, Cagliari


Intervista al Dott. Angelo Salomone Megna, Direttore dell’unità operativa di Malattie Infettive presso l’Ospedale Rummo, Benevento
Coordinatore della Scuola Siumb, Regione Campania

Intervista al Dott. Giovanni Boni, Medico dello Sport, presidente della Federazione Medico Sportiva regione Umbria


Intervista al Dott. Sergio Crimaldi, Dirigente medico, U.O. Ortopedia e Traumatologia, Lucca.


Intervista al Prof. Alberto Migliore, UOC Reumatologia, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, Roma

Obiettivo di questa pubblicazione è stato quello di passare in rassegna le modalità di utilizzo dell’ecografia a supporto della terapia infiltrativa in alcuni distretti anatomici (anca, ginocchio, spalla), e di dare alcuni consigli sul corretto svolgimento di queste procedure. Le infiltrazioni ecoguidate, infatti, rendono possibile non solo una visualizzazione diretta del tessuto da infiltrare ma anche un monitoraggio continuo e in tempo reale della punta dell’ago, insieme ad una valutazione dinamica delle articolazioni, dei tendini e delle strutture anatomiche adiacenti al distretto da infiltrare.
Ci siamo fatti aiutare da tre esperti anche per avere da loro consigli per la migliore applicazione di queste tecniche nella pratica clinica quotidiana.

Intervista al Dott. Giovanni Boni, Medico dello Sport, Foligno Presidente della Federazione Medico Sportiva regione Umbria


Intervista al Dott. Giovanni Boni, Medico dello Sport, presidente della Federazione Medico Sportiva regione Umbria

Intervista al Dott. Luciano Wolenski, medico chirurgo, specialista in medicina fisica e riabilitazione di Cesena, realizzata in occasione di un meeting di aggiornamento in reumatologia svoltosi a Bologna l’8 settembre 2012

L’infiltrazione intra-articolare del gomito è utile per il trattamento delle tendinopatie inserzionali esterne, interne, laterali o mediali.

Tra queste è possibile citare le patologie degenerative del tendine comune degli estensori laterali e del tendine comune dei flessori mediali e le artropatie degenerative e flogistiche.

Intervista al Dott. Leonardo Wolenski, Reumatologo libero professionista di Cesena, realizzata in occasione di un meeting di aggiornamento in reumatologia svoltosi a Bologna l’8 settembre 2012

La maggior parte dei dolori mediali del ginocchio è dovuta a una degenerazione meniscale. Il Dott. Wolenski ha condotto uno studio in cui ha identificato un pattern ecografico ben preciso di degenerazione meniscale. L’esperto ha trattato più di 100 pazienti con infiltrazioni eco-guidate di acido ialuronico con risultati soddisfacenti.

Le persone con problemi a livello della cartilagine articolare, soprattutto a causa dell’artrosi dell’anca o del ginocchio o per problematiche di tipo traumatologico, sono solite ricorrere ai benefici della terapia infiltrativa intra articolare. Oggi, tuttavia, non riescono a sottoporsi al loro ciclo di iniezioni a causa della situazione creatasi a seguito dell’epidemia da Covid-19.

Per tenere le articolazioni in buono stato, in attesa di poter quanto prima riprendere la cura, ci sono 3 consigli che vanno seguiti.

Ne parliamo con il Dott. Sergio Crimaldi, un vero esperto di terapia infiltrativa, specialista in chirurgia ortopedica e traumatologia, Responsabile della sezione nuove Tecnologie Articolari presso Humanitas, Castellanza (Va/Mi).

Ascolta “Terapie infiltrativa intra articolare: i problemi da affrontare durante l’epidemia di Covid-19” su Spreaker.
Ascolta “Terapie infiltrativa intra articolare: le 3 cose da fare in attesa di riprendere a fare le iniezioni” su Spreaker.

Intervista al Dott. Giovanni Boni, Medico dello Sport, presidente della Federazione Medico Sportiva regione Umbria


Intervista al Prof. Alberto Migliore, UOS di Reumatologia, Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli

Intervista al Dott. Giancarlo Rando, Fisiatra e medico dello sport, Ospedale San Lazzaro di Alba

Intervista al Dott. Salvatore Denaro, Direttore UOC Medicina Fisica e Riabilitazione ASP Siracusa.

Intervista al Dott. Mario Bentivegna, Reumatologo, ASP di Ragusa.

Intervista al Dott. Paolo Persod, Specialista Reumatologo, Cagliari


Intervista al Dott. Pietro Boni, Medico veterinario, Cannara, Umbria

Intervista al Dott. Michele Calderaro, Specialista in Ortopedia e Traumatologia, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli – Roma


Intervista al Dott. Calogero Corsello, ASP Agrigento/ P.O. San Giovanni di Dio/P.O. Sciacca

Va ad Alberto Migliore, reumatologo di Roma, il primato della classifica stilata da Expertscape tra coloro che si occupano a livello scientifico e clinico di terapia infiltrativa intraarticolare. Migliore è il primo in Italia, 2° in Europa e l’8° a livello mondiale.

Nell’immagine sottostante potete vedere la classifica completa. Guardate la colonna di destra (Expert) e all’ottavo posto troverete il nome del prof. Migliore.

Migliore presta servizio presso l’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma dove ricopre l’incarico di Direttore della UOS di Reumatologia nel Dipartimento di Medicina Interna. Dal 2005 è Fondatore e Presidente della “Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare dell’Anca con Guida Ecografica ANTIAGE– Onlus”. E’ la prima associazione nazionale per il trattamento ecografico delle affezioni reumatiche interessanti l’anca.

Experscape è un sito americano, ideato da ricercatori dell’Università del North Carolina, che basa la sua classifica sulla produzione scientifica degli specialisti nei vari settori della medicina, tenendo in considerazione soprattutto le pubblicazioni dell’ultimo decennio, valutando la qualità della rivista e la posizione come autore all’interno dell’articolo.

Il sistema, basato sull’analisi di una serie di parametri e diverse variabili, copre tutte le aree della medicina secondo parole chiave, identifica l’area di ricerca, valuta il numero delle citazioni e la posizione dei nomi fra gli Autori.

Complimenti vivissimi ad Alberto Migliore.

Anche quest’anno, nonostante l’emergenza Covid-19, si terrà il consueto appuntamento per tutti coloro che sono specializzati o appassionati di terapia infiltrativa intra-articolare. Dal 30 settembre al 2 ottobre verrà infatti organizzato il congresso annuale dell’associazione ANTIAGE, giunto quest’anno alla 8° edizione. Sarà organizzato da Dynamicom, education.

“A causa dell’emergenza Covid-19 abbiamo organizzato il convegno in modalità virtuale. Non potevamo non farlo perché questo è un incontro che si tiene ogni due anni ed è molto atteso dai colleghi infiltratori. Quest’anno siamo giunti all’ottava edizione e sono quindi 16 anni che lavoriamo a questo progetto”, spiega Alberto Migliore, Presidente ANTIAGE.

Ascolta “Terapia infiltrativa, prime anticipazioni del congresso ANTIAGE 2020” su Spreaker.

Come spiega il presidente, quest’anno il convegno si terrà nella fascia serale dalle 17 alle 20 attraverso una piattaforma multimediale dedicata, fruibile in diretta tramite connessione ad internet; questa tipologia di formazione è caratterizzata dalla sincronicità della partecipazione mediante il collegamento dei discenti e garantisce un elevato livello di interazione tra il relatore e i partecipanti, i quali possono richiedere di intervenire nelle sessioni dedicate alla discussione e scambiare opinioni ed esperienze.

Ci saranno 18 ore di presentazione, interazione e discussione, che daranno la possibilità ai discenti di ottenere 16,5 credi formativi.
I partecipanti potranno interagire con i relatori ma anche con le aziende, perché ci saranno stand virtuali con rappresentanti delle società farmaceutiche e non solo, sponsor del convegno.

I temi del convegno
Saranno presentate le linee guida della terapia intra-articolare nell’atleta che sono state appena completate e che sono in corso di pubblicazione. Si tratta di una novità in ambito internazionale, in quanto la Federazione Italiana di Medicina dello Sport è la prima a livello mondiale a redigere un testo simile.

Ci saranno altri interventi interessanti sull’uso della terapia rigenerativa intra-articolare, le evidenze e le prospettive che essa può portare al campo infiltrativo.
Si farà il punto sulla tecnica di infiltrazione del disco intervertebrale così come si apriranno gli orizzonti sull’uso di prodotti per via periarticolare.

L’imaging avrà la sua parte con la presentazione delle linee guida della società europea di radiologia muscolo scheletrica per la guida di immagine nelle procedure interventistiche.
Sarà presentata la strategia “treat to target” nell’artrosi, frutto di una consensus internazionale guidata dal team ANTIAGE, e saranno messe a fuoco le potenzialità della terapia intra-articolare in questo contesto.

Saranno presentate le diverse linee guida prodotte dal gruppo EUROVISCO sulla viscosupplementazione e ci sarà anche una tavola rotonda virtuale molto interessante e attiva con una dozzina di “hot questions” sull’uso della terapia biologica al quale seguirà un “take home the message” molto pratico per i professionisti.

Come partecipare al convegno

Per partecipare al convegno gli utenti dovranno accedere al corso attraverso la piattaforma web del Provider http://dynamicomeducation.it.

Al termine della sessione ogni utente dovrà completare l’iter sulla piattaforma ww.dynamicomeducation.it compilando il questionario di apprendimento e il test di gradimento per poter concludere l’evento e scaricare l’attestato ECM di partecipazione, maturando il numero di crediti formativi previsti e riconosciuti dall’ente regolatore.

E’ da circa 60 anni che la terapia infiltrativa ha fatto il suo ingresso in medicina. Da allora si è diffusa rapidamente e ha interessato numerosi settori, dal sollivevo alle articolazioni colpite dall’artrosi alla medicina sportiva e, di recente, si è estesa anche all’utilizzo in alcune patologie dell’animale.

Di questo si parlerà il 5 e 6 settembre a Morcone in provincia di Benevento dove si terrà il ”Corso integrato clinico-radiologico di interventistica osteomuscoloarticolare: le infiltrazioni”.

La terapia infiltrativa non è altro che l’impiego locale di farmaci o agenti che vengono iniettati nella sede anatomica di interesse. Questo tipo di terapia può essere effettuata secondo tre principali modalità di iniezione (intrarticolare, periarticolare, nei punti “trigger”), mirate sempre alla riduzione o abolizione della sindrome dolorosa. Il vantaggio principale di questa metodica è quello di portare il farmaco solo nella sede colpita, dove è necessario intervenire con una sua elevata concentrazione.

Considerando la tipologia di trattamento e la precisione nell’individuare l’esatta sede del processo infiammatorio, al medico servono molte esercitazioni pratiche più che la teoria in merito. A tal fine è stato organizzato un Corso integrato clinico radiologico, focalizzato molto all’applicazione pratica del trattamento del dolore cronico osteomuscoloarticolare sia nell’uomo che nell’animale.

Il Dott. Carlo Venditti, dirigente medico di reumatologia presso l’Azienda G. Rummo di Benevento e presidente del convegno ha dichiarato al nostro giornale: “E’ un corso teorico-pratico, sottolineo molto pratico, in cui parleremo di infiltrazioni dando delle nozioni che sono squisitamente applicative perché ci sarà una buona parte del corso con prove sul campo, come fare infiltrazioni ecoguidate sia per chi non le ha mai fatte sia per chi già ha già una certa infarinatura.”

Durante il corso si parlerà di medicina dello sport; in questo settore, le infiltrazioni vengono utilizzate affinché la parte lesa nel gesto sportivo possa recuperare il prima possibile senza provocare danni permanenti all’atleta. In genere, nello sportivo le infiltrazioni si utilizzano in lesioni muscolo scheletriche e sotto guida ecografica. Bisogna considerare che il gesto sportivo ciclico è una condizione preartrosica e quindi in questo caso l’infiltrazione ha valore di prevenzione. Si infiltrano prodotti medical device spesso ad alto peso molecolare, ma anche prodotti omotossicologici. I gel piastrinici, invece, vengono usati soprattutto in caso di lesione muscolare.

Ci saranno poi delle esercitazioni su pezzi anatomici animali e/o su manichini ma anche uno spazio dedicato alle ecografie sull’animale, in particolare su cavalli e cani.

Il dott. Venditti ha evidenziato che: “La giornata è dedicata a tre tipologie di professionisti: medici veterinari, medici dello sport e reumatologi e il tutto sarà improntato al concetto di “one health” , “una sanità” cioè un approccio integrato della medicina umana e medicina veterinaria. Infatti, le patologie animali e quelle umane sembrano molto lontane in realtà un trait d’union sono proprio le infiltrazioni.

Sia le artriti che le patologie del connettivo sono un argomento all’apparenza prettamente reumatologico ma anche gli animali sviluppano artriti, nel senso che anche negli animali si possono avere rigonfiamenti delle articolazioni. Infatti, il corso tratterà di artriti, poliartriti e connettiviti più che di artrite reumatoide o patologie del connettivo in maniera specifica.

Anche le connettiviti sono presenti nell’animale, magari in maniera meno accentuata rispetto all’uomo ma comportano comunque lo sviluppo di un’infiammazione di un’articolazione o di un tendine.” Il dott. Venditti ha proseguito sottolineando che: “Durante il corso si approfondirà l’impiego di fattori piastrinici nelle infiltrazioni.”

Si parla tanto di plasma arricchito in piastrine che ha la funzione di andare a stimolare nel nostro organismo alcune sostanze antinfiammatorie e sostanze che agiscono riparando il danno tissutale e agiscono anche nell’abbassare il dolore. Il PRP è usato soprattutto per le lesioni muscolari, tendinee e intrarticolari e consentono il raggiungimento di buoni risultati considerando bene prima le caratteristiche del paziente.

Il corso darà un ampio spazio alla trattazione dell’acido ialuronico in modo particolare sulla considerazione che ne va fatta. Il dott. Venditti ha dichiarato che: “C’è in atto un dibattito se considerarlo come farmaco o come medical device; si parlerà anche dell’eventualità di strutturare uno studio clinico in doppio cieco per valutare se effettivamente va considerato “farmaco”.

Il conclusione, le presentazioni del corso saranno molto di impatto visivo con immagini che rappresentano il problema e come affrontarlo attraverso la terapia infiltrativa e sarà un’importante occasione di scambio tra medici che affrontano in ambiti diversi lo stesso tipo di problematiche.

 

Emilia Vaccaro


Intervista alla Dott.ssa Annarita Saponara, medico di continuità assistenziale Azienda Sanitaria Matera e formato in Medicina Generale

Nel suo articolo il dott. Andrea Delle Sedie, dell’Università di Pisa, fa un esame della letteratura per fornire le evidenze sulle migliori vie di accesso per la terapia infiltrativa e su quali sostanze sia più opportuno infiltrare.

In questo speciale del congresso ISIAT 2019 di Lisbona parliamo di Linee Guida FMSI sulla terapia intra-articolare in Medicina dello Sport, biopsia sinoviale nel follow-up dell’osteoartrosi, combinazione a base di acido ialuronico cross-linkato e di triamcinolone esacetonide e molto altro.

Intervista al Prof. Alberto Migliore, UOC Reumatologia Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, Roma

In questo speciale del congresso ANTIAGE 2020 di Roma parliamo di raccomandazioni degli esperti di terapia intra articolare negli atleti emerse dalla Consensus indetta dalla Federazione Medico Sportiva Italiana, terapia intra-articolare nella strategia “Treat to target” dell’artrosi, viscosupplementazione e paziente sportivo, ritardo di protesizzazione dopo viscosupplementazione e molto altro.

Scopo di questa pubblicazione è analizzare gli infortuni da sovraccarico mettendone in luce la patogenesi, la presentazione clinica, la diagnostica e i trattamenti con particolare focus sulle patologie cartilaginee, dei tendini e dell’osso a prevalente pertinenza medica.

Intervista al Dott. Thierry Conrozier, Rheumatologue, Centre hospitalier de Belfort-Montbéliard


Intervista al Dott. Orazio De Lucia, UOC Divisione e Cattedra di Reumatologia, Istituto Ortopedico G. Pini, Milano

Intervista al Prof. Bruno Frediani, Dipartimento di Medicina Clinica e Scienza Immunologiche, Sezione di Reumatologia, Università degli Studi di Siena

Intervista al Dott. Maurizio Draghetti, responsabile della 5° unità di ortopedia del Villa Ombrosa Hospital, Gruppo San Donato di Bologna, realizzata in occasione di un meeting di aggiornamento in reumatologia svoltosi a Bologna l’8 settembre 2012

Il trattamento infiltrativo è la terapia elettiva per i pazienti con artrosi, soprattutto nei casi in cui con la terapia antinfiammatoria e i farmaci antidolorifici non si ottengono risultati positivi. La terapia infiltrativa consiste nell’iniettare direttamente nell’articolazione farmaci per ridurre la flogosi e/o il dolore. In un’articolazione infiammata, è bene dapprima utilizzare un trattamento a base di cortisone per ridurre la flogosi e, successivamente, passare alle infiltrazioni di acido ialuronico.


Intervista al Dott. Angelo Salomone Megna, Direttore dell’unità operativa di Malattie Infettive presso l’Ospedale Rummo, Benevento
Coordinatore della Scuola Siumb, Regione Campania

Intervista al Dott. Sandro Tormenta Dipartimento Diagnostica per Immagini, Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli, Roma realizzata in occasione del IV simposio ANTIAGE svoltosi a Roma dal 3 al 5 ottobre 2012

L’evoluzione delle metodiche ecografiche rende possibile, ad oggi, vedere benissimo quasi tutte la articolazioni, ma anche, nel caso specifico dell’infiltrazione, un ago ed il farmaco da iniettare. Da questi presupposti è partita l’esperienza del gruppo del prof. Migliore che ha tracciato la strada ad altri colleghi all’uso della tecnica infiltrativa articolare sotto guida ecografica per migliorare la tecnica e, di conseguenza, l’accuratezza dell’atto infiltrativo. La metodica, sviluppatasi dapprima con l’anca, può essere applicata anche ad altre articolazioni quali la mano, il gomito, il piede e risulta essere un valido aiuto anche in fase diagnostica e per decidere l’approccio terapeutico da utilizzare e l’eventuale farmaco da iniettare.


Intervista al Dott. Karel Pavelka, Direttore Istituto Reumatologia di Praga

Intervista al Dott. Sergio Crimaldi, Dirigente medico, U.O. Ortopedia e Traumatologia, Lucca

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Relazione integrale del Dott. Anders Boesen


Relazione integrale del Dott. Maarten Janssen


Relazione integrale del Dott. Calogero Foti


Relazione integrale del Dott. Ali Mobasheri


Relazione integrale della Dott.ssa Raquel Largo

Le iniezioni di corticosteroidi o anestetici locali raramente  possono dare luogo a eventi secondari, che sono comunque transitori e di lieve entità. Pur non essendoci rischi specifici, per vari motivi è meglio evitare i trattamenti in corso di gravidanza e allattamento. Effetti secondari, comunque, sono sempre possibili, e si distinguono in due grandi categorie, locali e sistemici.

Effetti locali
Nella maggior parte dei casi sono dovuti a iniezioni di dosi o volumi eccessivi o a intervalli troppo ravvicinati.
– Aumento del dolore dopo l’iniezione: avviene di solito dopo un’iniezione nei tessuti molli e raramente dopo un’iniezione intrarticolare; sembra dovuta a un rapido assorbimento intracellulare di esteri microcristallini di corticosteroidi.
– Atrofia sottocutanea e/o depigmentazione cutanea: questi fenomeni solitamente avvengono in caso di iniezioni superficiali, in pazienti a pelle scura.
– Sanguinamento o ecchimosi: può avvenire nel sito di iniezione in soggetti trattati con anticoagulanti orali, acido acetilsalicilico, Fans con attività antipiastrinica significativa come il naprossene.
– Calcificazione dei tessuti molli: è una possibile complicanza dell’iniezione dei corticosteroidi nelle articolazioni interfalangee artrosiche, forse per fuoruscita  dei cortisonici dovuta a un aumento della pressione intra-articolare. Tali calcificazioni non provocano per effetti deleteri.
– Artropatia steroidea: è una possibile complicanza che è facilmente prevenibile avendo l’accortezza di distanziare le iniezioni di un intervallo di almeno 3 mesi.
– Rotture e atrofie tendinee: le prime possono essere provocate dai corticosteroidi e sono prevenibili effettuando iniezioni peritendinee. Le seconde possono insorgere in caso soprattutto di iniezione di anestetici locali in modo troppo circoscritto; per questo viene consigliata la tecnica “a ventaglio”, che prevede cioè un movimento orizzontale dell’ago inserito con distribuzione del farmaco su un’area più ampia.
– Infezione articolare: è una complicanza molto rara ma estremamente grave. Le cause sono poco chiare: potrebbero essere dovuta al trascinamento con l’ago di frammenti di pelle, oppure all’effetto immunosoppressivo dei cortisonici che favoriscono l’arrivo ematogeno dell’infezione da altri distretti. In ogni caso, questo tipo di infezione va riconosciuta subito. Elementi che inducono a sospettarla sono un gonfiore al sito d’iniezione, un aggravamento del dolore, la comparsa di febbre o di sintomi sistemici come cefalea e sudorazione, una disfunzione della parte affetta. In questi casi si impone un rapido ricovero ospedaliero dove l’aspirazione diagnostica del liquido intrarticolare e una coltura saranno fondamentili, dato che i segni alla Rm possono essere nulli in fase precoce. I germi più frequentemente coinvolti sono: S. aureus, E. coli, H. influenzae, M. tubercolosis. Tra i maggiori fattori di rischio vanno ricordati la presenza di protesi, le neoplasie ematologiche, una terapia corticosteroidea per via orale in atto, la presenza di diabete.

Effetti sistemici
Sono tutti molto rari e la loro gravità è estremamente variabile.
– Vampata vasomotoria al viso: interessa al massimo il 5% dei pazienti ed è il più frequente disturbo sistemico; dura al massimo 1 o 2 giorni.
– Perdita del controllo diabetico: in caso di iniezioni di corticosteroidi, si può avere un transitorio innalzamento della glicemia per una settimana circa. Bisogna avvertirne il paziente e il curante.
– Irregolarità mestruali: il meccansimo attraverso cui si manifesta questo disturbo non è noto.
– Soppressione dell’asse ipotalamo-ipofisario: può aversi dopo un’iniezione intrarticolare o intramuscolare di corticosteroidi, ma solitamente non determina conseguenze cliniche significative.
– Caduta significativa dei livelli ematici di proteina C reattiva e della velocità di eritrosedimentazione: questi parametri, indicativi della risposta al trattamento in caso di artrite infiammatoria, possono ridursi stabilmente per 6 mesi dopo iniezione intrarticolare di cortisonici. Occorre pertanto tenerne conto ed eventualmente avvertire il paziente e il curante.
– Anafilassi: reazioni gravi agli anestetici locali sono rare ma possono essere letali e vanno trattate subito con iniezione intramuscolare di adrenalina. Quelle ai cortisonici locali sono possibili ma spesso sono dovute agli stabilizzatori con cui sono miscelati nella siringa.


Intervista alla Prof.ssa Andrea J. Boon
Associate Professor of Physical Medicine, Rehabilitation and Neurology
Mayo Clinic, Rochester Usa

Intervista al Dott. Antonio Bernardo
Specialista ortopedico ambulatoriale presidio Sanitario Intermedio CVE
ASL Napoli 1 Centro

Raccomandazioni sull’utilizzo della viscosupplementazione nelle varie forme di artrosi, fattori predittivi di risposta al trattamento intra-articolare con acido ialuronico, analisi di costo efficacia dei trattamenti per ritardare la protesizzazione ma anche nuovi studi sulle combinazioni tra acido ialuronico e polialcoli come il mannitolo e il sorbitolo e sull’efficacia, ma anche la condrotossicità, di antinfiammatori non steroidei e cortisonici utilizzati a livello dell’articolazione.

Questi i principali argomenti discussi durante la 4^edizione del congresso ISIAT (International Symposium Intra Articular Treatment) presieduta dal prof. Alberto Migliore, direttore della UOS di Reumatologia nel Dipartimento di Medicina Interna dell’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma che si svolta a Budapest dall’1 al 3 ottobre.

Il congresso, che ogni due anni promuove le ultime ricerche e applicazioni cliniche nel campo del trattamento intra articolare, ha visto in questa terza edizione la partecipazione di 400 medici tra cui reumatologi, fisiatri, ortopedici, medici dello sport ma anche sinoviologi cioè specialisti nel trattamento delle patologie della sinovia come ha tenuto a specificare il prof. Beniamino Palmieri dell’Università di Modena.

«Sono molto soddisfatto perché al congresso hanno partecipato più di 400 colleghi che provengono da diverse parti del mondo. Sono stati presenti ben 39 Paesi e il livello delle presentazioni è stato di alto livello scientifico. Abbiamo avuto molte nuove idee e la conferma di tanti aspetti e si sono aperti nuovi orizzonti» ha dichiarato il prof. Migliore ai microfoni di Terapia Infiltrativa.

Il paziente è stato al centro del congresso sia per quanto riguarda il trattamento precoce al palesarsi dei primissimi sintomi, come sottolineato più volte nella tre giorni, sia nell’assegnazione del giusto trattamento al giusto paziente come evidenziato dalla relazione del dr. Raghu Raman dell’Academic Department of Orthopaedics, Hull and East Yorkshire NHS Trust Castle Hill Hospital, Cottingham in UK.

«Tra i temi principali che mi piace ricordare»-ha sottolineato il prof. Migliore – «emerge il problema di trattare i pazienti più precocemente possibile e quindi il problema dell’identificazione per quanto riguarda l’artrosi soprattutto delle fasi precoci di malattia. Se ne è parlato specificatamente e in diverse relazioni»

La centralità del paziente è stata ribadita anche nella relazione della dr.ssa Serenella Bacciu del dipartimento di Medicina Fisica e Riabilitativa Univ. Tor Vergata Roma, che ha valutato la condrotossicità da farmaci (come antinfiammatori non steroidei, corticosteroidi, etc) nel trattamento intra-articolare. Tale tossicità può manifestarsi con diversi gradi di intensità a seconda della sensibilità soggettiva del paziente.

«Gli altri aspetti trattati nel simposio»-ha aggiunto il prof. Migliore- «riguardano le nuove frontiere che si aprono davanti a noi; si è parlato di terapia rigenerativa, si è parlato di come modulare le cellule staminali residenti all’interno dell’articolazione.

Si è parlato delle nanoparticelle, di come poter veicolare all’interno dell’articolazione certi prodotti e fare in modo poi che questi possano essere coinvolti nella loro attività terapeutica pian piano nel tempo (quello che è il lento rilascio o un rilascio programmato) dei diversi prodotti perché non siano immediatamente assorbiti all’interno dell’articolazione oppure per via sistemica».

Il congresso è stato anche ricco di sessioni pratiche sulle modalità di iniezioni intra articolari con diversi farmaci e medical device e dell’importanza dell’ecografia dalla diagnosi, al trattamento fino al follow up post iniezione.

«Si è cercato anche di fare chiarezza sui diversi prodotti a base di acido ialuronico» ha precisato il prof. Migliore «e del perché esistono così poche evidenze; si è parlato molto della discrepanza tra le raccomandazioni che sembrano essere negative e la pratica clinica segnata dalla soddisfazione di medici e pazienti.

Abbiamo approfondito l’argomento in modo analitico, scientifico rivisitando i lavori che in questi anni sono stati pubblicati da colleghi e da team di esperti. Si è parlato del technical expert panel dell’ISIAT e del lavoro che ha fatto su questa discrepanza tra lavori e pratica clinica».

In merito alla pratica clinica sulle infiltrazioni intra-articolari è stato presentato il lavoro che vede come autori diversi esperti italiani e internazionali tra cui il prof. Migliore e il prof. Santilli. L’articolo è una fotografia dello stato dell’arte della terapia infiltrativa in Italia grazie alla collaborazione delI’Istituto Superiore di Sanità.

E’ stata dipinta anche la situazione della “lotta” per arrivare ai rimborsi della terapia intra-articolare in altri Paesi come nel caso della Francia che è stato presentato dal dr. Emmanuel Maheu del dipartimento di Reumatologia Saint-Antoine Hospital di Parigi.

Il dr. Conrozier ha portato avanti un gruppo di esperti di cinque Paesi in Europa per trovare un consenso condiviso sui punti fondamentali della terapia intra-articolare.

In conclusione, l’edizione 2015 del congresso ISIAT di Budapest è stato un momento unico per fare il punto della situazione del trattamento intra articolare a livello europeo e per cercare delle soluzioni comuni a questioni ancora aperte attraverso raccomandazioni per la pratica clinica e consensus per una corretta gestione condivisa. Come ha aggiunto il prof. Migliore, salutandoci: «Questa è stata la base per il convegno futuro che faremo tra due anni a Istanbul».

Emilia Vaccaro

L’artrite reumatoide (AR) è una malattia autoimmune che colpisce le articolazioni (circa l’1% della popolazione). Può diventare una condizione molto grave se non trattata adeguatamente o trascurata con danno al tessuto osseo e grave deformazione delle articolazioni. Inoltre è anche associata ad una serie di complicazioni sistemiche. Ad esempio questi pazienti hanno un tasso di malattie cardiache pari a quello di pazienti diabetici.

Le linee guida esistenti per il trattamento dell’AR raccomandano il ricorso ad un trattamento precoce della malattia per raggiungere l’obiettivo della remissione clinica oppure, nel caso di patologia di vecchia data associata a comorbilità, almeno l’obiettivo della minima attività di malattia (LDA).

Per raggiungere ciascuno dei due obiettivi sopra enunciati, gli estensori delle LG raccomandano l’adozione di strategie di trattamento basate sul frequente monitoraggio e l’aggiustamento del trattamento farmacologico su base individuale (approccio meglio noto come T2T – treat-to-target) (1).

I corticosteroidi (CS) – in formulazione orale, parenterale o intra-articolare – sono parte integrante della strategia di trattamento T2T nell’AR e possono essere utilizzati per trattare le riacutizzazioni nelle fasi precoci della malattia (2).

La loro efficacia nell’AR, in formulazione intra-articolare, era già stata documentata molto prima dell’adozione dell’approccio T2T nel trattamento della malattia (sia da solo che in associazione a DMARDs) (3,4). Inoltre, uno studio pubblicato più di 10 anni orsono, ha documentato la superiore efficacia delle iniezioni intra-articolari di steroidi rispetto a quelle intra-muscolari (5).

E’ recente invece, la dimostrazione di superiore efficacia sull’outcome “remissione” di una terapia di combinazione che prevede l’aggiunta di un farmaco biologico (adalimumab) ad una combinazione farmacologica iniziale costituita da MTX e triamcinolone intra-articolare. L’aggiunta o meno di farmaco biologico, invece, non influisce sull’outcome della minima attività di malattia (con risultati sovrapponibili nei due gruppi in studio)(6).

Dai dati attualmente disponibili, si ritiene che l’efficacia dei CS nell’AR sia da ascrivere alla loro potente azione anti-infiammatoria, unitamente alla riduzione del numero di cellule T e all’espressione di RANKL già a 2 settimane dall’infiltrazione. Il loro impiego, inoltre, è stato associate a ridotta espressione di citochine pro-infiammatorie (IL-1beta e TNF-alfa) (7,8)

Riassumendo
Le iniezioni intra-articolari di CS rappresentano una parte importante delle strategie T2T di trattamento dell’AR, in quanto riducono in modo significato l’infiammazione sinoviale e il danno articolare. Hanno un effetto superiore rispetto alle formulazioni per via sistemica e contribuiscono al raggiungimento del target terapeutico.

Fonte:
Highlights tratti dalla relazione del prof. L. Senolt (Praga, CZE). Congresso ISIAT, Praga, 2017

Bibliografia
1. Smolen JS et al. Ann Rheum Dis 2016;75:3–15. doi:10.1136/annrheumdis-2015-207524
2. Burmester GR et al. Lancet 2017; 389: 2338–48
3. McCarty DJ et al. J Rheumatol. 1995 Sep;22(9):1631-5.
4. Hetland ML et al. Clin Exp Rheumatol 2012; 30 (Suppl. 72): S44-S49
5. Furtado RNV et al. J Rheumatol 2005;32;1691-1698
6. Hørslev-Petersen K et al. Ann Rheum Dis 2016;75:1645–1653.
7. Makryjannakis D et al. ARTHRITIS & RHEUMATISM 2006; 54(5):1463–1472
8. Af Klint E et al. ARTHRITIS & RHEUMATISM 2005; 52(12):3880–3889


Intervista a Dr.ssa Valentina Picerno, Unità di Reumatologia, Dipartimento di Medicina Clinica Chirurgia e Neuroscienze, Università degli Studi di Siena


Relazione integrale del Dott. Raveendhara R Bannuru

Intervista al Dott. Jordi Palau Gonzalez, Orthopaedic Surgeon and Hand, Wrist and Elbow Surgery specialist
University of Barcelona, Spain, realizzata in occasione del Congresso ISIAT 2013


Intervista al dott. Pietro Boni, Medico veterinario, Cannara, Umbria


Intervista al Dott. Carlo Venditti, Dirigente Medico, Specialista in Reumatologia, Azienda Ospedaliera G. Rummo di Benevento

Intervista al Dott. Luigi Vignale, Specialista in terapia del dolore e in terapia infiltrativa, Carrara


Intervista al Dott. Giancarlo Rando, Fisiatra e medico dello sport, Ospedale San Lazzaro di Alba e al Dott. Salvatore De Roberto, Fisiatra e medico dello Sport, Ospedale San Lazzaro di Alba

Inaugurata nel 2009, “Topics di Terapia Intra-Articolare” rappresenta l’organo ufficiale dell’Associazione Antiage (Associazione nazionale per la terapia intra articolare dell’anca con guida ecografica) e nel giro di pochi anni si è già imposta come una delle pubblicazioni di riferimento nel settore.

«Si tratta di una rivista semestrale che prevede la suddivisione di ogni numero in due parti» afferma Alberto Migliore, editor della pubblicazione insieme a Sandro Tormenta, entrambi operanti all’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma e ideatori del metodo per l’iniezione intrarticolare ecoguidata nell’anca di acido ialuronico e cortisone.

La prima parte, curata direttamente da Migliore «contiene una rassegna di tutti gli articoli pubblicati in PubMed sulla terapia intra-articolare» spiega il clinico. «Al termine di questi abstract può essere riportato, se necessario, un breve commento per specificare meglio alcuni dettagli o per avanzare critiche riguardo alcuni aspetti contenuti negli articoli».

«Considerando i due numeri all’anno e il fatto che la rivista raggiunge 4.500 colleghi tra ortopedici, fisiatri, medici dello sport e reumatologi» afferma Migliore «si può dire che presentiamo agli operatori del settore coinvolti in vario modo nel ricorso a questo tipo di intervento, tutto l’update sulla letteratura internazionale riguardante la terapia intra-articolare».

«La seconda parte» prosegue Migliore «è, per così dire, lasciata libera affinché i membri o gli amici dell’associazione possano inviare articoli, principalmente sulla terapia intra-articolare ma anche su altri aspetti legati alla disciplina di ognuno, e che quindi possono comprendere l’osteoporosi o le malattie infiammatorie, la riabilitazione o la tecnica chirurgica o qualsiasi altra cosa che possa essere d’interesse alla comunità dei lettori. In questo modo viene costantemente stimolato uno scambio culturale all’interno dell’associazione».

Pertanto, in ogni numero, sono sempre riportati un paio di articoli originali stilati dai colleghi italiani che, per l’appunto, vogliono presentare parte delle proprie esperienze.

Inoltre nella seconda sezione della rivista sono anche contenuti i Report dei congressi (per esempio l’ISIAT) «in modo che chi non abbia potuto partecipare a un evento, ha almeno una relazione che lo informa adeguatamente su quello che è successo».

Prospettive? L’evoluzione più immediata della rivista consiste nell’immissione online dell’impaginato, in modo che sia accessibile e scaricabile, e sempre più fruibile da un numero più vasto di utenti.

Arturo Zenorini


Relazione integrale del Dott. Paulo Cesar Hamdan


Intervista al Prof. Gianfranco Vallone, Dipartimento di Diagnostica per immagini, Università Federico II di Napoli

Intervista al Dott. Luca Sconfienza Radiologia, Policlinico San Donato, Università di Milano, realizzata in occasione del Congresso ISIAT 2013


Intervista al Dott. Emanuele Brizzi, Dipartimento di Medicina Interna, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, Roma.

Intervista al dr. Davide Integlia Farmacoeconomista direttore Isheo

Gli acidi ialuronici nella viscosupplementazione: differenze fra i vari prodotti

Relazione integrale del prof. Alberto Migliore
Responsabile UOS di Reumatologia, Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli, Roma Presidente dell’Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare dell’Anca con Guida Ecografica (ANTIAGE)

La terapia sistemica nella gestione del dolore dell’artrosi dell’anca

relazione integrale del Dott. Mauro Granata
Responsabile UOD, Direttore ff UOC Medicina II, ACO San Filippo Neri Roma

La terapia infiltrativa può essere utilizzata come terapia di fondo dell’artrosi?

Tavola rotonda con il prof Bruno Frediani, il Dott Paolo Scapato e il Dr. Alberto Migliore.

Viscosupplementazione nell’anca e riduzione consumo di antiinfiammatori (FANS)

Relazione integrale del Dott. Umberto Massafra
Divisione di Reumatologia, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli – Roma

La tribosupplementazione con lubricina: cos’è e come si pratica

Relazione integrale del Dott. Umberto Massafra
Divisione di Reumatologia, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli – Roma

Nuova tecnica per lo studio del sistema nervoso periferico; l’elettromiografia ecoguidata

Relazione integrale del Dott. Georgios Filippou
Specialista in Reumatologia, Policlinico Le Scotte – Siena

Spondilite anchilosante: utilizzo della terapia intraarticolare con steroidi

Relazione integrale del Dott. Emanuele Bizzi
Divisione di Reumatologia, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, Roma

Nuove tecniche di Risonanza Magnetica per valutare la terapia intraarticolare

Relazione integrale del Dott. Giovanni Serafini
Radiologo Ospedale S. Corona Pietra Ligure (Sv)

Indicazione alla correzione chirurgica dell’impingement femoro acetabolare

Relazione integrale del Dott. Michele Calderaro

La condrosincronizzazione articolare stabile: come e perché

Relazione integrale del Dr Michele Abate
Università degli studi di Chieti

Sindrome da conflitto sotto-acromiale e infiltrazioni con acido ialuronico e sterodi

Relazione integrale in occasione del V Simposio nazionale dell’ANTIAGE

Viscosupplementazione e riabilitazione fisica: c’è sinergia tra le due tecniche?

Tavola rotonda con il Dott. Salvatore Denaro, Prof. Calogero Foti, Dott. Antonio Frizziero

Espansione capsulare possibile indice prognostico nella viscosupplementazione dell’anca

Relazione integrale del Dott. Luigi Vignale
Specialista in terapia del dolore e in terapia infiltrativa, Carrara

Artrosi e infiltrazioni intra-articolari con acido ialuronico

Relazione integrale della Dott.ssa Antonella Murgo
Dirigente Asl I fascia – divisione di reumatologia, azienda ospedaliera G. Pini di Milano

Infiltrazioni con acido ialuronico nella articolazioni trapezio – metacarpali: studio ecografico

Relazione integrale della Dott.ssa Antonella Adinolfi
Università degli Studi di Siena

Infiltrazione del gomito ecoguidata: quando usare l’acido ialuronico?

Relazione integrale della Prof.ssa Silvana Giannini
Responsabile del Servizio di Radiologia e Diagnostica per Immagini, Casa di cura Villa Stuart, Roma

Acido ialuronico in associazione con nuove sostanze: quali sono le prospettive?

Relazione integrale del Dott. Emanuele Bizzi
Divisione di Reumatologia, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, Roma

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Dip. Medicina Fisica e Riabilitativa Univ. Tor Vergata Roma

Artrosi anca in pz di mezza età praticanti sport, utilizzo RM per valutare progressione malattia

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Fisiatra e medico dello sport Ospedale di Alba

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Reumatologo libero professionista di Cesena

Osteoartrosi, principali innovazioni in tema di viscosupplementazione

Intervista al Prof. Yves Henrotin
Professeur à l’Université de Liège, Directeur de l’Unité de Recherche sur l’Os et le Cartilage (UROC)

Osteoartrosi, consensus esperti italiani valutata appropriatezza della terapia

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Ricercatore in Fisiatria, Sapienza – Università di Roma

Consensus di esperti italiani valuta appropriatezza terapia nell’osteoartrosi

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Ordinario di Medicina fisica e riabilitativa, Sapienza – Università di Roma

Infiltrazioni ecoguidate dell’articolazione trapezio-metacarpale e uso del PRP nella spondiloartrosi

Intervista al Dott. Simone Parisi
Reumatologo AOU Città della Salute e della Scienza di Torino

Follow up dopo viscosupplementazione, a che punto siamo con i criteri ecografici?

Intervista al dr. Georgios Filippou
dip. Reumatologia Università di Siena

Intervista realizzata Prof. Erberto Paresce, Vicepresidente Collegio dei Reumatologi Ospedalieri in occasione del congresso CROI (Collegio Reumatologi Ospedalieri Italiani) svoltosi a Venezia dal 17 al 19 maggio 2012

La terapia infiltrativa con acido ialuronico trova largo impiego nel trattamento dell’osteoartrosi e, sebbene inizialmente era utilizzata solo per il ginocchio, oggi è largamente utilizzata anche in altre articolazioni, come anca, spalla, caviglia e, in alcuni casi, come terapia di ritardo dell’intervento di protesi (sia d’anca che di ginocchio).

In questi video potete vedere i contenuti integrali di una interessante tavola rotonda che si è svolta a Roma il 2-3 ottobre 2014 in occasione del V Simposio nazionale dell’ANTIAGE (Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare eco-guidata dell’Anca con Guida Ecografica).

Nella tavola rotonda si è discusso sull’utilità di associare la terapia riabilitativa alla viscosupplementazione, esaminando sia i dati della letteratura sia attraverso la condivisione dell’esperienza clinica personale dei partecipanti.

La tavola rotonda è stata moderata Dott. Giovanni Boni, Medico dello Sport, Foligno Presidente della Federazione Medico Sportiva regione Umbria.

Hanno partecipato alla tavola rotonda i seguenti clinici: Dott. Salvatore Denaro, Direttore Unità Operativa Complessa di Medicina Fisica e Riabilitativa, Ospedale di Siracusa, Prof. Calogero Foti, Ordinario in Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli Studi Tor Vergata di Roma, Dott. Antonio Frizziero, U.O.C. Riabilitazione Ortopedica, Azienda Ospedaliera, Università di Padova.

L’iniezione intra-articolare di acido ialuronico è raccomandata nel trattamento dell’osteoartrosi per la sua capacità di ridurre il dolore e ripristinare la viscoelasticità del liquido sinoviale. In corso di osteoartrosi, i prodotti di degradazione del collagene di tipo II costituiscono dei potenziali marker di degradazione della cartilagine e di attività della malattia: in particolare, sono stati identificati il peptide Coll2-1 e la sua forma nitrata, Coll2-1 NO2. Lo studio di Henrotin e collaboratori, ha analizzato l’effetto della viscosupplementazione con acido ialuronico su pazienti affetti da osteoartrosi del ginocchio, valutando, oltre al dolore, anche le concentrazioni sieriche di due biomarker prima e dopo il trattamento. I risultati hanno mostrato che l’acido ialuronico è in grado di indurre la riduzione del Coll2-1 e la sua forma nitrata, Coll2-1 NO2 , due biomarker relativi, rispettivamente, alla degradazione del collagene ed all’infiammazione.

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In molto linee guida per la cura dell’artrosi il paracetamolo (2 grammi al giorno) è considerato il farmaco di prima linea. Dopo il paracetamolo, le linee guida indicano l’uso di Fans e Coxib (per i pazienti a rischio gastrointestinale).

Le infiltrazione intra articolari con acido ialuronico sono in grado di ridurre il dolore e migliorare la qualità di vita dei pazienti che soffrono di artrosi. Le infiltrazioni hanno anche dimostrato di poter ridurre l’uso dei farmaci antiinfiammatori, anche del 50-70%.

Ne ha parlato il Dott. Umberto Massafra, Divisione di Reumatologia, Ospedale San Pietro Fatebenefratelli – Roma.

La relazione, che in questo video si può vedere integralmente, si è tenuta a Roma il 2-3 ottobre 2014 in occasione del V Simposio nazionale dell’ANTIAGE (Associazione Nazionale per la Terapia Intra-articolare eco-guidata dell’Anca con Guida Ecografica).

Intervista al dr. Raghu Raman Academic Department of Orthopaedics, Hull and East Yorkshire NHS Trust Castle Hill Hospital, Cottingham, UK